Le Reali Ferriere      

ed Officine di  Mongiana

 

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Prefazione

Introduzione

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Tavola Misure Regno delle Due Sicilie

Indice Appendice

Real Decreto e Regolamento

Bibliografia

Bibliografia generale

Indice delle abbreviazioni

Indice delle note

Tutte le Immagini

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Capitolo 5

condizione operaia

Rapporto

A S.E. il Sig. Ten.te Gen.le Command. D. Ferdinando Macry Di­rettore Gen.le d'Artiglieria, ed Ispettore del Treno di Linea.

Non ostante l'industria pratticata per tenere puntualmente sod­disfatti li travagliatori della miniera di Grafite, mentre que' delle altre Dipendenze di q.a Direzione risentono l'abituale albrasso di tre mesi; ed a fronte delle molte agevolazioni, e favori li minatori di Pazzano sono tanto retrovi per quei lavori, che giunsero ad assentarsi dal proprio paese per non andarvi. La sommessa cir­costanza mi mette alle strette di commettere un abuso di potere, ed in giornata ho disposto che una competente forza vada a disposizione del Sig. Ten.te da Capitano Nacci, incaricato di ar­restarne quattro per ora, e condurli scortati in Olivadi. Altrimenti facendo gli interessi del Re (D. G.) soffrirebbero non poco colla sospensione dei lavori.

Adottato pel momento questo disperato rimedio, prego V.E. di darmi i suoi oracoli pel successivo, mentre è impossibile tenere nella ripetuta maniera, a costo di qualunque violenza, tale gente al di là di un mese; ed io sono giunto a ridurli al dovere, sebbene, annuendo alle loro domande, ne avessi fissato il turno tra le persone idonnee a quel servizio, da smontare quattro per ogni mese; giacché il Capo Minatore con altro compagno si conten­tano della perenne permanenza, nè intendono allontanarsi per altro che per recarsi qualche fiata per pochi giorni a rifucillarsi nella propria famiglia.

Carlo Ros

Mongiana, 21 marzo 1826 (1)

 

Il 1826 fu per il direttore della Mongiana uno di quegli anni da non potersi facilmente dimenticare. Numerosi scioperi, di cui alcuni sfociati in rivolta, fermarono a più riprese i lavori di estrazione del minerale ed i trasporti.

In quell'anno esplosero molti dei tanti problemi troppo spesso risolti, per il passato, in modo improvvisato. Come sempre in casi del genere, la “soluzione” fu quella di ricorrere all'intervento del­l'esercito e di reprimere con la forza le insurbodinazioni.

I motivi dello scontento operaio erano di vario genere, soprattutto tra le categorie impegnate nei lavori più gravosi e precari, come quello dei minatori e dei mulattieri. Se i minatori si ribellavano per le condizioni di lavoro cui erano sottoposti, i trasportatori erano sul piede di guerra per l'indeterminatezza dell'Amministrazione nello stabilire un'equa ripartizione dei carichi e quindi dei gua­dagni.

Nel 1826 la Direzione fu messa alle strette e costretta a con­cedere migliorie. Quello però non fu anno eccezionale per questo aspetto: nella storia della Mongiana e delle miniere di Pazzano ed Olivadi, sia prima, sia dopo il 1826, la problematica relativa alla condizione operaia si è più volte ripresentata con gravità. Fun­zionari autorevoli del governo furono spesso costretti ad inter­venire in quelle che apparentemente potevano sembrare solo que­stioni campanilistiche, ma che invece erano il sintomo di una forte esasperazione tra gli operai.

 

Napoli, 5 luglio 1826. Eccellenza,

i possesori di animali di trasporto di Pazzano, dolendosi di essersi addetti dallo stabilimento della Mongiana diversi individui di alie­ne Contrade da Mulattieri, per trasporto del Minerale di ferro che si scava in quelle Miniere, domandano di essere esclusivamente addetti ad un tale trasporto per essere stato sempre questo per l'addietro di vantaggioso incarico degli abitanti del Comune suf­ferito.

Trasmetto a V.E. l'anzidetto ricorso, perché nel respingerlo si compiaccia di accompagnarlo dello analogo informo.

Il Ministro Segretario di Stato (2)

 

Al Direttore della Mongiana toccava quindi il compito ingrato di giustificare con dettagliati rapporti le motivazioni dello scontento operaio.

 

Rapporto 1826

Lo Stabilimento di Mongiana ha due sorta di trasportatori, cioè i propriamente detti mulattieri ed i trasportatori del Minerale. I primi sono individui di vari Comuni, i quali avendo, dopo l'obbligo contratto colla filiazione, abbandonato il loro paese, si sono sta­biliti, e quasi naturalizzati alla Mongiana.

I secondi, che com'essi stessi dicono, trovansi ridotti al n.o  di circa quaranta, sono tutti del Comune di Pazzano a prossimità delle miniere, e vivono nel proprio paese e nella propria casa.

I primi sono possessori di muli, che richiedono una spesa molto maggiore per acquistarli e mantenerli, ed i secondi non posseg­gono che somari, che costano molto meno, e si mantengono con poco.

I muli possono essere impiegati in ogni specie di trasporto di generi voluminosi, e pesanti, ed i secondi non se ne può disporre, che pel solo trasporto del minerale.

Ai mulattieri di Mongiana, se manca il travaglio, nel loro attuale domicilio, rimanendo senza risorsa, o debbono perire o ritornare ai loro Comuni, e lo Stabilimento rimarrebbe privo de' mezzi di trasporto nel bisogno. I trasportatori di Pazzano, rimanendo senza fatica riguardo alla Mongiana, si trovano sempre nel loro paese e possono avere delle risorse. Tali considerazioni hanno sempre obbligato i Direttori della Mongiana ad usare una giusta predi­lizione verso i Mulattieri, onde procurare di non fargli mancare la sussistenza. Non si deve pertanto oltrepassare i limiti dell'equità, e quindi sarebbe conveniente di lasciare ai Mulattieri della Mon­giana, tutt'il trasporto del Carbone, quello de' diversi oggetti della Mongiana al Pizzo, ed i trasporti interni, e dell'intera quantità di Minerale, e Pietra Calce da trasportarsi nell'anno, dalle Miniere alla Mongiana, se ne dovrebbe assegnare definitivamente, unaproporzionata quantità ai trasporta tori di Pazzano, e la rimanente lasciarsi, pe' Mulattieri di Mongiana, da eseguirsene il trasporto, nel tempo, che viene a mancar loro la fatica. E siccome la quan­tità di Minerale da assegnarsi ai trasportatori di Pazzano, po­trebbe da essi esaurirsi in un certo numero di mesi, travagliando energicamente, per l'impegno di guadagnarsi molto, e rimanere senza fatica pel rimanente dell'anno, così parrebbe vantaggioso, che una tale porzione assegnata ai trasportatori di Pazzano, sia loro assegnata in ragione di tanti di viaggi a testa, per ogni settimana, essendo noto, che ognuno di que' somari, per lo spa­zio di circa miglia 16 non può caricarsi, che non per poco più di un cantajo. In tal guisa avranno essi un travaglio discreto, ma continuato, proporzionato al di loro numero, alla spesa, e man­tenimento de' loro animali, e non rimarranno esposti i mulattieri della Mongiana a quella pericolosa indigenza nella quale potreb­bero incorrere, se rimangono affatto privi di fatica, per più mesi consecutivi (3).

