Le Reali Ferriere      

ed Officine di  Mongiana

 

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Prefazione

Introduzione

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Tavola Misure Regno delle Due Sicilie

Indice Appendice

Real Decreto e Regolamento

Bibliografia

Bibliografia generale

Indice delle abbreviazioni

Indice delle note

Tutte le Immagini

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Capitolo 1  

(15°)

Storia

Tramonto dell'Astro di Mongiana

Non era cattivo profeta Massimino quando prevedeva una recru­descenza di reati contro lo stabilimento. Appena partito, le bande operanti nei monti si fanno subito più baldanzose, aumentano di numero e forza d'offesa; poca cosa se rapportata al grande “Bri­gantaggio” meridionale post-unitario (simile a quello in atto ai tempi di Murat), ma sufficiente a tenere lo stabilimento in stato di continua tensione, almeno fin quando gli emuli unitari dei ge­nerali Reynier e Manhés lo libereranno dalla morsa.

Cessa di funzionare per sempre, nel 1860, la Ferdinandea, poco tempo prima dell'inaugurazione del secondo altoforno gemello dei due “all'inglese” di Mongiana. Questi ultimi, con la solita ope­razione di secondo battesimo, diventano Cavour e Garibaldi.

Quando i loro nomi erano S.Francesco e S.Ferdinando pro­ducevano, in coppia, una media di 13.000 cantaia di ghisa l'anno. Divenuti “unitari”, vanno a scartamento ridotto: nel 1860 la loro produzione è già dimezzata; due anni dopo, l'intero complesso mongianese sforna l'identica quantità di ghisa prodotta all'epoca di Squillace e dei mineralogisti. Nel 1863 ne produce infatti 5.000 quintali (112). Sembra d'essere tornati all'epoca della Restaurazione, sotto Ferdinando I !

Quali le cause?

Sono le stesse che travolgono l'industria meridionale nel suo insieme L'involuzione del processo di sviluppo è da addebitare in primo luogo alla caduta delle barriere doganali decretata dal nuo­vo governo; la soppressione delle dogane è tanto repentina da lasciare le industrie meridionali senza fiato in balìa di loro stesse. Nota il Mangone che se l'apertura del Mercato Comune Europeo avesse seguito lo stesso criterio, senza dare il tempo di adeguare gradatamente i sistemi economici tra gli Stati aderenti, a que­st'ora l'industria italiana sarebbe solo un ricordo perché cancel­lata dai paesi industriali più forti.

L'annessione porta ai meridionali un forte aggravio del carico fiscale. Aumentata l'imposta fondiaria, aumentate le imposte in­dirette e tutte le vecchie quattordici tasse borboniche, i meri­dionali sono subissati immediatamente da ventiquattro nuovi bal­zelli d'importazione piemontese e, poco dopo, insieme a tutti i cittadini del nuovo Stato, da altre dieci tasse di nuovo conio tra cui la famigerata “tassa sul macinato” altrimenti nota come “tassa sulla miseria”. Se per il Sud le tasse, a due soli anni dall'Unità, sono aumentate già del 40%, nel 1865 raggiungono l'87% in più rispetto al 1860. L'effetto di drenaggio fiscale è drammaticamente avvertito dall'industria, cui vengono a mancare i capitali. Inoltre, mentre un piatto della bilancia è appesantito dal carico improvviso delle nuove tasse, il piatto delle commesse è alleggerito delle forniture militari e ferroviarie. Le stesse Casse dell'ex Regno delle Due Sicilie saranno “alleggerite” dei cospicui fondi di Risparmio Nazionale Meridionale, sottratti e dirottati al Nord dai piemontesi.

Orfana di capitali e commesse, la siderugica meridionale ha di­nanzi un futuro di bancarotta. Il nuovo Stato le commetterà, nel decennio 1860-70, solo il 5-7% del fabbisogno militare e non più del 6% di quello ferroviario. Delle 600 locomotive previste per le linee del Sud, solo un sesto toccherà a Pietrarsa, la più impor­tante ed esperta officina ferroviaria italiana dell'epoca (sarebbe interessante approfondire i motivi della crescita impetuosa del­l'Ansaldo in questi anni e i perché del decadimento di Pietrarsa, declassata nello stesso periodo a “Officina Grandi Riparazioni”). Neppure una rotaia produrranno più i laminatoi napoletani.

La filosofia economica del “libero scambio”, fatta propria dal nuovo ceto dirigente nazionale, favorisce l'intervento privato e comprime quello pubblico. Nel Sud l'intervento statale aveva an­ticipato teorie in voga molti anni dopo; scopriamo così che in materia di sviluppo la teoria meridionale era valida e all'avan­guardia quando incentivava la costruzione di un'ossatura produt­tiva statale niente affatto monopolistica, senza deprimere, anzi favorendo, l'industria privata e aprendo tra le due un regime di aperta concorrenza. Se nella statale a volte i costi di gestione erano alti, si doveva tenere presente che per mille vie questi apparenti “sprechi” rifluivano nel paese per mano dei salariati. Solo l'industria statale, proprio perché lontana dalla logica ca­pitalista del profitto immediato, può sottostare a una serie di passività e oneri cui quasi mai, al suo nascere, si sottomette la privata.

Lo Stato unitario privilegia subito la componente piemontese-li­gure, ha cervello e cuore al Nord che pulsa con Torino, capitale vicina al centro di quell'Europa nella quale la nuova nazione ten­terà d'inserirsi ancor prima d'essere organica, omogenea o priva di ghetti. Il nuovo Governo favorisce spudoratamente la siderurgia ligure tanto è vero che l'Ansaldo, che prima del 1860 contava la metà dei dipendenti di Mongiana o Pietrarsa, a Italia fatta, li raddoppia mentre, allo stesso tempo, sono dimezzati quelli del meridione; un meridione inferiore e degno solo di “vocazione agricola” dove “innaturale”, perché periferico, sembrerà lo svi­luppo industriale. Il Sud si troverà a recitare il ruolo di portatore d'acqua e i meridionali quello di braccia-lavoro. Impostazione di cui tutta la nazione si troverà poi a pagare le conseguenze perché il Mezzogiorno, arrestato nel suo cammino dall'amputazione della gamba-industria, non poté reggersi nemmeno sulla gamba-agri­coltura, poiché neppure quella fu sviluppata. Se oggi il Sud è degradato e “diverso” dal Nord lo si deve molto a quella lontana concezione di “unità”.

Quanto poi alla cattiva qualità dei manufatti e alla poca perizia delle maestranze meridionali, le accuse sbandierate dopo il 1860 per avallare la giusta causa del dirottamento delle commesse, erano in malafede e non mancarono di clamorose smentite: i Cantieri di Castellammare di Stabia impostano e varano in tre anni la pirofregata Messina (1861-64). Al Cantiere S. Rocco di Livorno ne occorrono quattro per la gemella Conte Verde. In tre anni i Cantieri stabiesi varano la prima monocalibra del mondo, la Duilio. All'Arsenale di La Spezia non ne basteranno quattro e mezzo per la gemella Dandolo. La Mongiana conquista all'Espo­sizione Industriale di Firenze (1861) una medaglia con diploma. L'anno successivo, ghisa, ferro, lame damascate, carabine di pre­cisione, sciabole e armi varie prodotte dalla ferriera calabrese, sono premiate all'Esposizione Internazionale di Londra. Lo stesso Ministero d'Agricoltura-Industria e Commercio italiano provvede ad inoltrare all'amministrazione di Mongiana una delle poche me­daglie conquistate in Inghilterra dall'industria nazionale e, come sappiamo, gli inglesi non erano certo incompetenti in metallurgia e armi da fuoco. La siderurgica meridionale non era tra le più progredite, l'abbiamo ribadito, ma aveva una sua ragione d'essere, s'era creata un suo spazio così come s'è formato il suo l'odierna industria italiana, che certo non regge sempre il paragone con altre industrie dalle tecnologie più avanzate e con più solide basi finanziarie, ma non per questo essa demorde, e salva così i livelli d'occupazione. Nel 1860, la meridionale era giovane, appena al­lora s'affacciava sui mercati internazionali e aveva bisogno d'es­sere rafforzata. Il nuovo governo le negherà l'appoggio e si com­porterà in maniera opposta a quel retrogrado governo borbonico che, nei momenti di flessione, quando s'allargava il solco del divario, correva ai ripari e cercava di non farle perdere contatto con le industrie europee più evolute.

 

Con l'Unità, le miniere di Pazzano saranno abbandonate a se stesse; le gallerie degradate dall'abbandono verranno chiuse, seb­bene le analisi sul minerale effettuate per conto della Soc. Phoe­nix di Laar, su campionatura dell'Ing. Marhun, dalla società ge­novese “Miniera di Pazzano”, consiglieranno di non abbandonare l'impresa. A pochi anni dall'Unità, la Mongiana, lasciata senza mercati, persi i suoi più brillanti tecnici, priva di Savino deus ex machina (partito all'inseguimento delle sue chimere liberali), as­sisterà impotente al proprio disfacimento. Nel giro di un decen­nio, quanto era tecnologicamente già sorpassato diventa antidi­luviano.

