Le Reali Ferriere      

ed Officine di  Mongiana

 

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Prefazione

Introduzione

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Tavola Misure Regno delle Due Sicilie

Indice Appendice

Real Decreto e Regolamento

Bibliografia

Bibliografia generale

Indice delle abbreviazioni

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Capitolo 1  

(8°)

Storia

Restaurazione, ristagno produttivo ma “specializzazione” di Mongiana

Quando era stato preso in consegna dal Ministero della Guerra, lo stabilimento - unico siderurgico del regno - versava in pessime condizioni e gli stessi mineralogisti non erano andati al di là di meri tentativi di miglioramento. In soli otto anni invece l'Artiglieria ha quadruplicato la produzione e migliorato la qualità dei ferri sfruttando più o meno i medesimi impianti. Nel ritirarsi da Mon­giana, gli ufficiali dell'esercito napoleonico lasciano ai borbonici una ferriera del tutto “diversa” da quella trovata all'arrivo.

Tramontata un'epoca di fervori e speranze, quella che inizia sarà, al contrario, di repentino riflusso e netto ristagno sotto la cupa atmosfera della Restaurazione. La Mongiana non si sottrae alla norma generale; ne fa fede quella cartina di tornasole che è l'indice di produzione, calato immediatamente su valori antena­poleonici e stabilizzatosi sulle 4.000 cantaia annue, quasi a con­ferma che nulla è cambiato nel paese e che l'avventura murat­tiana è tutta da dimenticare (79).

Le condizioni economiche del Regno sono pessime: Ferdinando, per riempire le casse dello Stato, aumenta alcune tasse ed è costretto a contrarre prestiti, anche con i Rotschild, sempre di­sposti a sostenere le case regnanti in difficoltà, e poi ben ri­pagati da profitti considerevoli. In questi anni quindi, alla Mon­giana, come alle altre attività industriali del Regno, verranno le­sinati i fondi per investimenti.

Partiti i francesi, re Ferdinando I (sempre il vecchio Ferdinando IV ma con la nuova “targa” della Restaurazione), al quale dobbiamo riconoscere una straordinaria abilità nel sapersi barcamenare in attesa dei momenti favorevoli alla riconquista del trono, ha man­tenuto alla guida della ferriera il Corpo degli artiglieri che tanta favorevole impressione aveva suscitato in tutti con la sua pun­tigliosa attività.

Iniziano anni di oscuro e misconosciuto lavoro; la Mongiana, che era stata fornitrice dell'Arsenale, della Manifattura di Gioacchinopoli (80), dell'Amministrazione di Polveri e Nitri, dell'Artiglieria di Terra e di Mare, séguita ad inviare, tra il 1816 e il '30, il suo ormai modesto quantitativo alle diverse branche militari e, perso il pri­mato d'industria trainante, si richiude in sé stessa specializzan­dosi in produzioni più complesse.

Era terminata ed entrata in produzione nel 1814 la Fabbrica delle Canne, ribattezzata Regia Manifattura e Armeria, secondo il solito malaccorto tentativo di fare la storia a posteriori, sottraendo me­rito agli ideatori, operazione che dopo l'Unità sperimenteranno gli stessi Borboni quando sarà cancellata memoria delle loro rea­lizzazioni più valide.

Mongiana nel 1815 ha dato il via alla fabbricazione di componenti per armi che, spediti a Torre Annunziata, sono assemblati in quel­la Manifattura. Nessuna meraviglia che dalla nuova Armeria esca­no subito prodotti perfetti, perché il ferro è adatto a tale lavo­razione e alla ferriera affluiscono numerosi armaioli napoletani e alcuni tecnici francesi, i quali danno immediata prova della loro perizia (81). Ne darà conferma il Landi che, lasciata la Mongiana, è andato nel 1820 a dirigere la Manifattura torrese: anni dopo scri­verà nel commentare i discreti risultati ottenuti sotto la propria gestione dalla fabbrica fondata da Carlo: “... or domandiamo con quali mezzi si ottennero siffatti risultamenti? Colle quantità di ferro e di combustibile fissati dalle tariffe e nulla più; col ferro A 23 bastardo, fabbricato e spedito dalle ferriere di Mongiana, senza i bidoni e senza i maquettes, voluti dal Cotty (generale francese autore di trattati sulle armi) ed usati presso alcune manifatture di Francia; senza quadruple saldature, progettati e messi in pratica nella Mongiana; senza intaccature, credute indispensabili, ma invece con semplici spezzoni tagliati a giusto peso dalle sbarre A 23 e tirati a semplici lastre col maglietto della fabbrica stessa, e ciò sulle norme della fabbrica d'armi di S.Etienne, la quale con questo semplicissimo ed utile metodo di fabbricazione, può for­nire ogni anno la Francia di 12.000 armi complete, le cui canne di molta reputazione, son fabbricate col ferro di Franca Contea, il quale è mollo e in gran parte fibbroso, qualità che pur s'incon­trano nel nostro ferro di Mongiana... " (82).

