MI
E' STATA USATA MISERICORDIA
Testimonianza
di Edoardo Labanchi
Il
titolo di questa testimonianza è stato tratto dalla I
Timoteo 1:13, un versetto che, assieme ai versetti che
lo precedono, costituisce la sintesi della storia
della mia conversione al Signore.
Fin da quando avevo diciotto-diciannove anni, lo scopo
che mi ero prefisso ero quello di diventare un
insegnante. Anzi, confesso che quest'inclinazione l'ho
sentita anche prima, quand'ero nella Scuola Media. A
maggior ragione, questo desiderio mi motivava quando
stavo per conseguire la Maturità Classica per poi
iscrivermi all'Università di Napoli, mia città
natale, e precisamente alla Facoltà di Lettere.
Eravamo nel 1950.
Senza che io lo sapessi, però, la mia vita era ad una
svolta molto importante. Difatti ero un cattolico
praticante, come tutti i membri della mia famiglia,
senza comunque essere fanatici. Ricevevo regolarmente
i "Sacramenti"' andavo a Messa "mi
confessavo"... tutto questo però mi lasciava
insoddisfatto; ed in particolare cominciavano a darmi
fastidio sia le cerimonie religiose sia le
superstizioni, che scaturivano dal Cattolicesimo
Romano. Di solito tali superstizioni, quali certe
forme di devozione a "santi" e
"sante", vengono classificate come
espressioni della "semplice fede del
popolo", ma in realtà sono forme di vera e
propria idolatria. Sentivo, in ogni caso, il desiderio
di una vita spirituale più alta e intensa e, nello
stcsso tempo, spesso meditavo sullo scopo della vita
umana, sullo scopo della mia stessa vita. In
particolare, sebbene fossi così giovane, ero ben
cosciente della realtà della morte. Pensavo che ciò
che importava di più fosse assicurarsi un posto in
Paradiso - a tutti i costi.
Rimaneva tuttavia il fatto che l'unica religione che
conoscevo era quella cattolica romana. Vi fu, è vero,
una breve parentesi in cui ebbi vari contatti con la
Chiesa Avventista di Napoli, ma neanche lì trovai
quello di cui pensavo avessi bisogno, oltre al fatto
che quegli Avventisti erano settari, nel senso che
interessava loro più far proseliti per la loro chiesa
che predicare Cristo.
Dopo questa più che deludente esperienza che diede
adito, in me, ad un giudizio completamente negativo
sui "Protestanti" in genere, mi diedi più
che mai a seguire il Cattolicesimo Romano. In
particolare, ripresi a frequentare l'Azione Cattolica,
a cui ero iscritto da qualche anno.
Per farla breve, si maturò a poco a poco in me l'idea
di "farmi prete", anzi frate, pensando che
quella fosse una scorciatoia per il Paradiso.
Fu così che alla fine dell'ottobre 1952, dopo aver
conseguito la Maturità Classica e frequentato un anno
all'Università di Napoli, entrai nell'ordine della
cosiddetta "Compagnia di Gesù" o dei
Gesuiti.
Feci due anni di noviziato a Vico Equense, vicino
Napoli, sulla costa amalfitana. Feci di tutto per
osservare tutte le regole dell'Ordine ed essere
iniziato alla vita religiosa nel miglior modo
possibile. Ero tanto stimato dal Maestro dei novizi,
che questi mi consigliò di fare privatamente i voti
di povertà, castità e ubbidienza, prima di farli poi
ufficialmente alla fine dei due anni canonici.
Dopo due anni circa, fui inviato nella Facoltà di
Filosofia gestita dai Gesuiti a Gallarate, in
provincia di Milano. Dopo tre anni dedicati
soprattutto allo studio della Filosofia Tomista,
conseguito il Diploma in Filosofia, fui inviato a
Lecce, in un Collegio, anch'esso gestito dai Gesuiti,
per essere "prefetto" degli studenti interni
più piccoli. Nel frattempo, però, avevo fatto
domanda ai miei Superiori di essere invitato in terra
di missione.