La vecchia Mongiana, rea forse d'essersi opposta all'annessione, “infida” per pochi sbandati alla macchia nei boschi, colpevole d'essere lontana dal centro del paese, séguita a vivere una vita di stenti costellata da patetiche vendite all'asta nelle quali i propri prodotti vengono acquistati a sottocosto da società liguri ed el­bane. Il suo respiro diventa sempre più affannoso; la sua fine sarà naturale: muore lentamente, di vecchiaia. Ma se la vecchiaia le sarà imposta, l'agonia e la morte non saranno prive di dolore. I lamenti si leveranno a ogni giro di vite e ad ogni colpo subìto. La cronologia di tali colpi è lunga, alla pari delle disillusioni degli abitanti dei paesi gravitanti intorno allo stabilimento.

Il progetto di strozzare Mongiana si configura con la decisione d'includere lo stabilimento tra i beni demaniali da alienare (legge 21 agosto 1862 n. 793), con il passaggio dal Ministero della Guer­ra a quello delle Finanze (R. Decreto 21 dicembre 1862 n. 1068) e, soprattutto, con la decisione di scaricare la responsabilità della sua fine “all'incapacità” di un privato imprenditore. Se la sen­tenza a carico dei sette imputati dei disordini dell'ultimo dell'anno del 1860 è stata un avvertimento, quella del 23 giugno 1873 (legge n. 1435) che sancisce la vendita dello stabilimento, sarà definitiva. Il governo se ne lava le mani e sarà sordo a qualsiasi argo­mentazione logica e sensata che cerchi di farlo recedere dal suo progetto.

Tre anni prima è pervenuta alla Camera la voce della comunità mongianese: un volumetto a stampa, nel quale il Sindaco Fran­cesco Morabito, a nome dei suoi concittadini, “supplica”  i De­putati di intercedere presso il Governo.

E' la sintesi degli ultimi dieci anni di vita dello stabilimento e della comunità:

 

VERBALE DI DELIBERAZIONE, compilato dal Consiglio Comunale di Mongiana nella seduta ordinaria del dì 28 novembre 1870 ad oggetto di chiedere al Governo il ripristino dei lavori in questo Stabilimento Siderurgico (113).

 

L'anno 1870, il giorno 28 del mese di Novembre in Mongiana, riunitosi il Con­siglio Comunale a far seguito alle sue sessioni ordinarie, in persona de' Signori Brussard Francesco, Brussard Luca, Brussard Giuseppe, Rocchi Vincenzo, Pa­nucci Raffaele, Panucci Luigi, Jorfida Giuseppe Maria, Lagrotteria Nicola, Geof­fri Raffaele, Sadurny Francesco, Giancotti Raffele consiglieri presenti, sotto la presidenza del Sindaco Morabito Francesco assistito dal Segretario Sadurny Zeffirino, il Sindaco rassegna all'onorevole Consiglio quanto segue:   Le mi­serrime condizioni in cui versa la Comunità di Mongiana che povera e disertata da' suoi abitanti non ha più ragione d'esistere e dovrà tosto o tardi andar accantonata come Villaggio a qualche altro Comune: i danni che ne risentono quelle di Serra, Pazzano, Fabrizia, Stilo, Arena, Soriano e moltissime altre a causa della sospensione dei lavori in questo Metallurgico Stabilimento, spinsero ripetute fiate quest'Amministrazione Comunale, quelle di altri Comuni, e la Stes­sa Direzione dello Stabilimento, umiliare al Real Ministero e alla Camera le­gislativa, tanto immediatamente che a mezzo delle Autorità Civili della Provincia l'imperiosa necessità di dare un mezzo di sussistenza a tanti operai di tutti i mestieri i quali con le rispettive famiglie, vennero costretti, attesa la mancanza del lavoro, a provare quanto è cosa dura morir per fame. Eppure a tante grida di disperato dolore tutte le orecchie furono sorde, tutti i cuori insensibili, percioc­ché non si ottenne giammai verun salutare provvedimento. Sullo scorcio del passato mese di Marzo il Sindaco di questa Comunità insisteva presso il Real Ministero della Finanza acciocché si desse carico delle sorti infelici di tanti operai messi sulla via, nonché di questo importante Opificio che stringe il cuore vederlo andare miseramente in rovina dopo che la nazione erogò ingenti spese per impiantarlo, moltissime altre pel suo sviluppo, e per tutta risposta, con nota del 16 Aprile corrente anno, ebbe a sentire che il Governo non puole commettere lavori a Mongiana perciocché i prodotti di questo Stabilimento a causa della non buona qualità non rispondono all'esigenza del Governo medesimo; che gli og­getti costano cari, e quindi formano passività a carico dell'erario: che lo Sta­bilimento dee cedersi alla privata industria; il Ministero infine dopo aver financo smentito il glorioso passato di questo Stabilimento conchiuse che l'astro di Mongiana è di già definitivamente tramontato.

Di fronte a questa opposizione divenuta oramai sistematica, avverso a tanti sventurati operai inabili ad ogni industria tranne quella dei lavori dello Sta­bilimento da cui attinsero sempre le risorse della vita; di fronte a' danni che la Nazione patisce mercè la rovina di uno Stabilimento che fu l'opera di un secolo di solertissime cure da parte del cessato Regime, ognuno dovrebbe sentirsi lo sconforto e lo scoraggiamento nell'animo; senonché il pensiero che l'Eccel­lentissimo Ministro delle Finanze che è sempre quel savio e profondo eco­nomista che va tanto contraddistinto, convinto in contrario per effetto di re­lazioni certamente inesatte, figlie dell'inconsideratezza con cui furono emesse, possa smettere o modificare i suoi pensamenti al riguardo massime dopo gli ultimi avvenimenti che fecero rimanere attonita Europa tutta: il riflesso che gl'interessi della Nazione, ammesso anco con qualche lieve sacrificio, è d'uopo che fossero garentiti; che il Governo è nel dovere di volgere lo sguardo agli operai senza lavoro che hanno diritto alla vita; che è ingiustizia voler riscuotere tasse da migliaia d'infelici smunti fino alle ossa e che non sanno più come mendicare il pane, tutte queste ragioni spingono di nuovo l'Amministrazione di questo Comune a tentare, forse con migliori auspici, un'ultima prova presso il Governo: con più lusinghiere speranze; perciocché rendendo questo stato di cose a notizia della Camera legislativa, i Rappresentanti della Nazione dotati di senno e di giustizia, interessandosi della sorte di questo Stabilimento, sapranno prendere la difesa degl'interessi dello Stato e nello stesso tempo assicurare l'esistenza di queste infelici popolazioni (...) e prendere la parola affine di per­suadere il Governo a voler salvare dall'imminente rovina questi Opifizi, com­mettere l'esecuzione di qualche lavoro e così provvedere all'esistenza di tante famiglie che alla lettera stanno muorendo di fame.

Il Sindaco dunque in vista delle condizioni deplorevoli in cui versa questo Co­mune dell'opportunità di avvalersi nella Camera legislativa e presso il Governo, con felici auspici dell'opera di distinti Rappresentanti della Nazione invita il Consiglio a voler deliberare sul proposito.

Il Consiglio Comunale presa in serio esame la proposta del Sindaco e trovatala giusta sotto tutti i riguardi: avuta conoscenza della nota del Real Ministero delle Finanze del dì 16 aprile 1870, (Direzione Generale del Demanio e delle Tasse N. 37541 - 7456); mosso dalle sciagure che colpirono questa popolazione dacché lo Stabilimento Metallurgico non ha più lavorato, ad unanimità di suffraggi.

 

 

DELIBERA

 

Volgere urgentemente favorevole istanza agli eccellentissimi Ministri delle Fi­nanze e della Guerra, al Presidente della Camera Legislativa e del Senato del Regno degli Onorevoli Deputati acciocché si benignino disporre e si adoperino in modo:

1°. Che lo Stabilimento Metallurgico di Mongiana non stia più nel totale ab­bandono in cui fu lasciato, ma si eseguino urgentemente in esso le opportune opere di riparazione nonché nelle sue dipendenze, cioè le Miniere di Pazzano, lo Stabilimento soccorsale di Ferdinandea, le strade, gli aquidotti ec. e quanto altro esige un pronto riparo.

2°. Che anco in linea di urgenza venga data qualche commessa di oggetti tanto nelle Fonderie che nella Fabbrica di Armi e nelle Affinerie onde in questo inverno un numero ingente di operai assieme alle loro famiglie assicurino mercé il lavoro la mal protratta esistenza.

3°. Che il cennato Stabilimento fondato da circa un secolo dal Governo per soddisfare alle sole esigenze della Guerra e della Marina e su questo piede avviato sino ad un grande sviluppo, passi di nuovo dall'Amministrazione delle Finanze, sotto cui, per come si fece dolorosa prova, è impossibile che prosperi, a quella della Guerra che ne trarrebbe grandissimo utile; conseguentemente venisse amministrato da un personale tecnico non profano all'industria e pro­priamente da Uffiziali di artiglieria.