La nota dell'ex Direttore di Mongiana è una miniera di notizie. La ferriera calabrese è già in grado di progettare autonomamente parti separate di fucile, ha in più semplificato i componenti eli­minando accessori superflui, il che è in armonia con la tradizione napoletana di armi da guerra pratiche, funzionali, prive di orpelli, anche se curate nell'estetica. Fattori determinanti si rivelano le diverse qualità di ferro prodotte, alcune delle quali hanno ca­ratteristiche ideali alla fabbricazione delle canne, in particolare l'A 23 ha il grado di elasticità idoneo ad evitare la deflagrazione e la deformazione della canna sotto l'effetto dello scoppio delle polveri e il passaggio delle palle di piombo (83).

La felice unione di capacità tecnica e qualità dei materiali spin­gerà il Governo borbonico a scrollarsi di dosso l'immobilismo postmurattiano, ad ampliare il settore e decidere di costruire e montare in loco quelle armi che daranno a Mongiana un lustro pari a quello di più antiche e rinomate manifatture militari na­poletane (Poggioreale e Torre Annunziata). Accade, in scala ri­dotta, quanto già si è verificato nella Napoli del sei-settecento, quando la contrazione dell'attività di base aveva dato luogo alle specializzazioni artigianali.

Si dà nuova vernice alla ferriera; tra le iniziative di “riconver­sione” ve n'é una emblematica della volontà di adottare nuove soluzioni e dotare il regno di prodotti d'avanguardia. Va segnalato infatti il tentativo, iniziato con il successore di Landi, ten.colon­nello Mori, di fabbricare gli acciai speciali e la latta. L'idea, in verità, era stata dei napoleonici, ma solo nel 1818 entra in funzione a Mongiana un moderno laminatoio, che sostituisce l'arcaico si­stema della battitura a maglio, per la produzione di lamine sta­gnate. La cosa è tanto più notevole in quanto, alla luce delle attuali conoscenze sull'industria, sembrerebbe il primo impianto di tale genere adottato da tutta la siderurgia nazionale italiana. Il “Laminiero”, termine usato per indicare il nuovo meccanismo, è in grado di confezionare sottili bandelle di ferro che, per evitare i danni dell'ossidazione, sono poi passate al bagno di stagno. Per l'epoca è un traguardo notevole perché la ruggine è stato sempre un problema infido, risolto in precedenza da una frettolosa spol­verata di grafite.

fig.15

Torre Annunziata: Real Manifattura d’Armi. Foto inizio 1900.

L'economia del nostro discorso non consente di approfondire ul­teriormente questi anni, pure se ne varrebbe la pena, per seguire il graduale passaggio dall'architettura del legno a quella della pietra: la prima cede il passo alla costruzione di edifici in mu­ratura, anche se semplici e senza quel minimo di finiture delle realizzazioni degli anni '50 di cui restano le rovine.

[fig.16]

Artiglieri borbonici in gran tenuta estiva ed invernale. 1827 (Museo di S.Martino. Napoli).

La Mongiana, come non era mai accaduto alle diverse antenate stilensi, perde quel senso di precarietà che ha sempre aleggiato sulla propria e sulla loro esistenza; lo stop imposto dalla com­missione murattiana alle peregrinazioni delle ferriere è stato re­cepito dalle autorità borboniche.

Avvenimenti importanti spingerebbero ancora a soffermarci su questo periodo, come le agitazioni dei minatori per il perdurare dello stato precario, e di parte degli operai e trasportatori, i cui malumori nascono dal mancato consolidamento di quelle con­quiste sociali assaporate sotto Murat. Altri più interessanti fe­nomeni s'affacciano all'orizzonte del mondo economico ed indu­striale del meridione a partire dagli anni trenta. Riguarderanno da vicino la ferriera calabrese.

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