Le Reali Ferriere      

ed Officine di  Mongiana

 

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Prefazione

Introduzione

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Tavola Misure Regno delle Due Sicilie

Indice Appendice

Real Decreto e Regolamento

Bibliografia

Bibliografia generale

Indice delle abbreviazioni

Indice delle note

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Capitolo 3 

(1°)

Tecnologie di produzione

L'arte di fondere i metalli è tra quelle che riservano il maggior numero di sorprese e cocenti disillusioni a chi la pratica. Cariche discontinue, fondenti inadatti, miscele improprie, anomalie di raf­freddamento, strutture non omogenee, imperfezione nei modelli e squilibri nella cristallizzazione provocano cediture improvvise per sbalzi lievi di temperatura, screpolature e dannose contrazioni di raffreddamento.

Al fonditore è indispensabile un corredo di cognizioni teoriche da volgere continuamente in pratica; piccole disattenzioni nel pro­gredire delle fusioni rovinano irrimediabilmente processi e pro­dotti.

La ferriera rappresenta uno degli esempi più antichi d'impossi­bilità di improvvisare un'industria e di quanto invece il suo evol­versi deve compiersi su un supporto di solide basi tecnico-scien­tifiche.

La Mongiana infatti registra il suo primo salto di qualità solo dopo l'arrivo dei mineralogisti, i primi tecnici a mutare le co­gnizioni radicate negli artefici, e a indicare la strada corretta da seguire per conseguire il passaggio dalle fasi artigianali a quelle più propriamente industriali. All'inizio, i loro sforzi furono vani­ficati dall'atteggiameto conservatore di capi-fonditori ma in se­guito, compresa la lezione, costoro dimostreranno di fare sempre buon uso dei consigli dei tecnici.

Condensare in poche pagine l'evoluzione tecnica di Mongiana lungo un arco di tempo della durata di oltre cento anni riesce difficile: ci limiteremo perciò a prendere in considerazione i me­todi di lavorazione usati nell'ultimo decennio “borbonico” cercan­do d'illustrare il ciclo produttivo.

Minerali - Esplotazione e trattamento

Il  minerale proviene dai giacimenti del Monte Stella di Pazzano dove nel decennio, 1850-'60 è estratto dalle gallerie Immacolata, Lucarello e Scolo, diviso già nelle due qualità di compatto e sfranto (etite, limonite e ematite bruna compatta, o friabile). La galleria Scolo è l'unica munita già dal 1845 di binari per carrelli di trasporto, le altre due ne sono ancora sfornite e il minerale è trasportato alla bocca di miniera con semplici carriole a mano (1). L'areazione è insufficiente per la notevole profondità dei pozzi (da 400 a 900 metri) e per la mancanza di efficaci aperture di sfogo ai vari livelli; la potenza del banco coltivato varia da pochi decimetri a quattro e più metri.

[fig,64]

Pazzano. Bocca di galleria nel Monte Stella. 

La coltivazione è assai semplice: incontrato il banco con la galleria di traversa, lo si segue a sinistra e a destra con gallerie di prolungamento che si addentrano nella vena là dove si presenta più abbondante; l'uso di mine è limitato a piccoli spari perché la vena cede facilmente al piccone e al cuneo percorso dalla mazzola.

L'esplotazione continua durante tutto il corso dell'anno; il numero di minatori oscilla tra le 100 e le 140 unità ma è aumentato o diminuito in rapporto alle esigenze della ferriera; i minatori sono alle dirette dipendenze del capitano alle Miniere (ufficiale geologo assistito da quattro capigalleria). La media di minerale estratto fino al 1854 per la carica degli altiforni Santa Barbara e Sant'Antonio si aggira intorno alle 15000 cantaia l'anno ma con l'at­tivazione del San Ferdinando e del San Francesco la media sale a 50000 cantaia.

Indice capitolo 3

 

 

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