4°. Che a dissipare ogni mal'inteso e ad illuminare il Governo e gli onorevoli Deputati e Senatori sull'entità dello Stabilimento di Mongiana e sulla insuf­ficienza delle accuse che contro di esso si muovono, si umilii alla loro saviezza quanto segue.

 

L'industria del ferro in Italia e proprio nelle Province Meridionali, dove esistono ricche miniere, selve estese, giacimenti ricchissimi di combustibile fossile, corsi poderosi di acqua, lungi di sortire in generale il dovuto sviluppo, rimase anzicché nò stazionaria; togli nel Mezzodì d'Italia lo Stabilimento Metallurgico di Mon­giana fondato dal caduto Governo allo scopo di fornire oggetti di guerra, non rimangono che poche e rozze magone in cui trattavasi il minerale di Elba coi metodi imperfetti e rozzi così detti alla Catalana. Queste magone quà e là disseminate non han più vita, perciocché atteso da importazione di ferri esteri non poterono sostenerne la concorrenza; lo Stabilimento di Mongiana deperisce perciocché il Governo con falso principio di farlo prosperar meglio concedendolo alla privata industria, condannoilo ad una forzata inazione, e conseguentemente alla rovina.

Pria di far cenno sulla inopportunità di questa decisione governativa, è d'uopo premettere che lo Stabilimento di Mongiana unico nel suo genere in Italia per le favorevoli condizioni in cui è posto particolarmente per avere a grande vicinanza tutti gli elementi necessari alla sua vita, fu fondato nell'anno 1771……………. (Segue: BREVE STORIA DELLO STABILIMENTO).

 

In virtù di queste e di altre insulse relazioni, il Ministero della Guerra da cui dipendeva lo Stabilimento pensò disfarsene facendolo passare sotto la dipendenza dell'altro delle Finanze - e per questo non avendo altri impiegati esperti nelle teorie e nelle pratiche di siderurgia pensò avvalersi dell'ingegnieri del Real Corpo delle Miniere per reggere lo Stabilimento di Mongiana. Questi ingegnieri sia perché sembrasse loro cosa assai dura fermare stanza in questi luoghi montagnosi piuttosto aspri disaggevoli e privi di molti comodi della vita, sia per esimersi dalle faticose incombenze che vanno inseparabili alla reggenza di un simile Stabilimento; sia perché non seppero far di meglio, pensarono troncare il nodo e non scioglierlo proponendo al ministero delle Finanze concedere lo Stabilimento di Mongiana alla Privata Industria. E quì senza discutere la im­previdenza di questo atto facendo marcare a quante difficoltà si va incontro, a quali dannose conseguenze si espone uno Stabilimento semprecché si appor­tano in esso modifiche o cambiamenti radicali; semprecché si vuol dare un avviamento novello e contro l'indole propria ad un corso di operazioni da tanti anni in uso, basta ricordare alla sapienza del Governo quale doloroso espe­rimento si è fatto per aver voluto che un grande Stabilimento Siderurgico di Prima Produzione divenisse ad un tratto senza macchine e senza operazioni preparatorie, Stabilimento Industriale.

Intravedendo farsi il Governo sin dal principio le potenti difficoltà a cui andava incontro l'attuazione di tale idea cercò studiar meglio la cosa facendo venire qui alcune Commessioni le quali invece di studiare e riferire sulla natura dello Stabilimento, sui prodotti che pel passato si ottennero, sulla qualità, quantità e costo de' diversi elementi o materie prime impiegate alla produzione degli og­getti: invece di studiare quali nuovi processi di trattamento bisognava introdurre a fine di ottenere con maggiore economie prodotti più abbondanti e perfetti per vari usi della Guerra e della Marina, di trovare finalmente i mezzi di raddrizzare qualche sconcio nella parte amministrativa qual'ora ve ne fosse stato, se ne uscirono per la via più breve, riconfermando il Governo nell'idea preconcetta di cedere Mongiana alla privata industraia. Anzi vi fu qualcheduno che propose al Ministero delle Finanze fare dello Stabilimento di Ferdinandea un Lanificio... In somma da studi ed osservazioni che esigevano senno, tempo ed esperienza ma sventuratamente espletati in pochi quarti di ora e Dio sa come, il Governo conchiuse doversi disfare di questo Stabilimento sotto gli speciosi pretesti che esso Governo oltrecché è cattivo amministratore.

1°. Non deve esercitare speculazioni a pregiudizio di particolari industrianti.

2°. Perché gli oggetti costruiti in Mongiana costano molto cari.

3°. Perché non sono di buona qualità.

Se in luogo di chiedere riparo a tanta rovina si volesse entrare in polemica, tornerebbe facile dimostrare che lo Stabilimento di Mongiana essendo esclu­sivamente militare le sue produzioni non avrebbero pregiudicato le private in­dustrie le quali invece se ne sarebbero vantaggiati, sì perché i loro prodotti non erano forzati a sostenere la gara coi prodotti di quello, sia perché essendo pure Mongiana Stabilimento di prima produzione, gli opifizi manufatturieri de' par­ticolari poteano ottenere da esso tanto la Ghisa che il ferro duttile di cui avevano bisogno e di migliore qualità ed ai prezzi più miti di quello che si comprano all'estero. Né si dica che il Governo è cattivo amministratore, per­ciocché seppure lo fosse anzicché venire alla falsa illazione di cedere gli Sta­bilimenti Governativi alla privata industria, sarebbe stato più consentaneo di trovar modo di amministrarli bene: e poi lo stesso principio tanto esiziale a Mongiana se fosse vero avrebbesi dovuto applicare a' Telegrafi, alle Poste, alle Vie Ferrate, agli Arsenali di terra e di Mare, a Cantieri, alle Fabbriche d'armi, alle Fonderie e a tutti gli Stabilimenti che il Governo amministra tuttora in conto proprio. Anzi sembra divisamento più saggio che il Governo eserciti il più ampio protettorato su questi Opifizì, che li amministri e dirigga di conto proprio onde in qualsiasi evento inopinato, anzicché dipendere dal monopolio di particolari fab­bricanti che l'oro degli emoli e de' nemici puole corrompere o da estere Nazioni che per ragioni politiche non concedono l'esportazione di oggetti da guerra, trovasse nei propri Stabilimenti tutte quelle potenti risorse che cercherebbero indarno presso i particolari o al di fuori. E qui giova ricordare che l'ex Regno di Napoli sotto il Governo di Murat, assiepato com'era da flotte inglesi, nei mo­menti più critici, non poté avere cannoni e proiettili se non dallo Stabilimento di Mongiana. Saranno é vero mutate le condizioni politiche ed industriali nel no­stro Regno, ma non a segno di reggere al confronto con quelle in cui trovavasi la Francia nel Luglio del 1870; ebbene (Iddio conceda alla Patria nostra lunghi secoli di prosperità e di pace) la Francia del 1870 impegnata in una spaventevole guerra, non trovò sufficienti nei suoi imperiosi bisogni né i prodotti delle private industrie, né quelli de' propri stabilimenti!... Che anzi se il Governo è ragione che disponga sempre degli opifizì di semplice lavorazione, è più conveniente che protegga ed amministri di proprio conto gli Stabilimenti di 1a produzione e di lavorazione insieme, come sarebbe Mongiana, da cui quelli ritraggono alimento e vita.

 

