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Fra il 313 e il 590 d.C., la Chiesa Cattolica divenne la “Chiesa Cattolica Romana”. Durante questo periodo, il vescovo di Roma acquisiva il primato sopra gli altri vescovi, mentre il rituale della Chiesa diveniva molto più elaborato e sfarzoso.
Durante
i primi tre secoli, nella Chiesa, ogni vescovo era considerato uno dei molti
vescovi uguali tra loro per grado, poteri e funzioni. È fra il 313 e il 590 che
il vescovo di Roma fu riconosciuto primus inter paris , “primo tra
persone di ugual rango”. Ma a partire dall’ascesa di Gregorio al trono di
quella sede episcopale, nel 590, il vescovo romano cominciò ad avanzare
pretese di superiorità assoluta sugli altri vescovi. La necessità di efficacia
e di organizzazione portò inevitabilmente alla “centralizzazione del
potere”. Il vescovo veniva anche considerato difensore della vera dottrina
cristiana. Per di più alcuni vescovi erano uomini influenti che non si
lasciavano sfuggire alcuna opportunità per estendere il loro potere. Gli
eventi storici di questo periodo contribuirono notevolmente all’ incremento
della considerazione del vescovo di Roma. Per mezzo millennio la città era
stata la più grande metropoli d’Occidente ed il centro dell’autorità imperiale.
Nel 330, però, Costantino trasferì la capitale dell’Impero da Roma a Costantinopoli.
Ciò fece sì che il vescovo fosse la persona più autorevole ed influente di
Roma per lunghi periodi di tempo. In momenti di crisi la popolazione del luogo
dipendeva da lui per una guida non solo spirituale, ma anche temporale. La sua
abilità diplomatica era riuscita a salvare la città dall’incendio durante il
sacco di Roma del 410, ad opera di Alarico.
L’Imperatore, ora a Costantinopoli, sembrava lontano da Roma e dai suoi
problemi, ma il vescovo era vicino. Entro
il 590 era generalmente accettata la teoria del primato di Pietro, secondo
la quale l’apostolo aveva ricevuto il diritto di “primogenitura
ecclesiastica” nei confronti dei suoi colleghi; primato trasmesso per
successione ai vescovi di Roma succedutigli. Dei
cinque vescovi metropolitani o patriarchi di Gerusalemme, Antiochia,
Alessandria, Costantinopoli e Roma, solo il patriarca di Costantinopoli ed il
vescovo di Roma vivevano in città che nel 590 avevano ancora importanza
mondiale. Nel 590 i più autorevoli capi ecclesiastici erano il vescovo di Roma
e quello di Costantinopoli. Nel
381 il concilio di Costantinopoli riconosceva il primato della sede romana, e
il patriarca di Costantinopoli riceveva il “primato di onore, secondo solo a
quello del vescovo di Roma”. In un editto emanato nel 445, l’imperatore Valentiniano
III riconosceva il primato dei vescovi di Roma negli affari spirituali. Quanto
decretava quel vescovo doveva essere “legge per tutti”. L'autorità
del vescovo di Roma venne anche accresciuta dall'opera efficace di monaci
fedeli a Roma. Dovunque giungessero, i monaci-missionari insistevano sulla
fedeltà, da parte dei loro convertiti, al vescovo di Roma. La
traduzione della Bibbia nota come Volgata, iniziata, su richiesta di Damaso a
Girolamo, che ne era segretario, accrebbe il prestigio di coloro che sedevano
sulla cattedra episcopale di Roma. L’alto concetto di Girolamo sull'autorità
del suo vescovo può essere ritrovato in una lettera da lui scritta a Damaso,
nella quale dichiara categoricamente che la roccia su cui è fondata la
Chiesa è la cattedra di Pietro. Leone
I, nel 452 riuscì a persuadere Attila a non toccare la città di Roma e nel
455 persuase Genserico, venuto dall'Africa Settentrionale con i suoi Vandali,
a risparmiare la città dal fuoco e dalla distruzione; per cui i Romani considerarono
Leone colui che aveva salvato la loro città dalla completa distruzione. La sua
posizione venne poi particolarmente rafforzata quando Valentiniano III ne riconobbe
con un editto la supremazia spirituale in Occidente. Leone affermò che gli
appelli contro i tribunali vescovili dovevano essere portati al suo tribunale
e che la sua decisione doveva essere considerata inappellabile. Anche
se non consideriamo Leone primo papa, è giusto dire che egli avanzò le pretese
ed esercitò le prerogative esercitate in seguito
da
molti di quelli che avrebbero ricoperto la carica di vescovo di Roma. Tale
potere portò in seguito alla corruzione nel seno della Chiesa Romana stessa. Il
primo ad essere chiamato “papas” (“papa”), fu Gregorio I, nel
591. Le sue capacità gli valsero l’appellativo di “Magno”
(grande). L'unione
pratica della Chiesa e dello Stato, avvenuta sotto Costantino e i suoi
successori, portò alla secolarizzazione della Chiesa. L'afflusso di pagani
nella Chiesa attraverso le conversioni (adesioni) in massa di quel periodo,
contribuì alla paganizzazione del culto, poiché la Chiesa cercava il modo di
far sentire questi barbari a proprio agio nel suo seno. L'influsso
dei barbari e lo svilupparsi del potere episcopale portò poi altri
cambiamenti nel culto della Chiesa. Molti capì religiosi ritenevano che se si
voleva che i barbari, che erano stati abituati ad adorare immagini, trovassero
vero aiuto nella Chiesa, sarebbe stato necessario materializzare la liturgia per
far “sembrare” Dio più accessibile a questi adoratori. La logica
conseguenza di tale atteggiamento si può facilmente immaginare: la
venerazione di angeli, santi, quadri e statue.
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