Le Reali Ferriere      

ed Officine di  Mongiana

 

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Prefazione

Introduzione

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Tavola Misure Regno delle Due Sicilie

Indice Appendice

Real Decreto e Regolamento

Bibliografia

Bibliografia generale

Indice delle abbreviazioni

Indice delle note

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Capitolo 1  

(3°)

Storia

Sotto Carlo di Borbone: nascita di una metodologia applicata al settore minerario siderurgico

Nel 1734 Carlo di Borbone conquista il Vicereame di Napoli, di Sicilia e lo Stato dei Presidii. Eredita una “nazione” in pieno sfacelo. A confronto con la precedente politica di immobilismo, quella di Carlo e del suo Primo Ministro Bernardo Tanucci sembrerà un uragano. Carlo provvede a centralizzare il potere, a cancellare le vestigia di feudalesimo, a ristrutturare il sistema fiscale; con la riorganizzazione del sistema tributario sono incentivate le attività commerciali e industriali e, sostenute dallo Stato, si dà slancio ad iniziative prestigiose e nuove: Capodimonte per la ceramica, Torre Annunziata per le armi, ecc. Alla raggiunta indipendenza, ottenuta con la vittoria delle armi napoletane sugli austriaci del principe Lobkowitz alla battaglia di Velletri (1744), segue un pe­riodo di operosa pace. Sotto la illuminata politica del sovrano, il giovane Regno trova la forza di far rifiorire attività economiche e culturali e, se è pur vero che le casse statali sono state rim­pinguate da molti milioni di ducati forniti a Carlo dai parenti spagnoli per favorirgli l'insediamento al trono, è certo che il re amministra i fondi e lo Stato in maniera brillante e moderna. Va circondandosi oltretutto di esperti economici ad alto livello; con il Tanucci, ha intorno Ferdinando Galiani e quell'Antonio Genovesi che va già prospettando uno sviluppo industriale basato sull'ef­fetto trainante dell'agricoltura.

La sferzata di modernismo manageriale si esterna anche nel set­tore estrattivo e siderurgico. Reso accorto dall'infelice riuscita di alcune imprese metallurgiche calabresi che avevano fornito allo Stato pessimi cannoni, Carlo sorveglia le attività minerario-side­rurgiche, si avvede dell'arretratezza dei sistemi di scavo in uso ed individua nel gap tecnologico dei sistemi fusivi la causa prima del fallimento della siderurgia calabrese e nazionale. Comprende l'im­pellenza di ammodernare il settore e, come sua abitudine, cerca il meglio che faccia al caso. Ed ecco, invitati dallo stesso, giungere nel 1749 a Napoli, “due drappelli” di tecnici stranieri. Di “Sas­soni” il primo, di “Ungheri” il secondo. “... Ufiziali instrutti nella geometria sotterranea, minatori, fabbri per costruire macchine, uomini esperti nel preparar metalli avanti la fusione, e quanti altri mai potessero abbisognare all'impresa di investigare e scavare miniere” (14).

Il meglio dell'intellighentia mineraria e siderurgica del momento!

A capo dei tedeschi il Consigliere Hermann, professore dell'Ac­cademia Mineraria di Freyberg. Guida gli ungheresi “tale Fuchs”.

La presenza dei tecnici è necessaria per sondare il sottosuolo del paese, per ricercare, dove sia possibile, nuovi, più redditizi gia­cimenti e per disegnare le relative mappe d'ubicazione. Il compito non è solo esplorativo: a tutti i componenti sono assegnate man­sioni didattiche d'aggiornamento per le maestranze locali, specie calabresi, e ne vedremo in seguito il perché.

