Le
Reali Ferriere ed Officine di Mongiana |
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Capitolo 1 (7°) Storia Il gran balzo in avanti dell'ultima età murattiana Ritucci
resta alla Mongiana fino al dicembre del 1811, mese in cui passa le consegne al
capitano Carascosa il quale renderà merito all'opera del predecessore,
costretto suo malgrado, ad abbandonare la carica “a causa di una cronica
malattia”. Ecco quanto di lui dirà il nuovo Direttore: “Il Sig.
Ritucci ebbe portata la Mongiana al suo massimo lustro se da una parte il Brigantaggio
non avesse impedito il prosieguo. Egli dunque fece il massimo bene che fu
possibile e di quello che non ha fatto bisogna prendersene alle Circostanze” (61)).
Elogio sperticato, ma tentativo palese di porre le mani avanti da parte di
chi rileva l'incarico di Ritucci. Tra le righe Carascosa cerca di far capire a
chi dall'alto fa continue pressioni sulla Direzione che un conto è la buona
volontà, ben altro sarà la pratica. Partendo
da Napoli il 17 dicembre 1811, l'ufficiale ha ricevuto un chiaro monito dal
Ministro Tugny: “Voi andate alla Direzione della Mongiana, siate preso
nell'intelligenza che dovete molto fare onde non scomparire a fronte del
Direttore che andate a rilevare, e per l'impegno che io prendo a voi la vostra
direzione verrà particolarmente seguita da me medesimo; voi dovete informarmi
sulla direzione della Mongiana di tutto e io vi prometto che da Napoli sarò
l'effettivo Direttore della ferriera ” (62). Mongiana,
e questo discorso lo conferma, acquista nel paese un ruolo tanto importante e
vitale da coinvolgere in prima persona lo stesso Ministro della Guerra il quale
tra l'altro, per un motivo personale, ha un occhio particolare per la ferriera:
l'anno precedente, ancora generale, ha avuto a ridire, e ha reclamato aspramente,
in occasione della chiusura di un contratto d'acquisto di ferri grezzi da parte
del Ministero. Egli ha sostenuto, esponendosi a critiche, che la Mongiana
avrebbe potuto fornire le stesse quantità indicate dal contratto ministeriale
a un terzo delle somme sborsate. Nominato Ministro, si è messo di puntiglio a
dimostrare la bontà della sua teoria; avranno un bel da fare d'ora in poi i
corrieri militari nel recapitare dispacci ministeriali e nel tornare indietro
con le risposte e le osservazioni di Carascosa. Avrà un bel da fare il
telegrafo installato a bella posta a Pizzo! Il
compito che si prospetta a Carascosa non sarà meno arduo di quello affrontato
da Ritucci; in più, gli ultimi anni del regno di Murat vedranno intensificate
le operazioni militari e pressanti richieste giungeranno al Direttore. La
precedente gestione aveva sfornato prodotti quasi perfetti ma qualche oggetto
era risultato caro. Ritucci aveva avuto per obbiettivo soddisfare le esigenze
delle armate. Alla nuova gestione restano da affrontare gli altri, soliti,
vecchi problemi: diminuzione costi, incremento produttivo, sviluppo delle
attività connesse. Le piste da seguire per risolverli sono state già battute
ma fiaccamente e senza incisività. A Carascosa spetterà il merito di
raggiungere queste mete. Rende concorrenziale il prodotto limitando i costi
d'esercizio e evitando al massimo le frodi. Sottopone a severo controllo ogni
operazione di carico e scarico, esegue ripetute verifiche, controlla le
registrazioni in entrata e uscita, evita ogni spreco, fa sorvegliare taglio e
carbonizzazione, invia anche di notte sorveglianti nei boschi ed effettua
personalmente improvvise ispezioni. Le misure adottate attenuano il contrabbando
che riceve il colpo di grazia dall'adeguamento delle paghe. In qualche caso la
nuova tariffa elimina molte sperequazioni. Ne prendiamo una a caso: in fonderia
vi sono stati operai che, entrati nello stabilimento da “garzoni”, hanno
continuato a percepire paghe adeguate alla vecchia qualifica di assunzione
sebbene, divenuti adulti, hanno lavorato a tempo pieno. A costoro, ma più in
generale a quanti lavorino “con onore”, è accresciuto il salario e
su iniziativa della Direzione è inculcata negli operai e rispettata la massima:
“Ogni artefice deve essere pagato in proporzione del servizio che presta” (63).
