Le Reali Ferriere      

ed Officine di  Mongiana

 

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Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Tavola Misure Regno delle Due Sicilie

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Real Decreto e Regolamento

Bibliografia

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Capitolo 3  

(4°)

Proiettili per artiglieria e cannoni

“Occorrono 4 uomini per la costruzione delle palle...”, precisa il “Regolamento per l'Amministrazione e Condotta” valido dal 1790, emendato nel 1792, in tutte le ferriere del regno (1).

Per essere “ammesso” dall'Artiglieria, il proiettile richiede il la­voro congiunto di ben quattro ferrazzuoli; a seguire tutte le di­sposizioni del regolamento, ci si rende conto di quanto, fusione, getto e calibratura lascino ben poco all'improvvisazione e invece abbiano bisogno di “uomini d'arte” con lunghissima pratica alle spalle: “...si devono scaldare due barre di ferro insieme affinché l'una s'arroventisca, nel mentre che l'altra si lavora, e così non si perda tempo. Uno dei Forgiari fa la palla, due battono, il quarto soffia e ha cura del fuoco. Quando è caldo il ferro il Forgiaro lo piglia colla mano sinistra, ne presenta l'estremità sulla parte in­feriore dello stampo, e colla dritta sopra pone lo stampo superiore, gira continuamente il ferro nella sua mano, nel mentre che gli altri battono, sin tanto che veggasi la palla attondita, allora lascia lo stampo, presenta la lunetta a caldo alla palla, la quale non deve ancora passarvi; se è soverchio grossa, la ribatte di nuovo nello stampo, ed arrivata al punto che la vuole situa la coda della medesima sul tagliatore verticale, abbandona le stampo, piglia il tagliatore a manico, col quale distacca la palla per mezzo di un colpo dato da uno dei forgiatori.. Essendo divisa la palla dalla sbarra di ferro, il Forgiaro la piglia con una molletta e la rimette nel suo incavo dove finisce di tondeggiarla, facendola ribattere a piccoli, ma spessissimi colpi e girandola in tutti i sensi. Così perfezionata deve passare la palla nel calibro a caldo e non in quello a freddo. ” (2).

I calibri sono di quattro tipi, e si misurano in pollici, linee e punti. Da un lato la conoscenza e l'applicazione della legge di dila­tazione termica sembra donare all'operazione un senso “scienti­fico”, dall'altro sembra che il tutto si risolva in una appallotto­latura assai simile a quella di una mollica di pane tra le dita. Ma la cosa non è così semplice: si parte da ferro-barra “tirato a maglietto” a otto facce e "si fanno le palle dentro stampi formati da due pezzi; quello di sotto piatto, è mantenuto sull'incudine per mezzo di una coda quadra e puntuta, che s'intromette in uno dei buchi comunemente praticato nell'incudine, quello di sopra è fat­to a norma di martello. Per costruire la parte inferiore dello stam­po si principia a formare la coda all'estremità di una barra di ferro... Si taglia la barra secondo la sua grossezza... Si salda in questa un pezzo d'acciaro... Nel mentre il pezzo destinato a for­mare l'incavo stà rovente si comincia detto incavo per mezzo di un punteruolo acciarato e temperato e tondo... S'ingrandisce poi per mezzo di una palla fredda del calibro di cui si vuole lo stam­po..." (3).

La teoria è esauriente, la pratica è tutt'altra cosa perché il pro­cedimento, esclusivamente manuale, richiede ancora decine e de­cine di singole precauzioni. Non stupisce dunque che solo nel 1810 il Corpo d'Artiglieria abbia dato ai “maestri ferrazzuoli” di Mongiana la soddisfazione di vedere “ammessi” i proiettili da loro confezionati, ma ciò soltanto perché nel frattempo il me­todo codificato nel 1790 era stato cambiato. Il vecchio metodo, imposto dal “Regolamento”, era il cosiddetto “getto in conchi­glia”, sostituito alla Mongiana nel 1801 dal capitano Ribas con il più pratico e “moderno” sistema dello “staffaggio in sabbia”.

[fig.65]

Staffe di colaggio per bocca da fuoco e sistema per impedire il rapido raffreddamento del getto (Planche de l’Encyclopédie).

Il vecchio faceva del proiettile una vera “scultura”, quello introdotto da Ribas, meno complesso e più veloce, permetteva di colare il ferro fuso nelle forme e assicurava una rapida produzione di serie. Dalla semplice palla alla laboriosa fabbricazione di cannoni le difficoltà, sul finire de sec. XVIII, aumentavano ma restavano pressocché invariati i mezzi tecnici a disposizione: magli, incu­dini, martelli, staffe, perizia manuale, molta esperienza, cioè mol­to “mestiere”. La calibratura, quasi a occhio, faceva delle bocche da fuoco “pezzi unici” nei quali l'approssimazione andava a tutto svantaggio dell'efficienza e dell'operatività bellica del Corpo costretto a usare in guerra proiettili che assai di rado combaciavano le bocche.

[fig.66]

Barena d’alesaggio per bocca da fuoco. (Planche de l’Encyclopédie).

Anche nel campo della produzione d'artiglierie, l'adozione di tec­nologie “avanzate” (barene per l'alesaggio meccanico) permette d'abbandonare la fase artigianale per immetterla in quella indu­striale della lavorazione di serie.

