Le
Reali Ferriere ed Officine di Mongiana |
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Capitolo 5 condizione operaia Rapporto A
S.E. il Sig. Ten.te Gen.le Command. D. Ferdinando Macry Direttore
Gen.le d'Artiglieria, ed Ispettore del Treno di Linea. Non
ostante l'industria pratticata per tenere puntualmente soddisfatti li
travagliatori della miniera di Grafite, mentre que' delle altre Dipendenze di q.a
Direzione risentono l'abituale albrasso di tre mesi; ed a fronte delle molte
agevolazioni, e favori li minatori di Pazzano sono tanto retrovi per quei
lavori, che giunsero ad assentarsi dal proprio paese per non andarvi. La
sommessa circostanza mi mette alle strette di commettere un abuso di potere,
ed in giornata ho disposto che una competente forza vada a disposizione del Sig.
Ten.te da Capitano Nacci, incaricato di arrestarne quattro per ora,
e condurli scortati in Olivadi. Altrimenti facendo gli interessi del Re (D. G.)
soffrirebbero non poco colla sospensione dei lavori. Adottato
pel momento questo disperato rimedio, prego V.E. di darmi i suoi oracoli pel
successivo, mentre è impossibile tenere nella ripetuta maniera, a costo di
qualunque violenza, tale gente al di là di un mese; ed io sono giunto a ridurli
al dovere, sebbene, annuendo alle loro domande, ne avessi fissato il turno tra
le persone idonnee a quel servizio, da smontare quattro per ogni mese; giacché
il Capo Minatore con altro compagno si contentano della perenne permanenza, nè
intendono allontanarsi per altro che per recarsi qualche fiata per pochi giorni
a rifucillarsi nella propria famiglia. Carlo
Ros Mongiana,
21 marzo 1826 (1) Il
1826 fu per il direttore della Mongiana uno di quegli anni da non potersi
facilmente dimenticare. Numerosi scioperi, di cui alcuni sfociati in rivolta,
fermarono a più riprese i lavori di estrazione del minerale ed i trasporti. In
quell'anno esplosero molti dei tanti problemi troppo spesso risolti, per il
passato, in modo improvvisato. Come sempre in casi del genere, la
“soluzione” fu quella di ricorrere all'intervento dell'esercito e di
reprimere con la forza le insurbodinazioni. I
motivi dello scontento operaio erano di vario genere, soprattutto tra le
categorie impegnate nei lavori più gravosi e precari, come quello dei minatori
e dei mulattieri. Se i minatori si ribellavano per le condizioni di lavoro cui
erano sottoposti, i trasportatori erano sul piede di guerra per
l'indeterminatezza dell'Amministrazione nello stabilire un'equa ripartizione dei
carichi e quindi dei guadagni. Nel
1826 la Direzione fu messa alle strette e costretta a concedere migliorie.
Quello però non fu anno eccezionale per questo aspetto: nella storia della
Mongiana e delle miniere di Pazzano ed Olivadi, sia prima, sia dopo il 1826, la
problematica relativa alla condizione operaia si è più volte ripresentata con
gravità. Funzionari autorevoli del governo furono spesso costretti ad intervenire
in quelle che apparentemente potevano sembrare solo questioni campanilistiche,
ma che invece erano il sintomo di una forte esasperazione tra gli operai. Napoli,
5 luglio 1826. Eccellenza, i
possesori di animali di trasporto di Pazzano, dolendosi di essersi addetti dallo
stabilimento della Mongiana diversi individui di aliene Contrade da
Mulattieri, per trasporto del Minerale di ferro che si scava in quelle Miniere,
domandano di essere esclusivamente addetti ad un tale trasporto per essere stato
sempre questo per l'addietro di vantaggioso incarico degli abitanti del Comune
sufferito. Trasmetto
a V.E. l'anzidetto ricorso, perché nel respingerlo si compiaccia di
accompagnarlo dello analogo informo. Il
Ministro Segretario di Stato
(2) Al
Direttore della Mongiana toccava quindi il compito ingrato di giustificare con
dettagliati rapporti le motivazioni dello scontento operaio. Rapporto
1826 Lo
Stabilimento di Mongiana ha due sorta di trasportatori, cioè i propriamente
detti mulattieri ed i trasportatori del Minerale. I primi sono individui di vari
Comuni, i quali avendo, dopo l'obbligo contratto colla filiazione, abbandonato
il loro paese, si sono stabiliti, e quasi naturalizzati alla Mongiana. I
secondi, che com'essi stessi dicono, trovansi ridotti al n.o di circa quaranta, sono tutti del Comune di Pazzano a
prossimità delle miniere, e vivono nel proprio paese e nella propria casa. I
primi sono possessori di muli, che richiedono una spesa molto maggiore per
acquistarli e mantenerli, ed i secondi non posseggono che somari, che costano
molto meno, e si mantengono con poco. I
muli possono essere impiegati in ogni specie di trasporto di generi voluminosi,
e pesanti, ed i secondi non se ne può disporre, che pel solo trasporto del
minerale. Ai
mulattieri di Mongiana, se manca il travaglio, nel loro attuale domicilio,
rimanendo senza risorsa, o debbono perire o ritornare ai loro Comuni, e lo
Stabilimento rimarrebbe privo de' mezzi di trasporto nel bisogno. I
trasportatori di Pazzano, rimanendo senza fatica riguardo alla Mongiana, si
trovano sempre nel loro paese e possono avere delle risorse. Tali considerazioni
hanno sempre obbligato i Direttori della Mongiana ad usare una giusta predilizione
verso i Mulattieri, onde procurare di non fargli mancare la sussistenza. Non si
deve pertanto oltrepassare i limiti dell'equità, e quindi sarebbe conveniente
di lasciare ai Mulattieri della Mongiana, tutt'il trasporto del Carbone,
quello de' diversi oggetti della Mongiana al Pizzo, ed i trasporti interni, e
dell'intera quantità di Minerale, e Pietra Calce da trasportarsi nell'anno,
dalle Miniere alla Mongiana, se ne dovrebbe assegnare definitivamente,
unaproporzionata quantità ai trasporta tori di Pazzano, e la rimanente
lasciarsi, pe' Mulattieri di Mongiana, da eseguirsene il trasporto, nel tempo,
che viene a mancar loro la fatica. E siccome la quantità di Minerale da
assegnarsi ai trasportatori di Pazzano, potrebbe da essi esaurirsi in un certo
numero di mesi, travagliando energicamente, per l'impegno di guadagnarsi molto,
e rimanere senza fatica pel rimanente dell'anno, così parrebbe vantaggioso, che
una tale porzione assegnata ai trasportatori di Pazzano, sia loro assegnata in
ragione di tanti di viaggi a testa, per ogni settimana, essendo noto, che ognuno
di que' somari, per lo spazio di circa miglia 16 non può caricarsi, che non
per poco più di un cantajo. In tal guisa avranno essi un travaglio discreto, ma
continuato, proporzionato al di loro numero, alla spesa, e mantenimento de'
loro animali, e non rimarranno esposti i mulattieri della Mongiana a quella
pericolosa indigenza nella quale potrebbero incorrere, se rimangono affatto
privi di fatica, per più mesi consecutivi (3). Questo
balletto di richieste, rapporti, suggerimenti, non servì quasi mai a risolvere
il nodo del problema, cioé a definire la organizzazione del lavoro ed a
migliorare le condizioni generali di vita: essi si esaurivano in contentini
episodici, preceduti da punizioni-esempio per alcuni capri espiatori. La
coscienza di classe tra gli operai nei primi decenni del XIX secolo non era
sviluppata, tanto meno dunque a Mongiana ci si può aspettare che le richieste
avanzate fossero il frutto di una intesa concorde tra gli operai della ferriera.
