Le
Reali Ferriere ed Officine di Mongiana |
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Capitolo 6 (1°) La chiesa Tra
i primi edifici ricostruiti in pietra vi è la chiesa. Il progetto, elaborato
dal Genio Militare (2)
prevedeva una chiesa più ampia della precedente in legno, semidistrutta
dai terremoti e marcita nei legnami. Essa avrebbe anche dovuto essere luogo di
sepoltura, ma la cosa non andò giù ai mongianesi i quali, a ragione
preoccupati, protestarono ed ottennero infine la modifica del progetto e la
realizzazione di un camposanto fuori mura. I
mongianesi tenevano molto ad avere un proprio cimitero poiché erano costretti a
seppellire i morti in quello del comune di Fabbrizia, distante un paio di ore
di cammino. Nell'accettare le richieste dei mongianesi, fatte proprie anche
dalla Direzione degli Stabilimenti, le autorità, in definitiva, si videro
costrette ad applicare la legge murattiana sull'istituzione dei cimiteri
disgiunti dai luoghi di culto e circoscritti in un perimetro separato dal
tessuto della città, legge che fu poi fatta propria anche dai Borboni. Così
insisteva il Direttore della Mongiana. “Signor
Direttore Generale, Ha
fatto osservare il Sotto Direttore della Mongiana, che in seguito della legge di
Sep. degli 11 marzo 1817 (Collez. delle Leggi e Decreti N. 652) concernente lo
Stabilimento de' Camposanti, sarebbe incompatibile che il Genio, in conformità
degli ordini del Supremo Comando Militare, contenuti nel di lui foglio de' 18
agosto 1817, N. 1286, vi comprenda la Sepoltura nella Stessa Chiesa, dovendo
questa non far parte del progetto medesimo, perché debbono essere stabilite in
un luogo separato dall'abitato, a cura di quella Comune, giusta l'intenzione
della Legge Suddetta. L'osservazione
essendo regolare per tutti i titoli, credo pregare Sig. Direttore Generale di vo
ler impetrare gli ordini che corrispondono acciocché il Genio desista dal
comprendere nel proggetto della Chiesa Summentovata le Sepolture che vorrebbe
nella Stessa formare, in detrimento della Salute di quegli Artefici, ed
Impiegati d'Artiglieria, sollecitandosi per l'Intendente della Provincia alla
quale è attuata la Mongiana, le più alte premure, onde colà venghi stabilito
il Camposanto di cui si tratta. Andrea
Dupuy Napoli,
13 febbraio 1818 Al
M.llo
di Campo Macry Direttore G.le d'Artiglieria” (3). La
vicenda della chiesa fu emblematica anche per un altro motivo: essa fu pagata in
gran parte dagli stessi operai. In mancanza di benessere materiale, la Direzione
di artiglieria fu parca anche per quanto avrebbe potuto “assicurare”,
almeno, quello futuro dell'anima. “Napoli
28 luglio 1817 lì
Maresc.o
di Campo Macry Ispett.le Gen.le di Artig.a Al
Sig. Maresc.o
di Campo Macry Dirett.e Generale di Artiglieria. Napoli
Sig.
Dirett.e Generale, Il
Direttore delle Manif. Militari mi dà conoscenza della quì appresso
descritta lettera direttagli dal Sotto Dirett.e della Mongiana Sig.
