Le
Reali Ferriere ed Officine di Mongiana |
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Appendice (7°) Note al capitolo 1 Storia Nel
1974 avemmo un contatto con la Finsider sotto i cui auspici iniziava la
pubblicazione di un'opera organica sulla storia dell'architettura del ferro.
Dopo un inizio promettente, il rapporto finì per deluderci togliendoci ogni
illusione di tre appoggi "esterni". La Finsider ci aveva infatti
chiesto un articolo sulla vicenda Mongiana; questo, pronto nell'ottobre 1974,
fu pubblicato nel giugno del 1975. Il «modo» in cui venne pubblicato ci fece
prendere coscienza di quanto l'argomento - legato alle polemiche sul V Centro
siderurgico di Gioia Tauro - fosse risultato problematico all'industria di
Stato: il titolo fu cambiato da "Le Reali Ferriere ed Officine di Mongiana"
nel più elusivo "Industria Siderurgica Borbonica"; i grafici di
rilievo da noi elaborati furono alterati e le immagini, pur richieste, non
furono poi pubblicate. Se fin quì qualche omissione poteva essere giustificata
da ragioni editoriali - nè per altro avemmo mai bozze da correggere - quel
che risultò apertamente discriminatorio nei confronti dell'argomento fu la
soppressione della frase iniziale dell'articolo (che si riferiva al V Centro di
Gioia Tauro) utilizzata come spunto da cui far partire a ritroso la
narrazione. Le scuse d'occasione rivolteci poi dalla Finsider confermarono
l'importanza del tema e ci caricarono dando corpo ad un antagonista cui
contrapporsi. I successivi approfondimenti hanno avvalorato - sorprendendoci
di continuo - quante motivazioni avesse il potere nel voler dibattere il tema
solo secondo tematiche neutrali, puramente filologiche. (2)
Leggi: 23 giugno 1873 n.1435. Serie 2a, 21
agosto1862 n. 793. (6)
Cfr. L. Cunsolo, La storia di Stilo e del suo Regio Demanio. Roma 1965. (8)
Lo stesso Ferdinando I d'Aragona aveva concesso in fitto le ferriere a tale
Jacopo de Russis. lbidem. (9)
Cfr. G.
Galasso, Economia e Società nella
Calabria del Cinquecento. Napoli
1965. (10)
Cfr. L. Alberti, Descrizione di tutta l'Italia ed isole pertinenti ad essa.
Venezia 1581. L'Alberti visita la calabria nel 1526, l'anno della morte di
Cesare. (11)
Nel 1838, gli eredi, rilevata l'importanza assunta dalle ferriere, promossero
una nuova causa chiedendo di tornare in possesso delle miniere di Pazzano, delle
ferriere di Stilo e Mongiana, in virtù
del fedecommesso di carlo V. Fu facile al Governo dimostrare che la Mongiana non
poteva essere in nessun caso richiesta in quanto, struita ex novo nel XVIII
secolo, non annoverabile tra le antiche donazioni del 1500. Per le altre
questioni dichiarò le pretese nulle perché miniere, ferriere e boschi non
erano stati concessi con i privilegi sostenuti dalla controparte. Nell'agosto
del 1846 il Tribunale Civile di Napoli dichiarò la vertenza di competenza del
potere Giudiziario, rigettò le eccezioni ed ordinò una perizia sui fatti
controversi. Avevano promosso la causa: la contessa Ricci Leognani Fieramosca figlia
di A.M. Ricci, il commendatore R. Leognani Fieramosca, la marchesa Quinzi e il
duca Dalanno che vi rinunciò spontaneamente. Rimase poi la sola Ricci a
contendere in quanto dichiarata dal Tribunale l'unica chiamata alla successione.
Cfr. L. Cunsolo, op. cit. Cfr. pure Avv. N. Falcone, alla voce Mongiana, in
Biblioteca Storica. Qualche
anno fa il Prof. E.B. De Felice trovò, dimenticato in un cassetto di una
scrivania di un antiquario, un interessante incartamento a firma dell'Avv.
Niccolini a favore del duca Dalanno in detta causa. Conoscendo il nostro interesse
per Mongiana ce ne fece gradito dono. (12)
Cfr. R. Meli, Sulle miniere di ferro di Stilo e Pazzano in Calabria. Su La
Miniera Italiana 1918 VII. (13)
Cfr. G. Galasso, op. cit. (14)
Cfr. G.F., Delle ricerche fatte in diversi tempi per trovare miniere nel
Regno. Su
ACRDS Napoli 1843. (15)
Cfr. G.Algranati, Argento e pietre preziose in Calabria. Su BRUTIUM Anno
VII n.8 del 10 settembre 1928. Cfr. pure L. Cunsolo, op. cit. (16)
Cfr. G.F. Delle ricerche fatte... op. cit. (17)
lbidem. L'autore dell'articolo afferma di aver visto nel 1814
"appreso di uno straniero (il Sig. B...) le piante originali delle
miniere levate da' Sassoni e dagli Ungheri nelle Calabrie. Interrogato costui
come ne fosse posseditore, rispose aver avuto la buona ventura di comprarle per
pochi scudi, sa il Cielo da quali mani". (18)
A
Vienna l'imperatore accolse i mineralogisti con queste parole:
"La vostra missione è il più felice pensiero che sia venuto in
mente a mio fratello Ferdinando". Lo stesso re napoletano, in visita a
Vienna nel 1792, si era voluto complimentare con loro per l'impegno col quale
adem pivano alla missione. Cfr. A.
Scherillo: La storia del Real Museo Mineralogico di Napoli nella storia
napoletana. Estratti
AAP Napoli 1966.
(19)
Cfr. R. Sinno, Le miniere di ferro di Pazzano (Calabria). In AP. Vol. XVII,
Napoli 1968.
(20)
V. Raimondini fu il primo Direttore del Real Museo Mineralogico e G. Melograni
Vicedirettore. Melograni e Raimondini furono Ispettori delle Acque e Foreste,
in particolare del Servizio Geologico e di quello Minerario. A Raimondini e
Savaresi fu affidato il compito di redigere la Carta Geologica del Regno;
Melograni e Raimondini furono insegnanti di mineralogia; Raimondini ottenne
la prima nomina a professore della Cattedra di Mineralogia nella ristrutturata
Università degli Studi di Napoli, carica già assegnata a Tondi, esule in
Francia perché invischiato nei fatti della Repubblica Napoletana. Tondi a
Parigi ottenne la carica di "professore aggiunto", a fianco di
Dolomieu, al Museo di Storia Naturale. In Francia, oltre che come perseguitato
politico, Tondi era stato bene accolto perché primo in Italia a sostenere le
idee rivoluzionarie di Lavoisier. Morto Dolomieu, fu nominato al suo posto
l'Abate Hauy, il fondatore della scienza cristallografica. Tondi fu collaboratore
di Hauy nella compilazione del classico "Traité de Minéralogie",
soprattutto nella parte descrittiva. Hauy erudì Tondi nella cristallografia e a
sua volta Tondi erudì l'Abate nella litologia, appresa alla scuola del Werner
durante, il viaggio di studi. Come prova della stima e dell'apprezzata
collaborazione, Hauy donò al napoletano una coppa d'argento con l'iscrizione:
"M.T. A CRISTALLOGRAFO HAUY IN AMICITIAE TE5SERAM". Tornato a Napoli,
Tondi fu nominato titolare della Cattedra di Mineralogia e successe a
Raimondini nella Direzione del Museo Mineralogico; inoltre, Tondi fu Ispettore
delle Acque e Foreste e autore di un'interessante opera sulle scienze silvane.
