Le Reali Ferriere      

ed Officine di  Mongiana

 

Home Page

Prefazione

Introduzione

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Tavola Misure Regno delle Due Sicilie

Indice Appendice

Real Decreto e Regolamento

Bibliografia

Bibliografia generale

Indice delle abbreviazioni

Indice delle note

Tutte le Immagini

Home Page

 

Capitolo 4

viabilità

Ancora agli inizi del secolo scorso in Calabria non era raro il caso di viaggiatori che facevano testamento prima di mettersi in cam­mino. I pericoli da affrontare erano diversi: lupi, briganti e la “selvaggia” natura appenninica. Ma anche altri ostacoli preoccu­pavano chi si accingeva al viaggio: egli avrebbe dovuto sostenere i disagi di una rete viaria molto tormentata e poco sviluppata. La parte “percorribile” era limitata a pochi tratti. Nessuna trasver­sale che non fosse poco più di una mulattiera collegava Ionio e Tirreno; per cui la zona interna restava praticamente emarginata dal resto della regione. Né la stessa fascia costiera era servita per intero da un'efficace asse di collegamenti viari; si era perciò costretti ad effettuare gran parte dei trasporti per mare, soprat­tutto quelli con Napoli, nonostante le incognite della navigazione.

Dopo il periodo murattiano che pure portò l'apertura di nuovi uti­lissimi tracciati, soprattutto nella zona di Vibo Valentia (allora Monteleone), i Borboni, spinti dal desiderio di avvicinare la Ca­labria a Napoli, memori dello sbarco e del tentativo di solleva­zione tentato da Murat, svilupparono il tracciato che dalla capi­tale giungeva, via Monteleone, a Reggio Calabria. L'opera fu com­plessa: la nuova arteria dové superare il gruppo montuoso del Cilento e poi affrontare il passo di Lagonegro; da qui la strada risaliva ogni volta che giungeva ad un centro abitato per poi ri­discendere nuovamente a valle; e così fino a Monteleone, da cui tagliava definitivamente per l'interno, evitando lo strapiombo della Costa Viola.

Fino agli inizi di questo secolo, la Calabria, nonostante i suoi 800 chilometri di coste, si è sviluppata prevalentemente all'interno (Cosenza, Catanzaro, Nicastro) su impianti e tracciati viari pret­tamente medioevali. Anche i numerosi comuni che dal XII secolo in poi sorsero lungo le coste non cercarono mai un contatto trop­po stretto con il mare, tenendosene a distanza, come elemento da temere, probabile portatore di pericoli.

Questi piccoli centri “costieri”, ancora alla metà dell'ottocento, erano collegati all'asse di attraversamento interno con tortuose bretelle, e quindi tra loro non avevano un contatto diretto (1).

Sul versante ionico i trasporti erano resi meno difficoltosi dalla costa pianeggiante; comunque il tracciato ionico costituiva un'al­ternativa relativa rispetto a quello tirrenico poiché, per raggiun­gere Napoli da Reggio, si doveva superare l'intera catena appen­ninica per riguadagnare il Tirreno.

 

Un'attività industriale quale quella di Mongiana, intorno al 1820 ormai in fase di assestamento e di crescita, non poteva non ri­sentire di questo stato di cose che le creava difficoltà sia per l'approvvigionamento dei materiali che per la spedizione dei ma­nufatti, soprattutto al deposito di Pizzo, da dove, imbarcati, ve­nivano spediti a Napoli.

Ferdinando II, sollecitato soprattutto dalle esigenze della Mongia­na, finì per ampliare un suo vecchio progetto del 1828 e, nel 1837, dette inizio al tracciato Pizzo-Mongiana (2). A questa decisione non lo spinsero tanto le suppliche dei vari direttori della Mongiana, né tanto meno quelle dei molti sindaci dei comuni delle zone interne tra Serre e Tirreno. L'occasione che determinò questa decisione fu la polemica “Zino-Del Re” che in quegli anni dibatteva il costo eccessivo del ferro prodotto nel Regno (3). Una volta presa la decisione di collegare la Ferriera di Mongiana al porto di Pizzo, Ferdinando, sullo slancio, decise anche la realizzazione di un at­traversamento completo tra i due mari, scavalcando l'Appennino, in un punto che si presentava favorevole, poiché la distanza in linea d'aria tra Ionio e Tirreno è poco superiore ad una ventina di chilometri.