La produzione della ghisa e la qualità di alcuni manufatti di ferro sono insufficienti al fabbisogno di un paese il cui esercito è in fase di potenziamento, e nel quale il re ha deciso di impostare su principi strettamente autarchici il munizionamento, la dotazione di artiglierie e la fornitura delle armi ai vari Corpi militari. Con lo scopo di fornire l'esercito di armi “nazionali”, nel 1753 Carlo ordina la costruzione della Real Manifattura d'Armi di Torre An­nunziata dove, a fianco alla produzione di armi di lusso, sarà tentata la produzione standardizzata di fucili portatili in sosti­tuzione degli oramai superati archibugi di vario calibro che il soldato si tira dietro con intuibile difficoltà logistiche di rifor­nimento. La produzione standard eviterà ai vari Corpi il proble­matico rifornimento di palle di calibri diversi, e li metterà sul piano d'efficienza richiesto dalle nuove strategie militari.

La ricerca dell'autosufficienza ha costretto ad invitare i tecnici stranieri; la presenza assillante nelle acque del Regno di squadre navali inglesi, al cui paragone scompare la nascente marina na­poletana, non permetterebbe l'approvvigionamento delle materie prime, specie in caso di aperto conflitto.

Ben ricorda lo stesso re come, nell'estate del 1742, la Mediter­ranean fleet si fosse schierata in linea di fuoco nel golfo di Napoli, minacciando il bombardamento qualora avesse preso po­sizione sul problema della successione dinastica al trono d'Au­stria. Lo stato d'impotenza cui lo aveva costretto la flotta inglese non sarà estraneo a numerose decisioni posteriori: potenziamento dell'esercito, sviluppo della marina, ampliamento delle fabbriche d'armi, incremento della siderurgia dell'estrattiva e, secondo al­cuni, l'arretramento della sede di governo lontano dai cannoni navali inglesi. Tale decisione tattica, congiunta alla ben nota vo­lontà edonistica e di grandeur di Carlo, consiglierà la costruzione vanvitelliana della reggia di Caserta. Se così fu, postumo ringra­ziamento alla marina di sua maestà britannica.

 

Per esaudire la volontà del sovrano, i due gruppi di tecnici sas­soni ed ungheresi soggiornano a lungo in Calabria dove svolgono ricerche attivissime. A Stilo prende a risiedere il sassone Bruno M.Schott e vi dirige l'escavo di nuovi filoni. Da Stilo, Schott invierà la propria candidatura per il ruolo di docente quando Carlo vorrà istituire nella sua Accademia una cattedra di scienza me­tallurgica. Con l'occasione il sassone suggerirà l'installazione di un laboratorio scientifico, la costruzione di un museo mineralo­gico e la traduzione dal tedesco di trattati relativi a tale scienza (15).

Dell'attività calabrese del gruppo tedesco si trova traccia nelle memorie del mineralogista salernitano Carmine A.Lippi. Egli rac­conta di essere stato invitato nel 1810 dall'Abate Massa, pro­fessore di meccanica, ad effettuare un sopralluogo nei locali della Scuola militare della Nunziatella dove lo stesso Massa era alle prese con un caso di non facile soluzione. Il professore aveva trovato, depositate nei locali del collegio, tre casse zeppe di mi­nerali, ogni minerale avvolto in una carta dalle iscrizioni in una lingua a lui sconosciuta. Senza dimestichezza con la mineralogia e con quella lingua, aveva invitato Lippi a dargli lumi. Lippi ef­fettua la visita al Collegio militare, dove gli mostrano: "... tre casse piene di minerali, ciascuno avvolto in una carta, dove in caratteri e in lingua tedesca conteneasi la descrizione del catollo d'argento, di piombo o di rame secondo i saggi docismatici fatti dagli ufficiali tedeschi: col nome del luogo dove trovavasi la mi­niera, l'indicazione dei pozzi e delle gallerie scavate sopra i filoni, la profondità degli scavamenti fatti, la grossezza dei filoni, l'ora della loro direzione ed i gradi della inclinazione dei medesimi (...)  Tutte queste descrizioni appalesavano una ricchezza meravigliosa: ed era il Consigliere Hermann che scriveva inviando di Ca­labria quei saggi al Governo! (16).