Cfr. A. Scherillo, op. cit. (21)
Fino ad allora si riteneva idoneo alla costruzione di "regoli" (metri
campione) il solo platino. Con i suoi primi studi il napoletano sfatò la generale
credenza. (22)
In riconoscimento di quel contributo, il Barone di Born, autorità indiscussa
nel campo della mineralogia, inviò a Tondi, sapendo di fargli cosa gradita,
un campione della collezione Raab, accompagnato dalla seguente iscrizione:
"MATTEO TONDI-MEDICINAE DOCT NEAPOLITANI - QUI APUD NOS DEGERET NOVO
METHODO - MINERA5 MAGNESII MOLIBDENAE PLATINAE ET LAPIS PONDEROSI - DEIN VERO
PRIMO - CALCEM MAGNESIAM BARYTEM IN METALLUM COEGIT - SPLENDIDUM HOC LIII
EXEMPLAR RAABANI FOSSILIUM CATALOGI -IN AMICITIAE SUAE TESTIMONIUM OFFERT -
IGNATIUS BORN -EQ UNIDOBONAE VII KALEND NOVEMBER MDCCLXXXXI" - Cfr. A.
Scherillo, op. cit. (23)
Matteo Tondi nacque a S.Severo nel 1762. Si laureò in medicina a Napoli, ma i
suoi interessi andarono ben presto alla chimica. Durante i dieci mesi di
soggiorno presso la Scuola di Schemenitz ottenne i risultati riportati nel
testo. (24)
Tra i
mineralogisti, il Codronchi, Amministratore Generale delle Regie Dogane,
segnalava nel 1799 Tondi come iscritto alla Società Popolare, Lippi non idoneo
ad essere inviato in Calabria: "giacché
troppi chiari segni ha dato di un genio incapace a trattar le cose
collegialmente". N. Codronchi al Re 25, 11, 1799
ASN Finanze f. 1645. Quando
si trattò di formare il gruppo da inviare in Calabria, per riorganizzare il
ramo minerariosiderurgico, Lippi tu tenuto in disparte e rinviato da solo in
missione a Vienna. Lippi "aveva presentato alla competente autorità un
progetto d'industrializzazione del Regno, comprendente la fondazione di ben 115
tipi di fabbriche sui cui procedimenti si era documentato nel suo viaggio
all'estero. Ma il ministro a cui si era rivolto, evidentemente un tranquillo
gentiluomo amante della quiete, gli aveva risposto: Vedete, signor Lippi, le
fabbriche han da costituire soltanto la vernice dello Stato! A
causa della pratica fatta presso la Zecca di Schemenitz, Lippi era stato
proposto come direttore della Zecca napoletana, ma poi la nomina era
sfumata; aveva costruito una fabbrica di pallini da caccia, ma l'impresa era
naufragata tra le liti giudiziarie. In una sola cosa Lippi aveva, secondo lui,
conseguito un successo. Tra le tante aveva fatto la proposta di istituire la
tassa sulla carta bollata per devolvere l'entrata all'incremento
dell'industria mineraria.Il ministro delle Finanze, Zurlo, si era affrettato
ad applicare la proposta per quanto riguardava la tassa, senza però pensare
all'industria mineraria. A sentire Lippi, l'impopolarità per questa misura si
era riversata su di lui". Ctr. A. Scherillo, op. cit. (25)
Il ponte sul Garigliano ideato da
Lippi è il "Ferdinandeo". I suoi pezzi da getto furono fusi in
Calabria nella ferriera di Razzona di Cardinale:
"...non vogliamo tacere che il metallo si è tutto lavorato nelle
ferriere del Cav. Carlo Filangieri di Gaetano, Principe di Satriano, sotto la
direzione del Cav. Michele Carascosa…"
ACRDS
1830. Cfr. pure C. Mulé, Mongiana storia ed economia. Su REPCZ Catanzaro
1976. Vedi pure A. Scherillo, op. cit. (26)
Soprattutto
dovevano fornire appoggio l'Ambasciatore a Vienna Marchese Gallo, e quello a
Londra Marchese Circello. (27)
Il Museo segue in ordine di tempo gli
scavi di Ercolano e Pompei, la fondazione dell'Accademia Ercolanense, la
creazione del Real Museo Borbonico (l'attuale Museo Nazionale) e precede l'Orto
Botanico (1809), l'Osservatorio Astronomico (1819), L'Osservatorio Vesuviano
(1845). La data d'apertura è la stessa della pace di Firenze tra Napoleone
Primo Console e Ferdinando IV. I Borboni speravano che la pace potesse chiudere
un periodo molto difficile per loro che nel 1799 avevano riacquistato la parte
continentale del Regno ma, dopo Marengo e la Pace di Luneville, erano in
attesa del peggio quali alleati dell'Austria.
In queste condizioni è davvero ammirevole che si sia pensato a fondare
un Museo. Sede del Museo era ed è tuttora il vecchio Collegio del Salvatore,
detto anche Gesù Vecchio, da cui i Gesuiti erano stati sfrattati nel 1767 per
ordine di B. Tanucci. Il Museo sorge come raccolta di minerali connessi coi
giacimenti europei e americani; la "Col
lezione Grande" rispecchia ancora fedelmente l'itinerario di Tondi e
Lippi. Il Governo "sequestrò" le casse di Tondi, abbandonate in un
magazzino quando il mineralogista era stato costretto a riparare in Francia, e
"prese a viva forza", le casse di Lippi. Ctr. A. Scherillo, op. cit. (28)
Il ritorno in patria di Tondi fu
una vera odissea. Sfumata l'atmosfera illuministica sotto la quale il viaggio
era iniziato, il mineralogista dovette attraversare l'Europa coalizzata contro
la Francia. La nave sulla quale era imbarcato fu catturata subito dopo la
partenza dall'Inghilterra da una fregata francese e condotta a Flessinga.