L'entusiasmo per questa decisione fu tale che, prima ancora che il progetto fosse ultimato, l'intendente della Provincia della Ca­labria Ultra Seconda mise a disposizione dell'opera circa 12.000 ducati, stornandoli da voci di spesa già previste per i comuni di Tirolo, Gotrone, Nicastro e Tropea. I responsabili dello stabili­mento di Mongiana non potevano che rallegrarsi nel vedere il con­cretarsi di un elemento di sicura propulsione per l'attività produt­tiva. La strada, quasi a suggellare il suo scopo primario, fu de­nominata “Strada della Mongiana”

Anche le comunità montane inviarono ringraziamenti al Sovrano per la “bontà” della decisione, la quale avrebbe finalmente al­leviato l'isolamento cui erano condannate.

Ma quando il tracciato di progetto fu ultimato e reso noto, la gioia di molti comuni si trasformò in delusione cocente, ed intorno al tracciato si aprì una polemica aspra. Gli scontri tra i sindaci fu­rono violenti; le polemiche degenerarono spesso in aperte accuse di favoritismi e disonestà. Nuove suppliche, questa volta di tono risentito, furono inviate a Ferdinando, affinché fosse rivisto il trac­ciato, considerato dagli esclusi come quello tecnicamente più complesso ed oneroso. Di tutti loro si fece portavoce il sindaco del Comune di Monterosso che, con l'unanimità del Consiglio co­munale, inviò al monarca una relazione-supplica molto puntuale.

 

Comune di Monterosso

Verbale di discussione del 19 settembre 1845

A Sua Maestà Ferdinando II

Essendosi Sua Maestà in seguito dell'ultimo suo viaggio per la Calabria degnato ordinare la costruzione della strada dalla foce fiume Angitola alla Marina di Soverato, ha con ciò sempre piu dimostrato il costante suo desiderio mai disgiunto dal forte volere di procurare a' suoi amatissimi sudditi tutti que' vantaggi dipen­denti dalle paterne Sue Cure. Il Consiglio quindi, a proposta del consigliere Basile, onde meglio far corrispondere il risultamento allo scopo non reputa superfluo, né tardi, il sommettere all'alta Sapienza della Maestà Sua, ch'essendosi dato principio alla trac­cia della strada che dall'Angitola metter dovrà al Reale Stabili­mento di Mongiana, quest'accenna il suo andamento pei Comuni di San Nicola e Vallelonga. E poiché le due strade han molta correlazione tra loro, il Consiglio, per tutta la tal seduta e per le altre che appresso saranno meglio sviluppate, si fa esporre le seguenti circostanze di fatto, quali potranno determinare la sua mente e portare qualche variazione al piano dell'opera della Mon­giana già tracciata e così ottenere una maggiore solidità e durata dell'opera stessa di quanto ne offre la già principiata. Maggiore aggevolezza e comodità a più spedito e sicuro cammino. Il Ri­sparmio considerevole di spesa oltre il profitto qualunque sia si per la miniera di Piombaggine cui s'andrebbe ad avvicinare la strada, mercè la bramata variazione la quale consiste nel farla svolgere per lo Comune di Monterosso invece di quello di S.Ni­cola da Crissa... (4).

 

In una relazione aggiunta alla supplica si sosteneva che il trac­ciato alternativo a quello di progetto avrebbe evitato i molti bur­roni dell'altro, con la costruzione di un solo grande ponte più alcuni piccoli “occhi di ponte”, e che esso avrebbe avuto il van­taggio del Sostegno di una natura “a tufo e scogliera”, più solida del terreno franoso in cui si sarebbe dovuto realizzare quello pre­visto.

Un'altra petizione ancora, sotto il profilo tecnico molto dettaglia­ta, fu inviata all'Intendente della Provincia, il quale pensò bene di passare la patata bollente più in alto.

 

Il Presidente dell'intendenza della Provincia ha ordinato lettura d'una supplica del sig. Gio. Battista Massara diretta al Sig. In­tendente della Provincia... (il Consiglio) ad unanimità ha delibe­rato e delibera di non poter emettere un voto sulle riflessioni con­tenute nella settima proposta del Consiglio Distrettuale di Mon­teleone, e sul merito della supplica del Sig. Massara, e perciò rimetterà originalmente questa, e quella per tenere all'Eccellen­tissimo Ministro sullodato per quelle determinazioni di giustizia nell'interesse del pubblico bene, che meglio converranno... (5).