Si è detto che gli oggetti che fornisce Mongiana sono di un prezzo piuttosto elevato. Ciò non è vero, come si dirà, e se anco lo fosse non è ragione a disfarsi di tale stabilimento; perciocché gli oggetti che si fabbricano negli opifizi na­zionali non sono mai costosi se si riflette che le somme impiegate, lungi di andare all'estero rimangono in paese, formano l'agiatezza di tanti lavoratori conseguentemente di tante famiglie, e refluiscono di nuovo per mille vie al Governo medesimo. Nel fatto poi, le produzioni di Mongiana sono di un prezzo assai inferiore di quelle che si fanno venire dall'estero o che si acquistino da particolari industrianti; ed a convincersi di tale verità, come pure a far marcare l'irragionevolezza di questa imputazione che il Governo fa a Mongiana, basta riflettere che lo Stabilimento fornì sempre gli oggetti a seconda de' prezzi sta­biliti dal Ministero in apposite tariffe; e che Mongiana producendo il ferro e la ghisa a discretissimi prezzi, i suoi prodotti sogliono riuscire, come molte volte sono riusciti, di un costo inferiore a quello stabilito dalle Tariffe ministerial­mente approvate in conseguenza con una onesta e saggia Amministrazione possono sempre tornare lucrosissimi al Governo. È vero che le cennate tariffe non erano depurate dagli stipendi degli Uffiziali di Artiglieria e degli Impiegati addetti a questa Direzione, ma ciò non influiva ad aumentare il costo degli oggetti, perciocché senza tener conto che gli Uffiziali facendo parte dell'Armata, sia nell'esercito, sia nell'Amministrazione dello Stabilimento doveano esser pa­gati dal Governo, semprecché lo Stabilimento aveva ampie commesse, gli utili che ne ricavava lo Stato erano così vistosi che al confronto, lo stipendio degli Uffiziali ed Impiegati era tale frazione da non mettersi nemmeno a calcolo. A maggiormente convincersi di questa verità il Governo dovrebbe esaminare i rendiconti su i lavori dello Stabilimento eseguiti (...) Verso il 1863 il Governo ordinò in questo Stabilimento la costruzione de' pesi e delle misure secondo il sistema metrico-decimale e donò insiememente le tariffe intorno a' prezzi a cui doveano fornirsi (...) onde avvenne che gli utili che si ricavavano da quelle costruzioni in vece di andare a profitto dello Stabilimento o del Governo, an­darono a riempire gli scrigni di tre o quattro monopolisti che dalla più squallida miseria divennero in pochi mesi e quasi per incantesimo ricchi sino alla dovizia. I poveri lavoratori angariati per tanto in mille guise cercarono mettervi riparo, ed atteso il lieve costo delle materie prime impiegate alla costruzione de' pesi e delle misure, la poca spesa di mano d'opera mercè l'aumento delle produzioni in un tempo più breve, ottenuto per mezzo di una savia divisione del lavoro, pen­sarono ribassare il costo di una serie di pesi da L. 2,70 come era stabilito in tariffa a L. 1,35. Sonosi recati all'uopo in Catanzaro presso la Direzione del Demanio e delle Tasse da cui dipendeva allora lo Stabilimento, presentarono l'offerta in ribbasso, ma per ragioni incognite e misteriose non fu accettata. Questi son fatti che possono in ogni ricorrenza venir autenticati. Se dunque lo Stabilimento di Mongiana offrì qualche passività nel primo periodo della Ri­voluzione italiana, epoca di transizione in cui lo sperpero, microscopicamente in Mongiana, in proporzioni più vaste ebbe luogo in moltissime Amministrazioni del Regno, la colpa non è degli opifizi, né de grami operai, ma di quell'Ammi­nistrazione la quale non ebbe, o meglio non volle avere occhi a vedere, e per opera di cui si vedono scambiate oggi le parti cioé a coloro a cui toccavano i lavori forzati spettarono ricchezze ed onori, agli onesti ed infelici operai op­pressioni, lacrime e fame!... Non sarà fuor di luogo ricordare anco qui che il Governo nemmeno si è sempre servito de' mezzi più economici onde non fare aumentare il costo de' prodotti di Mongiana. Valgono ad esempio i trasporti. Il caduto Governo a far trasportare un quintale di ghisa o di oggetti lavorati dallo Stabilimento di Mongiana al Pizzo, luogo più vicino d'imbarco, servendosi di carri a bovi non pagava che L.1,70, e da Pizzo a Napoli o Gaeta mercé barche di particolari negozianti appositamente noleggiate L.1,00, sicché il trasporto di un quintale di oggetti, comprese anche le spese di facchinaggio non costava che L. 2,70. L'attuale Governo lungi di far capo di tali mezzi economici per tanti anni in uso, si è servito della Impresa de' Trasporti Militari e per quello di un quintale di oggetti ha dovuto pagare non L.2,70 ma L.10,000 circa. In ultimo perché la luce sia fatta e ogn'uno sappia come gli oggetti di Mongiana costano cari, fra mille altri fatti basta citarne uno di fresca data. Nel Luglio del 1869 dietro calde suppliche di questi poveri operai il Ministero delle Finanze, prometteva dare a questo Stabilimento una discreta Commessa di contatori meccanici pei molini e spediva in pari tempo un campione chiedendo a questa Direzione se si potevano costruire ed a quale costo. Si è risposto affermativamente al primo quesito, ed al secondo che gli Opifizi di Mongiana potevano fornirli a L.75,00 per cadauno. Dopo essere passato molto tempo il prelodato Ministero ha fatto sentire che non avea più bisogno di contatori mentre ne avea di già fatto costruire più del necessario e che il prezzo di Lire 75,00 era troppo elevato; intanto da un par­ticolare fabbricante di Torino, ne acquista N°.100 secondo quel modello che avea spedito in Mongiana, e li paga non più Lire 75,00, ma Lire 100,00, per cadauno: anzi avendo veduto che i contatori acquistati da Fabbriche particolari aveano fatto cattiva pruova, verso Gennaio o Febbraio di quest'anno, ordina la costruzione di Sessantamila contatori negli altri Stabilimenti governativi senza commetterne neppure uno a Mongiana. E' così e non altrimenti che la pro­duzione di questo Stabilimento si hanno a gran costo!... Anzicché dunque elevare il pretesto delle passività e del caro del costo facendo cadere la colpa su questi Opifizi e gettando sul lastrico centinaia di povere famiglie, sarebbe stato più ragionevole che il Governo si fosse servito di mezzi più economici, d'u­n'Amministrazione più savia ed interessata pel bene della Nazione, e subodorata poca delicatezza o mancanza di onestà negl'impiegati dello Stabilimento li aves­se fatto tradurre dinanzi al Regio Procuratore per essere giudicati.

Finalmente se il Governo si muova a compassione dello stato deplorevole di tanti sventurati e si benigni dare a questo Stabilimento qualche commessa di lavoro, tanto nella Fonderia, che nella Fabbrica di armi e nelle Raffinerie, gli Operai e per essi la Direzione, a togliere il pretesto delle passività, a lavorare con utile dello Stato e a non morire di fame si obbligano gli oggetti col ribasso del 20% sui prezzi delle tariffe approvate dal Ministero, o su quello con cui il Governo li acquista da particolari fabbricanti, dall'estero o dagli opifizi gover­nativi. Si obbligano pure sullo stato mensile de' lavori, stipendiare a proprie spese, i Capi Officina, o i Controllori riconosciuti dal Governo per la collau­dazione de' prodotti.

Meno vera è l'asserzione che gli oggetti forniti da Mongiana sono di non buona qualità: basterebbe a smentirla esaminare alcuni avanzi di ferri fusi e duttili, grezzi e variamente lavorati che si conservano nei magazzini dello Stabilimento e si verrebbe di certo ad una conclusione diversa cioè che in Mongiana si è fatto tutto, e tutto di buonissima qualità. Questo opifizio infatti oltre che l'ottima ghisa che forniva agli altri Stabilimenti di Lavorazione, come sarebbe la Fonderia di Napoli, le officine di Pietrarsa etc. fornì pure il Governo di Cannoni di grosso calibro per le fortezze e le coste; di Projettili pieni e vuoti di ogni dimenzione; Metraglie in ghisa e in ferro duttile; grosse Ancore, Catene, Chiodi, Paralle­lepipedi per zavorra per la Marina; oggetti di Affusti e di Carriaggi per l'Ar­tiglieria; canne da fucile, Acciarini, Daghe, Bajonette per l'esercito; Ferri di­versamente calibrati, lamine, pezzi di macchine per svariati usi; ed ultimamente Manubri otturatori per la trasformazione delle armi secondo il nuovo modello, tutto di buonissima qualità e di gran precisione. La ghisa di Mongiana cor­rispose sempre alla bella fama che ha ogn'ora goduto e per tacere de' premi, delle medaglie e delle onorevoli menzioni ottenute (...) Risulta dunque che lo Stabilimento di Mongiana semprecché fu bene amministrato, e gli operai che vi lavoravano, cui la natura concesse tanto ingegno da far con le mani ciò che in altri Opifizi si fa con costosissime macchine, lungi di aver fatto sempre cattiva pruova, come il Ministero asserisce, hanno onorato o potrebbero onorar tuttavia le Italiane Industrie.

E qui non sarà opera perduta discendere alle particolarità che il Ministero imputa a questo Stabilimento. Esso dice che si è fatto cattiva pruova.

1°. Nella costruzione di alcune Granate Cilindro-Ogivali per l'Artiglieria fatte nel 1861.

2°. Nella costruzione de' Pesi e delle Misure secondo il sistema Metrico-De­cimale.

3°. Nella trasformazione delle armi a silice riducendole a percussione per la Guardia Nazionale di alcune delle Province Meridionali.

4°. Nella costruzione de' Manubri Otturatori per ridurre a retrocarica le armi dell'esercito ch'erano a percussione.

Lungo tornerebbe narrar per filo le traversie, gli ostacoli d'ogni genere in cui si è imbattuto questo Stabilimento, gl'intrighi e i malintesi che ebbero luogo nelle cennate lavorazioni, si per dimostrare che le accuse che gli si fanno sono infondate e che se qualche sconcio vi fu, le dolorose conseguenze doveano subirle le Amministrazioni di quel tempo, non gl'infelici operai che lavorarono da mane a sera e forse senza pane; ma ad esser breve basta cennare e sot­tomettere al senno del Governo.