Tondi si fece passare per veneziano e prosegui il viaggio continuando a fare
deviazioni d'interesse mineralogico. Si rese perciò sospetto e fu catturato
dagli austriaci che volevano fucilarlo come spia. Il provvidenziale arrivo di
alcuni documenti gli valse la libertà. Rilasciato, fu catturato ancora dalle
truppe bavaresi e, riuscendogli difficile provare per la terza volta la
propria innocenza, evase. Attraverso Svizzera ed Austria, raggiunse Trieste dove
si imbarcò definitivamente per Napoli. Prima di partire da Londra aveva
avuto cura di far constatare all'ambasciatore napoletano che aveva raccolto 35
casse di minerali, che per esse gli erano state offerte 6000 sterline ma che
aveva rifiutata l'offerta per conservare la collezione per Napoli. Non
sappiamo con quale mezzo arrivarono a Napoli le casse di Tondi, si sa però
che quelle di Lippi incontrarono qualche difficoltà. Lippi aveva spedito le
casse tramite corrieri olandesi che le fecero giungere a Trieste; al porto
triestino mancarono al mineralogista i soldi per ritirarle e il Console olandese
effettuò il sequestro cautelativo del materiale. Intervenne il Governo napoletano
che anticipò a Lippi i 5000 ducati richiesti. Ibidem. (29)
Lippi,
tenuto in disparte, cosi s'esprime sulla missione calabrese: "Quattro dei
miei compagni furono mandati a Stilo in Calabria con un ingegnere e con un
pittore per la direzione di quelle forgie di ferro e per dipingere le
prospettive di quelle montagne e le aperture delle grotte delle miniere..."
Cfr. C.A. Lippi: Ultime parole pel bene della patria. Napoli 1814. Cfr. pure U.
Caldora, Calabria Napoleonica. Napoli 1960. Le
tele del pittore al seguito dei mineralogisti, avevano per soggetto le bocche
delle gallerie aperte sul Monte Stella. Recavano le iscrizioni: Miniera
Principe Ereditario, Miniera Carolina, Miniera S. Ferdinando e ornavano una
volta il gabinetto Mineralogico del Real Museo. (30)
Per vincere la prevenzione contro l'adozione del coke, si dovette ricorrere a
sistemi pubblicitari vistosi, diremmo oggi di stampo americano. Ne fecero
fede i due leoni vigilanti l'ingresso dell'Institut de France, fusi in ghisa
prodotta con coke, con ampia e coreografica partecipazione all'avvenimento
quale autorevole testimone e mallevadore dell'élite scientifica
parigina" Da F. De Carli: Vita dei Metalli. Milano 1956. (31)
All'ASN, Sez. Archivi Privati, v'è un Fondo Carafa di Roccella (non ancora
accessibile al pubblico) con notizie inerenti alcune vecchie ferriere
calabresi di proprietà della famiglia. (32)
Cfr. M.
Carascosa, Memoria amministrativa ed il Budjet per il 1814.
BNN, Sez. Manoscritti Ms. Bibl. Prov. 63/12. Cfr. pure ASP. Sez. Manoscritti
f. XXIX a-6 p. 266. (33)
Cfr. L. Berni, Archeologia Industriale nel Meridione d'Italia. Su Panorama del
3, 1, 1978. (34)
Cfr. B.M. Tedeschi, Il Regno delle Due Sicilie descritto e illustrato. (A cura
di E. Cirelli) Napoli 1860. (35)
L'ASN non concede ancora l'accesso a molti fondi vitali sempre
"in riordino" - e sono trascorsi 35 anni dall'incendio di
parte dell'Archivio durante la ritirata tedesca da Napoli - o perché acquisiti
da pochi anni. (36)
Cfr. A. Mangone, L'industria del Regno di Napoli 1859-1860. Napoli 1976. (37)
Cfr. A. Grimaldi, La Cassa Sacra, ovvero la
soppressione delle Manimorte in Calabria nel sec. XVIII. Napoli 1861. (38)
Cfr. M. Carascosa, Ms. cit. (39)
Ferdinando Corradini, visitatore delle ferriere del Regno, in una memoria
dell'1, 9, 1791, rilevava che l'Arrendamento, nel decennio 1780-90, aveva
venduto una media annuale pari a 4540 cantaia di ferro nazionale e 9560 estero,
con introiti per la Corte pari a 24261 ducati. Poiché riteneva che il consumo
reale fosse superiore alle 50000 cantala l'anno, ne deduceva che se ne
smerciassero 3600 cantaia di contrabbando con ingenti perdite per l'Erario.
ASN, Finanze, f. 1638. (40)
Non è sicuro che già dall'inizio gli altiforni fossero due. Le stesse fonti
militari non sono concordi; alcune citano due forni trovati all'arrivo degli
artiglieri, altre parlano di "due
forni alti di fusione ed uno di essi di novella
costruzione". Probabilmente il primo altoforno è stato costruito da G.F.
Conty e il secondo dai mineralogisti. Quest'ultimo
potrebbe essere quello ricostruito su i resti della "fornace all'uso di Germania". (41)
Nel 1789 i mineralogisti denunciavano che le squadre degli operai erano
malpagate e composte di malviventi. Il lavoro in miniera non solo era improbo,
ma non offriva guadagno sufficiente ai più urgenti bisogni. Ne conseguiva che
alla fine coloro che vi si dedicavano, o l'abbandonavano o erano costretti
alla disonestà. Cfr. U. Caldora, op. cit. (42)
Cfr. A. Savaresi, Note inedite sul ferro di Stilo. Su Giornale Enciclopedico di
Napoli. Anno VIII, Tom. I, Napoli 1814. (43)
M. Tondi, rifugiatosi a Napoli, s'arruolò nella Guardia Civica e fu aggregato
al Presidio del Forte di Rivigliano dove fu catturato dagli inglesi. Secondo
un'altra tradizione partecipò alla Battaglia del Ponte della Maddalena e fu
ferito ai Granili. (44)
Lasciò la moglie Mariangela Lieti, i figli Gianfrancesco, Luigi e Alessandro.
Nel febbraio del 1087, Gianfrancesco chiese, invano, di prendere il posto
paterno. ASN,
Interni, f. 2347. Commiserando
la triste fine della famiglia, Carascosa così s'esprime: "Conty morì in
Napoli di rancore, un suo fratello in Abruzzi, dei miserabili rimasero in Serra.