Tenente Colonnello Novi. Dalla
qui annessa copia Ministeriale rileverà che con decisione del dì 30 Marzo 1815
fu approvata la rifazione della Chiesa di questo M.e Stabilimento,
che ormai è nello stato di imminente rovina. Or siccome v'è la prescrizione
del Ministro della Guerra di non oltrepassarsi la somma di D. 350 senza che si
faccia alcun cenno di precedenti relazioni prudenziali, ha stimato farla sul
disegno che esiste, nel modo il più economico, ed è appunto quello che qui le
compiego. Nel
tempo stesso la prego de' seguenti oggetti:
1o
Che per maggior precauzione credo, che prima d'intraprendersi una tale
opera se ne ottenga una nuova approvazione, atteso quello ch'esiste è del tempo
dell'occupazione Militare. 2o
Che mi pare impossibile che possa eseguirsi in fabbrica la costruzione di
una chiesa semplice e piccola che possa essere colla spesa di D. 350. Dalla
relazione annessa si rileva che ragionevolmente si chiedono per un'opera
siffatta ducati 987.11.7. da cui dedotti i risparmi che possono derivare dalle
offerte degli abitanti, e dal Materiale della Vecchia Chiesa, risulta la spesa
effettiva di D. 677.36.1. In conseguenza l'approvazione dovrebbe cadere per
questa somma. 3o
Il citato Ministero della Guerra prescrisse anche che l'opera di cui trattasi
si faccia per appalto. Se in generale le opere per partito sono economiche, non
è da porsi in dubbio che quelle fatte per economia riescono di migliore
condizione. Ma trattandosi della costruzione di una Chiesa, e conseguentemente
di un lavoro da molto tempo desiderato dagli abitanti di questo luogo, ed anche
dagli Artefici tutti delli Comuni che hanno rapporto con lo Stabilimento, ho
motivo di presumere che, mercé la forza della Religione di continuo animata
dallo zelo di questo Padre Cappellano, si possa ottenere qualita nell'opera, e
vantaggio nella Maestria, eseguendovi per economia.
Debbo
infine farle riflettere che per l'ultimazione di questo lavoro, richiedendosi
circa un anno, lavorandosi discretamente ed anche per dar tempo alla Gente della
Mongiana di attendere alle promesse fatte, senza un positivo loro incomodo ne
viene che i D. 677.36.1 erogandosi mese per mese, non verranno a produrre nessun
dissesto su i fondi di questa Direzione. Nel
farle presente tutto ciò, Sig. Direttore Generale, le rimetto la perizia
enunciata dal S.o Direttore Suddetto, malgrado che questa fabbrica si
trova strettamente legata alle attuali attribuzioni degli Uffiziali del Genio,
ma atteso la parte in cui si obbligano contribuire i Naturali, ed altri
addetti alla Mongiana, l'istessa perizia sembra di dover terminare d'istruzione
per decidere della spesa e dell'opera. Del resto debbo osservare, che quantunque
sia contrario alle Istruzioni ed alla stessa autorizzazione precedente di
farsi l'opera per economia diverrebbe utile come si propone da quel Sotto
Direttore per ottenere l'impiego delle offerte gratuite, che certamente
potrebbero aumentare nel fatto, per cui ridotta la spesa da farsi dal Governo in
D. 677.36.1 di effettivo oltre qualche Materiale esistente, si potrebbe far
andare a carico della Mongiana, cioè una metà nell'esercizio corrente,
l'altra in quello del venturo anno qualora fosse approvato” (4).
Come
consta dai documenti amministrativi, il materiale di risulta della vecchia
chiesa e le offerte ammontarono ad un valore di 300 ducati, mentre la cifra
stanziata dal governo risultò di poco superiore ai 600 ducati. In vero, ben
poca cosa rispetto alle 72.000 Lire (quasi 16.000 ducati) messe a disposizione
tre anni prima nel 1814, da Murat, per la costruzione della nuova fonderia nei
boschi di Stilo, ed in cui era prevista la realizzazione di una nuova cappella
per il culto. Appare allora taccagno il governo borbonico a confronto con quello
murattiano, per aver lesinato il danaro per la chiesa nuova ed aver fatto
affidamento sull'elemosina dei fedeli. La
chiesa, una volta terminata, divenne l'orgoglio dei mongianesi, fieri di aver in
essa investito gran parte del loro gramo guadagno. Essa però nascondeva un
mezzo inganno che sfuggì all'occhio ingenuo dei fedeli: il Genio Militare, nel
progettarla, si era attenuto scrupolosamente alla tradizione chiesastica
militare, per cui essa, più che chiesa, fu cappella per la truppa. Intorno al 1855 la costruzione fu restaurata da Domenico Fortunato Savino; un secolo più tardi fu poi completamente rimaneggiata in facciata, un tempo di mattoni a faccia vista, ed oggi intonacata.
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