 

Le polemiche sul tracciato ebbero lunghi strascichi che si pro­trassero anche dopo l'appalto dell'opera. L'amarezza di coloro che si vedevano ancora una volta disillusi era tarda a sopirsi, al punto che le suppliche cominciarono a prendere un tono inusuale e le critiche a divenire aperte e feroci.

 

Sire,

genuflessi innanzi alla M. V., il Clero ed il Sindaco e Decuriato di

Monterosso in Calabria Ultra Seconda, col più profondo rispetto si umiliano, che si tradì la verità con positivo danno anche del Real Tesoro e del pubblico bene dal delegato ingegnere Signor Palmieri, per contentare i di lui superiori Signor Pruggi, il quale fece di tutto per privata vendetta, onde questo Comune non ot­tenesse il beneficio della strada che giungere deve i due man Tirreno e Ionio con prolungarsi a' Reali Stabilimenti di Mongiana, perché esso Signor Pruggi, si volle profittare di più cantaja di querce per fare il ponte sotto-acqua nel fiume Angitola, ed il Sin­daco di allora lo respinse con la forza onde non farli abbattere, se non dietro estima e superiore approvazione. Da quell'epoca in poi sempre un odio annidò nel suo cuore, e tradendo la fedeltà del Suo Ministro, colse il tempo di sfogare la sua annosa vendetta nella circostanza dell'ultima perizia ordinata dalla M. V. come dal pregevol ufficio del Signor Direttore Generale di Ponti e Strade del 19 gennaio 1846, impegnandosi spesso il ripetuto suo subor­dinato Signor Palmieri per l'alterazione de' fatti, onde riuscire nel suo malvagio disegno……    Monterosso 16 aprile 1847 (6).

 

A vicenda ormai conclusa, e a “tradimento” perpetrato, i cala­bresi “ingannati” tirarono fuori la loro durezza e dettero alla vi­cenda un sapore tutto meridionale, di contrasti personali ai limiti della vendetta e dell'odio duraturo. Eppure, per dirimerla, fin che si era stati in tempo, erano stati tirati in ballo, tutti gli organi competenti, dal Direttore Generale di Ponti e Strade al Sovrano stesso; ma il tracciato non fu mutato di un centimetro da quello originario.

La strada progettata e poi realizzata dall'ingengnere Palmieri par­tiva dalla confluenza del fiume Angitola con la carrozzabile per Pizzo.

[fig.77]

Stilo, Pazzano e le antiche ferriere di Stilo, in una immagine descrittiva delle caratteristiche naturali della zona, con la catena appenninica, le foreste ed i fiumi. (da Rizzi-Zannoni, op. cit.).

Prima dolcemente, poi con tornanti sempre più stretti, prendeva quota ed attraversava S.Nicola da Crissa, per collegarsi alla dor­sale che scende verso Soverato, sul versante ionico. Da questo bivio, salendo ancora, attraversava Simbario, Spadola, Brognaturo e giungeva a Serra San Bruno, di dove avrebbe dovuto poi rag­giungere Mongiana.

Intorno al 1850 parte dell'opera era stata ultimata, anche se essa non fu realizzata con continuità. Il tronco tra Serra e Mongiana fu aperto più tardi, insieme al tracciato che dal bivio di Arena si dipartiva per Monte Pecoraro, a quota 1.400 metri, da cui ridiscen­deva verso lo Ionio, per collegare le Ferriere di Mongiana alla Ferdinandea ed alle miniere di Pazzano. Lo stesso Marzolla nei rilievi topografici e viari eseguiti in quegli anni (7) dava come ul­timato il solo tratto tra Pizzo e san Nicola da Crissa, mentre se­gnava con linea tratteggiata, cioé come strada ancora in ultima­zione, il tratto tra San Nicola e Serra San Bruno.

[fig.78]

Ponte sull’Angitola: prospetto, pianta e sezione. Progetto di G.Palmieri. 1842.

I percorsi aperti si valsero in piccola parte delle vecchie mulat­tiere; la maggior parte di essi furono ottenuti aprendo nuove vie tra boschi e scavalcando i numerosi ruscelli che obbligarono alla costruzione di un cospicuo numero di ponti.

I trasporti ebbero un immediato impulso, sia per l'aumentata si­curezza, sia per la possibilità di transito di veicoli più grossi; ciò significò una riduzione dei tempi che non è esagerato valutare nell'ordine del trecento per cento.