1°. Che quando sonosi costruite le granate cilindro-ogivali, l'Amministrazione che ancor si componea di Uffiziali di Artiglieria, ne spedì in Napoli N°.21 cioé venti perfettissime sotto tutti i rapporti ed una con l'impanatura della bocca non perfetta a fine di vedere se con quel difetto potevano essere accettate, e la Commissione di Uffiziali colà istituita ad esaminare quei projettili, per come consta dal Verbale di eseguita collaudazione esistente negli Archivi dello Sta­bilimento, ne trovò 20 accettabili sotto tutti i riflessi ed una di scarto. Or simili a quelle 20, anzi migliori, con trasbordo in Napoli, ne furono spedite a Genova N°.30000 e colà sottoposte ad una nuova collaudazione, si seppe con grande stupore che poche furono trovate buone, moltissime di rifiuto. Intanto nell'atto che il Governo donò a Mongiana la commessa di quel numero di Granate, molte altre simili ne commessionò a particolari fabbricanti di Napoli, e sì le une che le altre senza essere contraddistinte con una marca di ricognizione, imbarcate da quivi in diverse riprese confusamente, avvenne (e qui fu con certezza assicurato) che in Genova tutti i projettili riconosciuti non buoni vennero attribuiti a Mon­giana.   Si è certamente alieni di attribuire questo fatto a mancanza di perizia nella Commissione esaminatrice o a qualsiasi altra causa men che onesta, ma atteso gli splendidi risultati degli esperimenti antecedentemente fatti in Napoli, attesocché le granate di Mongiana furono costruite in un'Opifizio retto da Uf­fiziali di Artiglieria e non in una officina di particolari industrianti, attesocché in quella ricorrenza, a fine di ottenere prodotti perfettissimi sotto ogni riguardo l'attenzione, la diligenza, la cura, della Amministrazione, de' Capi officina, de' Capi d'arte, degli operai venne seriamente e sino allo scrupolo richiamata, quella deficienza non sa diversamente spiegarsi se non per una trista fatalità che sin dall'ora incominciò a pesare su questo Stabilimento e quindi su queste disgra­ziate popolazioni.

2°. I pesi e le misure che si sono costruite in Mongiana si ha ragione di credere che sono anch'essi perfetti, pel semplice fatto che il Verificatore spedito a collaudarli, non ebbe difficoltà ad apporvi il punzone riconosciuto dal Governo, quindi di due cose l'una o i prodotti sono perfetti ed è ingiusto il gravame che si fa allo Stabilimento ed a' poveri operai, o non corrispondono alle esigenze del Governo e la colpa è di coloro che in quel tempo stavano a capo dell'Am­ministrazione e del Verificatore, sulla cui riprovevole condotta il Governo po­trebbe aprire un'inchiesta e se colpevoli farli condannare, non già di queste infelici popolazioni che scontano il fio delle colpe altrui con le pressure e con la fame. Oltre a ciò di quei pesi e di quelle misure si fa continua richiesta per come il commercio lo esige, e sottoposte alla periodica verificazione non si rico­noscono difettosi o fuori di uso. Anzicché dunque imperfetti era meglio dire che se ne sono costruiti più del bisognevole e quindi gettati come si trovano senza alcuna manutenzione dei diversi magazzini delle Province ed esposti da tanto tempo a mille cause distruttive, è ragione che oggetti minutissimi di simil fatta finiscano con l'andarsene in ruggine e divenire inutili affatto.

3°. Le armi da fuoco costruite o trasformate in Mongiana sì per la grande perizia degli operai addetti a tale lavorazione, sì per la brillante mostra che han sempre fatto, nelle nazionali e nell'estere esposizioni, è impossibile che non furono trovate buone, e se anche lo fosse ciò non deve imputarsi a mancanza di virtù nello Stabilimento, ma di accortezza e d'impegno nei Controllori stipendiati e riconosciuti dal Governo, che le han collaudate e riconosciute accettevoli. Si è venuto forse a questa generale conclusione per qualche caso particolare, mas­sime nelle armi trasformate cioé ridotte da silice a percussione in quantocché nell'esplosione qualche ciminiera o luminello è saltato, ma oltrecché tale difetto dipendeva dalla natura delle operazioni fatte subire alle canne da fucile, tale difetto non si è sperimentato soltanto nelle armi trasformate a Mongiana per la Guardia Nazionale ma anco in quelle trasformate per l'Esercito nelle fabbriche Governative più accreditate. Non è dunque giustizia che il solo Stabilimento di Mongiana sconti fatti di cui non è il solo colpevole.

4°. Di maggior peso pare che non siano i gravami che il Governo fa a Mongiana per la costruzione de' Manubri otturatori a ridurre a retrocarica le armi secondo i sistemi antichi. Mille ragioni assistono sul proposito questo Stabilimento, ma basta solo sottomettere al senno del Governo che nel tempo in cui si è in­cominciata quella costruzione, esistevano in questa Fabbrica di Armi due Con­trollori i quali vennero traslocati uno in Brescia l'altro in Torre Annunziata, senza che si avesse curato di farli sostituire da altri. I poveri operai reclamarono sino a perdita di fiato un Controllore per collaudare i prodotti, ma mai l'ottennero, sicché dovettero essi costruire i manubri e collaudarli, mentre nelle altre Fab­briche governative vegliavano alla perfezione del lavoro non meno di dieci Con­trollori di armi.

Intanto siccome Mongiana avea avuta la Commessa dalle due Fabbriche di Brescia e di Torre Annunziata incominciò la costruzione de' manubri secondo i campioni, e scrupolosamente sulle Staze o Sagome qui spedite da quei due opifizi. Allora in Mongiana successe una vera Babilonia! Brescia una volta assicurava che i manubri di Mongiana erano per se tanti modelli un'altra che erano difettosi. Lo stesso linguaggio teneva Torre Annunziata. Quella diceva che i cilindri erano troppo esili cioè di sottili dimensione, questa che erano troppo massicci e non sarebbero imboccati nelle canne. Certa cosa si è che i campioni e le sagome di una fabbrica, come possonsi ancora verificare, non corrispon­deano con quelli dell'altra, ed avendo avuto qui l'opportunità di verificare ed esaminare un Manubrio costruito in Torino si è trovato che non corrispondea nè a quelli di Brescia nè a quelli di Torre Annunziata. Insomma se non fosse stato per l'impegno e per l'energia del Reggente di quel tempo signor Francesco Grosso ora addetto al Ministero delle Finanze, il quale può fornire al Governo maggiori e più minuti schiarimenti al proposito; se stato non fosse per l'energia, lo zelo e l'operosità dell'Ottimo Reggente attuale signor Sommariva Antonio, e dell'impegno de' lavoratori, massime del Capo Operaio Raffaele Giancotti, sa­rebbe stato impossibile che siffatta lavorazione avesse potuto prosperare. E qui per onore della verità è bene ricordare che alcuni manubri spediti da Mongiana in Brescia, sottoposti alla tempra dopo essere stati collaudati ed accettati, mostrarono delle lesioni, ma la colpa non fu degli operai di Mongiana sibbene della pessima qualità del ferro che si è dovuto comprare in commercio, non avendosi potuto trarre partito degli ottimi ferri prodotti dallo Stabilimento. Allora infatti pendeva la disastrosa lite con l'appaltatore Francesco Salerno di Serra, ed in virtù di un sequestro, tutti i materiali dello Stabilimento essendo con­segnati in deposito, non poteasi muovere un chilogrammo di ferro né un chilo­grammo di carbone; non poteasi attivare una raffineria; perché sarebbe stato lo stesso agli antichi piati complicarne di altri e far piovere un nembo di proteste da parte del Salerno; per la qualcosa, come risulta dalle contabilità di questa Direzione convenne comprare in Messina ferro che oltre di essere stato costoso, si rinvenne di pessima qualità e per nulla adatto a quelle costruzioni. E poi in una lavorazione su vasta scala, di oggetti di simil genere è naturale che non tutti possono sortire quella perfezione desiderabile, ma vuoi per una cosa, vuoi per un'altra alcuni devono necessariamente riuscire non buoni: ed ormai si sa, degli stessi fucili ad ago già consegnati all'esercito, quanti ne furono restituiti alle altre fabbriche governative perché difettosi: intanto quelle continuano a lavorare, soltanto Mongiana ha dovuto essere condannata all'inazione ed alla fame.