 

Questo balletto di richieste, rapporti, suggerimenti, non servì quasi mai a risolvere il nodo del problema, cioé a definire la or­ganizzazione del lavoro ed a migliorare le condizioni generali di vita: essi si esaurivano in contentini episodici, preceduti da pu­nizioni-esempio per alcuni capri espiatori.

La coscienza di classe tra gli operai nei primi decenni del XIX secolo non era sviluppata, tanto meno dunque a Mongiana ci si può aspettare che le richieste avanzate fossero il frutto di una intesa concorde tra gli operai della ferriera. Solo alcune categorie erano disposte a lanciarsi in proteste clamorose, rischiando la galera, ma lo facevano senza riuscire a coinvolgere nelle loro rivendicazioni la solidarietà di altre categorie, più privilegiate, come quelle dei fonditori ed operai specializzati.

Bisogna anche sottolineare il fatto che tutto l'arco della vicenda Mongiana è privo degli esempi di sfruttamento esasperato cui ci ha abituato la storia imprenditoriale del Nord Europa, e dell'In­ghilterra in particolare.

Ciò fu merito da ascriversi al governo borbonico, nato su po­sizioni illuministe; ma per altro verso testimonia anche del “ri­tardo” nell'organizzazione dello sfruttamento “scientifico” della forza-lavoro rispetto allo sviluppo industriale dei sistemi capita­listici privati.

L'esempio di San Leucio ha spesso portato ad indiscriminate valutazioni favorevoli ai Borboni, e soprattutto alla “umanità” di Ferdinando, per la disponibilità di quel sovrano ad investire de­naro senza volerne ricavare un immediato utile economico pur di realizzare conquiste sociali ed industriali (4). Ma certamente non tutte le imprese industriali borboniche, e soprattutto quelle po­steriori a Carlo e Ferdinando, nacquero in condizioni di privilegio cosi eccezionali e per impulso di così grandiose concezioni. A San Leucio il Re concesse ad ogni nucleo familiare produttivo casa, telaio, indumenti, pensione, istruzione, in cambio di “sola” obbedienza ed operosità. A Mongiana invece il Re non concesse nulla di tutto ciò; anzi, si può bene dire, prese molto, e fin dal­l'inizio. E lo stesso accade anche nel periodo murattiano.

 

“...Fin dall'inizio di giugno 1811... si rifletté che le arti di Mi­natori, di Fonditore erano assai penose da esercitare, onde pre­tendere dei sacrifici da quelli che vi si applicavano, quindi essi vennero ricevuti secondo il Decreto di S.M. senza clausola, ma per le arti di Falegname, di Forgiaro, Staffiere, per Guardiaboschi si ordinò che chiunque volesse essere ricevuto alla Mongiana, per tali mestieri dovesse presentare al servizio dello Stabilimento due muli. Le fatiche dei quali gli dovessero essere pagati alle tariffe e che se un mulo venisse a mancare, fosse l'artefice obbligato a comprare altro, in fine i due muli dovevano essere per dieci anni impiegati per la Mongiana. Si aggiunge a questo primo obbligo quello della costruzione di una Baracca. Ed ecco come la Mon­giana senza nulla spendere, approvvigionavano i mezzi di traspor­to e di più senza l'obbligo di farne sorvegliare la buona tenuta. Sicché risultò l'interesse del proprietario, ed ecco come la Mon­giana, senza l'interesse del governo, costruì un gran numero di abitazioni e siccome prima il locale della Mongiana era compreso nella (...) così con tal metodo le Ferriere, le Raffinerie furono parti di un paese del nome suddetto” (5).

 

Eppure Murat fu prodigo di concessioni e vi realizzò notevoli migliorie; ma per quanto riguarda la condizione operaia, anch'egli si attenne ad una linea molto severa. Murat, come i precedenti governanti borbonici, ebbe due pesi e due misure, per il napo­letano-casertano da un lato, e per la periferia del Regno dall'altro. Anch'egli considerò le provincie della Calabria e della Puglia co­me portatrici d'acqua all'interno di una visione centralistica.

Nonostante l'occhio dei sovrani non fosse molto indulgente con il ceto operaio della Mongiana, tuttavia le condizioni di vita non raggiunsero mai i livelli drammatici di altri paesi, sia in Italia che all'estero.

Alla Mongiana manca totalmente lo sfruttamento delle donne, ed il lavoro minorile è limitato a funzioni gregarie, con orari di lavoro molto miti. Eppure quanti “vedutisti” e scrittori, soprattutto in­glesi e francesi, calati in Calabria nel secolo XIX, nei loro re­soconti, giunti alle soglie della Ruhr calabrese, hanno trasformato i loro accenti di ammirazione per quella gente in stupore e ri­provazione per le condizioni di vita cui erano sottoposti. Questi racconti sono serviti spesso per “dimostrare” la crudeltà del go­verno borbonico. In verità, queste narrazioni sono molto meno agghiaccianti di quelle fatte da viaggiatori coevi, anch'essi inglesi e francesi, nei villaggi operai del Regno Unito. Da un lato il romanticismo dei narratori, venuti in Calabria alla ricerca di pae­saggi incontaminati e pittoreschi, dall'altro la mancanza di pre­parazione culturale rispetto ad un fenomeno così nuovo e violento quale quello, generato dalla realtà industriale, portò ad un'ese­crazione che coinvolgeva non solo i governi che “permettevano” l'industria, ma gli stessi operai, stigmatizzati per il loro compor­tamento “violento”, sintomo di uno scontento che li avrebbe por­tati poi alla lotta di classe.

Non staremo qui a scomodare i tanti stranieri scesi in Calabria; per tutti ci basti il giudizio dato nel 1853 da un nativo della stessa zona delle Serre.

“Relativamente ad usi e costumi non si può notare nulla di par­ticolare. Questa popolazione, essendosi di recente naturalizzata colà, conserva le costumanze dei vicini paesi dai quali trasse origine.

QUALITÀ RELIGIOSE E MORALI. Le sue qualità religiose meritano elogio per molti riflessi; non così le qualità morali, che in certi riguardi sono vituperevoli. Perché mai la corruzione dei costumi va inevitabilmente congiunta al progredire del commercio o del­l'industria? È la civiltà che genera il contagio, o la rozzezza pri­mitiva d'un villaggio che degenera in contatto della creduta ci­viltà.. Ai posteri l'ardua sentenza” (6).