Come dire: a ognuno secondo i propri meriti! “L'arte
di raffinare il ferro”, scriveva nel 1810 Ritucci, “fu sempre la più
negletta. Le più vili condizioni legavano gli artefici e l'obbligavano ad una
frode necessaria. Essi non avrebbero potuto sussistere senza rispiarmare le
braccia, il tempo ed i consumi. Dall'economia di queste il contrabbando era
alimentato. La qualità e perfezione del ferro non si credé mai uno scopo, né
fu mai tentato. Quindi il ferro della Calabria, conservando le imperfezioni che
lo distinsero, restò sempre il rifiuto di quello del commercio... Un personale
avvilito nella miseria non poteva conoscere, né poteva curare, che le mere
pratiche dei propri avi... ” (64). Se
la diagnosi di Ritucci era esatta, la terapia d'urto del nuovo direttore
eliminerà l'endemica malattia. Carascosa farà di tutto per assicurarsi un
personale vincolato allo stabilimento e svilupperà negli operai il concetto
che il loro tornaconto coincide con gli interessi stessi della ferriera. Segue
in questo la strada indicata da Ritucci che era giunto a richiedere per i
figli degli operai una scuola di Arti e Mestieri a indirizzo
“montanistico” da stabilirsi nello stabilimento (65). Ritucci,
Carascosa e gli ufficiali napoleonici che, a ben vedere, sono tutti regnicoli
non francesi, cercano maggior coesione tra stabilimento e operai, e cementano
l'unione con l'elargizione di nuovi benefici. Gli addetti ottengono inattesi
riguardi: lo stabilimento, come dipendenza d'Artiglieria, può considerarsi
militare a tutti gli effetti, e i suoi dipendenti come totalmente immuni da ogni
altra coscrizione; un decreto in data 2 giugno 1810 sancisce tale esenzione. È
fornita agli operai per la prima volta anche se in maniera empirica, un minimo
di assistenza sanitaria e giuridica: “...si combinarono in un Contabile
un Farmacista, al quale si avanzarono dei fondi onde montare la sua Farmacia; in
un altro Contabile si combinarono delle molte cognizioni di medicina ed egli
divenne il Medico del luogo. Si fece di un altro Contabile un Giudice di Pace,
di un quarto un Paciere... ” (66). Gli
operai si sentono più tutelati e, grazie ad un'altra istituzione, forse la più
valida di tutte, d'ora in poi potranno guardare con più fiducia al futuro. È
istituita la “Cassa degli Operai”. Saranno assegnate pensioni di
vecchiaia agli anziani che abbiano prestato opera per 35 anni, saranno
corrisposti sussidi agli invalidi, alle vedove degli operai morti sul lavoro o
in servizio, ai loro figli ai quali è inoltre assicurato un posto di lavoro in
ferriera con il conseguimento della maggiore età (67). Salta
fuori che gli addetti all'industria pesante meridionale avevano una parvenza
di Cassa Assistenza e Malattia già agli inizi del XIX secolo. L'opera
assistenziale è autofinanziata: la Direzione trattiene un grano su ogni ducato
percepito dagli operai; questo fondo comune prevede l'erogazione di incentivi
e di indennità per coloro che, contratto matrimonio, decidano di stabilirsi a
Mongiana. Invogliare, e in un certo senso costringere, gli operai a insediarsi
nei pressi dello stabilimento è un'idea fissa dei Direttori i quali, d'altra
parte, non possono sottovalutare le obiettive difficoltà cui va incontro chi
decida tale passo. La Mongiana dipende dall'amministrazione militare, ma il
suo territorio è sottoposto, come villaggio, al Comune di Fabbrizia: gli
aspiranti abitanti dovrebbero sobbarcarsi a ulteriori spostamenti tra paesi
d'origine, luogo di residenza e Fabbrizia per espletare le pratiche del vivere
comunitario e tutti gli atti come matrimoni (la chiesa di Mongiana dipende
dall'amministrazione militare, il suo cappellano non è abilitato a contrarre
matrimoni), registrazioni di nascita e morte, sepolture, ecc. Per evitare
intralci all'urbanizzazione, ma anche e soprattutto per esercitare un controllo
diretto sugli operai pendolari, Ritucci aveva richiesto, invano, ma
precorrendo i tempi di quasi quarant'anni, di riunire i paesi di Bivongi,
Pazzano e Mongiana sottomettendo le rispettive amministrazioni civili al Direttore
delle Ferriere della Calabria Ulteriore Seconda, in pratica a sé stesso. Malgrado
le difficoltà, attirati dalle conquiste sociali realizzate, molti riterranno
conveniente costruirsi una casa nei pressi degli impianti; Carascosa dovrà poi
ammettere che intorno alla ferriera è spontaneamente sorto un gruppo di
abitazioni private. Ma
se il paese è in fieri, e non ancora chiaro il suo assetto
giuridico-territoriale, l'ordinamento interno dello stabilimento è ormai
definito, articolato e complesso. Ne abbiamo un'ampia descrizione grazie al
pedante Ministro Tugny il quale, per controllare se tutto l'apparato
mongianese segua alla lettera i suoi ordini, pretende dal Direttore copia
dell'Ordine di Servizio in atto alla Ferriera. Carascosa, uomo di spirito, per
nulla servile di fronte all'autorità, esegue suo malgrado, ma, nel compilare la
copia, per sottolineare quanto sgradita gli sia giunta la richiesta e rimarcare
l'inutilità di tante scartoffie, non manca di inserire nel suo resoconto
un'arguzia all'indirizzo di qualche scaldasedia del Ministero, se non proprio
all'asfissiante Ministro: “...quelli che intanto prendono interesse alla
Mongiana avranno a caro trovarvi tali dettagli... che, per mezzo dell'indice che
ha tale oggetto si è fatto dettagliato, li troveranno subito. Finalmente se ve
ne fossero di quelli che per ozio scorressero questa memoria gli si raccomanda
di farlo prima di andare a letto, e possono essere sicuri che gli servirà di un
eccellente narcotico a preferenza forse dell 'Oppio e dell'Estratto di papavero ”
(68).
