Le Reali Ferriere      

ed Officine di  Mongiana

 

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Capitolo 6 

(4°)

Fabbrica d'Armi

[fig.105]

Mongiana: Fabbrica d’Armi, stato attuale (1979).

Nel lungo periodo passato a Mongiana, Savino riprogettò anche la maggior parte degli edifici dello Stabilimento: la “Casa del Co­mandante”, la Caserma e la Fabbrica d'Armi (1852), attribuita spesso erroneamente al Tonson Latour (17), direttore in quegli anni della Real Fabbrica.

L'interesse di quest'ultimo edificio si fonda su diversi aspetti. Innanzitutto il fronte, con la trabeazione interamente in ghisa, composta da due colonne imponenti, alte ben 4,80 metri, e dal­l'architrave istoriato. Poi l'articolazione dell'atrio: due colonne e quattro semicolonne ancora in ghisa, alte la metà di quelle ester­ne, compongono una specie di serliana “spaziale”.

[fig.106]

Mongiana: Prospetto della Fabbrica d’Armi; un tempo simmetrico, esso doveva certamente avere un timpano sul corpo centrale (ril.1977).

L'uso della ghisa nell'edilizia corrente, intorno al 1850, in Italia era ancora raro; essa era stata adoperata negli anni '20 ma in ec­cezionali realizzazioni come i ponti sospesi del Giura, nel na­poletano, sui fiumi Garigliano e Volturno, certamente non meno interessanti delle analoghe opere inglesi e francesi, anche se più spettacolari, come i famosi ponti sul Menai di Thomas Telford. La ghisa era stata impiegata ancora, nel napoletano, per realizzare coperture a pensilina o per la costruzione di serre, come quella dell'orto botanico di Napoli. Di poco posteriore alla Fabbrica d'Armi della Mongiana, e anch'essa con colonne in ghisa, è la chiesa protestante del complesso tessile di Cologna, nel salernitano (1860).

[fig.107]

Mongiana: Fabbrica d’Armi: pianta del corpo d’ingresso (ril.1974).

In confronto a quanto realizzato in Inghilterra, dove nel 1796 Char­les Bage aveva già costruito una fabbrica di cinque piani con struttura interamente metallica che reggeva voltine in mattone, questi tentativi appaiono davvero troppo timorosi (18).

La Fabbrica d'Armi di Mongiana non può dunque aspirare ad alcun “primato”, tra i tanti collezionati dai Borboni... La sua trabeazione in ghisa, comunque, le conferisce un posto, per modesto che sia, nella storia della architettura del ferro in Italia.

Essa contribuì soprattutto a sperimentare le possibilità espressive della ghisa, poiché sul piano strutturale alcune valutazioni ne riducono i meriti; infatti la dimensione delle colonne risulta spro­positata rispetto ai carichi che portano, dunque il materiale fu adoperato con incoerenza.

[fig.108]

Mongiana: Fabbrica d’Armi: sezione sul corpo d’ingresso (ril.1974).

D'altro canto ciò che forse più stette a cuore al Savino non fu tanto dare dimostrazione delle possibilità tecnologiche della ghisa - in definitiva già rese evidenti da più ardite realizzazioni -quanto piuttosto un'esigenza che potremmo chiamare “pubblici­taria”. Egli volle cioé mostrare, nella facciata d'ingresso, cosa si producesse alla Mongiana, e con quali accurate tecnologie. La fusione delle colonne fu realizzata in un getto unico per quanto riguarda il fusto, e poi con getti separati per il capitello e per la base. Vista la perfezione del risultato, se ne deve dare atto al Savino ed alle maestranze della Mongiana.

[fig.109]

Mongiana: Fabbrica d’Armi: atrio d’ingresso.

Gli elementi strutturali, resi ancora più monumentali dallo stile dorico, divennero un elemento-simbolo di cui ancora si subisce il fascino.

Anche se oggi, per una pruderie linguistica, potremmo accusare il Savino di Kitsch, se non addirittura di provincialismo, gli dobbiamo pur sempre riconoscere dell'audacia, poiché introdusse uno spun­to antiaccademico ed originale in uno schema compositivo co­dificato. Inoltre gli stessi canoni del dorico sono ampiamente “rivistati”: la colonna poggia su una base e non, come di regola, direttamente sullo stilobate.

[fig.110]

Mongiana: Prospetto e sezione delle colonne in ghisa. (ril.1975).

L'organizzazione planimetrica della Fabbrica d'Armi costituisce un secondo motivo d'interesse, per i dislivelli artificiali che sfruttano in ogni blocco di fabbrica la caduta d'acqua. Un acquedotto in tubi di ghisa capta e convoglia l'acqua da una quota superiore fino alla fabbrica, dove viene poi immessa in un condotto in parte sot­terraneo ed in parte elevato su arcate.

Dal livello inferiore a quello superiore venivano svolte differenti fasi lavorative, e, non ultima, anche un'attività didattica; in fab­brica infatti erano sistemati i locali della scuola per l'insegnamento gratuito ai figli degli operai, con esami annuali presieduti da una commissione esterna.

[fig.111]

Mongiana: Fabbrica d’Armi: particolare della trabeazione in ghisa.

I dislivelli erano raccordati con rampe in luogo di scale per age­volare il trasporto dei materiali che avveniva su carriole. Il cortile interno serviva da deposito dei prodotti finiti, in attesa del loro trasporto ai vari depositi militari.

 

Questo nucleo dell'intero complesso produttivo è quello oggi me­glio conservato, anche perché è stato continuamente abitato da privati che ne hanno in parte rilevato la proprietà. Da questo nucleo comincia il progetto di museo-territorio elaborato in accordo con la Amministrazione comunale di Mongiana, con la Sopraintendenza ai Beni architettonici ed ambientali della Calabria, e con il fi­nanziamento della Regione Calabria.

[fig.112]

Mongiana: Fabbrica d’Armi: ingresso ed un corpo di fabbrica.

Il programma prevede, per questo blocco, il restauro conservativo e l'ipotesi di una ristrutturazione a nuovo uso, con funzioni che riempiano quei vuoti istituzionali e sociali di cui manca il paese, e che servano da elemento di ritrovata identità storica e culturale per la popolazione. Verrà così realizzato un museo per le antiche attività della Mongiana, di cui già si conserva un interessante materiale che si spera possa aumentare con future donazioni; si prevede inoltre la costruzione di una sala consiliare da adibire anche ad altre attività (festa della montagna, festa degli emigranti, comunità montana delle Serre, convegni); verrà poi creata una biblioteca comunale specializzata in opere inerenti la fauna dei boschi e che servirà anche da centro di lettura di testi di interesse più generale.

[fig.113]

Mongiana: Fabbrica d’Armi. Stato attuale (1979).

Questo primo nucleo costituisce, nelle intenzioni dell'Amministra­zione, un polo intorno a cui si dovrà coordinare la salvaguardia di tutte le tracce, sparse su un vasto territorio, delle antiche attività di estrazione e lavorazione del minerale di ferro, e che dovrà ne­cessariamente avere come ulteriore obiettivo la tutela del patri­monio naturale che permise quelle attività, cioé dei boschi e delle acque. Con un programma così articolato potrebbe concretizzarsi la possibilità di visite più articolate e non limitate al solo museo tradizionale, per una “museificazione” più dinamica che meglio faccia comprendere gli stretti legami che sono intercorsi tra am­biente ed attività produttive, alla stregua di iniziative analoghe quali “Le musée du fer et du charbon de Liége”, l'Eco-museo di “Bois­du-Luc”, “The Ironbridge Gorge Museum”.

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