 

Ad ogni modo se gli opifizi di Mongiana avessero anco da vero fatto cattivo esperimento, il Governo non dovea prendere norma da qualche fatto particolare ma invece dare uno sguardo retrospettivo per vedere come avea lavorato in altri tempi lo Stabilimento; dovea esaminare la qualità degli elementi di cui fa uso e il loro primitivo costo, la quantità dei materiali che secondo tariffe che ac­cortamente stabilite dopo lunghe esperienze, veniva fornita per la produzione degli oggetti, i prezzi di manodopera che a norma di tariffe venivano pagate; dovea cercare di mettere riparo agli sconci dell'Amministrazione se ve ne fos­sero stati ed agli attriti, se non avesse bene funzionato; esigere oltre alle solite contabilità a norma di quelle dello Stato, un rendiconto mensile indicante la quantità e la specie dei lavori prodotti, le effettive quantità delle materie im­piegate, le spese occorse per la produzione de' singoli svariati oggetti, e ciò per precludere il passo ad ogni fatto men che onesto da parte dell'Amministrazione locale e per vedere sul principio dell'industria a quale processo o ramo di lavorazione vi era utile o perdita per mettervi pronto riparo; dovea finalmente aver riguardato alla suscettibilità dello Stabilimento, ai nuovi processi da in­trodursi per fargli seguire la linea ascendente e progressiva degli altri Sta­bilimenti, ad aumentare i prodotti, a diminuire il costo, a farlo insomma ri­spondere a tutte le esigenze dell'attuale civiltà; se il Governo insomma avesse avuto l'occhio a tutte queste cose, oltrecché non avrebbe lasciato in abbandono il migliore stabilimento di prima produzione che possiede oggi l'Italia col danno delle Finanze dello Stato e con la rovina di tanti infelici che possedendo me­stieri speciali e non trovando da impiegare altrove l'opera loro sono costretti alla lettera a morire di fame, non si sarebbe neppure persuaso di cederlo alla privata industria.

I mongianesi e gli abitanti de' Comuni limitrofi ad avere un mezzo come vivere e per vedere mercè il lavoro assicurato se non il loro benessere, la loro esistenza, anelerebbero il momento di vedere prosperare questi opifizi in mano di privati industrianti, ma conoscendo più da vicino le cose e, a dirla franca, che il Governo lungi di cooperare a questo scopo vi coopera in contrario, pensano che questa idea nello Stabilimento di Mongiana non potrà venire, almeno oggi, in nessun modo attuata. Infatti uno Stabilimento che per moltissimi anni fu ge­neralmente mantenuto sul piede di quelli destinati alla sola produzione delle materie prime, non puole ad un tratto senza preliminari operazioni, senza infinite costose macchine assumere un'aspetto industriale. D'altro canto la mancanza delle indispensabili vie di comunicazioni coi principali tronchi ferroviari; il poco o niuno spirito di associazione nei ricchi proprietari di questi nostri luoghi, avvezzi a speculare su i prodotti del suolo non già sulle industrie manifatturiere; le poche richieste di oggetti di ferro da parte del commercio; la voce sparsa che il Governo non darebbe commesse alla Società intraprenditrice; l'immensa quantità di ferri che vengono importati dall'estero, non concederanno al Go­verno combinare un'operazione in quel senso. E già se ne fece dolorosa espe­rienza, infatti verso il mese di maggio dell'anno 1866 si è conchiuso un ca­pitolato di Appalto con Francesco Salerno di Serra S.Bruno, cedendogli in fitto lo Stabilimento tranne la Fabbrica di Armi cioè l'uso gratuito per anni quattro delle officine e la vendita dei materiali ad un prezzo al di sotto di quello ch'erano costati al Governo, ebbene quali furono le conseguenza di quella inconsiderata impresa? L'inazione dello Stabilimento, la rovina della Società intraprenditrice, il danno degli operai, una lite disastrosa portata in tutti i Tribunali; il danno delle Finanze dello Stato che avrebbe potuto essere di più gran rilievo, ma che per bonaria transazione venne ridotto a L.5000,00 senza tener conto della rovina di alcune officine, del deterioramento di alcune altre e delle macchine e degli alloggi, in somma, la certezza che se non si mette pronto riparo, a meno che non sia questa l'idea preconcetta dal Governo, uno Stabilimento che costò tesori alla Nazione andrà fra qualche altro anno miseramente in rovina. Qui non è il caso di mettere in disamina se Salerno si portò con mala fede verso il Governo; si ritenga pure che non abbia agito con rettitudine d'intenzioni, certa cosa si è che se egli mancò alle assunte obbligazioni, il Governo che stipulò quel contratto, avea lungo e possente il braccio per richiamarlo con l'impero della Legge al dovere. Intanto le terribili conseguenze di quel funesto e malaugurato contratto andarono a piombare sul capo di questi innocenti popolazioni.

Eppure il Governo asserisce di persistere ancora nell'idea di cedere Mongiana alla privata industria; asserisce che cerca facilitare cosiffatta operazione con la riduzione della metà del canone fissato nel capitolato; col dare la più estesa pubblicità agli avvisi d'asta, con altri mezzi di simil fatta. Non puol certamente dubitarsi della rettitudine da parte del Governo; bisogna ritenere anzi, che tutti i suoi atti mirino a portare con adatti provvedimenti il benessere e la felicità in seno a popoli, ma non puole nemmeno disconvenirsi che se il Governo crede che gli Stabilimenti di Mongiana prosperino in mano della privata industria, dal canto suo oltrecché non si è servito di mezzi conducenti a quel fine, adottò invece provvedimenti che portarono necessariamente ad un risultato contrario. A mettere infatti Mongiana sul piede d'uno Stabilimento industriale, bisognava non solo manutenere in esso tutto quanto vi era di buono, ma applicarvi ancora dei capitali; invece non solo il Governo non spese nulla a migliorarlo, ma lasciò andare in rovina quanto già vi era: e per tacere di mille altre particolarità valgono ad esempio le Miniere di Monte Stella in Pazzano. Da che il Governo sospese la esplotazione del minerale, a manutenere quelle gallerie, non occorreva la spesa se non di tenere applicato un uomo per pochi giorni del mese a ricambiare qualche puntello malandato; spesa lievissima se si riflette che il legname poteva venire facilmente ed a poco costo da' vicini boschi di Stilo; intanto per non aver voluto sostenere l'insignificante spesa di quella manutenzione le gallerie sog­gette a continui slavamenti finirono con ostruirsi del tutto. Anzi per superiore disposizione del Governo, schiodate le rotaie della via ferrata su cui camminava il veicolo che dall'interno della cava metteva a giorno il minerale, il ferro fu venduto al commercio per poche lire a quintale. Ora sia il Governo sia la Società intraprenditrice, volendo attivare l'industria del ferro di Mongiana, a meno che non credono lavorare la ghisa comprata in Inghilterra o fondere il Minerale di Elba, debbono spendere almeno Ventimila lire per aprire in Pazzano una nuova galleria.

Ad ogni modo il Ministero deve benignarsi prendere senza frapporre tempo un provvedimento salutare che assicuri l'esistenza di queste popolazioni, non es­sendo per nulla giusto che se il Governo cura il benessere dei forzati nelle prigioni e nei bagni deve poi far languire d'inedia una gente, colta, laboriosa, educata, piena di buona fede e sottomessa alla legge. Sono queste precisa­mente le doti che contraddistinguono tanto gli operai di paesi limitrofi a Mon­giana che erano addetti a' lavori dello Stabilimento, che la popolazione Mon­gianese la quale crescendo all'ombra dello Stabilimento, fu formata secondo la mente ed il cuore de' personaggi i più colti e gentili che qui venivano dalle più cospique città del Regno a reggere questi opifizi. Il Codice Civile non è fatto per Mongiana perciocché i suoi abitanti una volta aggiatissimi, sempre pieni di buona fede, non hanno interessi controvertibili, tanto le Leggi penali perciocché (fatto singolare da richiamare l'attenzione d'ogni Magistratura) in un Secolo, cioé dalla fondazione di Mongiana, per come possono attestarlo le Autorità Civili della Provincia e le Statistiche de' Tribunali, fra questi abitanti non successe un delitto di sangue, non un furto non un reato qualunque: anzi messi i poveri mongianesi in questi ultimi tempi a prove durissime, rispettano come cosa sacra la legge, le persone, la proprietà e muoiono onoratamente di fame. Una sola macchia sembra che oscuri questa gloria tutta propria de' mongianesi, un'at­tentato cioé contro la persona del compianto Ingegnere di Mine Enrico Grabau il quale resse per poco questo Stabilimento, ma l'assassino che in un bosco esplose proditoriamente contro di lui un'arma da fuoco, che fortunatamente non gli cagionò se non una lieve scalfitura al braccio, se rimase ignorato sfuggendo a rigori della giustizia, non sfuggì certamente all'universale esacrazione dei mongianesi. Quel giorno nefasto fu per questo Comune giorno di pubblica sven­tura e come tale va ancor ricordato: quel giorno, il già trapassato Enrico Grabau, vide nella costernazione e nell'universale rammarico de' Mongianesi, nella so­spensione di una publica ricorrente festività religiosa, nell'ansia con si cui si ricercava il colpevole, negl'indirizzi spediti alla famiglia Grabau ed al Ministro delle Finanze, quanto questa popolazione l'amava con amore di amico, di fra­tello, di padre. Egli stesso in mille rincontri non negò questa giustizia a Mon­giana e la rese anche pubblicamente il Padre di Lui scrivendo la necrologia del figlio il quale, un anno dopo, disimpegnando l'ufficio di Commissario nella celebre esposizione mondiale, vittima del Morbo Asiatico fu rapito a' vivi in Parigi. Una popolazione dunque che per mille titoli ha diritto all'universale benemerenza non sarà certamente dal Governo dimenticata.