Dopo 14 anni questo è il primo grido dell'Umanità in favore dei Conty! Sarà
egli inutile?" M. Carascosa, Ms. cit. (45)
Nel 1800 il Marchese Nicola Taccone di Sitizano percepiva in Calabria Ultra
2904,45 ducati di proviggione come amministratore di ferri e dogane, seta e jus
porti, sali di mare e olio. La carica gli era stata affidata direttamente dal
Ruffo. ASN,
Finanze, f. 1640. (46)
Si pagavano
ai minatori quattro ducati per ogni cantaio di minerale lordo consegnato alla
bocca della miniera, compreso un ducato e mezzo per il trasporto. Lavorando in
media 5-6 ore al giorno un minatore guadagnava 30 grana giornaliere. I
carbonari erano in condizioni peggiori perché potevano guadagnare in media
quattro ducati e mezzo al mese! Cfr. U. Caldora, op. cit. (47)
Mensilmente erano corrisposti 6 ducati ad ogni minatore tedesco e ciò tu
considerato un forte spreco in rapporto ai risultati ottenuti. Nel 1807, il
capitano Settimo così s'esprimeva: "…ed al 1798 ci mandarono 4
mineralogisti con dodici cavatori di miniera. Che però i tedeschi niente
facendo più di quello che facevano li naturali di Pazzano atti a questo
mestiere, se non che apportare una grandissima spesa al Governo, ne furono
mandati al 1805 ed i mineralogisti dopo di aver fatto fare una fornace all'uso
di Germania, che per la vergogna di non essere riuscita fecero subito diroccare
e rifarla secondo il primo metodo, niente miglioraro la qualità del ferro né
fecero alcun saggio per vedere di ottenere l'acciaro..."
Cfr. Settimo: Memoria sullo stabilimento di Mongiana fatta dal Cap.
Settimo per ordine del Maggiore Sappel Comandante l'Artiglieria in Calabria.
BNN, Sez. Manoscritti, Ms. Bibl. Prov. 63/1. (48)
Il Decreto d'assegnazione alla Guerra e Marina è il n. 326 del 26 novembre
1807. Vedi Bollettino delle Leggi. (49)
La squadra che si avvicendava all'altoforno era composta da un Capo Mastro, due
Procuratori, due Cernilari, tre Manovali, un Forgiaro. La squadra alla fornace
comprendeva un Capo Artefice, due Giovani di fonderia (Allievi), uno Staffatore
di I Classe, uno Staffatore di II, uno di III, due Garzoni Crivellatori, un
Trasportatore. (50)
Una era la Carolina, dalla quale usciva a fasi alterne un impetuoso torrente che
vi convogliava le acque piovane, l'altra era la S. Nicola (da non confondere con
un'omonima galleria aperta nel 1814). (51)
Da Serra S. Bruno, che vantava anche un fiorente artigianato del legno, affluiva
alla Mongiana la maggior parte dei boscaioli. Per invogliarli a prestare la
propria opera, lo stabilimento concesse loro l'aumento di un carlino al giorno
sulla normale retribuzione. (52)
"Nello stabilimento di Mongiana vi è
un Quartiere di tre stanze sulla pianta rettangolare di 40 palmi per 32.
Un'abitazione sul suolo di un rettangolo di 48 palmi per 16 più un quadrato di
30 palmi divisa in sette stanze. Altra abitazione composta da un quadrato di 50
palmi, più un'altra di palmi 10 formata da sette stanze. Altra abitazione
sulla pianta di un rettangolo di 42 palmi per 30 divisa in sei stanze. Altra
abitazione sul ruolo di un rettangolo di 36 palmi per 14 ripartita in tre
stanze. Altra abitazione di due stanze quadrate di palmi 12 l'una. Altra abitazione
di tre stanze che formano un rettangolo di palmi 31 per 12. Tutte le anzidette
abitazioni sono di fabbrica baraccate fatte a spese del Governo per uso degli
impiegati allo stabilimento. Vi sono più circa trenta capanne di tavole ad uso
dei mulattieri, che vi fanno residenza, fatte a loro spese. Vi è anche una
chiesa di tavole con campanile e orologio…"
Da Settimo a Sappel... ms. cit. (53)
"Ma le
popolazioni provvidero da loro alla difesa; e non fu per attaccamento al
Governo, fu invece per rimuovere dai loro campi, per allontanare dalle loro
case l'orribile minaccia, che i paesani accorsero ad ingrossare la fila delle Civiche;
e con il loro coraggio mantennero i passi dell'Aspromonte e delle Serre aperti
alle comunicazioni con Napoli (...). Per alcuni paesini che cedettero alle
lusinghe e alle minacce di qualche losco figuro come avvenne di Laureana
(...), molti altri coraggiosamente resistettero alla minaccia brigantesca: e
furono ad esempio, Pizzoni, Soriano, Acquaro, Dasà (...). E i paesani di
solito aiutarono volenterosi assai utilmente: per qualche piccolo borgo che,
probabilmente sotto l'assillo della paura, soccorreva i briganti di notizie o
di viveri, o addirittura di polvere e pallini (Bivongi, Spadola, Simbario,
Brognaturo, Gagliato, Gasperina) altri s'impegnarono così a fondo nella
caccia ai briganti che questi li minacciavano delle loro rappresaglie: come
avvenne per Soriano, Gerocarne (...)". Da A. Valente: Gioacchino Murat e
l'Italia Meridionale. Torino 1965. A
tenere lontane le bande dallo stabilimento bastò il distaccamento militare
locale. In seguito la zona fu disinfestata dall'energico e spietato generale
Manhès, con metodi tanto duri che a tutt'oggi i vecchi di Serra S. Bruno, per
mettere in evidenza il carattere dittatoriale o feroce di qualcuno lo
paragonano al generale francese: "Nun
vidi ca para Mànes". (54)
Cfr Settimo a Sappel, ms. cit. (55)
La commissione è istituita con Decreto del 12, 9, 1810 n. 846. Vedi Bollettino
delle leggi. (56)
Cfr. Commissione per l'ingrandimento delle fonderie
di Mongiana. Processi verbali delle sessioni tenute dalla Commissione
stabilita alla Mongiana
col decreto Reale del 16 gennaio 1811
BNN, Sez. Manoscritti, Ms Bibl. Prov. 63/6. (57)
Il Decreto del 16 gennaio 1811 contiene le nomine dei membri della Commissione
su proposta del Ministero della Guerra. Oltre a Melograni
e Paolotti era stato nominato V. Raimondini il quale non partecipò ai
lavori perché infermo. (58)
Qualcuno ha erroneamente sostenuto che l'Artiglieria napoleonica abbia
costruito a Mongiana molti forni a riverbero Non risulta. Un solo forno a
riverbero "sperimentale"
fu costruito in una delle ferriere dell'Alaro. Vi furono fatte prove di
rifusione di parte del materiale ferroso giacente in Calabria e nella Darsena
napoletana che un decreto aveva assegnato alla ferriera calabrese, e ne nacque
una controversia tra Ritucci e Melograni. (59)
Commissione per l'ingrandimento… ms. cit. (60)
Una forgia a due mantici, usata per le riparazioni, era in Fonderia, ma le sue
dimensioni non corrispondono a quelle del progetto Borelli. Nello stesso periodo
Borelli stese il progetto delle strade di collegamento tra le ferriere S. Carlo,
S. Ferdinando, S. Bruno e Real Principe. (61)
Cfr. M. Carascosa, ms. clt. (64)
Cfr.
