Le
Reali Ferriere ed Officine di Mongiana |
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Capitolo 3 (1°) Tecnologie di produzione L'arte
di fondere i metalli è tra quelle che riservano il maggior numero di sorprese e
cocenti disillusioni a chi la pratica. Cariche discontinue, fondenti inadatti,
miscele improprie, anomalie di raffreddamento, strutture non omogenee,
imperfezione nei modelli e squilibri nella cristallizzazione provocano cediture
improvvise per sbalzi lievi di temperatura, screpolature e dannose contrazioni
di raffreddamento. Al
fonditore è indispensabile un corredo di cognizioni teoriche da volgere
continuamente in pratica; piccole disattenzioni nel progredire delle fusioni
rovinano irrimediabilmente processi e prodotti. La
ferriera rappresenta uno degli esempi più antichi d'impossibilità di
improvvisare un'industria e di quanto invece il suo evolversi deve compiersi
su un supporto di solide basi tecnico-scientifiche. La
Mongiana infatti registra il suo primo salto di qualità solo dopo l'arrivo dei
mineralogisti, i primi tecnici a mutare le cognizioni radicate negli artefici,
e a indicare la strada corretta da seguire per conseguire il passaggio dalle
fasi artigianali a quelle più propriamente industriali. All'inizio, i loro
sforzi furono vanificati dall'atteggiameto conservatore di capi-fonditori ma
in seguito, compresa la lezione, costoro dimostreranno di fare sempre buon uso
dei consigli dei tecnici. Condensare in poche pagine l'evoluzione tecnica di Mongiana lungo un arco di tempo della durata di oltre cento anni riesce difficile: ci limiteremo perciò a prendere in considerazione i metodi di lavorazione usati nell'ultimo decennio “borbonico” cercando d'illustrare il ciclo produttivo. Minerali - Esplotazione e trattamento Il
minerale proviene dai giacimenti del Monte Stella di Pazzano dove nel
decennio, 1850-'60 è estratto dalle gallerie Immacolata, Lucarello e Scolo,
diviso già nelle due qualità di compatto e sfranto (etite, limonite e ematite
bruna compatta, o friabile). La galleria Scolo è l'unica munita già dal 1845
di binari per carrelli di trasporto, le altre due ne sono ancora sfornite e il
minerale è trasportato alla bocca di miniera con semplici carriole a mano (1).
L'areazione è insufficiente per la notevole profondità dei pozzi (da 400 a 900
metri) e per la mancanza di efficaci aperture di sfogo ai vari livelli; la
potenza del banco coltivato varia da pochi decimetri a quattro e più metri.
La
coltivazione è assai semplice: incontrato il banco con la galleria di
traversa, lo si segue a sinistra e a destra con gallerie di prolungamento che si
addentrano nella vena là dove si presenta più abbondante; l'uso di mine è
limitato a piccoli spari perché la vena cede facilmente al piccone e al cuneo
percorso dalla mazzola. L'esplotazione continua durante tutto il corso dell'anno; il numero di minatori oscilla tra le 100 e le 140 unità ma è aumentato o diminuito in rapporto alle esigenze della ferriera; i minatori sono alle dirette dipendenze del capitano alle Miniere (ufficiale geologo assistito da quattro capigalleria). La media di minerale estratto fino al 1854 per la carica degli altiforni Santa Barbara e Sant'Antonio si aggira intorno alle 15000 cantaia l'anno ma con l'attivazione del San Ferdinando e del San Francesco la media sale a 50000 cantaia. |
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