Nel 587 a.C., Nabucodonosor, il re di Babilonia, ne ha abbastanza di dover continuamente tornare in Israele per sedare le sommosse giudaiche. Vuole finirla una volta per tutte! Rade dunque al suolo la capitale e deporta la popolazione nelle regioni vicine a Babilonia. Il popolo di Giuda deve percorrere un lungo cammino e sarà sradicato dal suo paese per abitare in regioni a lui sconosciute. Il corteo dei deportati si trascina penosamente e più di 40.000 Giudei si ritroveranno sulle rive dell’Eufrate. Alcune personalità giudee hanno il privilegio di vivere alla corte del re, mentre gli altri coltivano la terra e sono costretti a fare un duro lavoro. Pian piano, la comunità israelitica si sviluppa e si organizza. I Giudei, che non hanno più il Tempio e non possono offrire dei sacrifici, si ritrovano per leggere in gruppo i testi sacri; queste comunità sono all’origine delle sinagoghe. Come avevano predetto molti profeti, questo esilio è il frutto amaro dell’idolatria e dell’orgoglio. Geremia annuncia, tuttavia, che questa tribolazione cesserà dopo settant'anni (Geremia 29:10). Questa parola si compie nel 538 a.C., quando Ciro, re dei Persiani, autorizza gli Ebrei a tornare nel loro paese. Nota: Negli archivi babilonesi, sono stati trovati elenchi di prigionieri giudei deportati
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