Solo alcune categorie erano disposte a lanciarsi in proteste clamorose,
rischiando la galera, ma lo facevano senza riuscire a coinvolgere nelle loro
rivendicazioni la solidarietà di altre categorie, più privilegiate, come
quelle dei fonditori ed operai specializzati. Bisogna
anche sottolineare il fatto che tutto l'arco della vicenda Mongiana è privo
degli esempi di sfruttamento esasperato cui ci ha abituato la storia
imprenditoriale del Nord Europa, e dell'Inghilterra in particolare. Ciò
fu merito da ascriversi al governo borbonico, nato su posizioni illuministe;
ma per altro verso testimonia anche del “ritardo” nell'organizzazione
dello sfruttamento “scientifico” della forza-lavoro rispetto allo sviluppo
industriale dei sistemi capitalistici privati. L'esempio
di San Leucio ha spesso portato ad indiscriminate valutazioni favorevoli ai
Borboni, e soprattutto alla “umanità” di Ferdinando, per la disponibilità
di quel sovrano ad investire denaro senza volerne ricavare un immediato utile
economico pur di realizzare conquiste sociali ed industriali (4).
Ma certamente non tutte le imprese industriali borboniche, e soprattutto quelle
posteriori a Carlo e Ferdinando, nacquero in condizioni di privilegio cosi
eccezionali e per impulso di così grandiose concezioni. A San Leucio il Re
concesse ad ogni nucleo familiare produttivo casa, telaio, indumenti, pensione,
istruzione, in cambio di “sola” obbedienza ed operosità. A Mongiana invece
il Re non concesse nulla di tutto ciò; anzi, si può bene dire, prese molto, e
fin dall'inizio. E lo stesso accade anche nel periodo murattiano. “...Fin
dall'inizio di giugno 1811... si rifletté che le arti di Minatori, di
Fonditore erano assai penose da esercitare, onde pretendere dei sacrifici da
quelli che vi si applicavano, quindi essi vennero ricevuti secondo il Decreto di
S.M. senza clausola, ma per le arti di Falegname, di Forgiaro, Staffiere, per
Guardiaboschi si ordinò che chiunque volesse essere ricevuto alla Mongiana, per
tali mestieri dovesse presentare al servizio dello Stabilimento due muli. Le
fatiche dei quali gli dovessero essere pagati alle tariffe e che se un mulo
venisse a mancare, fosse l'artefice obbligato a comprare altro, in fine i due
muli dovevano essere per dieci anni impiegati per la Mongiana. Si aggiunge a
questo primo obbligo quello della costruzione di una Baracca. Ed ecco come la
Mongiana senza nulla spendere, approvvigionavano i mezzi di trasporto e di
più senza l'obbligo di farne sorvegliare la buona tenuta. Sicché risultò
l'interesse del proprietario, ed ecco come la Mongiana, senza l'interesse del
governo, costruì un gran numero di abitazioni e siccome prima il locale della
Mongiana era compreso nella (...) così con tal metodo le Ferriere, le
Raffinerie furono parti di un paese del nome suddetto” (5). Eppure
Murat fu prodigo di concessioni e vi realizzò notevoli migliorie; ma per quanto
riguarda la condizione operaia, anch'egli si attenne ad una linea molto severa.
Murat, come i precedenti governanti borbonici, ebbe due pesi e due misure, per
il napoletano-casertano da un lato, e per la periferia del Regno dall'altro.
Anch'egli considerò le provincie della Calabria e della Puglia come
portatrici d'acqua all'interno di una visione centralistica. Nonostante
l'occhio dei sovrani non fosse molto indulgente con il ceto operaio della
Mongiana, tuttavia le condizioni di vita non raggiunsero mai i livelli
drammatici di altri paesi, sia in Italia che all'estero. Alla
Mongiana manca totalmente lo sfruttamento delle donne, ed il lavoro minorile è
limitato a funzioni gregarie, con orari di lavoro molto miti. Eppure quanti
“vedutisti” e scrittori, soprattutto inglesi e francesi, calati in
Calabria nel secolo XIX, nei loro resoconti, giunti alle soglie della Ruhr
calabrese, hanno trasformato i loro accenti di ammirazione per quella gente in
stupore e riprovazione per le condizioni di vita cui erano sottoposti. Questi
racconti sono serviti spesso per “dimostrare” la crudeltà del governo
borbonico. In verità, queste narrazioni sono molto meno agghiaccianti di quelle
fatte da viaggiatori coevi, anch'essi inglesi e francesi, nei villaggi operai
del Regno Unito. Da un lato il romanticismo dei narratori, venuti in Calabria
alla ricerca di paesaggi incontaminati e pittoreschi, dall'altro la mancanza
di preparazione culturale rispetto ad un fenomeno così nuovo e violento quale
quello, generato dalla realtà industriale, portò ad un'esecrazione che
coinvolgeva non solo i governi che “permettevano” l'industria, ma gli stessi
operai, stigmatizzati per il loro comportamento “violento”, sintomo di uno
scontento che li avrebbe portati poi alla lotta di classe. Non
staremo qui a scomodare i tanti stranieri scesi in Calabria; per tutti ci basti
il giudizio dato nel 1853 da un nativo della stessa zona delle Serre. “Relativamente
ad usi e costumi non si può notare nulla di particolare. Questa popolazione,
essendosi di recente naturalizzata colà, conserva le costumanze dei vicini
paesi dai quali trasse origine. QUALITÀ
RELIGIOSE E MORALI. Le sue qualità religiose meritano elogio per molti
riflessi; non così le qualità morali, che in certi riguardi sono vituperevoli.
Perché mai la corruzione dei costumi va inevitabilmente congiunta al progredire
del commercio o dell'industria? È la civiltà che genera il contagio, o la
rozzezza primitiva d'un villaggio che degenera in contatto della creduta civiltà..