L'opera richiese una spesa complessiva valutabile in circa 200.000 ducati. Ma prima ancora che si potessero avvertire per intero i benefici dei nuovi tracciati realizzati e di quelli ancora da ulti­mare, un'altra opera non meno complessa contribuì a migliorare la viabilità della zona tirrenica in uno dei suoi punti nodali. Fu gettato un nuovo ponte sul fiume Angitola, più ampio di quello murattiano, là dove partiva il nuovo tracciato per Mongiana, e dove era obbligo di passaggio per Pizzo e Monteleone.

[fig.79]

Ponte sull’Angitola: veduta da valle.

Anche questo progetto fu elaborato dal Palmieri, e fu approvato con Real Decreto del 15 maggio del 1841. L'opera fu appaltata per 58.000 ducati, con un ribasso d'asta del 21%, cioè per circa 46.000 (8).

Nel giro di cinque anni il ponte fu ultimato. La spesa complessiva, ad opera conclusa, ammontò a 52.000 ducati circa, per il maggior onere che si sostenne per le complesse opere di sottofondazione nel letto del fiume.

Nei primi tre anni si realizzarono i punti di fondazione ed i grossi piloni fino all'imposta delle arcate; nei due anni successivi furono girate le nove arcate e si terminò l'opera.

Il ponte è ancora lì a far bella mostra di sé, con un'architettura ben proporzionata e dal disegno articolato, e sostiene un notevole flusso di traffico, certamente più pesante e dannoso di quello che avrebbe dovuto sopportare nelle previsioni di progetto. Nove ar­cate di circa 12 metri spiccano sulle pile alte dai 5 ai 10 metri. Due slarghi agli estremi raccordano molto bene la carreggiata del ponte alla viabilità.

[fig.80]

Ponte sull’Angitola: particolare della struttura.

L'opera fu portata a termine con una tecnologia accurata soprat­tutto per lo studio di malte appropriate, capaci di indurire anche nelle acque del fiume.

“Occorse perciò pensare alla composizione di uno di quei malti o bitume capaci di prendere pronta e forte consistenza in acqua, epperò dopo aver consultato le opere già eseguite da altri più accreditati costruttori, guidati anche dalla esperienza acquisita in circostanze simili, essendosi con anticipazione, quasi un anno pri­ma, eseguiti vari tentativi ed esperimenti circa la scelta e le pro­porzioni delle materie componenti un buon bitume, avuto anche riguardo ai materiali che si potevano avere dal luogo, dietro il conforto de' risultati ottenuti dalle molte esperienze, si poté sta­bilire, che il miglior bitume, e il più conveniente alle circostanze locali sarebbe stato quello composto:

di malta formata metà calcina spenta e metà pozzolana grigia del Vesuvio

parti 8

di sabbione puro parti 3

di frammenti granitici spezzati a martello a mò di brecciame parti 9” (9).

 

[fig.81]

1852. All’epoca risultava ultimato il solo tratto Angitola-San Nicola da Crissa, ed ancora da completare quello per Serra San Bruno (da B.Marzolla, op. cit.).

Per aumentare la quantità delle opere realizzabili a secco, si de­cise di abbassare il livello delle acque ricorrendo ad artifici: fu­rono aperti diversi canali nel letto del fiume, paralleli al suo cor­so, i quali permisero una diminuzione del livello di circa un metro. Per il dimensionamento della platea: “si dava la spessezza di palmi 8, ma per rimanere più tranquilli, tanto rispetto alla qualità del suolo, quanto rispetto alla robustezza, dovendo la medesima ap­poggiarsi sopra un suolo cedevole, ed offrire una resistenza nel senso della sua spessezza, o per meglio dire resistere energica­mente allo spezzamento, inteso anche il parere dell'ispettore nel Ripartimento, che stava sul luogo, si aumentava tale spessezza a palmi 9, e lo scavo si sprofondava per un altro palmo. Alle pile si dava la spessezza di palmi 10, di palmi 13 alle due di mezzo, e di palmi 13 alle spalle: spessezze un po' maggiori di quelle che avrebbero determinato le teoriche per arcate di 40 pali di luce, ma le richiedevano le esposte circostanze; anzi pel fine d'ingrandire le superfici che premono sul masso della platea, si conformavano in giù a piè d'oca sporgenti palmi tre da ciascuna faccia” (10).