 

 

La “rozzezza” dei mongianesi ci pare ben poca cosa rispetto a quanto riferisce E. Halévy delle miniere di Whitehaven: “I selvaggi sono sempre incuranti; ed i minatori vivono da veri selvaggi, sia nelle gallerie sotterranee, dove la sorveglianza è necessariamente meno stretta, sia nei laboratori di una fabbrica. Un viaggiatore, sceso nelle miniere di Witehaven, ci racconta il suo terrore quan­do, a un incrocio, cade su un gruppo di ragazzi e ragazze dai visi stravolti e l'aria di canaglie con intenzioni minacciose ed oscene.

Uomini e donne s'accoppiano a caso nelle tenebre, per il piacere, senza domandarsi un attimo se non sia un padre e una figlia, un fratello e una sorella, che si macchia d'incesto” (7).

Questa “promiscuità bestiale”, frutto dell'alienazione totale cui è sottoposto l'operaio inglese, farà esclamare Marx: “la degrada­zione è talmente desolante ed amara che lo stesso selvaggio appare in confronto come una condizione regale” (8).

Lo stesso Halévy, incredulo, continua: “Francis Place racconta, nel 1828 al Saint-simoniano d'Eichthal, che a un suo amico in visita ad una fabbrica del Lancashire, il padrone offrì quella tra le operaie ch'egli desiderava passasse la notte con lui.. .e che la sera, le strade di Manchester offrono uno spettacolo scandaloso: le operaie delle filande cercano spesso nella prostituzione, con la connivenza dei loro mariti, un supplemento ai loro salari ” (9).

Il “ritorno alla barbarie” che permea questi resoconti di un fran­cese potrebbe forse apparire di parte, ed in essi si potrebbe scorgere una punta di compaciuta denigrazione antibritannica. Ma le numerose inchieste intraprese dal Parlamento inglese tra il 1830 ed il 1860 per rivedere tutta la questione della condizione operaia meglio di ogni altra narrazione testimoniano di quanto il problema fosse divenuto ormai insostenibile, non tanto in termini morali, quanto soprattutto in termini economici e politici. Infatti lo sfruttamento bestiale cui erano sottoposti i giovani nelle fabbri­che aveva decimato l'esercito coloniale del Regno Unito: alla Leva militare, lo stato fisico della popolazione maschile inglese era inferiore a quella di qualsiasi altra nazione europea. Su cento ragazzi, meno del 25% avevano “attitudini militari”. Inoltre gli alti costi dovuti allo scoppio di cicliche epidemie di colera tra la popolazione operaia urbanizzata, l'alta mortalità, le spese per il controllo sociale di questa massa di diseredati, spinsero il go­verno inglese ad alleviare, ad un certo punto, questa condizione di vita al di sotto di ogni sopportabilità.

Il regime di “concorrenza” dei sistemi industriali liberali, se da un lato condizionò lo sviluppo delle tecnologie facendole rapidamen­te progredire, dall'altro richiese un costo umano altissimo. “Les industriels n'ont que deux choses en vue: la production et l'écou­lement de leurs produit. Pour produire, ils ont des capitaux, des moteurs puissants, des machines et des bras à leur disposition. Pour écouler facilement leurs produits, ils doivent les fournir de bonne qualité, à un prix égal ou inférieur à celui des industries rivales, tant indigènes que de l'étranger” (10).

Per ottenere un prezzo inferiore al prodotto dei rivali bisogna dunque sfruttare al massimo gli impianti, le risorse e, soprattutto, des bras a basso costo (11).

Certamente anche l'apparato industriale borbonico, e la Mongia­na, si sarebbero potuti sviluppare con più celerità. Se il sistema protezionistico e paternalistico permise dal nulla la nascita di un'industria di stato, al tempo stesso questo sistema attenuò i ritmi di sviluppo dell'industria, proprio perché la privava del con­fronto-scontro che regola i sistemi aperti del libero scambio, e che determina una selezione naturale tra le attività produttive in base al loro rendimento e quindi anche alla loro capacità di ac­cumulazione sulla pelle degli operai.

L'industria siderurgica, inoltre, svolse nel Regno delle Due Sicilie un ruolo trainante per l'intero apparato produttivo, e verso di esso i Borboni ebbero un occhio particolare, soprattutto dalla Restau­razione in poi. Gli operai impiegati in questo settore beneficiarono di molte agevolazioni che per l'epoca erano rare. Essi avevano salari più alti di quelli del settore tessile-manifatturiero, orari di lavoro inferiori e, spesso, un'embrionale assistenza (12).

Il lavoro nel settore statale, anche all'interno del Regno delle Due Sicilie, era ovviamente più protetto che non quello del settore privato, dove lo sfruttamento della forza lavoro era più marcato. Alcuni esempi noti di aziende private che impiegarono galeotti, con il consenso del Governo, hanno spesso portato a conside­razioni affrettate. Il caso della manifattura Sava, ove accanto a donne lavorano anche galeotti, in sé emblematico di un certo lassismo dell'apparato amministrativo, sotto il profilo storico non è invece né diverso né peggiore di quanto è avvenuto in quasi tutte le nazioni durante la prima fase dello sviluppo dell'industria, ed anche dopo; basterà ricordare la costruzione della rete fer­roviaria degli Stati Uniti, o la sistemazione dei vigneti sulle balze scoscese della Mosella, realizzate quasi per intero con lavoro coatto e con lo sfruttamento delle categorie sociali più deboli. Le dichiarazioni trionfalistiche sul diritto alla “libertà del lavoro” fatte dai grandi imprenditori anglo-francesi, portatori tra i più accesi della idea di liberismo come sinonimo di industrialesimo, in realtà lasciavano intendere che “libertà del lavoro” doveva significare soprattutto possibilità di operare al di fuori di qual­siasi costrizione, poiché la regolamentazione del rapporto padro­ne-operaio avrebbe impedito lo sviluppo rapido e fruttuoso della industria.

D'altro canto l'impiego di galeotti non è più crudele che sfruttare l'“esercito di riserva” di affamati disposti a svendere il proprio lavoro, per imporre così salari più bassi. Adam Smith sottolineava:

“I progressi della industria sono possibili solo in un paese che abbia una certa densità di popolazione”, e non solo perché essa costituiva l'utenza del prodotto, ma anche perché così diveniva semplice il ricambio a basso costo di forza-lavoro. Nel Regno delle Due Sicilie il fenomeno industriale non fu mai strettamente legato ad urbanesimo spinto: le industrie quasi mai furono lo­calizzate in stretto rapporto con la città. Questo portò certamente benefici alla classe operaia, poiché non la inserì in quel processo di degradazione ambientale e morale cui furono sottoposte le grandi immigrazioni contadine richiamate dal miraggio industriale.

Ma a parte questo aspetto, nella organizzazione del lavoro del Regno delle Due Sicilie, prevale costantemente uno spirito uma­nitario non espresso da leggi ma realizzato nei fatti. Che esso sia segno di “debolezza” o di “arretratezza” o di “incapacità” tutta mediterranea a subire ed imporre per intero sistemi coer­citivi, pur se necessari per la realizzazione di traguardi produttivi, può costituire argomento per le scontate polemiche denigratorie sulla capacità di lavoro del meridionale. Resta il fatto che, per quel che ci è dato sapere dai documenti conservati nei numerosi archivi, alla Mongiana i Regolamenti di lavoro furono severi, ma mai inumani, ed in essi si coglie un senso di volontà di dialogo con l'operaio che, per certi versi, anticipa molte conquiste venute nei decenni successivi.