Ai posteri l'ardua sentenza” (6). La
“rozzezza” dei mongianesi ci pare ben poca cosa rispetto a quanto riferisce
E. Halévy delle miniere di Whitehaven: “I selvaggi sono sempre incuranti; ed
i minatori vivono da veri selvaggi, sia nelle gallerie sotterranee, dove la
sorveglianza è necessariamente meno stretta, sia nei laboratori di una
fabbrica. Un viaggiatore, sceso nelle miniere di Witehaven, ci racconta il suo
terrore quando, a un incrocio, cade su un gruppo di ragazzi e ragazze dai visi
stravolti e l'aria di canaglie con intenzioni minacciose ed oscene. Uomini
e donne s'accoppiano a caso nelle tenebre, per il piacere, senza domandarsi un
attimo se non sia un padre e una figlia, un fratello e una sorella, che si
macchia d'incesto” (7). Questa
“promiscuità bestiale”, frutto dell'alienazione totale cui è sottoposto
l'operaio inglese, farà esclamare Marx: “la degradazione è talmente
desolante ed amara che lo stesso selvaggio appare in confronto come una
condizione regale” (8). Lo
stesso Halévy, incredulo, continua: “Francis Place racconta, nel 1828 al
Saint-simoniano d'Eichthal, che a un suo amico in visita ad una fabbrica del
Lancashire, il padrone offrì quella tra le operaie ch'egli desiderava passasse
la notte con lui.. .e che la sera, le strade di Manchester offrono uno
spettacolo scandaloso: le operaie delle filande cercano spesso nella
prostituzione, con la connivenza dei loro mariti, un supplemento ai loro salari
” (9). Il
“ritorno alla barbarie” che permea questi resoconti di un francese
potrebbe forse apparire di parte, ed in essi si potrebbe scorgere una punta di
compaciuta denigrazione antibritannica. Ma le numerose inchieste intraprese dal
Parlamento inglese tra il 1830 ed il 1860 per rivedere tutta la questione della
condizione operaia meglio di ogni altra narrazione testimoniano di quanto il
problema fosse divenuto ormai insostenibile, non tanto in termini morali, quanto
soprattutto in termini economici e politici. Infatti lo sfruttamento bestiale
cui erano sottoposti i giovani nelle fabbriche aveva decimato l'esercito coloniale
del Regno Unito: alla Leva militare, lo stato fisico della popolazione
maschile inglese era inferiore a quella di qualsiasi altra nazione europea. Su
cento ragazzi, meno del 25% avevano “attitudini militari”. Inoltre gli alti
costi dovuti allo scoppio di cicliche epidemie di colera tra la popolazione
operaia urbanizzata, l'alta mortalità, le spese per il controllo sociale di
questa massa di diseredati, spinsero il governo inglese ad alleviare, ad un
certo punto, questa condizione di vita al di sotto di ogni sopportabilità. Il
regime di “concorrenza” dei sistemi industriali liberali, se da un lato
condizionò lo sviluppo delle tecnologie facendole rapidamente progredire,
dall'altro richiese un costo umano altissimo. “Les
industriels n'ont que deux choses en vue: la production et l'écoulement de
leurs produit. Pour produire, ils ont des capitaux, des moteurs puissants, des
machines et des bras à leur disposition. Pour écouler facilement leurs
produits, ils doivent les fournir de bonne qualité, à un prix égal ou inférieur
à celui des industries rivales, tant indigènes que de l'étranger” (10). Per
ottenere un prezzo inferiore al prodotto dei rivali bisogna dunque
sfruttare al massimo gli impianti, le risorse e, soprattutto, des bras a
basso costo (11). Certamente
anche l'apparato industriale borbonico, e la Mongiana, si sarebbero potuti
sviluppare con più celerità. Se il sistema protezionistico e paternalistico
permise dal nulla la nascita di un'industria di stato, al tempo stesso questo
sistema attenuò i ritmi di sviluppo dell'industria, proprio perché la privava
del confronto-scontro che regola i sistemi aperti del libero scambio, e che
determina una selezione naturale tra le attività produttive in base al loro
rendimento e quindi anche alla loro capacità di accumulazione sulla pelle
degli operai. L'industria
siderurgica, inoltre, svolse nel Regno delle Due Sicilie un ruolo trainante per
l'intero apparato produttivo, e verso di esso i Borboni ebbero un occhio
particolare, soprattutto dalla Restaurazione in poi. Gli operai impiegati in
questo settore beneficiarono di molte agevolazioni che per l'epoca erano rare.
Essi avevano salari più alti di quelli del settore tessile-manifatturiero,
orari di lavoro inferiori e, spesso, un'embrionale assistenza (12). Il
lavoro nel settore statale, anche all'interno del Regno delle Due Sicilie, era
ovviamente più protetto che non quello del settore privato, dove lo
sfruttamento della forza lavoro era più marcato. Alcuni esempi noti di aziende
private che impiegarono galeotti, con il consenso del Governo, hanno spesso
portato a considerazioni affrettate. Il caso della manifattura Sava, ove
accanto a donne lavorano anche galeotti, in sé emblematico di un certo lassismo
dell'apparato amministrativo, sotto il profilo storico non è invece né diverso
né peggiore di quanto è avvenuto in quasi tutte le nazioni durante la prima
fase dello sviluppo dell'industria, ed anche dopo; basterà ricordare la
costruzione della rete ferroviaria degli Stati Uniti, o la sistemazione dei
vigneti sulle balze scoscese della Mosella, realizzate quasi per intero con
lavoro coatto e con lo sfruttamento delle categorie sociali più deboli. Le
dichiarazioni trionfalistiche sul diritto alla “libertà del lavoro” fatte
dai grandi imprenditori anglo-francesi, portatori tra i più accesi della idea
di liberismo come sinonimo di industrialesimo, in realtà lasciavano intendere
che “libertà del lavoro” doveva significare soprattutto possibilità di
operare al di fuori di qualsiasi costrizione, poiché la regolamentazione del
rapporto padrone-operaio avrebbe impedito lo sviluppo rapido e fruttuoso della
industria. D'altro
canto l'impiego di galeotti non è più crudele che sfruttare l'“esercito di
riserva” di affamati disposti a svendere il proprio lavoro, per imporre così
salari più bassi. Adam Smith sottolineava: “I