V. Ritucci, Seconda memoria sulle ferriere di Mongiana per servire di
delucidazione alle domande fatte dalla Sezione Militare del Consiglio di Stato
a S.E. il Ministro della Guerra e Marina sullo stato di dette ferriere.
BNN, Sez. Manoscritti, Ms. Bibl. Prov. 63/2. (65)
"Ma
l'attaccamento maggiore dipende assolutamente dall'educazione che si potrebbe,
e si dovrebbe dare, ai ragazzi e ragazze degli operai: un maestro che insegni ai
primi a scrivere, leggere e conteggiare; una maestra che erudisca le stesse
nelle arti donnesche e nella scrittura, ed ambidue che istruiscano questa
gioventù nei doveri del Cittadino, e della religione, tireranno queste future
piante del med. Personale dalla barbarie. Le renderanno più colte, più utili e
più attaccate allo Stato. Il maestro dei
ragazzi dovrebbe essere il Cappellano della Mongiana (...). In uno
stabilimento come questo tutto metallurgico sarebbe cosa provvida che vi
fossero, secondo le costumanze di tutti i paesi, pochi Alunni destinati a
dirigere un giorno i rami rispettivi delle miniere, delle fonderie, dei boschi,
delle forge e il Governo potrà compiacersi di provvedere questi Alunni di uno o
due maestri che insegnassero loro il disegno, la geometria sotterranea, la
mineralogia e la metallurgia accompagnando la teoria colla pratica. Queste spese
si potranno pagare su fondi dello stabilimento dalle economie che si potranno
stabilire ne' lavori messi in grande; cosi saremo sicuri di avere un personale
tutto nostro, un personale istruito e onesto…" V.
Ritucci in Commissione per l'ingrandimento... ms. cit. (66)
Cfr.
M. Carascosa. ms. cit. (67)
Agli
anziani L. 26,40; la metà alle vedove e loro figli. Gli impiegati in virtù di
un precedente decreto versavano il 25%dello stipendio per avere diritto alla
"Giubilazione". (68)
Cfr.
M. Carascosa, ms. cit. (69)
Nel parlare degli eventuali utili, Carascosa afferma: "Locché
equivale appena al 150% di guadagno sul danaro impiegato: non è possibile che
vi sia Ebreo che faccia simili profitti, avesse egli in usura i talenti del buon
Giacobbe qui vendit si bien ses lentilles en Juif! Il calcolo suddetto non
avendo niente di ipotetico basterà a chiudere la bocca ai malevoli della
Mongiana; basterà a persuadere ognuno che le ferriere di Calabria Ultra sono
un effettivo tesoro per lo Stato e nello stesso tempo sono esse che alimentano
gli abitanti quasi di una provincia, e che danno gli approvviggionamenti in
ferro fuso per le artiglierie di Terra e per la Marina Reale e quindi
risultano il sostegno della Corte, delle Armate e del Commercio..."
Ibidem. Il
preventivo di spesa per i lavori a
Stilo ammontava a Lire 350.000 (Duc. 79, 545, 50); sarebbe stata
ammortizzata in tre anni e il governo, oltre a capitali e interessi, avrebbe
ottenuto un provento annuo di Lire 42.382, 38 (Duc. 9. 632). Costruendo a
Mongiana la Manifattura d'armi, a paragone con i costi di Gioacchinopoli (T. Annunziata), il governo avrebbe
potuto risparmiare, calcolando anche il trasporto della ferriera a
Gioacchinopoli, Lire 13.921 (Duc. 3. 164) ogni anno. La spesa per l'impianto
ammontava a Lire 48.734, 20, che all'interesse passivo del 10% saliva a Lire
53.607, 62. In cinque anni si sarebbero recuperati interessi e capitali con un
utile annuale di Lire 6.506, 864. Con altre
spese ed accorgimenti si sarebbe potuto ricavare dalla Mongiana, nel giro di
pochi anni, una rendita annua pari a Lire 8.837.470,27, che rappresentava il
guadagno netto del 150% indicato a Carascosa. Ibidem. (70)
Dall'1 gennaio a tutto dicembre 1814 furono spese le seguenti somme: Fornaci e
Stafferia Lire 327.596,93; Raffinerie L. 26.575,33; Caserme L. 2.166,21;
Manutenzioni strade e canali L.
826,77; Lavori della Sega L. 180,83; Nuovo Stabilimento L.82.099,74; Sega nel
Bosco di Stilo L. 2.179,65; Nuova Fabbrica
delle Canne L. 71.123,88; Spese e Trasporti per la Direzione L. 41.244,37;
Miniere di Ferro L. 28.730,56; Miniere di Piombagine L.539,95.
ASCZ Mong. f. 8. (71)
La nuova legge su i dazi è del 24 tebbraio 1810. Fu tanto coraggiosa nei
confronti della politica del Blocco da vietarne la pubblicazione sulla
Gazzetta Utticiale. Cfr. A. Valente, op. cit. (72)
Decreto n. 2042 del 23 febbraio 1814 taceva obbligo ai barenatori che volessero
essere ammessi alla Fabbrica delle Canne di:".. costruirsi a loro spese
una piccola casa di abitazione in fabbrica in pietra per alloggiarvi". Vedi
Bollettino delle Leggi. (73)
Cfr. A.
