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GIORNALINO "NASCI DI NUOVO" N°44PAGINA 2
La mia testimonianza personale
Quando
Roberto venne a casa mia, una sera d'aprile del 1971, e cominciò a parlare
con mio fratello maggiore di un “Dio vivente”, per me fu uno shock. Roberto
Benaglia aveva allora 20 anni ed io lo conoscevo almeno da 4. Era un giovane
normale, come tanti altri della nostra via Zanini a Villafranca di Verona. Forse
un po' più serio e in crisi degli altri ed ultimamente aveva “rotto” con
la religione divenendo ateo. Perciò restai sorpreso quando lo vidi seduto sul
letto assieme a mio fratello Lino (ateo anche lui) mentre gli parlava del suo
incontro con Dio. Fu il primo impatto con un pentecostale, tanto più profondo
in quanto “prima” egli era “uno come noi” e ora lo vedevo radicalmente
trasformato. Per me, cattolico convinto, era una provocazione, non potevo non
andare in fondo a questa strana faccenda, non fosse altro che per tirarne fuori
mio fratello. Lo seguii così per assistere al mio primo culto pentecostale.
Ero
prevenuto e cercavo solo appigli per dimostrare a Lino la superiorità della
Chiesa Romana e la validità delle sue dottrine in confronto alle altre
chiese. Ricordo che la notte precedente mi figuravo un'atmosfera da culto
misterico con penombra, tonache scure, e grande serietà. Invece fui subito
toccato dalla semplicità del locale: piccolo, spoglio e senza fronzoli o
statue; c'erano solo alcuni grandi quadri con versi biblici, ben scelti. Ognuno
dei circa 40 astanti sembrava partecipare con la massima concentrazione alle
parole che estemporaneamente rivolgeva loro il pastore, un uomo sui 40 anni,
vestito come tutti noi e che ispirava subito una sincera simpatia. I cantici
erano pure partecipati e i loro temi erano di celebrazione e di gioioso
ringraziamento. Poi venne la preghiera e il locale si riempì di mormorii,
dei quali spiccava ogni tanto qualche “alleluia”, “gloria a Dio” o
“lode al Signore”, sottolineati da un tono di voce leggermente più alto. A
tratti avveniva che liberamente e spontaneamente uno dei presenti alzava la voce
per pregare e quasi ogni frase veniva scandita da “Amen” o “Si, Signore”
che assicuravano il consentimento degli altri alla preghiera. Di
colpo mi resi conto di due cose: quella gente parlava col cuore a un Dio vero,
vivo, che sembrava a loro molto vicino; in secondo luogo mi accorsi che io non
potevo fare lo stesso, pur sforzandomi, perché non avevo quel rapporto così diretto,
intimo, che essi sembravano godere. Quando
cominciai a sentire le prime preghiere “in lingue” la mia attitudine critica
si era già considerevolmente ammorbidita. Le lingue mi incuriosivano, ma
nello stesso tempo mi sembravano quasi naturali in quel momento, in quel luogo;
percepivo che si trattava di qualcosa “tra loro e Dio” e mi sembrava fuori
luogo speculare su ciò che dicevano o sentivano. Tutti avevano in mano una
Bibbia e notai che la maneggiavano con notevole padronanza; molte Bibbie erano
sottolineate o contenevano foglietti con appunti. Le libere testimonianze di
quantI avevano testimoniato precedentemente e, infine, la predicazione, non
fecero che confermare il giudizio sostanzialmente positivo che ero venuto
formandomi in quell'ora e mezza. Già…
eravamo rimasti lì per un'ora e mezza e il tempo era volato. Non ero riuscito
a trovare quasi nulla da contestare; per uno come me era già una sconfitta!
Inoltre mi aveva colpito una coincidenza: quel giorno era l'11 aprile del 1971
che, oltre ad essere la data del mio compleanno, quell'anno coincideva con la
Pasqua. Comunque
nulla era cambiato nella mia posizione, non avrei MAI lasciato la Chiesa
Cattolica; infatti la settimana dopo a casa di Roberto, l'amico che mi aveva
introdotto in questo movimento, feci chiaramente comprendere le mie attitudini
bellicose difendendo a spada tratta le dottrine cattoliche in circa 2-3 ore di
discussione. Non potevo accettare le loro istanze di convertirmi per essere
salvato e ricevere nuova vita: continuavo a sostenere di essere già cristiano
e di aver ricevuto la grazia tramite i sacramenti. Fui
perciò preso di contropiede quando qualcuno (c'erano pure mio fratello ed altri
5, in quel salotto) propose di chiedere a Dio di dimostrarci cosa ne pensasse
LUI. Così ciascuno si inginocchiò, chi davanti a una poltrona, chi davanti ad
una sedia; lo feci anch'io, anche se era la prima volta che pregavo, insieme ad
altri, in un salotto! E
ancora provai la mia incapacità ad avere quella diretta comunione con Dio
che gli altri presenti, con gioia e riconoscenza, dimostravano nella loro
preghiera informale e sincera. In
quei pochi giorni mio fratello Lino si era dato anima e corpo a Dio e non faceva
che leggere la Bibbia e frequentare questi pentecostali. Per questo lo
consideravano già convertito e quindi “pronto” a fare un'esperienza che per
me era completamente sconosciuta. Si avvicinarono dunque a Lino e pregarono
affinché anch'egli ricevesse il battesimo nello Spirito Santo e parlasse in
altre lingue. Notai
che fu subito scosso da tremiti e pianse in modo accorato per i peccati da lui
commessi, pieno di riconoscenza verso Cristo, che aveva pagato sulla croce per
lui. Quindi, prima sommessamente, poi sempre più a voce alta cominciò a
parlare in altre lingue. Parlò in inglese e continuò a farlo in ogni riunione di culto nei mesi successivi, destando la curiosità di molti amici increduli che venivano ad ascoltarlo. continua alla pagina successiva pagina1 - pagina2 - pagina3 - pagina4 - pagina5 - pagina6 - pagina7 - pagina8 - pagina9 - pagina10 - pagina11 - pagina12 |
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