Più
che burocrate, Carascosa è un uomo concreto, cosciente della importanza del suo
ruolo; risulta un dirigente fattivo con i piedi saldi a terra, pieno di autonome
iniziative. Sotto la sua sorveglianza, per la prima volta da quando esiste
Mongiana, sono rilevanti le mappe dei boschi esistenti nel raggio di dodici
miglia, éstimata la capacità annuale di carbone, sono rilevanti gli andamenti
delle gallerie. Sottoposti i dati ad analisi, ne scaturisce, e la Direzione è
certa che la realtà ne darà conferma, che la ferriera potrà comodamente
sfornare 20.000 cantaia di ghisa l'anno (di cui 12.000 in proiettili di vario
calibro più altre opere da getto) e 6.000 cantaia di ferro raffinato in barre. Sulla
carta la potenzialità dell'impianto è enormemente cresciuta, le previsioni
sono in armonia con le aspettative del Ministero, ma affinché siano convalidate
dai fatti, Carascosa chiede un aumento di forza lavoro e, qualora fosse
concesso, consiglia: 1)
La costruzione di una manifattura di canne di fucile da inviare per il montaggio
a Gioacchinopoli, ex Torre Annunziata; 2)
La costruzione di altre due ferriere di dolcificazione; 3)
L'apertura di una galleria di aereazione in miniera; 4)
Il restauro di Stilo; 5)
La costruzione di forge all'uso stiriano mediante le quali ottenere un calo di
consumo del carbone pari ai quattro settimi (invia i disegni relativi). Per
sollecitare il governo ad attuare il programma, allega una analisi di costi e
ricavi con la quale dimostra che, dopo tre o quattro anni di ammortamento
capitale e interessi passivi, gli utili per lo Stato potrebbero essere enormi (69).
Riesce tanto convincente che il governo, pur distratto dalle vicende
internazionali in cui è coinvolto, anticipa le somme (70). 1814:
iniziano i lavori di riattamento delle antiche fonderie del Demanio di Stilo,
inizia la costruzione della nuova fabbrica di canne da fucile, è impiantata una
barena d'alesaggio su progetto francese proveniente dall'Arsenale di Torino. In
seguito, troppo preso dall'andamento della guerra, il governo non sarà più in
grado di venire incontro ai programmi della Mongiana ma, ad onta degli
ostacoli, della penuria di braccia e del mancato intervento statale, la ferriera
triplica la produzione. Nel Budjet per l'anno 1814, Carascosa assicura che tale
traguardo, di per sé notevolissimo, sarà addirittura superato e prevede un prodotto
lordo superiore alle 16.000 cantaia di sola ghisa. Il dato sta ad indicare il
livello raggiunto, ma simile traguardo, impensabile appena pochi anni prima, non
è stato ottenuto a caso né senza l'opera di sostegno da parte dello Stato la
quale, pur compressa dai limiti imposti dalle vicende internazionali, è stata
solerte e ha seguito di pari passo quella innovatrice intrapresa nel Regno. Noti
sono i provvedimenti di eversione della superstite feudalità, la spartizione
dei terreni demaniali, la stesura dei Codici, le leggi sanitarie. Meno
conosciuti sono quelli a favore dell'industria e del commercio; alcuni
riguardano direttamente la Mongiana, come il Decreto n. 121 del 1 maggio 1807
che ha abolito l'amministrazione del cosiddetto “Stralcio dei Ferri” e ha
assegnato alla ferriera tutto il ferro, rottami e vecchie artiglierie giacenti
in Calabria e ha dato alla Direzione facoltà di speculare sulla vendita dei
prodotti eccedenti la tipica produzione militare e possibilità di gestire i
proventi delle vendite effettuate nei Depositi di Pizzo, Tropea e Squillace. Nel
novembre dello stesso anno, il Decreto n. 326 ha sancito il passaggio dalle
Finanze alla Guerra e ha chiarito posizione, funzione e dipendenza della
ferriera. Fin
dal 1809, Murat in persona ha fatto premura al Ministro delle Finanze per la
preparazione di una legge forestale organica. Tale legge porterà in seguito
alla costituzione dell'Amministrazione delle Acque e Foreste, all'istituzione
delle Guardie Forestali, all'assegnazione alla Mongiana di gran parte dei boschi
limitrofi. Lo stesso anno è varata la legge sulle nuove dogane e sui dazi, ed
è spazzata via tutta l'antica e infausta genìa di esattori degli arrendamenti,
sentinellari e gabelloti. Nel 1810 sono soppresse le dogane interne; il 17
luglio è abolito il tributo alle industrie le quali ottengono larghe esenzioni
e non pagano altra tassa che quella di per sé mitissima di “patente” (71).