 

5 Direzione di Artiglieria                                                          Reali Stabilimenti di Mongiana

 

REGOLAMENTO

 

Per le miniere di Ferro

 

 

Capitolo uno

 

Doveri del Capitano incaricato della Dipendenza.

 

Articolo 1  Il Capitano incaricato della Dipendenza riceverà gli Ordini dal Direttore dello Stabilimento, e gliene renderà conto, gli dirigerà settimanalmente un rapporto circostanziato del personale e Materiali impiegati, de' prodotti ottenuti e della spesa occorsa.

Estraordinariamente poi gli rassegnerà tutti li bisogni della Di­pendenza, e ne ottenderà i provvedimenti.

 

Articolo 2  È una sua responsabilità tanto la regolarità delle Car­te contabili, le mensili le annuali.

 

Articolo 3 Egli deve diriggere i lavori fin dal principio, indicarne le divergenze in caso di ostacolo, la fortificazione, il personale, ed i materiali da impiegarsi.

 

 

Capitolo due

 

Doveri del Guardia di Artiglieria conservatore de' Materiali

 

Articolo 1  Il Guardia di Artiglieria della Dipendenza del suddetto incarico è il Segretario della Dipendenza medesima, e perciò ha l'obbligo della Redazione delle Carti Contabili Finanze e Materie e della corrispondenza.

 

Articolo 2  Eseguirà tutti gl'introiti, ed i Conti gli verranno re­golarmente ordinati. Aiuterà indispensabilmente alla ricezione de' puntelli e mezzi puntelli proveniente da' boschi, e baderà che il Minerale si estrae dalle diverse Gallerie ne' svariati recipienti sia netto e del peso raffinato.

 

Articolo 3  Stabilirà una libretta in ciascuna Galleria in cui vi calenderà volta per volta le diverse somministrazioni de' legnami.

Alla fine del mese li totalizzerà, e vi dedurrà gli esiti, ricavati da' Rapporti de' Capi Galleria rispettivamente per le operazioni Con­tabili. Una volta al mese passerà in rassegna le Macchine, e gli utensili segnati in apposita Tabella a firma del Capitano inca­ricato della Dipendenza, e che si rinnoverà ogni tre mesi al pari de' Boni.

 

 

Capitolo tre

 

Doveri del Capo Minatore

 

Articolo 1  Il Capo Minatore è il mezzo sul quale si diramano gli ordini ai lavori da eseguirsi e personale da impiegarsi.

 

Articolo 2  Egli è esclusivamente incaricato della parte pratica del mestiere, e della istruzione degli allievi.

 

Articolo 3  Sarà responsabile degl'inconvenienti possono acca­dere, tanto nelle opere a nuovo, che in quelle di manutenzione, quindi proporrà al Capitano della Dipendenza tutti i mezzi oc­correnti che metterà anche in esecuzione in casi urgenti dandone però subito parte al sudd.o.

 

Articolo 4  Sorveglierà la qualità e quantità de' prodotti, curerà la esattezza delle fortificazioni a nuovo, e bollerà i legnami che me­ritano essere ricambiati.

 

Articolo 5  Baderà che i Capi Galleria, e tutto il personale adem­piano al proprio dovere, e che l'orario sia regolarmente osservato, rapportando per iscritto tutte le apposite mancanze.

 

Articolo 6  Dapoiché egli non può essere presente in tutte le Gallerie contemporaneamente, lascerà le necessarie istruzioni a, Capi Galleria, e ne eseguirà la esecuzione.

 

Articolo 7  Sarà affidato alle sue Cure il giornale delle diverse Gallerie pel progresso de' Lavori, con tutte le circostanze che possono interessare l'avvenire come la Direzione ed estrazione dei prolungamenti, la precisa posizione del minerale si abbia po­tuto lasciare indietro, il motivo, e tutt'altro.

 

 

Capitolo quattro

 

Doveri de' Capi Galleria.

 

Articolo 1  I Capi Galleria saranno incaricati di tenere fermo l'Orario stabilito, il quale deve irrevocabilmente cominciare alla punta del giorno, e terminare otto ore dopo senza interruzione, e così da otto in otto ore, allorché il bisogno lo esigerà.

 

Articolo 2  Registreranno esattamente il personale, ed i materiali che s'impiegano nei diversi lavori, non che i prolungamenti, ed i pro­dotti si ottengono, interpellando il Capo Minatore, ove occorre specialmente nelle diverse Misure.

 

Articolo 3 In ogni Sabato al termine del lavoro presenteranno personalmente al Capitano incaricato della Dipendenza un det­tagliato Rapporto di tutte le circostanze espresse nel precedente articolo col visto del Capo Minatore.

 

Articolo 4  Sorveglieranno che tutti gl'individui non perdono tem­po, che le Coffe e tutt'altro recipiente, ammesso al trasporto, contenga il quantitativo fissato, consegnando per ciascuno di esse pieno di Minerale, ed altro, un Gettone che ritireranno alla fine della giornata per assicurarsi della quantità estratta, o del numero di viaggi fissati ad ogni individuo fino all'esterno delle Gallerie.

 

Articolo 5  Essi eseguiranno le istruzioni loro saranno lasciate, e ne renderanno conto sotto la più stretta responsabilità redigendo rapporti straordinari per ogni trasgressione di rilievo.

 

Articolo 6  Allorché si dovrà travagliare anche di notte, essi sa­ranno presenti alle rispettive Gallerie fino alle ore 23 italiane, ed un Minatore appositamente nominato lo farà da Capo Posto. In­tanto fisseranno l'estremità degli avanzamenti, e l'indomani ne conseguiranno i progressi. Il Minerale estratto lo faranno depo­sitare avant'i Minali, e l'indomani lo faranno misurare e versare alla loro presenza nei Minali medesimi.

 

Articolo 7  Eseguiranno i pagamenti delle mercedi che verranno deliberate dallo Stabilimento alla presenza del Capitano incari­cato della Dipendenza.

 

 

Capitolo cinque

 

Doveri dei Capi posti o Caporali

 

Articolo 1  Fra i Minatori a proposta dell'Uffiziale della Dipen­denza e con approvazione del Direttore dello Stabilimento ne sa­ranno prescelti uno per ciascuna Galleria, o più secondo il bi­sogno, i quali verranno denominati i Capi Posti o Caporali.

 

Articolo 2  Eglino travaglieranno come tutti gli altri, ove verrà loro prescritto, ma sorveglieranno che i minatori, e Garzoni adem­piano al proprio dovere, e delle mancanze ne daranno parte al Capo Minatore, ed in assenza al rispettivo Capo Galleria, sotto pene corporali, e Multe e destituzioni.

 

Articolo 3  Saranno fissi per quanto è possibile, ed avranno in consegna gli edifizi, le Macchine, i Materiali, e gli utensili che non possono distribuire i Minatori.