Valente, op. cit. Lippi aveva approntato uno studio intitolato: Sui
miglioramenti di cui manca l'Inghilterra intorno alla metallurgia e la scienza
delle miniere. ASN,
Esteri, Intendenti, f. 266. (74)
Il Decreto riguardante la mostra napoletana è del 31 gennaio 1809. L'Exposition
parigina fu ripetuta quasi ogni anno fino alla prima Esposizione Universale
di Londra (1851). (75)
Cfr. la descrizione della cerimonia d'inaugurazione su il "Monitore"
del 18 agosto 1810. (76)
Cfr. N. Landi, Memoria economico-amministrativa sulla Prima Direzione di
Artiglieria. In ANMI
Anno II n. 3 Napoli 1837. (77)
"Pel
ferro grezzo cantaia 16.797,96. Pel raffinato cantaia 3.496,44". Ibidem. (78)
"La prima officina è una Fonderia di palmi 120 per 60 in cui vi sono due
gran fornaci formate da due piramidi unite nella loro base maggiore, alte 30
palmi e colli bacini di 3 palmi quadrati in cui si precipita il ferro fuso. Esse
sono composte di gran pezzi di certa pietra bianca unita con creta e
fortificata da catene di ferro. Più due fornacette per cuocere anime dei
proietti, alte palme 12 e larghe 3. Vi è anche un lavatoio per lavare le scorie
che sortono dalle fornaci, onde separare alcuni pezzetti di ferro acre, che vi
si trovano mischiati, come anche per bagnare la ghisa. In Essa Fonderia esiste
una forgia a due mantici per fare tutte le riparazioni necessarie alle
medesime circa strumenti, sagome e altro. Più dei banconi fissi di legno per
manufattare l'arena. Annessi alla med. Fonderia vi sono 5 magazzini di 14
palmi in quadro l'uno, per riporre il ferro acre e i projetti di scarto, e 6
stanze dell'istessa grandezza per comodo di alloggiare i travagliatori della
medesima. Più una bottega, dov'è il Forno di 24 palmi, ad uso di riporre il
ferro dolcificato in barre della capienza di canne 7 per 4. Un Carbonile di
palmi 180 per 60 in 6 vani. Un vano scoperto di palmi 60 per 54 per porci il
minerale che viene dalle miniere. E costo al medesimo, mezze al coperto due
fornacette larghe palmi 4 ed alte 4 per brostolire il minerale. Più un
lavatojo di palmi 6 in quadro per lavare il minerale. Una baracca di tavole di
palmi 40 per 20 in dove sono due martinetti per battere le palle ed una Botte
per levigare i projetti vuoti. Quattro ferriere di dolcificazione ciascuna
di 40 palmi per 64 divisa in un carbonile provvisorio, un magazzino da porci il
ferro con avere al di sopra una stanza per comodo dei ferrazzuoli. Ed al
Rimanente luogo vi sono tre forge di palmi 6 per 8 ed un Maglio coll'incudine
corrispondente, dove si tira il ferro. I magli, i martinetti e la botte sono
mosse da ruote che vengono animate dall'urto dell'acqua...". Cfr. Settimo
a Sappel, ms. cit. (79)
Furono prodotte 4.006 cantaia di ghisa e qualche centinaio di ferro
all'anno. (80)
Con decreto del 19 febbraio 1810 al Comune formato da Torre Annunziata e
dal Casale di Terravecchia fu
imposto il nome di Gioacchipoli.
ASN, Segreteria Antica, f. 54. (81)
Come risulta dai ruolini paga, i cognomi degli armieri confluiti alla
Mongiana sono tutti di origine napoletana o francese. (83)
L'A 23 sbarra era prodotto dalla terriera S. Bruno. La S. Carlo e la S.
Ferdinando producevano L'A 22; la Real Principe l'A 30, il C1 e il C7. (84)
J.J. Hegg fu spinto ad impiantare la filanda nel napoletano dai ripetuti
ostacoli frapposti dal Blocco napoleonico all'entrata dei suoi prodotti nel
regno meridionale. Cfr.
M. Kock: Johan Jakob Hegg. In Scheweitzer Pioniere der wirtschafh und techinik. Zurigo
1959. (85)
Alla Zino & Henry la produzione era altamente qualificata: motori a vapore
per gli Arsenali, per le fabbriche d'armi, telai meccanici per seterie e
cotonifici, molini di cereali, gru idrauliche per le ferrovie, macchinario per
la trinciatura dei tabacchi, trebbiatrici sistema Petts, molini di terre per
le vetrerie e le cristallerie, pompe di sollevamento liquidi, ecc. Bayard
commissionò alla Zino le opere preliminari della Napoli-Portici e tutte le
successive per il proseguimento della linea. La fabbrica fornì il materiale
base, e in seguito tutti i componenti, per l'impianto di illuminazione a gas che
a Napoli, terza capitale dopo Londra e Parigi, fu installata nel 1840. Alla Zino
si era capaci di raffinate fusioni; tra le tante: la ringhiera della scala
maggiore della reggia di Capodimonte e la balaustra del Tempio di S. Francesco
di Paola. Il primo nucleo aziendale di Capodimonte dava lavoro ad una
cinquantina di operai, quello dei Granili a duecento nel 1840, a trecento nel
1853, a seicento nel 1860. La fabbrica dei Granili disponeva di una settantina
di macchine utensili tra torni, fresatrici, foratrici, trapani idraulici. In più
disponeva di una decina di forni di fusione e Cubilot. Cfr.
PP Anno XII p. 271. Cfr. pure M. Petrocchi, Le industrie del Regno di
Napoli dal 1850 al 1860. Napoli 1955. Vedi anche A. Mangone, op. cit. (86)
Decreto del
9, 3, 1846 ridusse i dazi su un centinaio di categorie di prodotti esteri,
compresi quelli in concorrenza con i nazionali. Il provvedimento tu tanto
coraggioso e lodato da indurre lo statista Roberte Peel a definirlo al Parlamento
inglese "esemplare e da imitare". In seguito i dazi furono
ulterioramente ribassati, la tariffa napoletana toccò, nel decennio 1850-60, il
10-20% per l'acciaio, in media quindi con quella di tutti gli Stati europei.
Negli Stati Sardi la tariffa era più bassa, ma ciò solo in considerazione
del fatto che non avevano ancora una robusta industria siderurgica da
difendere. Al Sud, dal 15, 3, 1860, i dazi forono ancora diminuiti; la
protezione si aggirò intorno all'8-10%, fu dimezzato il dazio sull'acciaio in
barre (Duc. 1,40), sulle lamiere (Duc. 1,50), su i manufatti agricoli e
industriali (Duc. 0,60). Cfr. A. Mangone, op. cit. Cfr. pure L. Bianchini:
L'amministrazione finanziaria del Regno delle Due Sicilie nell'ultima epoca
borbonica. Padova 1960. (87)
Come
il gemello Santa Barbara di Mongiana aveva la tradizionale forma esterna a
parallelepipedo con il massiccio in pietra granitica. Le dimensioni interne
erano: diametro del crogiuolo mt. 0,60; della presura in alto mt. 1,15; del ventre
mt. 3,23, della bocca mt. 1,30. Altezza del crogluolo mt. 0,90; della presura
mt. 1,60; della sacca mt. 1,35; del ventre mt. 0,95, del timo mt.6,20. Cfr. F. Giordano, L'industria del
ferro. Torino 1864. (88)
In
Francia D'Agostino e Panzera notarono (i minerali non erano più soggetti alla
preliminare operazione di lavaggio ma che si lasciavano esposti, accumulati in
mucchi, all'azione dilavante della pioggia e all'essiccamento naturale prima di
essere caricati negli altiforni. Come fondente si usava carbonato di calce
marnosa; se le ganghe di fusione avevano tendenza al magnesiaco s'adoperavano
argille alluminose o scistose. Il carbone usato per le ghise dei cannoni
proveniva dalla combustione di giovani faggi. L'altoforno era caricato con
carbone di pezzatura omogenea, variante tra i sette e gli otto pollici di
lunghezza e tra 1 e 1,50 di larghezza. Le
ghise per altri usi s'ottenevano da una miscela di carbone vegetale
(85%) e di fossile (15%). C'era
in Francia chi stimava migliore la miscela composta da 1/4 di carbone vegetale e
3/4 di legno di faggio grossolanamente carbonizzato. Gli altiforni francesi non
usavano ancora l'aria preriscaldata di Neilson, né il gas riduttore di Cabrol.