E poiché urgentemente si reclama fra le altre cose una qualsiasi commessa di lavori, giova cennare a sommi capi di quali opifizi si compone ora lo Stabi­limento. Quali officine potrebbero incominciare a lavorar subito e senza molta spesa di riatti. Quali modifiche bisognerebbe introdurre nei processi di lavo­razione onde ottenere prodotti abbandonati ed economici.

1°. Una Fabbrica di Armi bellissimo Opifizio con spaziose officine corredate di molte macchine e capace di produrre in atto da 7 in 8 mila pezzi di armi da fuoco complete, altrettanti pezzi sciolti ed egual numero di armi bianche come sciabole, daghe, baionette etc. per le quali armi puole servirsi dei ferri che si producono in Mongiana i quali quando sono fabbricati con una certa cura riescono sotto tutti i rapporti di eccellente qualità. Laddove si volesse portare sopra scala più ampia la produzione delle armi si potrebbe accrescere con poca spesa il numero delle officine e per la forza motrice trarre partito della Macchina a Vapore che erasi fatta venire a questo oggetto e che ora giace smontata ed esposta all'ossidazione nei magazzini della fabbrica. Per essa non occorrono altre spese tranne quelle per montarla. Il costo delle armi costruite in Mongiana atteso il lieve costo del ferro, è minore di quello con cui si costruiscono nelle altre Fabbriche anzi potrebbe essere maggiormente ridotto.

2°. Una Fonderia con tre altiforni, corredati di trombe eoliche per la stagione invernale, e da una poderosa macchina soffiante a vapore per quella estiva.

La ghisa è per lo più di grana grigia più o meno oscura e più o meno grossa, cioé simile del tutto a quella che si ottiene in Francia dagli altiforni trattati a carbone vegetale anzi può dirsi media con quella di Glascow. Quando la grana è più minuta, la ghisa è più tenace e viene facilmente attaccata dalla lima e dal cesello come il ferro duttile o quasi come la ghisa inglese, per come lo attestano gli avanzi di antichi lavori che qui si facevano, cioè a dire Cannoni, Carronate, pezzi di macchine a vapore, ruote dentate, busti per monumenti, nonché il saggio che questo Stabilimento mandò alla Commissione per lo sviluppo del­l'industria del ferro in Italia consistente in un Medaglione portante l'effige del nostro Sovrano, Vittorio Emanuele in una Fascia elastica ed in un pezzo di ghisa in pane di grossa grana. Apportando leggere modifiche ai processi di tratta­mento in questi altiforni si suole ottenere quelle qualità di ghisa che si de­siderano, financo quella durissima ma trattabile come l'acciaio, tanto propria alla costruzione di granate atte a forare le corazze delle navi e che per ottenersi in altri Stabilimenti si deve far uso di metodi lunghi e costosi.

Il prezzo di un quintale di ghisa a secondo delle tariffe ascende mediamente a L.10,70, ma si potrebbe di molto ridurre migliorando i mezzi in uso pel trasporto del minerale con metodi più spediti ed economici. Ad avere più particolari dettagli su questo proposito si consultino gli studi fatti dall'ingegnere Mec­canico Fortunato Savino in occasione della Commissione per l'industria del ferro di cui fece parte. Il costo della ghisa modellata dipende dal maggiore o minor lavorio a cui va soggetta. Quello delle palle piene in media Lire 18,50, della metraglia assecondo dei diversi numeri da L.20,50, a L.27,50, delle bombe L.21,00 delle granate secondo i vari numeri da L.21,00 a L.29,00 di oggetti configurati come affusti, pezzi di macchine a vapore, o di altre quanto si voglia complicati, non oltrepassa quello di L.50,00.

3°. Una officina con un Cubilot per oggetti di seconda fusione, il quale in diverse circostanze ha reso molti utili serviggi allo Stabilimento e potrebbe renderne tutt'ora.

4°. Due officine di raffinaggio in ciascuna delle quali vi sono due fuochi alla Franc-Comtoise che in atto potrebbero produrre 4300 quintali all'anno di ferro duttile tirato in barre piatte, in quadroni, in ottagoni etc. Per averne di altra configurazione o calibrati come ferri cilindrici, quadrelli, stasciolette etc. bi­sogna far subire loro un'altra operazione nei maglietti o distendini de' quali ne esistono due ma fuori di uso anzi in questi ultimi tempi rovinati in guisa che accorrerebbe qualche spesa per ridurli allo stato di poter lavorare. Il costo di un quintale di ferro in barre tirato alla raffineria risulta come segue, cioè: ghisa quintali 1,25, carbone vegetale quintali 3,50, manodopera L.4,76 per cui va­lutando la ghisa a L.10,70 ed il carbone a L.2,86 si ha che ascende a L.27,08, ma facendo uso di un più ben intero sistema di raffinaggio potrebbesi ottenere grande risparmio. La qualità del ferro è ottima per lo più filamentoso, misto con grana fina ed acciarina, ma quando il processo di raffinamento è ben diretto si ottengono ferri di qualità superiori paragonabili a quelli di Svezia o di Russia. La configurazione al distendino che riesce della massima precisione ed anco più di quella che si ottiene per mezzo de' cilindri, aumenta il prezzo di L.5,20 a quintale, sicchè viene a costare L.33,89, ma laddove si avesse l'opportunità de' cilindri, l'aumento non sarebbe maggiore di L.2,15, sicché tutto il costo di un quintale di ferro tirato in qualunque forma o dimensione sarebbe soltanto di L.30,84.

Esisteva anco qui una grandiosa officina tiraferri con diverse coppie di cilindri alcuni fuochi di raffinaggio ed un poderoso maglio per ridurre le grosse masse di ferro; esistevano pure alcune altre Raffinerie, ma il tremendo alluvione degli 11 novembre 1855 il quale apportò immensi guasti nelle Tre Calabrie, le distrusse affatto, però dei cilindri e de' montanti e di molti altri oggetti che si hanno potuto salvare lo Stabilimento come dirassi potrà trarre grandissimo utile.

Delle quattro indicate officine quella che prontamente e senza spese prepa­ratorie potrebbesi attuare è la Fabbrica di Armi la quale puole tenere occupate un maggior numero di braccia; in essa si possono costruire armi da fuoco a nuovo, pezzi sciolti, armi bianche; possonsi rimodernare fucili antichi, e nella peggiore anche chiodi di varie specie particolarmente per uso di Casse di acqua o di Caldaje di Macchine a vapore, i quali prima si richiedevano a preferenza da questo Stabilimento, per la somma tenacità e duttilità del ferro che prestasi benissimo ad essere ribadito acciocché la seconda testa del chiodo fosse cac­ciata a freddo.

Anco la Fonderia con qualche lieve spesa per riattare gli altiforni potrebbe incominciare subito a lavorare. E qui è bene marcare che, tranne gli oggetti fusi configurati come palle, granate etc. che potrebbero fornirsi al Governo, il vero e sicurissimo tornaconto dello Stabilimento sarebbe di far raffinare in Mongiana stessa la maggior parte della Ghisa che producono gli altiforni e ridurla in ferri duttili i quali riescono di ottima qualità e tali che difficilmente se ne possono avere di simili al prezzo che puole fornirli questo Stabilimento. A poter ciò fare bisognerebbe costruire altri fuochi di raffinaggio perché coi quattro che attual­mente esistono lieve sarebbe la produzione; bisognerebbe far montare almeno per ora un paio di coppie di cilindri per aver ferri calibrati di ogni dimensione ed a prezzi discreti, nonché lamine le quali sotto  il rapporto della duttilità e della levigatura riuscirebbero perfette più di quelle che vengono dall'estero: le lamine infatti sottilissime, per tacere di quelle di maggior spessore che sonosi qui costruite e stagnate, non lasciarono nulla a desiderare. Oltre a dette coppie di cilindri se ne potrebbero aggiungere altre più piccole a grande velocità pei ferri cosi detti a guida coi quali si sogliono costruire tanti minuti oggetti e più d'ogni altra cosa i vari ferri filati di cui si fa enorme uso in commercio e che atteso la tenacità e duttilità del nostro ferro particolarmente quando è fabbricato con cura, riuscirebbero ancora perfettissimi.

Per l'impianto della macchina a cilindri poiché lo Stabilimento possiede tutti i pezzi più importanti non occorrerebbe se non la loro montatura, la costruzione di alcuni organi trasmissori e di altri piccolissimi oggetti come cuscinetti in bron­zo, boloni etc. mentre in quanto all'Officina si potrebbe trarre partito dell'ampio locale della fonderia dove vi sarebbe anche l'opportunità della forza motrice tanto ad acqua che vapore. In quanto alla spesa, da un perito ingegnere si fa ascendere da 5000 a 6000 lire, beninteso, compresa anche quella per la co­struzione di altri quattro fuochi di raffinaggio e di un grosso maglio per com­primere e tirare il ferro a quelle dimensioni volute per poter essere sottoposto all'azione de' cilindri.