progressi della industria sono possibili solo in un paese che abbia una certa
densità di popolazione”, e non solo perché essa costituiva l'utenza del
prodotto, ma anche perché così diveniva semplice il ricambio a basso costo di
forza-lavoro. Nel Regno delle Due Sicilie il fenomeno industriale non fu mai
strettamente legato ad urbanesimo spinto: le industrie quasi mai furono localizzate
in stretto rapporto con la città. Questo portò certamente benefici alla classe
operaia, poiché non la inserì in quel processo di degradazione ambientale e
morale cui furono sottoposte le grandi immigrazioni contadine richiamate dal
miraggio industriale. Ma
a parte questo aspetto, nella organizzazione del lavoro del Regno delle Due
Sicilie, prevale costantemente uno spirito umanitario non espresso da leggi ma
realizzato nei fatti. Che esso sia segno di “debolezza” o di
“arretratezza” o di “incapacità” tutta mediterranea a subire ed imporre
per intero sistemi coercitivi, pur se necessari per la realizzazione di
traguardi produttivi, può costituire argomento per le scontate polemiche
denigratorie sulla capacità di lavoro del meridionale. Resta il fatto che, per
quel che ci è dato sapere dai documenti conservati nei numerosi archivi, alla
Mongiana i Regolamenti di lavoro furono severi, ma mai inumani, ed in essi si
coglie un senso di volontà di dialogo con l'operaio che, per certi versi,
anticipa molte conquiste venute nei decenni successivi. 5
Direzione di Artiglieria
Reali Stabilimenti di Mongiana REGOLAMENTO Per
le miniere di Ferro Capitolo
uno Doveri
del Capitano incaricato della Dipendenza. Articolo
1 Il Capitano incaricato della
Dipendenza riceverà gli Ordini dal Direttore dello Stabilimento, e gliene
renderà conto, gli dirigerà settimanalmente un rapporto circostanziato del
personale e Materiali impiegati, de' prodotti ottenuti e della spesa occorsa. Estraordinariamente
poi gli rassegnerà tutti li bisogni della Dipendenza, e ne ottenderà i
provvedimenti. Articolo
2 È una sua responsabilità tanto
la regolarità delle Carte contabili, le mensili le annuali. Articolo
3 Egli deve diriggere i lavori fin dal principio, indicarne le divergenze in
caso di ostacolo, la fortificazione, il personale, ed i materiali da impiegarsi. Capitolo
due Doveri
del Guardia di Artiglieria conservatore de' Materiali Articolo
1 Il Guardia di Artiglieria della
Dipendenza del suddetto incarico è il Segretario della Dipendenza medesima, e
perciò ha l'obbligo della Redazione delle Carti Contabili Finanze e Materie e
della corrispondenza. Articolo
2 Eseguirà tutti gl'introiti, ed i
Conti gli verranno regolarmente ordinati. Aiuterà indispensabilmente alla
ricezione de' puntelli e mezzi puntelli proveniente da' boschi, e baderà che il
Minerale si estrae dalle diverse Gallerie ne' svariati recipienti sia netto e
del peso raffinato. Articolo
3 Stabilirà una libretta in
ciascuna Galleria in cui vi calenderà volta per volta le diverse
somministrazioni de' legnami. Alla
fine del mese li totalizzerà, e vi dedurrà gli esiti, ricavati da' Rapporti
de' Capi Galleria rispettivamente per le operazioni Contabili. Una volta al
mese passerà in rassegna le Macchine, e gli utensili segnati in apposita
Tabella a firma del Capitano incaricato della Dipendenza, e che si rinnoverà
ogni tre mesi al pari de' Boni. Capitolo
tre Doveri
del Capo Minatore Articolo
1 Il Capo Minatore è il mezzo sul
quale si diramano gli ordini ai lavori da eseguirsi e personale da impiegarsi. Articolo
2 Egli è esclusivamente incaricato
della parte pratica del mestiere, e della istruzione degli allievi. Articolo
3 Sarà responsabile
degl'inconvenienti possono accadere, tanto nelle opere a nuovo, che in quelle
di manutenzione, quindi proporrà al Capitano della Dipendenza tutti i mezzi occorrenti
che metterà anche in esecuzione in casi urgenti dandone però subito parte al
sudd.o. Articolo
4 Sorveglierà la qualità e
quantità de' prodotti, curerà la esattezza delle fortificazioni a nuovo, e
bollerà i legnami che meritano essere ricambiati. Articolo
5 Baderà che i Capi Galleria, e
tutto il personale adempiano al proprio dovere, e che l'orario sia
regolarmente osservato, rapportando per iscritto tutte le apposite mancanze. Articolo
6 Dapoiché egli non può essere
presente in tutte le Gallerie contemporaneamente, lascerà le necessarie
istruzioni a, Capi Galleria, e ne eseguirà la esecuzione. Articolo
7 Sarà affidato alle sue Cure il
giornale delle diverse Gallerie pel progresso de' Lavori, con tutte le
circostanze che possono interessare l'avvenire come la Direzione ed estrazione
dei prolungamenti, la precisa posizione del minerale si abbia potuto lasciare
indietro, il motivo, e tutt'altro. Capitolo
quattro Doveri
de' Capi Galleria. Articolo
1 I Capi Galleria saranno
incaricati di tenere fermo l'Orario stabilito, il quale deve irrevocabilmente
cominciare alla punta del giorno, e terminare otto ore dopo senza interruzione,
e così da otto in otto ore, allorché il bisogno lo esigerà. Articolo
2 Registreranno esattamente il
personale, ed i materiali che s'impiegano nei diversi lavori, non che i
prolungamenti, ed i prodotti si ottengono, interpellando il Capo Minatore, ove
occorre specialmente nelle diverse Misure. Articolo
3 In ogni Sabato al termine del lavoro presenteranno personalmente al Capitano
incaricato della Dipendenza un dettagliato Rapporto di tutte le circostanze
espresse nel precedente articolo col visto del Capo Minatore. Articolo
4 Sorveglieranno che tutti
gl'individui non perdono tempo, che le Coffe e tutt'altro recipiente, ammesso
al trasporto, contenga il quantitativo fissato, consegnando per ciascuno di esse
pieno di Minerale, ed altro, un Gettone che ritireranno alla fine della giornata
per assicurarsi della quantità estratta, o del numero di viaggi fissati ad ogni
individuo fino all'esterno delle Gallerie. Articolo
5 Essi eseguiranno le istruzioni
loro saranno lasciate, e ne renderanno conto sotto la più stretta responsabilità