Si è già detto che i lavoratori della ferriera calabrese, al pari di quelli di
larga fascia dell'industria statale, godono dell'esonero dal servizio militare,
legge provvida per l'industria del ferro che induce molti a fare richiesta
d'assunzione in essa. Per dotare l'erigenda Fabbrica delle Canne di artefici
armieri, il Decreto n. 2042 del 23 febbraio 1814 stabilisce per coloro già
soggetti a leva l'assunzione alla Mongiana previo semplice esame attitudinario
e per i “ragazzi barenatori” nessuna clausola oltre quella di costruirsi
attorno alla ferriera una baracca, questa volta “in pietra” (72). “Sicché”,
osserva Valente, “decisamente l'età murattiana segnò un progresso
nell'industrie, il quale più si notava a paragone con quella che l'aveva
immediatamente preceduta, e che era stata di regresso e di stasi dopo le vicende
turbinose del 99”. Vi
ha concorso il Governo, tutelando con dazi protettori l'industria, sovvenendo
con sussidi l'apertura di fabbriche nuove e l'ampliamento di quelle esistenti
e, collegata alla politica nei riguardi dell'industria, è stata accordata
protezione a Carmine A.Lippi, proprio lui l'énfant terrible della
mineralogia, autore di studi sul miglioramento delle tecniche industriali; tutto
ciò “è sempre tanto più notevole in quanto se i meridionali avevano una
nobilissima, mai interrotta tradizione di pensiero speculativo, poca sensibilità
avevano per l'innanzi dimostrata nei riguardi delle scienze applicate ” (73). Il
Governo ha fatto il possibile per suscitare l'interesse delle popolazioni, ha
richiesto e ottenuto che una fiera nazionale fosse aperta annualmente, dal 25
luglio al 10 agosto, a Napoli sulla scia dell'Exposition parigina, la
prima nel mondo, iniziata nel 1978 da F. de Neufchàteau Ministro degli Interni,
per consacrare l'anniversario della République, tenuta nel Tempio
dell'industria allo scopo di pubblicizzare l'attività del settore,
sensibilizzare i visitatori, avvicinarli al nuovo mondo industriale (74). A
Napoli, con grande concorso di pubblico, molto sfarzo e l'intervento dei
sovrani, ne è stata inaugurata la prima nel 1810 (75). L'opera
dello Stato, lo zelo dei militari, l'impegno delle maestranze, il lavoro degli
operai, fanno germinare i frutti tanto attesi dalla Mongiana. All'inizio del
1814, subentra a Carascosa, in qualità di Direttore, il Capo Squadrone di
Artiglieria a Cavallo Nicola Landi. (Carascosa andrà a dirigere la ferriera
“privata” del principe Satriano a Razzona di Cardinale, dove tra l'altro
sovrintenderà alla fusione delle travi del ponte sospeso sul Garigliano ideato
da Lippi). Nel biennio successivo, la produzione mongianese sale a 25.197
cantaia di ghisa e 5244 di ferro raffinato; quantitativo di tutto rispetto se si
tiene conto che per oltre sei mesi, dall'aprile al novembre del 1815, per
deficienza di fondi, tra i sussulti dell'agonizzante Impero napoleonico e
l'ulteriore cambio al vertice del paese, i lavori sono rimasti fermi (76).
Rapidi calcoli portano a concludere che la media annuale sia stata superiore
alle 16.000 cantaia: esattamente il quantitativo previsto da Carascosa e in
perfetto accordo con il suo Budjet (77). Per rendere maggiormente apprezzabile lo sforzo di quanti hanno conseguito questo brillante risultato, si deve ricordare che è stato ottenuto da poche centinaia d'uomini in una fonderia di soli 31 metri per 15, da due malandati altiforni, da due fornacette di ricottura, da un forno di ribatteria, da quattro minuscole ferriere di dolcificazione con poche forge, qualche maglio e martinetto (78). |
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