Per diminuire grandemente il costo del ferro ed aumentare la produzione gior­naliera si potrebbe nel processo di raffinamento introdurre il puddellaggio coi gas degli altiforni (...).

Un impulso considerevole poi nella via del progresso, lo Stabilimento di Mon­giana potrebbe averlo introducendo in esso molto facilmente e con grande economia di spese il metodo di Besemer e quello di Chenus. Col primo, che ha ricevuto un'applicazione maggiore, si potrebbero ottenere ferri raffinati ed acciai fusi con qualunque sorte di ghisa, senza altro combustibile tranne quello bi­sognevole per la produzione della ghisa medesima, massime perché in Mongiana si ha l'opportunità di poter fare entrar la ghisa liquida dagli altiforni nelle grandi storte, o apparecchi di decarburazione di cui si serve il prefato Besemer. Col secondo si potrebbe ottenere immediatamente dai minerali ferri in spugna facili a prendere nelle forme tutte quelle configurazioni che si vogliono, massime perché esigendo questo metodo minerali ricchi e puri, quelli di cui servesi Mongiana con leggiera scelta si presterebbero benissimo all'oggetto. Coll'in­troduzione de' due cennati metodi oltrecché il solo Stabilimento di Mongiana risponderebbe all'esigenza del Governo massime per la produzione della ghisa, del ferro, e dell'acciaio fuso, tanto indispensabile per la Guerra e la Marina, l'industria, atteso l'enorme risparmio di combustibile, potrebbe avere lunghis­sima vita con le attuali risorse forestali e senza nuocere alla riproduzione delle selve.

Laddove occorressero maggiori schiarimenti al proposito coloro cui è diretto il presente Atto Deliberativo potranno richiederli all'Amministrazione di questa Comunità nonché alla Direzione Speciale dello Stabilimento.

Intanto si raccomanda al Governo di dare prontamente qualche sollievo a queste Popolazioni, mercé una qualsiasi commessa di lavori tanto nella Fonderia che nelle Raffinerie e nella Fabbrica d'Armi.

 

La presente deliberazione letta ad alta ed intelligibile voce è stata approvata per alzata e seduta - Il Consigliere anziano (firmato) Francesco Sadurny - Il sindaco (firmato) Francesco Morabito -Il Segretario (firmato) Zeffirino Sadurny

- (vi è il suggello) - La presente deliberazione è stata affissa e pubblicata nei modi di Legge - Il Segretario (firmato) Zeffirino Sadurny - Il Sindaco (firmato) Francesco Marabito (vi è il suggello).

 

Per Copia Conforme e per Uso Amministrativo

IL SEGRETARIO COMUNALE

ZEFFIRINO SADURNY

 

[fig.47]

Laminazione di rotaie. Stampa fine XIX secolo.

 

L'aspirazione del Sindaco Morabito di vedere introdotti a Mon­giana i convertori di Sir Henry Bessemer rimane naturalmente un sogno.

Gli argomenti di questa e di due altre petizioni (114) fatte pervenire in seguito alla Camera, non turbano minimamente il Governo, nè lo distolgono dal suo proposito. Accadrà così quanto il Sindaco della comunità calabrese aveva più temuto: lo Stato passa la mano ai 

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Ruderi della fonderia di Mongiana in una immagine degli inizi del secolo. (Foto della società ARS ITALIAE, fornitaci dalla Direzione delle acciaierie di Terni).

privati.

A Catanzaro, prima che la candela accesa sul banco del baditore si spenga, l'ex sarto, ex colonnello della legione garibaldina, De­putato On. Achille Fazzari solleva la mano per l'offerta più alta e si aggiudica tutto il complesso. Non poteva andare peggio di così.

Il nuovo proprietario non ha nessuna valida esperienza di con­duzione aziendale. Non ha le capacità imprenditoriali e tecniche di Zino, Henry, di un Pattison, di un Ansaldo (115) o un 

Falck, né tantomeno la forza di portare avanti un discorso industriale serio. In mano a questo arrampicatore sociale, futuro nobile, in odore di intrallazzi (116), e dai vaghi atteggiamenti di mecenate, la ferriera s'è preclusa ogni 

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Mongiana: Abitazioni per operai.

futuro. Ferdinandea diventa un'oasi privata, dove Fazzari accoglierà l'intellighentia del momento, dove ospiterà tra gli altri quella Matilde Serao, sempre pronta a sciogliersi in la­grime per la viva commozione che le suscita la miseria del vicolo napoletano, ma che non si accorgerà di trascorrere una spen­sierata vacanza a fianco di una ferriera dai muti altiforni, tra disperate e altrettanto mute popolazioni.

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Meccanismo probabilmente di ruota idraulica, ritrovato dagli AA. nel cortile della Fabbrica d’Armi.

Solo dietro accorate suppliche dei mongianesi, Fazzari decide di affidare all'ingegnere Dainelli l'incarico di studiare le possibilità di sfruttare il complesso acquistato. Dainelli si mette all'opera, studia le capacità delle miniere (dove apre nuovi cunicoli), ispe­ziona foreste e attrezzature e, il 22 marzo 1875, presenta a Fazzari una lunga relazione (117) che spinge ad un cauto ottimismo.

Trascorreranno ancora sei anni prima che gli altiforni di Mongiana tornino a fondere l'etite e la limonite di Pazzano, ma è fuoco effimero: ripresa l'attività nel 1881, lo stesso anno cessa, per sempre.

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Timbro di carteggio della Dirazione della Mongiana. 1870 circa (ASCZ).

Fazzari è incompetente; ma a sua parziale discolpa bisogna dire che   il Governo, a fianco al quale siede in Parlamento, non gli ha commesso neppure un chiodo.

La latitanza dei governi italiani, a fabbrica e ferriera chiuse, sarà in seguito totale. L'emigrazione inizia subito: destinazione Terni, dove i più fortunati (perché altamente qualificati) si presenteran­no, insieme a molti altri armieri convenuti da tutta Italia, per essere impiegati dalla fabbrica d'armi aperta nel 1884 nella città umbra. I meno fortunati si presenteranno, insieme a tanti altri meridionali, per allinearsi sulle banchine del porto della 

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Uno dei due pani di ghisa sopravvissuti. Probabilmente prodotto dopo il 1870. Con dicitura “monte stella”. (Proprietà Jorfida).

loro ex capitale dove attenderanno il proprio turno per imbarcarsi sui piroscafi diretti verso Stati Uniti, Argentina, Canada, Australia e ogni altro luogo dove ci sarà da “fatigari”. Qualcuno partirà da quel porto - come avrà poi modo di testimoniare il De Amicis, un altro degli scrittori in prima linea sul fronte delle lagrime - “mo­strando il pugno alla Patria”. L'emigrazione meridionale sarà fe­nomeno costante a progressione continua; il Sud vedrà partire, al ritmo di 500.000 unità l'anno, gli emigrati “americani” e “euro­pei”. Con le loro rimesse in valuta pregiata si costruirà l'ossatura 

industriale italiana, naturalmente dislocata al Nord in modo che all'emigrazione “estera” si sostituirà quella “interna” e il Sud vedrà partire gli emigrati “settentrionali”.

[fig.53]

Achille Fazzari e lettera autografa di G.Garibaldi: Caprera 6 Febbraio 1880. Mio Car.mo Fazzari, l’amicizia di cui voi mi avete data in questa solenne circostanza tali e tante luminose e generose prove. È certamente il più nobile dei sentimenti che onorano l’umana natura. Fu per me una vera fortuna esserne stato beneficiato. E consacrato a Voi quella soddisfazione di coscienza del giusto di cui oggi ambi siamo fregiati. Per la vita V.ro G.Garibaldi.

Al Col.llo Achille Fazzari.

(Proprietà Jorfida).

 

 

 

 

 

 

Quando possono, gli emigrati di Mongiana tornano in paese a riannodare i legami con la propria gente. E' un appuntamento convenuto ormai da molti anni. Si incontrano in agosto e il paese organizza una “festa”: la Festa dell'Emigrante.

[fig.54]

Emigranti meridionali in partenza dal porto di Napoli. Inizio 1900.

Quasi nessuno di loro conosce la storia del proprio paese: ricordano solo di essere stati i loro padri più ricchi e il paese avere vissuto tempi migliori (118).

 

 

 

 

Indice capitolo 1

 

 

Prefazione

Introduzione

Cap. 1

Cap. 2

Cap. 3

Cap. 4

Cap. 5

Cap. 6

Tavola Misure Regno delle Due Sicilie

Indice Appendice

Real Decreto e Regolamento

Bibliografia

Bibliografia generale

Indice delle abbreviazioni

Indice delle note

Tutte le Immagini

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