redigendo rapporti straordinari per ogni trasgressione di rilievo. Articolo
6 Allorché si dovrà travagliare
anche di notte, essi saranno presenti alle rispettive Gallerie fino alle ore
23 italiane, ed un Minatore appositamente nominato lo farà da Capo Posto. Intanto
fisseranno l'estremità degli avanzamenti, e l'indomani ne conseguiranno i
progressi. Il Minerale estratto lo faranno depositare avant'i Minali, e
l'indomani lo faranno misurare e versare alla loro presenza nei Minali medesimi. Articolo
7 Eseguiranno i pagamenti delle
mercedi che verranno deliberate dallo Stabilimento alla presenza del Capitano
incaricato della Dipendenza. Capitolo
cinque Doveri
dei Capi posti o Caporali Articolo
1 Fra i Minatori a proposta dell'Uffiziale
della Dipendenza e con approvazione del Direttore dello Stabilimento ne saranno
prescelti uno per ciascuna Galleria, o più secondo il bisogno, i quali
verranno denominati i Capi Posti o Caporali. Articolo
2 Eglino travaglieranno come tutti
gli altri, ove verrà loro prescritto, ma sorveglieranno che i minatori, e
Garzoni adempiano al proprio dovere, e delle mancanze ne daranno parte al Capo
Minatore, ed in assenza al rispettivo Capo Galleria, sotto pene corporali, e
Multe e destituzioni. Articolo
3 Saranno fissi per quanto è
possibile, ed avranno in consegna gli edifizi, le Macchine, i Materiali, e gli
utensili che non possono distribuire i Minatori. Articolo
4 Sarà loro corrisposta una
gratificazione giornaliera di grana cinque sugli estagli per tutte le suindicate
cure straordinarie. Capitolo
sei Doveri
de' Minatori e loro servizio Articolo
1 I Minatori faranno società ne' lavori in ciascuna Galleria, e si serberà
perciò un turno per mese, affinché ognuno abbia parte ai vantaggi e svantaggi
locali. Articolo
2 Essi saranno divisi in tre Classi in proporzione dell'abilità di cui la
prima comprenderà coloro che conosceranno perfettamente bene qualunque lavoro
del mestiere, la 2a coloro che sono abili anche alla fortificazione,
e la 3a finalmente coloro che conoscono bene il solo maneggio del
piccone, e della mazza coi Conci. Articolo
3 Ai requisiti per passare da una
Classe all'altra, previ Esame debbono unirsi quelli dell'attività, zelo, onestà,
e moriggeratezza de' Costumi, circostanze che mancando potranno anche farli
degradare. Articolo
4 La di costoro mercede sarà
regolata nel modo seguente, cioè conosciutosi il quoziente che nasce dalla
divisione della resta netta di tutti i provventi pel numero delle giornate di
lavoro di tutti i Minatori di ciascuna Galleria, si dedurrà il 6o a
quelli di 3a Classe e si distribuirà nella ragione di 1.2 a Minatori
di 2a e 3a Classe. Ove poi 3a Classe non
esistesse, dalla 2a si preleverà il 10%
in favore della prima. Capitolo
sette Doveri
de' Garzoni Minatori Articolo
1 I Garzoni Minatori avranno
egualmente un Capo ch'è il Carrettaro della Galleria rispettiva: Esso deve
badare che tutt'i suoi dipendenti riempiono bene le Coffe, od altro recipiente
loro assegnato, che non perdono tempo nelle ore di travaglio, e finalmente che
ogni arnese sia all'Ordine prima di porre mano al Lavoro. Articolo
2 Per ogni viaggio fuori dalle
Gallerie con i Vagoni Carrettelle a mano, e diversamente gli individui
riceveranno il corrispondente gettone purché contenga in specie la quantità
di Minerale prescritto. Articolo
3 Il Capo de' Garzoni, o Capo
Brigata porterà il dettaglio de' siti ove debbono essere addetti i Garzoni
giornalmente perché ciascuno fruisca delle località più acconce, e più
lucrose quelle de' prodotti individuati e quelli in fine che la natura del
servizio potrà esigere. Articolo
4 In considerazione di siffatte
cure il Capo Brigata godrà una gratificazione giornaliera di grana tre a
Carico de' Garzoni della propria Galleria. Al contrario poi non adem pendo
alacremente a tali suoi doveri sarà punito, multato, e degradato. Capitolo
otto Disposizioni
Generali Articolo
1 Le quantità di Minerale rese
contabili alle Miniere, sono sempre approssimative, il conto definitivo si
otterrà allorché saranno vuotati anche i Minerali delle Fonderie. Articolo
2 A scanzo quindi di deficit a
causa degli sfridi durante il trasporto alle Fonderie, nel ripeso e quindi nel
disseccamento, i Minatori esploteranno, ed i Garzoni estrarranno il Decimo del
Minerale di più. Però i suprii che si potranno rinvenire si porteranno in
contabilità e saranno ripartiti al Personale in proporzione delle giornate di
lavoro e del mestiere. Se
poi malgrado la sopra espressa misura di precauzione si verificheranno delle
mancanze esse saranno rimpiazzate nelle medesime proporzioni. Articolo
3 Il Minerale che si estrae dalle
Gallerie deve essere scevro da materie sterile, quindi i Minatori debbono curare
strettamente tale adempimento, altrimenti la spesa occorrente sarà a di loro
carico. Articolo
4 Tutti i Minatori e garzoni ad
estaglio tranne il Capo Posto riuniti sotto gli Ordini del Capo Galleria
rispettivo, terminato il lavoro del giorno impiegheranno un'ora al riatto del
tratto di strada fino alla Galleria precedente, quelli dell'ultima ora fino
all'abitato. Articolo
5 I Garzoni a giornata poi sotto le
Cure del proprio Capo Posto, ripuliranno l'interno della propria Galleria,
Minerali e locali annessi, prenderanno conto delle Macchine, ed utensili di
dotazione portando a riattare quelle che le meritano. Articolo
6 Sulle spese di manutenzione
saranno prelevate grana 4 al giorno in ciascuna Galleria, per una lampada da
tenersi a disposizione dell'Uffiziale Capo della Dipend.a, del Capo
Minatore, e Capo Galleria per di costoro visite giornaliere, e per acquisto
della Carta bisognevole per Rapporti di questi ultimi, e per le pistolette da
spararsi contro i massi. Articolo
7 Esisteranno in ciascuna Galleria
due Tabelle, in una vi saranno trascritti i doveri di ogni classe d'individui
addetti ai lavori, con gli Articoli dell'Ordinanza di Piazza e dello Statuto
penale Militare che trattano delle subordinazioni di delitti e delle pene.