 

Articolo 4  Sarà loro corrisposta una gratificazione giornaliera di grana cinque sugli estagli per tutte le suindicate cure straordi­narie.

 

 

Capitolo sei

 

Doveri de' Minatori e loro servizio

 

Articolo 1 I Minatori faranno società ne' lavori in ciascuna Gal­leria, e si serberà perciò un turno per mese, affinché ognuno abbia parte ai vantaggi e svantaggi locali.

 

Articolo 2 Essi saranno divisi in tre Classi in proporzione del­l'abilità di cui la prima comprenderà coloro che conosceranno per­fettamente bene qualunque lavoro del mestiere, la 2a coloro che sono abili anche alla fortificazione, e la 3a finalmente coloro che conoscono bene il solo maneggio del piccone, e della mazza coi Conci.

 

Articolo 3  Ai requisiti per passare da una Classe all'altra, previ Esame debbono unirsi quelli dell'attività, zelo, onestà, e morig­geratezza de' Costumi, circostanze che mancando potranno anche farli degradare.

 

Articolo 4  La di costoro mercede sarà regolata nel modo se­guente, cioè conosciutosi il quoziente che nasce dalla divisione della resta netta di tutti i provventi pel numero delle giornate di lavoro di tutti i Minatori di ciascuna Galleria, si dedurrà il 6o a quelli di 3a Classe e si distribuirà nella ragione di 1.2 a Minatori di 2a e 3a Classe. Ove poi 3a Classe non esistesse, dalla 2a si pre­leverà il 10% in favore della prima.

 

 

Capitolo sette

 

Doveri de' Garzoni Minatori

 

Articolo 1  I Garzoni Minatori avranno egualmente un Capo ch'è il Carrettaro della Galleria rispettiva: Esso deve badare che tutt'i suoi dipendenti riempiono bene le Coffe, od altro recipiente loro assegnato, che non perdono tempo nelle ore di travaglio, e fi­nalmente che ogni arnese sia all'Ordine prima di porre mano al Lavoro.

 

Articolo 2  Per ogni viaggio fuori dalle Gallerie con i Vagoni Car­rettelle a mano, e diversamente gli individui riceveranno il cor­rispondente gettone purché contenga in specie la quantità di Minerale prescritto.

 

Articolo 3  Il Capo de' Garzoni, o Capo Brigata porterà il det­taglio de' siti ove debbono essere addetti i Garzoni giornalmente perché ciascuno fruisca delle località più acconce, e più lucrose quelle de' prodotti individuati e quelli in fine che la natura del servizio potrà esigere.

 

Articolo 4  In considerazione di siffatte cure il Capo Brigata go­drà una gratificazione giornaliera di grana tre a Carico de' Garzoni della propria Galleria. Al contrario poi non adem pendo alacremente a tali suoi doveri sarà punito, multato, e degradato.

 

 

Capitolo otto

 

Disposizioni Generali

 

Articolo 1  Le quantità di Minerale rese contabili alle Miniere, sono sempre approssimative, il conto definitivo si otterrà allorché saranno vuotati anche i Minerali delle Fonderie.

 

Articolo 2  A scanzo quindi di deficit a causa degli sfridi durante il trasporto alle Fonderie, nel ripeso e quindi nel disseccamento, i Minatori esploteranno, ed i Garzoni estrarranno il Decimo del Minerale di più. Però i suprii che si potranno rinvenire si por­teranno in contabilità e saranno ripartiti al Personale in propor­zione delle giornate di lavoro e del mestiere.

Se poi malgrado la sopra espressa misura di precauzione si ve­rificheranno delle mancanze esse saranno rimpiazzate nelle me­desime proporzioni.

 

Articolo 3  Il Minerale che si estrae dalle Gallerie deve essere scevro da materie sterile, quindi i Minatori debbono curare stret­tamente tale adempimento, altrimenti la spesa occorrente sarà a di loro carico.

 

Articolo 4  Tutti i Minatori e garzoni ad estaglio tranne il Capo Posto riuniti sotto gli Ordini del Capo Galleria rispettivo, termi­nato il lavoro del giorno impiegheranno un'ora al riatto del tratto di strada fino alla Galleria precedente, quelli dell'ultima ora fino all'abitato.

 

Articolo 5  I Garzoni a giornata poi sotto le Cure del proprio Capo Posto, ripuliranno l'interno della propria Galleria, Minerali e locali annessi, prenderanno conto delle Macchine, ed utensili di dotazione portando a riattare quelle che le meritano.

 

Articolo 6  Sulle spese di manutenzione saranno prelevate grana 4 al giorno in ciascuna Galleria, per una lampada da tenersi a disposizione dell'Uffiziale Capo della Dipend.a, del Capo Minatore, e Capo Galleria per di costoro visite giornaliere, e per acquisto della Carta bisognevole per Rapporti di questi ultimi, e per le pistolette da spararsi contro i massi.

 

Articolo 7  Esisteranno in ciascuna Galleria due Tabelle, in una vi saranno trascritti i doveri di ogni classe d'individui addetti ai lavori, con gli Articoli dell'Ordinanza di Piazza e dello Statuto penale Militare che trattano delle subordinazioni di delitti e delle pene. Nell'altra le Macchine e gli utensili esistenti in ciascuna galleria e del mobilio, e ferramenti degli edifizi annessi.

 

Articolo 8  Alla fine di ciascun semestre, il Costruttore dello Sta­bilimento si recherà alle Miniere e segnerà in una pianta i pro­lungamenti de' diversi rami di ciascuna Galleria, di cui un esem­plare deve essere depositato nell'Archivio della Direzione ed un altro in quello delle Miniere.

 

Capitolo nove

 

Macchine e strumenti

 

Articolo 1  Le Macchine, gli strumenti saranno somministrati dal­lo Stabilimento, tranne le Coffe e le bandoliere pe' garzoni e che debbono fornirsi di per sé.

 

Articolo 2  Ogni minatore riceverà due picconi, di cui uno ad una punta, ed una Lucerna. I primi saranno bollati e numerati pro­gressivamente di Maniera che nell'atto della consegna se ne co­nosca il peso, onde nella riconoscenza per qualunque causa sia del peso medesimo.

 

Articolo 3   I Picconi in consegna ai Minatori saranno riattati a loro spesa anche per ferro.

 

Articolo 4  Le Macchine, gli Utensili, che non possono distribuire gli artefici, saranno manotenuti dallo Stabilimento.

 

 

Capitolo dieci

 

Mercede dei Minatori

 

Articolo 1  Il prezzo della esplotazione del Minerale sarà di grana due e mezzo a cantajo compresa la manodopera della fortifi­cazione occorrente dovendo i Minatori fornirsi di per sé l'olio, ed i lucignoli di cotone filato.

 

Articolo 2  Tal mercede è indistintamente stabilita a qualunque distanza nelle Gallerie. Ove però il minerale fosse di una estrema durezza da non potersi ottenere coi mezzi ordinarj sarà loro for­nita la polvere con quella oculatezza che si richiede.