L'uso delle staffe rappresenta uno scatto di qualità, e di quantità, sia nel campo dei cannoni che in quello dei proiettili: “ridotto allo stato di acqua (ferro liquefatto) si prende colle cocchiaja di ferro dolce guarnite d'argilla, e si cola nelle forme che a bella posta si sono formate avanti la fornace, secondo quello che si vuole fondere­....... Le forme dei proietti sono alcune staffe di legno in due metà che immettendone della terra battuta si fa il vacuo del proiettile con un lobo di bronzo del calibro che si domanda il quale dopo aver lasciato la sua impressione nell'arena si toglie facendo un buco nell'arena stessa con strumenti di ferro, chia­mato bocchino, per mezzo del quale s'intromette il ferro lique­fatto..." (4).

[fig.67]

Nomenclatura della fornace a riverbero, e strumenti per palle infuocate. Da “Tavole pel progetto di ordinanza…” op. cit..

Le staffe sono di legno, sono fabbricate dai "modellatori fale­gnami"; il legno è ricoperto di un impasto modellato di creta e “zimmatura”: argilla refrattaria e peli di capra che assolvono la stessa funzione di coesione e tenuta che le fibre di vetro svolgono nell'odierna lavorazione delle plastiche termoindurenti. Il sistema a colata dimezza i tempi di lavoro, garantisce forme perfette e calibri costanti, è preludio a più complesse fusioni; il proiettile può essere sia pieno che vuoto: inizia dunque a Mongiana la produzione delle granate esplodenti. La colata nelle staffe per­mette d'avviare lavorazioni standard e tentare poi getti di mole sempre maggiore di cui le colonne della Fabbrica d'Armi sono gli unici esempi oggi noti.

[fig.68]

Progetto di bocca da fuoco a due canne elaborato da tecnici della Mongiana. 1821 (ASMN, Comando Artiglieria). 

L'aumentata “scientificità” dei metodi di lavorazione è accom­pagnata dal supporto di un nuovo tipo di teoria meno arida e più concreta: “...e son congiunte a questa nobilissima manifattura militare una sala di modelli in sesta parte del naturale; una col­lezione di disegni; una raccolta di strumenti di verificazione, fra' quali una pregevole e recente stella mobile per bene esplorare le anime delle artiglierie, mercé due sole punte mobili e non quattro si come nell'antico magistero; un picciol museo mineralogico, il quale, cominciato riccamente e con sapienza del famoso Breislak, era andato mestamente in rovina per le vicissitudini de' tempi; una mostra di disegni intorno alle generazioni diverse di fossili per dimostrare quasi fossero i terreni, come se fosse una nu­mismatica naturale e parlante; ed un laboratorio ancora, perocché abbracciando le artiglierie il vasto campo delle arti chimiche e meccaniche sono a tale di continuo a dover cimentare i com­ponenti di un minerale, o di un metallo, determina pesi e volumi, levar a meglio di una lega, entrar ne' visceri di un'argilla, e tante e tante cose simiglianti” (5).

[fig.69]

Fucile borbonico da fanteria modello “Mongiana”, con canna rigata ed alzo graduabile, del tipo prodotto tra il 1852 e il 1860, in dotazione ai reparti di “carbinieri” dei reggimenti di fanteria.

(Proprietà Arrigoni, Gorgonzola).

Caratteristiche:

Lunghezza totale: 1461 mm

Lunghezza della canna: 1082 mm

Lunghezza della parte di canna sporgente dal bocchino: 67 mm

Peso: 4500 gr

Calibro: 17,5 mm

Righe: 4

Alzo a cursore graduato da 0 a 700

Attacco per baionetta a ghiera

Grilletto avvitato tra due alette dello scudo

Bacchetta con testa a pera

Acciarino molla indietro

Cane di tipo francese

(da Arrigoni, Cimmino, op. cit.).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Mongiana, diventata cantiere permanente, ospita a fasi alterne tecnici “di grido”. Creata la classe dei tecnici, giungono i teorici a sperimentare i nuovi processi e a indottrinare le maestranze che dovranno mettere in pratica l'ultima teoria; la ferriera si trasforma in laboratorio dove la pratica convalida o boccia la teoria.

In alcuni periodi l'attività appare stagnante, in altri l'accresciuta tecnologia imprime un movimento tumultuoso. Nel 1837, riformato il Regolamento di Fonderia, la Mongiana comincia a produrre grossi calibri per le piazzeforti del Regno, ne appronta svariate decine a campagna annuale. I modelli provengono in genere dal­l'Arsenale di Napoli che ha mansioni di coordinatore delle pro­duzioni e cura il cambio e l'unificazione delle dotazioni ai Corpi dell'Esercito e della Marina. Qualche volta i tecnici, giunti a Mon­giana, si lasciano andare a iniziative autonome, lanciandosi in voli pindarici ed accarezzano l'impossibile. Pensano di poter realiz­zare un cannone a doppia canna, antesignano delle torri binate navali, provando in teoria la strada del “cannone mitragliatore” con tanto di manovelle di ricarica (6).

[fig.70]

Acciarino del “molla indietro”, con dicitura “Manifattura Reale di Mongiana”. 1854.

Possiamo fare discorsi di riesumazione, possiamo parlare delle armi, di una produzione “militare”, che in qualche raro caso è riuscita a giungere fino a noi. Dell'altra, della produzione “civile” non resta più nulla tranne notizie frammentarie d'archivio su ponti sospesi, travi metalliche, componenti per ferrovie e su tutta una serie di manufatti le cui descrizioni fanno pensare che la Mon­giana non avesse più nulla d'artigianale e si fosse avviata sui binari di un brillante futuro. Invece i suoi sforzi saranno vanificati, sarà disperso sia il patrimonio tecnico-culturale che faticosamen­te si era costruita, sia, per quanto ci riguarda, tutto il patrimonio iconografico che oggi avrebbe potuto costituire il suo “testa­mento”.

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