L'unico vantaggio rispetto a quelli napoletani era che l'aria s'immetteva nei
forni tramite macchine a vapore. Per la riduzione s'usavano scorie ricche di
precedenti fusioni e i forni erano caricati a strati alterni nelle seguenti
proporzioni: 10 ceste da 25 Kg. di carbone di faggio, 5 di minerale della Garde,
2 di S.Ouen, 6 del Berry, 115 Kg. di fondente, 8 Kg. di scorie d'altoforno. Cfr.
G. Novi: La nuova Fonderia. Napoli 1842. (89)
Secondo
il "Regolamento di Fonderia" francese del 24 aprile 1837 che prevedeva
l'ammissione soltanto di quelle ghise "qui son eloignée des textures extrémes".
lbidem. (90)
80
minatori e garzoni, 80 fonditori, 60 staffatori, 100 raffinatori e magliettieri,
20 falegnami modellatori, 140 carbonieri, 100 mulattieri, 20 bovari, 142 tra
ufficiali, impiegati e truppa, più un chirurgo e il cappellano. (91)
Tornati a Napoli, D'Agostino e Panzera furono impiegati, con qualifiche
di "Istitutore" il primo
e "Allievo-Fonditore" il secondo, nella nuova fonderia militare,
costruita sotto le due torri occidentali di Caste Nuovo, tra queste e
l'attuale Molo Beverello. La fonderia era di seconda fusione, conteneva
quattro forni a riverbero, accoppiati in modo da contribuire ad un unico getto;
i forni erano sormontati da quattro ciminiere che, unite alla base, si
separavano in alto. La capacità di ogni singola fusione oscillava tra gli 800 e
i 6000 Kg. di ferraccio, ma in media le cariche non superavano i 3000-3500 Kg.
Il combustibile usato era litantrace compatta, sfranta in pezzi da 200 grammi;
la singola carica, cioé uno strato, era contenuta in 21 Kg. Per ogni fusione
occorrevano 50-60 di tali cariche, che producevano l'effetto voluto in tre ore
circa di messa in fuoco. La fonderia era dotata di una gru mobile su binari, con
movimenti di traslazione e rotazione, per il sollevamento dei pezzi. Dinanzi
ai forni era posta una "stufa" per evitare il raffreddamento
repentino e anticipato delle masse incandescenti a danno dell'omogeneità
delle fusioni. Gli "astucci" erano condotti alla "stufa" da
carrelli mobili su binari per evitare scossoni improvvisi alle
"staffe" (stampi) d'argilla. La prima fusione fu effettuata il 23,
7,1841 con ghisa di Mongiana, trattata secondo le regole suggerite dal
rapporto D'Agostino-Panzera. Sotto la guida dei due, alla presenza del Re e
della Corte, il primo settembre dello stesso anno, fu effettuata una fusione
dimostrativa di un obice da 80, tanto perfetta da indurre Ferdinando II a
nominare seduta stante il primo Maggiore e il secondo Capo-Fonditore. lbidem. (92)
T. R. Guppy fu relatore dell'unico progetto pervenuto dall'Italia al Comitato
banditore del concorso internazionale per il "Palazzo di Cristallo"
della Esposizione Universale di Londra. Con il connazionale Ing. Pattison, ex
Direttore delle officine ferroviarie Bayard, a sua volta industriale e
costruttore navale, Guppy aprì sul Sebeto la "Guppy & C." (1852)
con l'intento di produrre chiodi e "punte di Parigi". In seguito si
fece promotore della "manifatturazione" nel Regno del ferro in barre e
lamiere. Ampliato lo stabilimento, installata una ferriera con laminatoio,
diede inizio alla produzione di 'verghe all'inglese" usando forni di
pudellatura (puddling furnaces). Intorno al 1860, la produzione dello stabilimento
era articolata in: chiodi, verghe, barre e lamiere d'acciaio, motrici a vapore
(fino a 60 HP, al ritmo di una quindicina l'anno), gruppi a vapore per piroscafi
(Partenope, Elba e altri). Allo stabilimento era annessa una fonderia per
bronzo, rame, ottone. Gli impiegati dei vari rami ammontavano a 600 unità.
L'officina meccanica era dotata di 30 torni idraulici, 2 barenatrici, 30
foratrici, piallatrici, fresatrici, ecc. La fucina e la calderiera disponevano
di magli a vapore, cesoie,
ribaditrici, ecc. Come la Zino & Henry, anche la Guppy disponeva di un
importante ufficio tecnico di progettazione. T.R. Guppy, inglese di Bristol,
oltre al primato di traversata atlantica conseguito in patria, nel Regno
napoletano ne ottenne uno meno appariscente ma più sostanzioso, fu infatti il
primo ad introdurre nel meridione la lavorazione delle macchine agricole e a
produrre frantoi, trebbiatrici, presse idrauliche, ecc. A
Pattison spetta il merito d'avere progettato, e costruito alla "Guppy",
un tipo di locomotiva, superiore ai tipi in esercizio, particolarmente adatto ai
percorsi di montagna (negli ultimi anni del '50, ne furono consegnate una decina
di esemplari, completi di tenders, alla "Bayard", che le usava su
percorsi accidentati come la Cava-Nocera). Le locomotive avevano il rodiggio da
montagna, pesavano 25 tonnellate, avevano il focolare centrale, caldaie laterali
a doppio corpo e somigliavano nella struttura alle inglesi "Fairlie",
considerate le migliori dell'epoca. La
fabbrica era protetta dal governo che le rilasciava il rame in franchigia per
la costruzione dei gruppi motore per la Marina Reale e vari manufatti per
l'Esercito. Cfr. A. Fossati: Lavoro e produzione in Italia dalla metà del sec.
XVIII alla seconda guerra mondiale. Torino 1951. Cfr. pure M. Petrocchi. op.
cit. e A. Mangone, op. cit. (93)
Cfr.
B.M. Tedeschi, op. cit. (94)
Una rarissima copia di questo manifesto, di proprietà della famiglia
Scalfaro di Catanzaro, è stato esposto alla Mostra Documentaria del Risorgimento,
allestita dall'ASCZ in concomitanza con il 2° CSC. (95)
Cfr. A. La Cava, La rivolta calabrese del 1848. In ASPN
Napoli 1947-49 LX. Cfr. pure C. Mulé, op. cit. (96)
Cfr. R. De
Cesare, La fine di un Regno. Milano 1969. (97)
ASCZ Mong. f. 30. (98)
Il Reale
Istituto d'Incoraggiamento alle scienze Naturali, fondazione statale antesignana
dell'Ufficio Brevetti, promotore della diffusione nel regno napoletano delle
scienze applicate alla tecnica. Era consulente per il governo del Ministero di
Agricoltura, Industria e Commercio. Concedeva
"patenti e privative" (marchi e brevetti) dopo accurati esami.
