Nasci di Nuovo

 

      "Nascere di Nuovo" fra le montagne delle Serre Calabre

 

 

 

 

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GIORNALINO  "NASCI DI NUOVO!"  N°47  PAGINA 2

 

 

Fra il 313 e il 590 d.C., la Chiesa Cattolica divenne la “Chiesa Cattolica Romana”. Durante questo periodo, il vescovo di Roma acquisiva il primato sopra gli altri vescovi, mentre il rituale della Chiesa diveniva molto più elaborato e sfarzoso.

 

Durante i primi tre secoli, nella Chiesa, ogni vescovo era considerato uno dei molti vescovi uguali tra loro per grado, poteri e funzioni. È fra il 313 e il 590 che il vescovo di Roma fu ricono­sciuto primus inter paris , “primo tra persone di ugual rango”. Ma a partire dall’ascesa di Gregorio al trono di quella sede episcopale, nel 590, il vescovo ro­mano cominciò ad avanzare pretese di superiorità assoluta sugli altri vescovi. La necessità di efficacia e di organizzazione portò inevitabilmente alla “centralizza­zione del potere”. Il vescovo veniva anche considerato difensore della vera dottrina cristiana. Per di più alcuni vescovi erano uomini influenti che non si lasciavano sfuggire alcuna opportunità per estendere il loro potere.

Gli eventi storici di questo periodo contribuirono notevolmente all’ incremento della considerazione del vescovo di Roma. Per mezzo millennio la città era stata la più grande metropoli d’Occidente ed il centro dell’autorità im­periale. Nel 330, però, Costantino trasferì la capitale dell’Impero da Roma a Co­stantinopoli. Ciò fece sì che il vescovo fosse la persona più autorevole ed in­fluente di Roma per lunghi periodi di tempo. In momenti di crisi la popolazione del luogo dipendeva da lui per una guida non solo spirituale, ma anche temporale. La sua abilità diplomatica era riuscita a salvare la città dall’incendio durante il sacco di Roma del 410, ad opera di Ala­rico.  L’Imperatore, ora a Costantinopoli, sembrava lontano da Roma e dai suoi problemi, ma il vescovo era vicino.

Entro il 590 era generalmente ac­cettata la teoria del primato di Pietro, se­condo la quale l’apostolo aveva ricevuto il diritto di “primogenitura ecclesiastica” nei confronti dei suoi colleghi; primato trasmesso per successione ai vescovi di Roma succedutigli.

Dei cinque vescovi metropolitani o patriarchi di Gerusalemme, Antiochia, Alessandria, Costantinopoli e Roma, solo il patriarca di Costantinopoli ed il vescovo di Roma vivevano in città che nel 590 avevano ancora importanza mondiale. Nel 590 i più autorevoli capi ecclesiastici erano il vescovo di Roma e quello di Co­stantinopoli.

Nel 381 il concilio di Costantinopoli riconosceva il primato della sede ro­mana, e il patriarca di Costantinopoli ri­ceveva il “primato di onore, secondo solo a quello del vescovo di Roma”. In un editto emanato nel 445, l’imperatore Va­lentiniano III riconosceva il primato dei vescovi di Roma negli affari spirituali. Quanto decretava quel vescovo doveva essere “legge per tutti”.

L'autorità del vescovo di Roma venne anche accresciuta dall'opera effi­cace di monaci fedeli a Roma. Dovunque giungessero, i monaci-missionari insi­ste­vano sulla fedeltà, da parte dei loro con­vertiti, al vescovo di Roma.

La traduzione della Bibbia nota come Volgata, iniziata, su richiesta di Damaso a Girolamo, che ne era segreta­rio, accrebbe il prestigio di coloro che se­devano sulla cattedra episcopale di Roma. L’alto concetto di Girolamo sul­l'autorità del suo vescovo può essere ri­trovato in una lettera da lui scritta a Da­maso, nella quale dichiara cate­gorica­mente che la roccia su cui è fondata la Chiesa è la cattedra di Pietro.

Leone I, nel 452 riuscì a persua­dere Attila a non toccare la città di Roma e nel 455 persuase Genserico, venuto dall'Africa Settentrionale con i suoi Van­dali, a rispar­miare la città dal fuoco e dalla distruzione; per cui i Romani consi­derarono Leone colui che aveva salvato la loro città dalla completa distruzione. La sua posizione venne poi partico­larmente rafforzata quando Valentiniano III ne rico­nobbe con un editto la supremazia spiri­tuale in Occidente. Leone affermò che gli appelli contro i tribunali vescovili dove­vano essere portati al suo tribunale e che la sua decisione doveva essere considerata inappellabile.

Anche se non consideriamo Leone primo papa, è giusto dire che egli avanzò le pretese ed esercitò le prerogative esercitate in seguito da molti di quelli che avrebbero ricoperto la carica di vescovo di Roma. Tale potere portò in seguito alla corruzione nel seno della Chiesa Ro­mana stessa.

Il primo ad essere chiamato “papas” (“papa”), fu Gregorio I, nel 591. Le sue capacità gli valsero l’appellativo di “Magno” (grande).

L'unione pratica della Chiesa e dello Stato, avvenuta sotto Costantino e i suoi successori, portò alla secolarizza­zione della Chiesa. L'afflusso di pagani nella Chiesa attra­verso le conversioni (adesioni) in massa di quel periodo, contribuì alla paganizzazione del culto, poiché la Chiesa cercava il modo di far sen­tire questi barbari a proprio agio nel suo seno.

L'influsso dei barbari e lo svilup­parsi del potere episco­pale portò poi altri cambiamenti nel culto della Chiesa. Molti capì religiosi ritenevano che se si voleva che i barbari, che erano stati abituati ad adorare immagini, trovassero vero aiuto nella Chiesa, sarebbe stato necessario materializzare la liturgia per far “sem­brare” Dio più accessibile a questi ado­ratori. La logica conseguenza di tale at­teggiamento si può facilmente immagi­nare: la venerazione di angeli, santi, quadri e statue.

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