 

Articolo 3  Il prezzo di una canna legale d'avanzamento regolare sarà di ducati tre e grana cinquanta e quello di agevolazione per l'esplotazione del Minerale sarà diminuito di un quinto delle at­tuali tariffe dovendo sempre i Minatori adempiere alla necessaria fortificazione e fornirsi l'olio e li lucignoli bisognevoli a proprio uso.

 

Articolo 4  Finalmente il premio per ricambio di ogni puntello grana due e mezzo, ed una grana per ogni mezzo puntello, do­vendo del pari i Minatori fornirsi l'olio ed i lucignoli per sé soli.

 

Articolo 5  La costruzione delle Cunette sarà pagata a grana sei la Canna legali, compresa la positura in opera delle rotai ed altri.

 

Articolo 6  Tutt'altro lavoro sarà pagato a giornata con la mer­cede di grana trenta compreso il riatto dei picconi, l'olio ed i lucignoli.

 

 

 

Capitolo undici

 

Mercede de' Garzoni Minatori

 

Articolo 1  Il prezzo dell'estrazione de' materiali verrà distinto in quello a schiena d'uomo ove non possono trafficare Wagons, Carrettelle a mano, slitte od altro; ed in quello in cui tali mezzi possono adoperare fino ai Minerali; Ciò che rilevasi da seguente specchietto.

 

Articolo 2  I Garzoni debbono fornirsi l'olio, ed i lucignoli in tutti i lavori ad estaglio; e quando assisteranno al ricambio, in eco­nomia la di costoro mercede, sarà di grana ventidue, invece di venti, onde acquistare l'olio, ed i lucignoli di per sé.

 

 

Articolo 3  Coloro che trasporteranno a schiena, debbono avere le Coffe della Capienza di 55.37, o 28. in proporzione delle forre di ciascuno, di maniera che in ogni due, tre o quattro viaggi equi­valgono rispettivamente ad un Cantajo col decimo di Cautela.

 

 

Specchietto

 

Per servire di norma al pagamento di un Cantajo di Materiale estratto fuori le Gallerie ne' qui sotto dettagliati modi.

  

 

 

 

 

L'economia sui trasporti interni con tubi od altro mezzo reste­ranno a favore del Real Governo.

 

 

 

Capitolo dodici

 

Multe e Gratificazioni

Articolo 1  Chiunque dei minatori e Garzoni commetterà delle trasgressioni per ritardo, pigrizia ne' lavori, o fraudolenza, la pri­ma volta sarà avvertito, la 2a sarà punito con la restrizione in prigione la 3a multato da uno a sei Carlini, e la quarta espulso se non filiato, ma se filiato se ne farà rapporto al Direttore dello Stabilimento per essere mandato a servire nell'Armata.

Articolo 2  Per le mancanze di subordinazione per gli altri delitti, e pei misfatti si procederà come per legge.

 

Articolo 3  Per ogni multa se ne farà un Rapporto straordinario in scritto, e se ne terrà inoltre un apposito registro e gl'introiti verranno amministrati da un Consiglio composto dal Capitano incaricato della Dipendenza come Presidente, dal Capo Minatore, Capo Galleria, Capo Posto, e Garzoni più antichi come Membri ed assistiti dal Guardia come Segretario.

 

Articolo 4  Tali somme saranno depositate presso l'Uffiziale del­la Dipend.a in una cassa a tre Chiavi di cui una l'avrà il Capo Galleria la 2a il Capo Posto, e la 3a il Garzone, né potrà farsene alcun uso senza Deliberazione scritta.

 

Articolo 5  L'uso di siffatte somme sarà di gratificare mese per mese coloro che si distingueranno per zelo, ed attività nel Real Servizio ed i Superiori saranno destinati a soccorrere coloro che per Disgrazie sofferte ne' lavori non potessero diversamente pro­cacciarsi l'alimenti.

 

Articolo 6  Alla fine di ciascun anno si stabilirà un bilancio ge­nerale degli Introiti ed Esiti il quale sarà verificato e chiuso dal Di­rettore dello Stabilimento.

 

Pazzano, li 13 Aprile 1845=  Il Capitano della Dipendenza=   Fir­mato Antonio Rola (13)

 

 

[fig.85]

Villaggio operaio e fonderia nel Galles. 1830 circa. (da L’industria del ferro: Inghilterra).

Non erano molte le nazioni che intorno alla metà del secolo XIX concedevano di più alla categoria dei minatori: il fatto stesso che la Mongiana avesse disposto un regolamento per il lavoro in miniera è abbastanza raro. Nella maggior parte dei casi le con­dizioni di lavoro erano rese pubbliche con “avvisi”, più propensi a stabilire i doveri che non i diritti dei minatori.

Questo documento della Mongiana è esplicativo dei principi che regolavano la vita nelle miniere e ne lascia intravvedere anche importanti risvolti umani. L'intera piramide della organizzazione operaia, dai garzoni ai capo-galleria, aveva la sua cima nel Ca­pitano delle miniere, responsabile della esplotazione.

Il Regolamento rappresenta un'interessante fusione tra la logica militare-burocratica e la volontà “democratica” di coinvolgere gli stessi operai nella gestione della produzione, soprattutto per il controllo delle varie fasi lavorative.

La giornata lavorativa era già di sole otto ore, ben lungi dalle sedici applicate in altre nazioni, e di poco inferiore alle dieci-undici vigenti nel Regno. Per i compiti più disagevoli questo limite poteva anche essere ridotto. Erano previste pene corporali per le teste dure, ma esisteva pure una cassa previdenza per coloro che si infortunavano sul lavoro, anche se in gran parte autofinanziata dagli stessi operai.

Dalla descrizione dei materiali impiegati per l'estrazione ci si può fare un'idea della gravosità del lavoro e dello sforzo fisico cui erano sottoposti i minatori. Nelle gallerie buie, illuminate solo da deboli lucignoli, mal areate, puntellate con accortezza ma anche con parsimonia di legnami, essi strappavano il minerale spinti dalla angoscia del cottimo ed a sola forza di piccone. Poi ef­fettuavano il trasporto verso la bocca della galleria a spalla, e solo nei tratti finali con l'ausilio di vagoni. L'uso della polvere da sparo per le venature più dure era raro per il pericolo di crolli che esso poteva indurre. Accadevano spesso soffocamenti ed asfissie cui si poneva rimedio con mezzi di fortuna e con l'ausilio di ru­dimentali congegni che aiutavano la respirazione forzata.

[fig.86]

Operai adulti ed adolescenti in Belgio, intorno al 1880. (da: Le Règne de la Machine).

Mediamente un minatore adulto, non capo-galleria, guadagnava circa 4 ducati per ogni cento cantaja di minerale lordo conse­gnato alla bocca della miniera. In un mese essi riuscivano a racimolare fino ad un massimo di 8 ducati; ma poiché non era possibile l'estrazione durante tutto l'anno, per l'allagamento in­vernale delle gallerie, essi dovevano necessariamente risparmiare sui guadagni già appena sufficienti.