Fin qui Lippi. A noi basta rilevare che, con meticolosità tutta tedesca il nostro sassone ha ottemperato il suo compito e che la missione non è stata avara di risultati concreti. Ma nelle memorie di Lippi c'è dell'altro: a sei anni dalla prima, il mineralogista effettua una seconda visita alla Nunziatella. Questa volta trova i minerali fuori dalle casse “... schierati sopra una grande tavola in una stanza contigua alla libreria, e le carte erano scomparse!” Al costernato studioso non resta che la rassegnazione; con la scom­parsa dei foglietti illustrativi è sfumata la speranza di vedere localizzati i giacimenti, e tutto il coscienzioso lavoro di Hermann è divenuto vano. Lippi si dedica comunque a riordinare e ca­talogare il materiale disseminato sul tavolo; l'inventario risulta:

“...più di duecento brani di minerali, ricchissimi pezzi di solfuro di piombo argentifero, di rame grigio e di rame ossidato verde e azzurro, per tacere di una quantità prodigiosa di ferro...”.

Preziosa l'ultima annotazione: in pratica le ricerche tedesche in Calabria portano alla scoperta di piombo, rame, argento e ferro in quantità.

 

Ancora Lippi sul lavoro degli “Ungheri”. Il mineralogista saler­nitano ospita a Napoli il direttore delle miniere di Offenbainen “tal Brunetter”; costui gli rivela di essere passato per la prima volta da Napoli all'età di dodici anni al seguito del padre ufficiale geometra e, tra i ricordi giovanili di Brunetter, Lippi an­noterà che: “... ragionava di fiume Nisi in Sicilia e di Reggio in Calabria, luoghi dove i sassoni e gli ungheresi avevano fonderie d'argento e di rame; e soggiungeva ricordarsi di aver veduto più volte raffinare masse enormi d'argento, e purificare il rame e fondere il piombo, intanto che egli con la bussola seguiva il padre allorché questi attendeva a levar le piante delle miniere già aper­te (...) otto anni trascorsero a questo modo; né è a dire se il Governo non profondesse danaro. Quando ecco, a un tratto, né sapremmo addurre una ragione, cessato ogni lavoro, i minera­logisti si dispersero, e gli ufficiali ritornarono in Germania; tranne il Consigliere Hermann che morì in Napoli...” (17).

L'improvvisa e inspiegabile partenza potrebbe forse essere col­legata agli avvenimenti politici di questi anni: Carlo abdica per assumere il trono di Spagna e non del tutto estranee dovrebbero risultare le contemporanee vicende del mondo germanico dove Federico di Prussia ha già dato il via alla sua politica aggressiva. Lo farebbe supporre il fatto che i mineralogisti si sparpagliano mentre i militari fanno tutti ritorno in Germania. Ma, sia che non sieda più al trono il re che ha sollecitato e protetto la loro pre­senza, sia che più urgenti impegni li richiamino in patria, le ri­cerche dei mineralogisti subiscono una battuta d'arresto e il frut­to del loro lavoro andrà al vento con i foglietti delle casse di Hermann. Unica consolazione: i sistemi di ricerca, introspezione e scavo, usati dai gruppi stranieri introducono nel campo della mineralogia e metallurgia meridionale il principio dell'applicazio­ne di precise metodologie scientifiche. La carenza di metodo, i progressi delle contemporanee siderurgie europee, problemi lo­cali a Stilo e Mongiana, la quale pur nuovissima non è in grado di fornire i frutti attesi, spingeranno il governo di Ferdinando IV a bandire nel maggio del 1789 un concorso per un viaggio di studi mineralogici e di aggiornamento tecnico da effettuarsi in Sas­sonia, Baviera, Austria, Francia e Inghilterra. Era pur ora che si pensasse a costruire una classe locale di esperti. Siamo alla fine del “Secolo dei Lumi” e viene bandito dal campo delle scienze teoriche e applicate ogni forma di residuo empirismo.

 

Il bando di concorso, redatto dal generale Giuseppe Parisi fon­datore della Nunziatella, prevede per i vincitori un preliminare soggiorno a Vienna, dove saranno ricevuti dal fratello di Ferdi­nando, l'Imperatore Giuseppe (18), per prendere contatto con la lin­gua tedesca. In seguito i borsisti si sposteranno nella Scuola Mineraria di Schemenitz, dove seguiranno regolari corsi di teoria, e subito dopo frequenteranno i corsi dell'Accademia Mineraria di Freyberg in Sassonia.