I brevetti venivano rilasciati in base a due condizioni:
"utilità e novità assoluta"
(per le invenzioni), "utilità
e novità relativa" (per l'introduzione di pratiche, meccanismi e soluzioni
non ancora in uso nel paese ma già note all'estero). (99)
Cfr.
G.M. Paci, Della solenne Esposizione di Arti e Manifatture del 1853. In ACRDS,
Napoli 1854. Cfr. pure Annali Civili, 1853. In esso è riportato l'elenco degli
stabilimenti che esponevano: Reale Ferriera di Mongiana - Ferriera di giuseppe
Onorato Brun - Fonderia Reale (di Castelnuovo) - Reale Opificio Meccanico e
Politecnico di Pietrarsa - Fonderia de' Signori Zino, Henry e compagni -
Fonderia del Sig. Filippo Eugenio De Lamorte - Opificio de Signori Tommaso
Riccardo Guppy e Giambattista Pattison - Fonderia e stabilimento meccanico de'
Signori Luigi e Francesco Oomens - Opificio del Signor Lutzenkirchen. (100)
Cfr. F. Giordano, op. cit. (101)
Nelle gallerie di Monte Stella i carrelli a
mano erano usati fin dalla metà degli anni 40: "Si sono introdotte
nelle gallerie delle miniere le rotaie di ferro con acconci carrelli (Wagons)
dalli quali pratiche si ottiene significante risparmio ed agevolezza…"
(1845). Da M. D'Ayala Militare. Napoli Militare. Napoli 1847. (102)
Massimino invia la relazione al generale Sirtori "Capo di Stato
Maggiore dell'Esercito in Castrovillari". La relazione è spedita da
Mongiana il 4,9,1860
ASCZ Mong. f.39. Per
gli avvenimenti del 1860 seguiamo G. Cingari, Lo stabilimento di Mongiana e la
crisi del 1860. In A 2° CSC. (103)
Cfr. G.Cingari, op. cit. (104)
Il dispaccio, in data 27 agosto 1860, reca la firma del capoposto di
Pizzo Camillo di Sorbo.
ASCZ Mong. f. 70. (105)
Le condizioni della resa sono in data 27
agosto 1860.
ASCZ
Mong. f. 70. (106)
Cfr. "La
Guerra" Giornale d'Arte
Scienza Storia e Tecnologia Militare. Napoli 15 dicembre 1860 n. 2. BNN,
Sez. Nap. Periodici
15. (107)
ASCZ
Mong. f. 72. Stato di Servizio del ten. col. A. Massimino; nato a Saluzzo nel
1807. Tra il 1827 e il 1851 è nell'esercito sardo dove raggiunge il grado di
maggiore; poi, nominato professore di matematica, insegna nel R. Colleggio e
nell'Università di Cagliari. Dal 1853 al 1857 è maggiore della Guardia
Nazionale a Cagliari. Nel 1859 passa nell'artiglieria modenese col grado di luog.
ten. colonnello. Dal 14 agosto 1860 pasa in forza con il grado di luogotenente
col. Ispettore D'Artiglieria, all'Esercito dell'Italia Meridonale. Durante il
servizio in Sardegna aveva ricevuto l'incarico di organizzare la Direzione delle
Miniere, Boschi e Selve, e di organizzare il sistema metrico decimale riformando
le unità di peso. (108)
ASCZ
Mong. f. 71. Relazione dell'11 gennaio 1861. (109)
ASCZ Mong. f. 71 Il Direttore Crescenzo Montagna al Generale Ispettore in
Napoli. Lettera del 19marzo 1861. (110)
ASCZ
Mong. f. 71. La lettera è in data 5 gennaio 1861. (111)
Cfr.
G. Cingari, La Calabria nella rivoluzione del 1860. In
ASPN Napoli 1960. (112)
Cfr. F. Giordano, op. cit. (113)
Verbale di Deliberazione, dato alle stampe in Catanzaro, pervenne ai
Deputati meridionali della Camera. Una copia è reperibile alla
BNN, Sez. Nap. Bibl.
Cal. 456/b. (114)
ACM
Delibere del 23 e 27 aprile 1872. (115)
Giovanni Ansaldo, docente di calcolo infinitesimale, in società con F.
Penco, R. Rubattino e C.
Bonomi, costituì l'accomandita "Gio.
Ansaldo & C." che, nel 1852, rilevò lo stabilimento aperto a
Sampierdarena da F. Taylor e F. Prandi i quali nel 1846 avevano tentato di
costruire le prime locomotive dello Stato sardo. L'iniziativa di Taylor naufragò
prima ancora di ottenere risultati concreti. Cavour dovette interessarsi per
far risorgere l'iniziativa e chiamò a dirigerla G. Ansaldo. Sotto la guida del
professore, lo stabilimento rifiorì. Nel 1854 furono impostate le prime due
locomotive che, due anni dopo, furono consegnate allo Stato sardo. (116)
"A sua Eccellenza il Presidente della Camera dei Deputati. Roma. La
cittadinanza napoletana è indignata per la truffa di lire seicentomila organizzata
dal Signor Achille Fazzari a danno del banchiere Eugenio Rocca, Capo della casa
Fratelli Rocca. Non
facendo più il Fazzari parte della Camera, il nome di lui non dovrebbe a
ragione indirizzarsi alla E.V. se non vi fosse la circostanza che la truffa non
sarebbe riuscita ad effettuare senza partecipazione dei due Deputati Pucci de'
Zerbi e Diego Tojani. Il
primo, mediante la pattuita mezzaria di lire sessantamila, l'ha iniziata; ed il
secondo ha completato di organizzarla. Non si ebbe difficoltà di carpire la
buona fede di un augusto personaggio a fare che egli credesse di servire ad
elevati interessi nel raccomandare personalmente il Fazzari al banchiere
Rocca, che gli venne presentato. La
Camera non può restare inerte. Essa è pregata per la sua Dignità di
nominare una Commissione d'inchiesta, alla quale saranno provate le più
minute circostanze del fatto. E pigliando occasione da esso si proveranno altri
che riguardano i due nominati Deputati..."
BSNSP
f. XXX p. 154. (117)
Cfr. G. Dainelli, Relazione sugli stabilimenti siderurgici di Mongiana di
proprietà del Sig. A. Fazzari. Firenze 1875. (118)
Non abbiamo trovato nessuna delle vecchie attrezzature dello
stabilimento. Lo si deve alla solerzia della Soc. Recupero Rottami Marasco
incaricata, una trentina di anni fa, dalle Acciaierie di Terni di recuperare
tutto il ferro giacente nel meridione. I convertitori umbri hanno squagliato
le ultime testimonianze di una attività iniziata in Calabria molto prima
della venuta di Ruggero il Normanno. Ringraziamo la Direzione della Terni per le notizie forniteci sulla Marasco.
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