A rendere la vita più dura contribuiva la massiccia immigrazione operaia che si ebbe in alcuni momenti, come ad esempio quello della chiusura delle saline ioniche. I rapporti tra gli operai diventano allora più tesi per il timore della concorrenza, e per le difficoltà che poneva sul piano della convivenza l'inserimento di nuova popolazione all'interno di un sistema già molto instabile.

Gran parte dei minatori era costituito da “filiati”, cioè da coloro che erano esentati dalla leva, ma che restavano soggetti alla giurisdizione militare per tutto il periodo della filiazione, cioè per dieci anni.

Spesso tra i minatori si accendevano liti per la ripartizione dei cottimi previsti dal Regolamento delle Miniere. Ma, come si è visto, anche i mulattieri, i quali si contendevano l'appalto dei trasporti, erano spesso in contrasto.

Quando a questo stato di cose si aggiungeva anche qualche mancanza dell'Amministrazione, colui che si riteneva defraudato, non potendo prendere la sua rivalsa nei confronti della Direzione, riteneva un suo diritto rifarsi a spese dei suoi stessi compagni di lavoro.

 

 

A Sua Eccellenza

Il Ministro di Guerra di Stato e Marina del Regno di Napoli.

Eccellenza,

Li quì sotto scritti Carbonari e Mulattieri del Comune e Real

Stabilimento di Mongiana, Provincia Cal.a Ult.a 2a  Le umiliano quanto segue.

Che non potendo più sopportare le Calunnie ed ingiustizje del Capo Carbonaro Sig. Michele Vavalà del Comune di Serra, si volgon all'Eccellenza Sua onde ottenere il loro pagamento atteso che finora non hanno ricevuto nessuna somma dal d.o Vavalà; ma solo vennero sempre pagati dallo stesso con generi di patate, avena, grano, panno di arbasa, sola, coriame, ed altro e, solo questo commettesi dal Sig. Vavalà onde poter negoziare a suo maggior vantaggio mentre questo altro non era che un scalzone, e Pezzente ed ora con tali monopoli trovasi proprietario di pecore, animali vaccini ed altro. Rivolti adesso all'Eccellenza Sua, la preghiamo benignarsi i..., quanto i Carbonari venissero pagati dal Cassiere di Mongiana, onde non venissero più oppressi dalle ca­lunnie ed infamità del Sig Vavalà.

Tanto sperano e l'avranno.

Mongiana 1852 (14).

 

 

 

[fig.87]

Risalita di minatori in Belgio. Cartolina degli inizi secolo. Musée de Mariemont. (da : Le Règne de la Machine).

Seguono 32 firme di mulattieri, di un capo-acciere, e di un guardiaboschi.

Per amore di imparzialità, vediamo quali erano le ragioni addotte dal tanto bistrattato Vavalà, il quale aveva, l'anno precedente, avanzato a sua volta una supplica.

 

Sacra Real Maestà,

Signore.

Michele Vavalà prostrato a pié del Real Trono supplicando umil­mente rassegna a V.M. ciò che segue.

Con Real Decreto de 15 giugno (...) la M. V. si è degnata nominarlo Artefice Veterano Del Real Stabilimento di Mongiana. Sperava che con Tale promozione gli venisse corrisposto il compitente soldo e la mercede assegnati agli Artefici Veterani, ma lungi di essersi ciò finora avverato fin dal 24 luglio ultimo gli venne anche tolta la mensile gratificazione ministerialmente approvata di D. 4,50 che godea come Capo Carboniere pei travagli e lunghi servizi sempre con zelo ed onoratezza nel suddetto Stabilimento.

[fig.88]

Lavoranti alla premitura dell’olio scortati da militari. Beaujonc e Marmonster, 1812. Bruxelles, Bibliothèque Royale Albert I, Cabinet des Estampes.

Prega perciò fervosamente la somma Clemenza e Carità della M. V. degnargli la Grazia di fruire degli averi di Artefice Veterano dacché prestò il giuramento di fedeltà alla M. V. in considerazione non solo de' suddetti suoi servizi, ma si bene per poter sostentare la sua numerosa famiglia priva di ogni altra risorsa, ora che la sua vita è stata consunta pel servizio di V.M. fra questi orridi boschi e Montagne. Tanto spera e si augura, e l'avrà a special grazia come da Dio.

Mongiana, 20 Novembre 1851 (15).

 

In nome dei figli, dunque, secondo una logica tutta meridionale, è non solo possibile, ma anche doverosa l'arte dell'arrangiarsi...

Certamente la inadeguatezza dei guadagni costringeva non solo il Vavalà, ma anche mulattieri e carbonari, nonché carbonari ed artefici, a praticare l'antica arte dell'arrangiarsi con l'attività del contrabbando di carbone e minerale. Questa “attività” era tol­lerata dallo Stabilimento pur di non esacerbare ulteriormente gli animi. Egualmente tollerato era il contrabbando di ferro agre e dolce fatto dagli operai di Mongiana addetti alla produzione vera e propria, nonostante la loro condizione fosse migliore di quella della restante categoria operaia. A parte i salari più elevati, essi, abitando a Mongiana, godevano di alcuni privilegi. Nel paese vi fu fatto stabilire un farmacista con funzioni di medico e degli in­segnanti che facevano scuola ai figli degli operai all'interno della Fabbrica d'Armi.

[fig.89]

Ufficiali e soldati del Genio – Zappatori. 1844 circa (Museo di S.Martino, Napoli).

Il lavoro era comunque oneroso e richiedeva una specializzazione che si poteva acquisire solo con una lunga pratica. Fonditore, maestro del forno ed assistenti, ferrazzuoli maestri e lavoranti avevano il compito di trasformare il materiale sfranto in pani di ghisa e poi manufatti e fucili estremamente complessi.

Fino al periodo murattiano i ferrazzuoli lavoravano anch'essi a cottimo: veniva loro dato il ferro acre e si richiedeva poi il ferro raffinato con un compenso di circa 20 carlini per ogni cantajo, rimborsando loro il carbone nella misura di circa 40 grani a sal­ma. Il ferrazzuolo doveva dare 2 cantaja di ferro raffinato per ogni salma di carbone e di ferro agro; questa quantità veniva chiamata “ferro di consegna”. Il ferrazuolo doveva poi dare, per ogni can­tajo di ferro dolce, 16 rotola di ferro chiamato “d'avanzo” che era pagato loro circa 7 grani il cantajo (16).

Nel periodo borbonico, le paghe dei capo officina, limatori, tor­nitori, modellatori, potevano giungere anche a 12 ducati il mese, mentre la paga di un operaio non specilazzato si aggirava sui 7 ducati; agli allievi ne toccavano 4 (17).

Nel raffrontare le tabelle paga dell'Amministrazione, dal 1820 fino alla chiusura del 1864, si nota solo un lieve aumento delle tariffe:

bisogna tenere presente però che durante il Regno borbonico la moneta fu alquanto stabile, per cui si ebbe un'inflazione lieve ed il potere d'acquisto del denaro non ne soffrì.