Scopi del viaggio: conoscere la composizione chimico-fisica dei minerali, studiare le nuove tecniche estrattive, avvicinarsi al mon­do industriale, impratichirsi nelle più recenti tecniche fusive eu­ropee. Risultano vincitori: Giovanni Faicchio, Carmine Antonio Lippi, Giuseppe Melograni, Vincenzo Raimondini, Andrea Sava­resi e Matteo Tondi.

A riprova della validità dell'iniziativa, la scelta non poteva essere più oculata poiché “i vincitori tutti diedero lustro al Mezzogiorno d'Italia e ancora oggi vengono additati come esempi di cultura e preparazione professionale” (19). Molti di loro infatti ricopriranno importanti cariche accademiche (in patria e all'estero), alcuni ri­vestiranno cariche pubbliche, altri già durante questo viaggio con­seguiranno brillanti risultati nel campo della ricerca pura, altri ancora saranno relatori di interessanti progetti tecnici (20).

Partenza da Napoli nel 1789. I sei, dopo la sosta viennese, sotto la guida di Savaresi, giungono all'Accademia Montanistica di Schemenitz, una scuola dove il pugliese Tondi “ebbe il merito e la soddisfazione di portare un contributo non trascurabile alla metallurgia e alla conoscenza del passaggio ossido-metallo. In­fatti, oltre che dal platino, riuscì ad ottenere regoli metallici (21) da minerali di manganese, molibdeno e tunghsteno, nonché i rispet­tivi metalli dagli ossidi di calcio, magnesio, bario. Era un risultato notevole, mai raggiunto fino allora nella scuola… ” (22).

Il viaggio inizia dunque sotto i migliori auspici ma purtroppo, in qualche caso, si concluderà in maniera burrascosa. L'anno di partenza è quello della Rivoluzione e vede i sei proseguire il giro europeo in un'atmosfera surriscaldata dagli avvenimenti francesi. Da Schementiz, sfumata l'atmosfera incoraggiante della partenza, si dividono in coppie, e proseguono separatamente il viaggio at­traverso impianti e giacimenti. La coppia formata dal pugliese e dal salernitano è la più brillante ma la peggio assortita. Alla socievolezza, simpatia e amabilità di Tondi fa riscontro in Lippi un carattere impulsivo, mutevole e intollerante. Tatto e indole uniti ad una solidissima preparazione, varranno a Matteo Tondi a fargli ricoprire cariche prestigiose nel mondo scientifico europeo (23). Al contrario, Carmine Antonio Lippi vivrà un'esistenza avara di sod­disfazioni per il suo carattere “incapace a trattar le cose colle­gialmente” (24) che lo porterà a isolarsi dal mondo scientifico uf­ficiale, ed in parte alle sue idee e progetti farraginosi, anche se qualcuno particolarmente brillante, come la ideazione del primo ponte metallico sospeso costruito nel napoletano, disteso tra il 1822 e il 29 sul fiume Garigliano e distrutto purtroppo nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, durante la battaglia di Cassino (25).

Tondi e Lippi, dopo numerose peripezie attraverso l'Europa in fermento, dopo aver scartata l'ipotesi di una sosta in Francia, approdano in Inghilterra, dove, in contrasto alle calorose mani­festazioni riservate loro nel resto d'Europa, i due ricevono dai nuovi ospiti una accoglienza ostile. Si unisce alla usuale com­postezza britannica, cui pure i “napoletani” sono preparati, la diffidenza verso una coppia di spie industriali ante litteram, ve­nuta a carpire i più recenti segreti del mestiere. In Inghilterra, infatti si è sviluppata una potente industria siderurgica con tec­niche completamente innovative, che hanno permesso agli inglesi di avvantaggiarsi considerevolmente sul resto dei paesi industria­lizzati del continente. Già da molti anni, l'enorme consumo di legname - necessario all'andamento dei forni - aveva costretto il governo ad emanare severe norme di restrizione per la salvaguardia di un patrimonio indispensabile alla produzione can­tieristica; problema che, avvertito anche dalle rimanenti potenze continentali, solo in Inghilterra aveva trovato geniale soluzione con l'adozione del metodo elaborato nel 1730 da A. Darby. Dopo aver sottoposto il carbon fossile a distillazione ricca, Darby aveva ottenuto il coke che, sostituito nell'altoforno al carbone vegetale, si era rivelato un ottimo mezzo riscaldante e riducente. La dif­ficoltà di combustione del carbone di Darby era stata in seguito superata grazie all'immissione nei forni di aria preriscaldata ad alta pressione resa possibile dall'applicazione, intorno al 1775, della rivoluzionaria macchina a vapore di Watt.