 

Ottenuta così la sicurezza della struttura fino all'imposta, furono infine gettate le arcate. La carreggiata superiore, adesso asfal­tata, era un tempo lastricata con bei basoli di lava del Vesuvio, posti a spina di pesce. Su questo ponte passò, soddisfatto, Fer­dinando II quando ritornò nel 1852 in Calabria. Durante questo viaggio il Borbone promise anche la costruzione di una nuova strada, tra Mongiana e la Ferdinandea.

[fig.82]

La viabilità al 1864. Tratteggiato il tracciato ferroviario in costruzione lungo il litorale ionico. (da F.Giordano, op. cit.).

Altri problemi ancora legati alla viabilità erano irrisolti, e riguardavano soprattutto l'approvvigionamento del materiale ferroso. L'alto costo di produzione del ferro napoletano in genere e di quello di Mongiana costringeva molte officine meccaniche private a valersi di ferro prodotto all'estero più a buon mercato. A rendere il costo non competitivo contribuivano ragioni doganali, quindi politiche, ma anche ragioni legate ad una carenza di efficienza organizzativa, soprattutto nel sistema dei trasporti.

Nella ferriera di Mongiana l'incidenza del trasporto del minerale dalle miniere di Pazzano agli altoforni era notevole, e finiva per rendere il ferro prodotto alla succursale Ferdinandea, più vicina di soli pochi chilometri alle miniere, molto più economico.

Su questa distanza si fondò la fortuna di alcune famiglie mon­gianesi che ebbero in appalto il trasporto del minerale agli al­tiforni e che organizzarono il lavoro dei mulattieri, sostituendosi alla Direzione degli stabilimenti e continuando ad imporre il cot­timo.

Il trasporto costituiva una preoccupazione costante per gli am­ministratori della Mongiana che vedevano vanificati i loro sforzi per migliorare la tecnologia e la qualità del prodotto da quest'o­nere che finiva poi per rendere il prodotto poco richiesto sul libero mercato interno.

[fig.83]

Pianta delle montagne delle miniere di ferro di Pazzano. 1833. In alto: antica fonderia di Campoli; a destra: antiche ferriere e Ferdinandea; in basso: Stilo e Pazzano. Con tratteggio la viabilità. I numeri indicano le bocche delle gallerie delle miniere. (ASMN, Comando Artiglieria).

Bisognerà dunque attendere il viaggio di Ferdinando del 1852 per porre riparo a questo stato di cose che pure, dopo la apertura del nuovo tracciato viario per Pizzo, era già migliorato e consentiva ora un trasporto dei prodotti in tempi molto più brevi.

Ferdinando dunque promise la costruzione del tratto Ferdinandea-­Mongiana ma non riuscì a vedere terminata l'opera, né vi riuscì suo figlio Francesco. Eppure l'apertura del nuovo tracciato lo avrebbe rallegrato molto, vista la sua passione venatoria, poiché la Ferdinandea, oltre che fonderia, era anche un eccellente casino di caccia, al centro di una riserva pullulante di cinghiali e fagiani.

Frattanto il monarca si accontentò di giungere a Serra San Bruno percorrendo quella nuova arteria voluta nel 1837 e in parte ulti­mata.

 

“(Il Sovrano) è stato a visitare le fabbriche d'armi e le fonderie di Mongiana. Adesso ritorna preceduto da una quarantina di operai muniti di zappa e strumenti i quali passano davanti a noi di corsa cacciando grida di gioia e evviva ripetuti: essi se ne vanno a la­vorare alla  strada  in  costruzione che deve  unire Ser­ra a Pizzo...” (11).

 

Ancora nel 1864, nella relazione sullo stato della Mongiana stesa per conto del Ministero della Marina italiana, il Giordano si sof­ferma a descrivere la viabilità e dice: “questa strada è tutt'ora imperfetta per mancanza di alcuni ponti ed inoltre da qualche anno mal tenuta e poco praticabile ai veicoli. Perciò la ghisa in pani e proiettili ed il ferro che da Mongiana si spediscono a Pizzo, punto d'imbarco per Napoli, sovente vi si trasportano tuttora a schiena di mulo seguendo il sentiero per S.Nicolò” (12).

[fig.84]

Pianta topografica con indicazione delle nuove strade in progetto tra la fonderia e le ferriere. Disegno firmato Rosario Borelli (BNN. Sez. Manoscritti e rari).