[fig.90]

Dintorni di Stilo con indicazione delle gallerie delle miniere del Monte Stella: D bocca di Principe, E bocca Carolina, F bocca della Regina, G bocca S.Nicola, H bocca Clementina, I bocca di Colla di Fondo (BNN, sez. manoscritti e rari).

Il lavoro dei ferrazzuoli, pur pagato meglio, non era meno pe­ricoloso di quello dei minatori. La mancanza di protezione durante le fasi lavorative, soprattutto nelle colate, tranne l'uso di rudi­mentali “occhiali” (18), spesso era la causa di incidenti, ed un at­timo di distrazione o stanchezza poteva recare gravi conseguenze. Comunque la percentuale di infortuni o di morte sul lavoro era abbastanza contenuta, per nulla paragonabile ai tassi della in­dustria privata.

 

Napoli 20 maggio 1853

Signor Generale,

Il Sig. Direttore della R.e Manifattura d'Armi di Mongiana, con rapporto del 17 stante N.522 mi dice il seguente.

Il Sig. Capitano Manzione, con foglio del 13 andante N. 101 per­venutomi jeri sera mi dice quanto appresso.

Con mio massimo dispiacere ho l'onore sottometterle che questa mattina alle ore 11 e trenta a.m.  lo artefice Esterno Pulitore Gioacchino Manno, mentre si accingeva a prendere a terra un pannolino per pulire le armi che caduto era sotto la ruota maestra del macchinario a centimolo, disgraziatamente è capitato col braccio sinistro tra la detta ruota ed una colonna di sostegno, frangendosi la estremità dell'avambraccio suddetto; che a giu­dizio di questi periti sanitari devesi amputare. Jo però sono da tale disavventura, e perché il Paese non offre Professori suffi­cienti per l'operazione, l'ho tosto mandato a Monteleone, dirigen­dolo a quell'Ospedale Civico, onde ivi subire l'amputazione che qui non si è potuto effettuare.

[fig.91]

Farmacia portatile per il soccorso di operai in miniera (Planche de l’Encyclopédie).

Tanto le rassegno in adempimento del mio dovere proprio, e pei risultati di sussistenza che non potranno avverarsi a prò dell'in­felice Artefice. Tanto mi onoro rassegnarle in adempimento prim.o del mio dovere, e per tutt'altro stimerà al riguardo.

Il Colonnello Ispettore

D'Agostino (19).

 

Dal 1840 alla Mongiana era stato destinato un chirurgo, ma non sempre si ebbe una continuità di prestazione, perché esso veniva continuamente trasferito. Nel 1848, il chirurgo fu addirittura mes­so agli arresti per insubordinazione, forse per insofferenza alle condizioni di vita dei luoghi.

Gli incidenti sul lavoro, come si è visto, erano contenuti ed in genere la salute della popolazione non risentiva di quelle malattie tipiche alla maggior parte delle imprese industriali dell'epoca. Tranne l'epidemia di colera del 1848, che però non investì la sola Mongiana, e che quindi non ebbe origine nelle condizioni del paese, non vi è traccia di malattie epidemiche. Fatta eccezione per alcuni casi di malattie endemiche fra i minatori - più esposti - e fra la truppa di artiglieria dal 1855 in poi per un contagio agli occhi dovuto all'umidità dei locali della caserma, nulla di veramente particolare può essere segnalato per questo aspetto così significativo nella valutazione delle condizioni di vita di una po­polazione operaia.

[fig.92]

Artiglieri borbonici in uniforme da lavoro ed in cappotto. 1827 (Museo di S.Martino, Napoli).

Da rilevare l'assoluta assenza di alcolismo, fatto eccezionale per la condizione operaia del tempo, soprattutto straniera.

Se la vita degli operai era dura, la Direzione non se la cavava con spensieratezza. Anche il Direttore infatti, con tutta l'Amministra­zione, era dipendente dello stato. Il rapporto padrone-operaio, in certo qual modo, era inesistente, poiché tutti erano subalterni al potere centrale.

Al Direttore spettava il compito di coordinare circa 800 persone in varie specializzazioni di lavoro, le quali, nel decennio tra il 1850 ed il 1860, giunsero a oltre 1500 unità. In questo ultimo periodo i minatori erano circa 120, 100 i fonditori, un'ottantina gli staffatori e modellatori, 140 i raffinatori e magliettieri, una quarantina i falegnami, quasi duecento i carbonieri, 150 i mulattieri, 30 i bo­vari, una decina i guardiaboschi. A questi andavano sommati gli impiegati civili dell'Amministrazione, i contabili, ragionieri e scri­vani. In più la guarnigione d'artiglieria, nonché i tecnici con l'In­gegnere costruttore.

Al Direttore colonnello, dal 1852, anno in cui la Mongiana divenne Comune autonomo, toccò il compito di prendersi cura della po­polazione civile, in quanto a lui furono demandate anche le ca­riche di sindaco e di giudice supplente del circondario. Con il singolare ordinamento con cui Mongiana venne nominata “co­lonia militare” (20) e l'ufficiale di dettaglio ebbe anche la funzione di ufficiale dello stato civile, due ufficiali della direzione quelle di 1o e 2o eletto, il Consiglio di Amministrazione dello Stabilimento quelle del decurionato, il parroco di conciliatore.

[fig.93]

Esito di esame della scuola gratuita. 1859 (ASCZ). Le materie insegnate erano: Leggere e Scrivere; Aritmetica; Religione; Galateo; Grammatica italiana; Dettato; Disegno lineare; Agricoltura; Arti.

Quello di Direttore della Mongiana doveva costituire un impegno arduo da assolvere per le difficoltà determinate dal ceto operaio in continua tensione ed in una situazione anomala per la presenza di truppe militari.

Spesso l'Amministrazione si preoccupò di intervenire presso il Ministero per risolvere piccoli problemi che, in quelle condizioni d'isolamento, divenivano però fastidiose contrarietà per la popo­lazione civile, come quando sollecitava l'invio di moneta di pic­colo taglio “poiché è tale la scarsezza della moneta di rame, che ben spesso non si trova a cambiare una piastra”, oppure quando si ingegna ad aiutare i mulattieri e carbonari analfabeti a riscuo­tere le loro polizze di credito presso il Governo (21).

In genere ai vari direttori della Mongiana va riconosciuto il merito di aver saputo quasi sempre destreggiarsi in difficili situazioni e di essere riusciti a fronteggiare con perizia e capacità di me­diazione, con “umanità”, momenti molto drammatici, sfociati in vere rivolte, come durante i moti del 1848, e dopo l'Unità d'Italia, mentre si andava avvicinando lo spettro della chiusura delle at­tività.

 

 

 

Prefazione

Introduzione

Cap. 1

Cap. 2

Cap. 3

Cap. 4

Cap. 5

Cap. 6

Tavola Misure Regno delle Due Sicilie

Indice Appendice

Real Decreto e Regolamento

Bibliografia

Bibliografia generale

Indice delle abbreviazioni

Indice delle note

Tutte le Immagini

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