Nell'altra le Macchine e gli utensili esistenti in ciascuna galleria e del
mobilio, e ferramenti degli edifizi annessi. Articolo
8 Alla fine di ciascun semestre, il
Costruttore dello Stabilimento si recherà alle Miniere e segnerà in una
pianta i prolungamenti de' diversi rami di ciascuna Galleria, di cui un esemplare
deve essere depositato nell'Archivio della Direzione ed un altro in quello delle
Miniere. Capitolo
nove Macchine
e strumenti Articolo
1 Le Macchine, gli strumenti
saranno somministrati dallo Stabilimento, tranne le Coffe e le
bandoliere pe' garzoni e che debbono fornirsi di per sé. Articolo
2 Ogni minatore riceverà due
picconi, di cui uno ad una punta, ed una Lucerna. I primi saranno bollati e
numerati progressivamente di Maniera che nell'atto della consegna se ne conosca
il peso, onde nella riconoscenza per qualunque causa sia del peso medesimo. Articolo
3 I Picconi in consegna ai
Minatori saranno riattati a loro spesa anche per ferro. Articolo
4 Le Macchine, gli Utensili, che
non possono distribuire gli artefici, saranno manotenuti dallo Stabilimento. Capitolo
dieci Mercede
dei Minatori Articolo
1 Il prezzo della esplotazione del
Minerale sarà di grana due e mezzo a cantajo compresa la manodopera della
fortificazione occorrente dovendo i Minatori fornirsi di per sé l'olio, ed i
lucignoli di cotone filato. Articolo
2 Tal mercede è indistintamente
stabilita a qualunque distanza nelle Gallerie. Ove però il minerale fosse di
una estrema durezza da non potersi ottenere coi mezzi ordinarj sarà loro fornita
la polvere con quella oculatezza che si richiede. Articolo
3 Il prezzo di una canna legale
d'avanzamento regolare sarà di ducati tre e grana cinquanta e quello di
agevolazione per l'esplotazione del Minerale sarà diminuito di un quinto delle
attuali tariffe dovendo sempre i Minatori adempiere alla necessaria
fortificazione e fornirsi l'olio e li lucignoli bisognevoli a proprio uso. Articolo
4 Finalmente il premio per ricambio
di ogni puntello grana due e mezzo, ed una grana per ogni mezzo puntello, dovendo
del pari i Minatori fornirsi l'olio ed i lucignoli per sé soli. Articolo
5 La costruzione delle Cunette sarà
pagata a grana sei la Canna legali, compresa la positura in opera delle rotai ed
altri. Articolo
6 Tutt'altro lavoro sarà pagato a
giornata con la mercede di grana trenta compreso il riatto dei picconi, l'olio
ed i lucignoli. Capitolo
undici Mercede
de' Garzoni Minatori Articolo
1 Il prezzo dell'estrazione de'
materiali verrà distinto in quello a schiena d'uomo ove non possono trafficare
Wagons, Carrettelle a mano, slitte od altro; ed in quello in cui tali mezzi
possono adoperare fino ai Minerali; Ciò che rilevasi da seguente specchietto. Articolo
2 I Garzoni debbono fornirsi
l'olio, ed i lucignoli in tutti i lavori ad estaglio; e quando assisteranno al
ricambio, in economia la di costoro mercede, sarà di grana ventidue, invece
di venti, onde acquistare l'olio, ed i lucignoli di per sé. Articolo
3 Coloro che trasporteranno a
schiena, debbono avere le Coffe della Capienza di 55.37, o 28. in proporzione
delle forre di ciascuno, di maniera che in ogni due, tre o quattro viaggi equivalgono
rispettivamente ad un Cantajo col decimo di Cautela. Specchietto Per
servire di norma al pagamento di un Cantajo di Materiale estratto fuori le
Gallerie ne' qui sotto dettagliati modi.
L'economia
sui trasporti interni con tubi od altro mezzo resteranno a favore del Real
Governo. Capitolo
dodici Multe
e Gratificazioni Articolo
1 Chiunque dei minatori e Garzoni
commetterà delle trasgressioni per ritardo, pigrizia ne' lavori, o fraudolenza,
la prima volta sarà avvertito, la 2a sarà punito con la
restrizione in prigione la 3a multato da uno a sei Carlini, e la
quarta espulso se non filiato, ma se filiato se ne farà rapporto al Direttore
dello Stabilimento per essere mandato a servire nell'Armata. Articolo
2 Per le mancanze di subordinazione
per gli altri delitti, e pei misfatti si procederà come per legge. Articolo
3 Per ogni multa se ne farà un
Rapporto straordinario in scritto, e se ne terrà inoltre un apposito registro e
gl'introiti verranno amministrati da un Consiglio composto dal Capitano
incaricato della Dipendenza come Presidente, dal Capo Minatore, Capo Galleria,
Capo Posto, e Garzoni più antichi come Membri ed assistiti dal Guardia come
Segretario. Articolo
4 Tali somme saranno depositate
presso l'Uffiziale della Dipend.a in una cassa a tre Chiavi di cui
una l'avrà il Capo Galleria la 2a il Capo Posto, e la 3a
il Garzone, né potrà farsene alcun uso senza Deliberazione scritta. Articolo
5 L'uso di siffatte somme sarà di
gratificare mese per mese coloro che si distingueranno per zelo, ed attività
nel Real Servizio ed i Superiori saranno destinati a soccorrere coloro che per
Disgrazie sofferte ne' lavori non potessero diversamente procacciarsi
l'alimenti. Articolo
6 Alla fine di ciascun anno si
stabilirà un bilancio generale degli Introiti ed Esiti il quale sarà
verificato e chiuso dal Direttore dello Stabilimento. Pazzano,
li 13 Aprile 1845= Il Capitano
della Dipendenza= Firmato
Antonio Rola (13)
Non
erano molte le nazioni che intorno alla metà del secolo XIX concedevano di più
alla categoria dei minatori: il fatto stesso che la Mongiana avesse disposto un
regolamento per il lavoro in miniera è abbastanza raro. Nella maggior parte dei
casi le condizioni di lavoro erano rese pubbliche con “avvisi”, più
propensi a stabilire i doveri che non i diritti dei minatori. Questo
documento della Mongiana è esplicativo dei principi che regolavano la vita
nelle miniere e ne lascia intravvedere anche importanti risvolti umani. L'intera
piramide della organizzazione operaia, dai garzoni ai capo-galleria, aveva la
sua cima nel Capitano delle miniere, responsabile della esplotazione. Il
Regolamento rappresenta un'interessante fusione tra la logica
militare-burocratica e la volontà “democratica” di coinvolgere gli stessi
operai nella gestione della produzione, soprattutto per il controllo delle varie
fasi lavorative. La
giornata lavorativa era già di sole otto ore, ben lungi dalle sedici applicate
in altre nazioni, e di poco inferiore alle dieci-undici vigenti nel Regno. Per i
compiti più disagevoli questo limite poteva anche essere ridotto. Erano
previste pene corporali per le teste dure, ma esisteva pure una cassa previdenza
per coloro che si infortunavano sul lavoro, anche se in gran parte
autofinanziata dagli stessi operai. Dalla
descrizione dei materiali impiegati per l'estrazione ci si può fare un'idea
della gravosità del lavoro e dello sforzo fisico cui erano sottoposti i
minatori. Nelle gallerie buie, illuminate solo da deboli lucignoli, mal areate,
puntellate con accortezza ma anche con parsimonia di legnami, essi strappavano
il minerale spinti dalla angoscia del cottimo ed a sola forza di piccone. Poi effettuavano
il trasporto verso la bocca della galleria a spalla, e solo nei tratti finali
con l'ausilio di vagoni. L'uso della polvere da sparo per le venature più dure
era raro per il pericolo di crolli che esso poteva indurre. Accadevano spesso
soffocamenti ed asfissie cui si poneva rimedio con mezzi di fortuna e con
l'ausilio di rudimentali congegni che aiutavano la respirazione forzata.