È intuibile quindi quanto gli inglesi siano interessati a difendere la propria privacy dai due intrusi i quali giungono in Inghilterra nel 1795, un periodo in cui un'altra valida applicazione va diffonden­dosi nel campo della raffinazione delle ghise: l'uso dei forni a riverbero. Ma, grazie a sotterfugi “napoletani”, Tondi e Lippi rie­scono a visitare giacimenti in Scozia, Irlanda, Isole Orcadi, Islan­da, e trovano il modo di ispezionare impianti gelosamente cu­stoditi. Nelle isole inglesi, come già in Europa continentale, con­tinuano a fare incetta di reperti minerari; ne riempiono casse intere. Stessa operazione portano avanti gli altri colleghi in giro sul continente e l'ingombrante fardello, sempre al seguito, crea un impaccio continuo; ma hanno l'obbligo di raccoglierli e gli ambasciatori napoletani accreditati presso le varie sedi hanno l'or­dine di fornire appoggio e assistenza (26). Saranno le casse dei mineralogisti, ma soprattutto quelle di Lippi e Tondi, a fornire il materiale espositivo al Real Museo Mineralogico, la prima in ordine cronologico delle grandi istituzioni scientifiche napoletane del secolo XIX (27).

Al termine del sopralluogo inglese, Tondi e Lippi si separano e, con alterne vicende (28), fanno ritorno in patria dove si riuniscono agli altri compagni già giunti alla spicciolata. È il 1797, il viaggio è durato otto anni.

[fig.4]

Il “Ferdinandeo”, ponte sospeso sul Garigliano. 1822-1829.       Gli elementi strutturali furono realizzati  nelle Ferriere di Razzona di Cardinale, in Calabria. (Napoli: Museo Filangieri).

Il gruppo si è appena ricostituito, che il governo decide di rendere operative le conoscenze accumulate; in vista dell'imminente ri­presa delle ostilità contro i repubblicani francesi, alcuni dei suoi componenti sono inviati in tutta fretta in Calabria a riprendere gli studi geologici abbandonati all'epoca dei sassoni e a riorganiz­zare la Mongiana che non dà segni di efficienza.

Nuova partenza in quattro: Tondi, Melograni, Faicchio e Savaresi ai quali si accodano una dozzina di scavatori tedeschi, un ingegnere e un pittore che “fotograferà” il progredire dei lavori come documentarista.  

Pochi i progressi segnalati nel campo minerario; i minatori te­deschi non si dimostrano all'altezza della loro fama. Nuove ricerche condotte a Pazzano portano all'apertura di tre nuove gallerie puntualmente “fotografate” dal pittore (29). Purtroppo gli anni e il terremoto del 1783 hanno cancellato le tracce del passaggio di Hermann, Schott e compagni, e i giacimenti segnalati all'epoca di Carlo non sono più localizzati.

 

[fig.5] 

Il "Ferdinandeo" nel 1935 ancora intatto, con l'antica carreggiata formata da Tavolame.

 

 

Migliori risultati alla Mongiana, anche se qualche smacco sarà subìto dai mineralogisti tra l'ironia dei vecchi artefici della ferriera: una nuova fornace alla tedesca, corredata da mantici in legno ritenuti più efficaci delle trombe idroeoliche già in uso, sarà diroccata perché mal riuscita e ricostruita secondo l'antico metodo.

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