Certamente la costruzione della strada si dimostrò più complessa del previsto, e la cosa in parte avvalora le proteste a suo tempo avanzate circa la scelta del tracciato. Ma anche se fu realizzata con difficoltà, i segni sul territorio che essa andava via via apren­do trasformarono il paesaggio e la fruibilità dell'intera zona: le “Serre” furono riciclate nel sistema viario nazionale grazie all'im­portanza dell'attività della Mongiana. Senza di essa, i centri mon­tani forse ancora oggi sarebbero in una situazione di isolamento. Gli effetti della rivoluzione industriale determinarono in Calabria alcune discriminazioni sull'assetto della rete viaria: il territorio fu ristrutturato in base a parametri che privilegiavano il ruolo del­l'industria. L'apertura di nuove arterie di comunicazione divenne un'esigenza basilare per l'accelerazione dei trasporti.

 

La Mongiana dunque ripercorse le tappe obbligate di ogni altra iniziativa industriale e, così come quelle più avanzate inglesi o francesi, anch'essa determinò un “ridisegno” del territorio An­che se mancarono qui le splendide realizzazioni di canali sospesi, di canali navigabili, di strade ferrate che caratterizzano la grande avventura industriale del Regno Unito, il paesaggio calabrese, ine­sorabilmente, si era andato sempre più piegando alle esigenze della produzione, del trasporto e del commercio.

Già i boschi di Stilo, tra la fine del '700 ed i primi decenni del­l'800 erano stati sconvolti da penetrazioni viarie, da una rete di canalizzazioni, anche se limitate alle zone limitrofe alla produzio­ne, nei pressi delle ferriere e delle miniere di Pazzano.

Le opere di assestamento ai letti dei fiumi Ninfo ed Alaro portati a termine dal Gioffredo e le strade aperte nel circondario di Stilo su disegno del Borrelli, per collegare tra loro gli altiforni sparsi tra i boschi, sono i primi interventi drastici sulla natura legati alla produzione del ferro.

 

Dopo le ultime migliorie apportate dai Borboni alla viabilità delle Serre, con l'apertura della Pizzo-Mongiana, e con il successivo completamento dell'opera avvenuto verso la fine dell'ottocento con lo scavalcamento dell'Appennino, e con la fine dell'attività siderurgica della Mongiana, non vi è stato poi alcun sostanziale ampliamento della rete di comunicazione.

Fatta eccezione per l'Autostrada del Sole, che comunque lascia le Serre isolate, il tracciato viario prevalente nelle Serre, e un po' ovunque in Calabria, resta quello aperto dai Borboni.

Si spera che la nuova superstrada di attraversamento tra Ionio e Tirreno, già progettata ma in lentissima e travagliata realizzazio­ne, possa al più presto agganciare la zona in una dinamica più ampia.

La degradazione geografica in atto per l'abbandono delle popo­lazioni, la carenza di opere atte a controllare e meglio utilizzare il sistema idrogeologico, rendono le strade continuamente soggette a smottamenti che spesso impediscono i collegamenti.

La nuova superstrada nasce comunque come semplice “asse viario”, senza una precisa collocazione all'interno di un disegno pro­grammatorio, senza prospettive di utilizzazione produttiva.

Dovrebbe ormai essere evidente che l'apertura di nuove strade non porta, di per sé, benessere e aumento delle risorse produttive. Nuova strada spesso significa solo clientelismo, distruzione del paesaggio, e speculazione. Tanto per relazionare problematiche attuali a quelle, simili, del passato, e pur non volendo assumere l'assolutismo borbonico a modello pianificatorio, comunque biso­gna constatare che in quei tempi furono realizzate prima le in­dustrie e poi le vie di comunicazione; la strada, cioè ebbe una sua immediata collocazione produttiva. Anche se è vero che per l'in­dustria odierna non è possibile questa scissione temporale tra realizzazione di nucleo produttivo ed infrastruttura di supporto, è pur vero che la sola infrastruttura viaria, senza un quadro di ri­ferimento, non rappresenta un investimento nè un efficace stru­mento di propulsione.

 

 

 

Prefazione

Introduzione

Cap. 1

Cap. 2

Cap. 3

Cap. 4

Cap. 5

Cap. 6

Tavola Misure Regno delle Due Sicilie

Indice Appendice

Real Decreto e Regolamento

Bibliografia

Bibliografia generale

Indice delle abbreviazioni

Indice delle note

Tutte le Immagini

Home Page