Mediamente
un minatore adulto, non capo-galleria, guadagnava circa 4 ducati per ogni cento
cantaja di minerale lordo consegnato alla bocca della miniera. In un mese essi
riuscivano a racimolare fino ad un massimo di 8 ducati; ma poiché non era
possibile l'estrazione durante tutto l'anno, per l'allagamento invernale delle
gallerie, essi dovevano necessariamente risparmiare sui guadagni già appena
sufficienti. A
rendere la vita più dura contribuiva la massiccia immigrazione operaia che si
ebbe in alcuni momenti, come ad esempio quello della chiusura delle saline
ioniche. I rapporti tra gli operai diventano allora più tesi per il timore
della concorrenza, e per le difficoltà che poneva sul piano della convivenza
l'inserimento di nuova popolazione all'interno di un sistema già molto
instabile. Gran
parte dei minatori era costituito da “filiati”, cioè da coloro che erano
esentati dalla leva, ma che restavano soggetti alla giurisdizione militare per
tutto il periodo della filiazione, cioè per dieci anni. Spesso
tra i minatori si accendevano liti per la ripartizione dei cottimi previsti dal
Regolamento delle Miniere. Ma, come si è visto, anche i mulattieri, i quali si
contendevano l'appalto dei trasporti, erano spesso in contrasto. Quando
a questo stato di cose si aggiungeva anche qualche mancanza
dell'Amministrazione, colui che si riteneva defraudato, non potendo prendere la
sua rivalsa nei confronti della Direzione, riteneva un suo diritto rifarsi a
spese dei suoi stessi compagni di lavoro. A
Sua Eccellenza Il
Ministro di Guerra di Stato e Marina del Regno di Napoli. Eccellenza,
Li
quì sotto scritti Carbonari e Mulattieri del Comune e Real Stabilimento
di Mongiana, Provincia Cal.a Ult.a 2a
Le umiliano quanto segue. Che
non potendo più sopportare le Calunnie ed ingiustizje del Capo Carbonaro Sig.
Michele Vavalà del Comune di Serra, si volgon all'Eccellenza Sua onde ottenere
il loro pagamento atteso che finora non hanno ricevuto nessuna somma dal d.o
Vavalà; ma solo vennero sempre pagati dallo stesso con generi di patate, avena,
grano, panno di arbasa, sola, coriame, ed altro e, solo questo commettesi dal
Sig. Vavalà onde poter negoziare a suo maggior vantaggio mentre questo altro
non era che un scalzone, e Pezzente ed ora con tali monopoli trovasi
proprietario di pecore, animali vaccini ed altro. Rivolti adesso all'Eccellenza
Sua, la preghiamo benignarsi i..., quanto i Carbonari venissero pagati dal
Cassiere di Mongiana, onde non venissero più oppressi dalle calunnie ed
infamità del Sig Vavalà. Tanto
sperano e l'avranno. Mongiana
1852 (14).
Seguono
32 firme di mulattieri, di un capo-acciere, e di un guardiaboschi. Per
amore di imparzialità, vediamo quali erano le ragioni addotte dal tanto
bistrattato Vavalà, il quale aveva, l'anno precedente, avanzato a sua volta una
supplica. Sacra
Real Maestà, Signore. Michele
Vavalà prostrato a pié del Real Trono supplicando umilmente rassegna a V.M.
ciò che segue. Con
Real Decreto de 15 giugno (...) la M. V. si è degnata nominarlo Artefice
Veterano Del Real Stabilimento di Mongiana. Sperava che con Tale promozione gli
venisse corrisposto il compitente soldo e la mercede assegnati agli Artefici
Veterani, ma lungi di essersi ciò finora avverato fin dal 24 luglio ultimo gli
venne anche tolta la mensile gratificazione ministerialmente approvata di D.
4,50 che godea come Capo Carboniere pei travagli e lunghi servizi sempre con
zelo ed onoratezza nel suddetto Stabilimento.
Prega
perciò fervosamente la somma Clemenza e Carità della M. V. degnargli la Grazia
di fruire degli averi di Artefice Veterano dacché prestò il giuramento di
fedeltà alla M. V. in considerazione non solo de' suddetti suoi servizi, ma si
bene per poter sostentare la sua numerosa famiglia priva di ogni altra risorsa,
ora che la sua vita è stata consunta pel servizio di V.M. fra questi orridi
boschi e Montagne. Tanto spera e si augura, e l'avrà a special grazia come da
Dio. Mongiana,
20 Novembre 1851 (15). In
nome dei figli, dunque, secondo una logica tutta meridionale, è non solo
possibile, ma anche doverosa l'arte dell'arrangiarsi... Certamente
la inadeguatezza dei guadagni costringeva non solo il Vavalà, ma anche
mulattieri e carbonari, nonché carbonari ed artefici, a praticare l'antica arte
dell'arrangiarsi con l'attività del contrabbando di carbone e minerale. Questa
“attività” era tollerata dallo Stabilimento pur di non esacerbare
ulteriormente gli animi. Egualmente tollerato era il contrabbando di ferro agre
e dolce fatto dagli operai di Mongiana addetti alla produzione vera e propria,
nonostante la loro condizione fosse migliore di quella della restante categoria
operaia. A parte i salari più elevati, essi, abitando a Mongiana, godevano di
alcuni privilegi. Nel paese vi fu fatto stabilire un farmacista con funzioni di
medico e degli insegnanti che facevano scuola ai figli degli operai
all'interno della Fabbrica d'Armi.
Il
lavoro era comunque oneroso e richiedeva una specializzazione che si poteva
acquisire solo con una lunga pratica. Fonditore, maestro del forno ed
assistenti, ferrazzuoli maestri e lavoranti avevano il compito di trasformare il
materiale sfranto in pani di ghisa e poi manufatti e fucili estremamente
complessi. Fino
al periodo murattiano i ferrazzuoli lavoravano anch'essi a cottimo: veniva loro
dato il ferro acre e si richiedeva poi il ferro raffinato con un compenso di
circa 20 carlini per ogni cantajo, rimborsando loro il carbone nella misura di
circa 40 grani a salma. Il ferrazzuolo doveva dare 2 cantaja di ferro
raffinato per ogni salma di carbone e di ferro agro; questa quantità veniva
chiamata “ferro di consegna”. Il ferrazuolo doveva poi dare, per ogni cantajo
di ferro dolce, 16 rotola di ferro chiamato “d'avanzo” che era pagato loro
circa 7 grani il cantajo (16). Nel
periodo borbonico, le paghe dei capo officina, limatori, tornitori,
modellatori, potevano giungere anche a 12 ducati il mese, mentre la paga di un
operaio non specilazzato si aggirava sui 7 ducati; agli allievi ne toccavano 4 (17). Nel
raffrontare le tabelle paga dell'Amministrazione, dal 1820 fino alla chiusura
del 1864, si nota solo un lieve aumento delle tariffe: bisogna
tenere presente però che durante il Regno borbonico la moneta fu alquanto
stabile, per cui si ebbe un'inflazione lieve ed il potere d'acquisto del denaro
non ne soffrì.
Il
lavoro dei ferrazzuoli, pur pagato meglio, non era meno pericoloso di quello
dei minatori. La mancanza di protezione durante le fasi lavorative, soprattutto
nelle colate, tranne l'uso di rudimentali “occhiali” (18),
spesso era la causa di incidenti, ed un attimo di distrazione o stanchezza
poteva recare gravi conseguenze. Comunque la percentuale di infortuni o di morte
sul lavoro era abbastanza contenuta, per nulla paragonabile ai tassi della industria
privata. Napoli
20 maggio 1853 Signor
Generale, Il
Sig. Direttore della R.e Manifattura d'Armi di Mongiana, con rapporto
del 17 stante N.522 mi dice il seguente. Il
Sig. Capitano Manzione, con foglio del 13 andante N. 101 pervenutomi jeri sera
mi dice quanto appresso. Con
mio massimo dispiacere ho l'onore sottometterle che questa mattina alle ore 11 e
trenta a.m. lo artefice Esterno
Pulitore Gioacchino Manno, mentre si accingeva a prendere a terra un pannolino
per pulire le armi che caduto era sotto la ruota maestra del macchinario a
centimolo, disgraziatamente è capitato col braccio sinistro tra la detta ruota
ed una colonna di sostegno, frangendosi la estremità dell'avambraccio suddetto;
che a giudizio di questi periti sanitari devesi amputare. Jo però sono da
tale disavventura, e perché il Paese non offre Professori sufficienti per
l'operazione, l'ho tosto mandato a Monteleone, dirigendolo a quell'Ospedale
Civico, onde ivi subire l'amputazione che qui non si è potuto effettuare.
Tanto
le rassegno in adempimento del mio dovere proprio, e pei risultati di
sussistenza che non potranno avverarsi a prò dell'infelice Artefice. Tanto mi
onoro rassegnarle in adempimento prim.o del mio dovere, e per
tutt'altro stimerà al riguardo. Il
Colonnello Ispettore D'Agostino
(19). Dal
1840 alla Mongiana era stato destinato un chirurgo, ma non sempre si ebbe una
continuità di prestazione, perché esso veniva continuamente trasferito. Nel
1848, il chirurgo fu addirittura messo agli arresti per insubordinazione,
forse per insofferenza alle condizioni di vita dei luoghi. Gli
incidenti sul lavoro, come si è visto, erano contenuti ed in genere la salute
della popolazione non risentiva di quelle malattie tipiche alla maggior parte
delle imprese industriali dell'epoca. Tranne l'epidemia di colera del 1848, che
però non investì la sola Mongiana, e che quindi non ebbe origine nelle
condizioni del paese, non vi è traccia di malattie epidemiche. Fatta eccezione
per alcuni casi di malattie endemiche fra i minatori - più esposti - e fra la
truppa di artiglieria dal 1855 in poi per un contagio agli occhi dovuto
all'umidità dei locali della caserma, nulla di veramente particolare può
essere segnalato per questo aspetto così significativo nella valutazione delle
condizioni di vita di una popolazione operaia.
Da
rilevare l'assoluta assenza di alcolismo, fatto eccezionale per la condizione
operaia del tempo, soprattutto straniera. Se
la vita degli operai era dura, la Direzione non se la cavava con spensieratezza.
Anche il Direttore infatti, con tutta l'Amministrazione, era dipendente dello
stato. Il rapporto padrone-operaio, in certo qual modo, era inesistente, poiché
tutti erano subalterni al potere centrale. Al
Direttore spettava il compito di coordinare circa 800 persone in varie
specializzazioni di lavoro, le quali, nel decennio tra il 1850 ed il 1860,
giunsero a oltre 1500 unità. In questo ultimo periodo i minatori erano circa
120, 100 i fonditori, un'ottantina gli staffatori e modellatori, 140 i
raffinatori e magliettieri, una quarantina i falegnami, quasi duecento i
carbonieri, 150 i mulattieri, 30 i bovari, una decina i guardiaboschi. A
questi andavano sommati gli impiegati civili dell'Amministrazione, i contabili,
ragionieri e scrivani. In più la guarnigione d'artiglieria, nonché i tecnici
con l'Ingegnere costruttore. Al
Direttore colonnello, dal 1852, anno in cui la Mongiana divenne Comune autonomo,
toccò il compito di prendersi cura della popolazione civile, in quanto a lui
furono demandate anche le cariche di sindaco e di giudice supplente del
circondario. Con il singolare ordinamento con cui Mongiana venne nominata “colonia
militare” (20) e l'ufficiale di dettaglio ebbe
anche la funzione di ufficiale dello stato civile, due ufficiali della direzione
quelle di 1o e 2o eletto, il Consiglio di Amministrazione
dello Stabilimento quelle del decurionato, il parroco di conciliatore.
Quello
di Direttore della Mongiana doveva costituire un impegno arduo da assolvere per
le difficoltà determinate dal ceto operaio in continua tensione ed in una
situazione anomala per la presenza di truppe militari. Spesso
l'Amministrazione si preoccupò di intervenire presso il Ministero per risolvere
piccoli problemi che, in quelle condizioni d'isolamento, divenivano però
fastidiose contrarietà per la popolazione civile, come quando sollecitava
l'invio di moneta di piccolo taglio “poiché è tale la scarsezza della
moneta di rame, che ben spesso non si trova a cambiare una piastra”, oppure
quando si ingegna ad aiutare i mulattieri e carbonari analfabeti a riscuotere
le loro polizze di credito presso il Governo (21). In genere ai vari direttori della Mongiana va riconosciuto il merito di aver saputo quasi sempre destreggiarsi in difficili situazioni e di essere riusciti a fronteggiare con perizia e capacità di mediazione, con “umanità”, momenti molto drammatici, sfociati in vere rivolte, come durante i moti del 1848, e dopo l'Unità d'Italia, mentre si andava avvicinando lo spettro della chiusura delle attività.
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