Devo precisare, a questo punto, che nel curriculum di
studi dei Gesuiti, ai tre anni di filosofia segue di
solito un periodo di tempo, variabile a discrezione
dei Superiori immediati, in cui i "Maestri"
(come vengono chiamati i diplomati in filosofia)
vengono adoperati soprattutto nei Collegi o Scuole
gestite dall'ordine. Alcuni però studiano
nell'Università Statale per conseguire qualche
laurea, che possa essere utile nel futuro
"ministero".
Dopo un anno passato a Lecce, dunque , la mia domanda
fu accolta e nell'ottobre del 1958 fui inviato nello
Sri Lanka, in una missione affidata alla Provincia
napoletana dei Gesuiti.
Rimasi un anno a Galle, a sud della capitale Colombo,
in un altro Collegio gestito dall'Ordine. Oltre ad
occuparmi anche qui degli studenti interni più
piccoli, perfezionai l'inglese che avevo già imparato
in Italia, e cominciai a studiare il singalese, la
lingua della maggioranza della popolazione - l'altra
lingua parlata nell'isola è il Tamil.
Ben presto, però, cominciarono le disillusioni,
soprattutto perché vedevo che tanti Gesuiti erano
impegnati in scuole e parrocchie, ma ben poco si
faceva per "evangelizzare" quei pagani, che
erano per lo più buddisti, mentre la minoranza
tamulica era di solito indù ed altri erano
mussulmani. Naturalmente a quel tempo per me
"evangelizzare" significava soprattutto
diffondere il Cattolicesimo Romano. In ogni caso,
anch'io mi adattai alla situazione.
Verso la fine del 1959 fui invitato in India, e
precisamente a Poona, per studiare teologia presso un
Istituto filosofico e teologico dell'Ordine, e così
prepararmi all' ordinazione sacerdotale.
Già nello Sri Lanka l'impatto con il Buddismo mi
aveva non poco turbato, ed il turbamento continuò
quando mi trovai dinanzi all'Induismo e all'Islam, due
religioni con un bagaglio culturale e religioso
secolare, che sfidavano la mia "fede"
cattolica. D'altra parte notavo non poche somiglianze
tra il Cattolicesimo Romano e l'Induismo, soprattutto
a livello di devozione popolare, fatta d'immagini
varie, statue, statuette, cerimonie, processioni. Per
non parlare di certe tendenze "ecumeniche",
anche da parte di alcuni colleghi gesuiti, che
cercavano di vedere quello che c'era di
"buono" nell'Induismo ed in altre religioni,
fino ad ammettere che ci si poteva salvare per la
propria "buona fede", e quindi senza una
esplicita fede in Gesù Signore e Salvatore.
Tuttavia, sebbene queste idee circolassero non poco
tra i miei colleghi, personalmente non ne ero
convinto. Cominciai allora, quasi inconsciamente, una
mia ricerca personale che aveva come scopo quello di
appurare quale fosse l'essenza del Cristianesimo, al
di là di quelle che cominciavano già ad apparirmi
come sovrastrutture o distorsioni del Cattolicesimo
Romano.
Tale ricerca fu da me condotta soprattutto mediante la
Bibbia. Difatti devo ammettere che Dio si era servito
perfino di quegli Avventisti incontrati nel 1951 per
istillarmi un profondo amore per la Sua Parola.
Sebbene quindi la Bibbia non fosse mai stata parte
integrante dei miei studi nell'Ordine, privatamente
non avevo mai cessato di leggerla. In particolare,
avendo fatto il Liceo classico, avevo facilmente
accesso al Nuovo Testamento greco, ed ora ero stato
anche introdotto nella lingua ebraica da un breve
corso tenutosi nell'Istituto teologico che
frequentavo.
Così a poco a poco mi resi conto che l'essenza del
Cristianesimo non era costituita da un "corpo di
dottrine", ma dalla Persona e dall'opera
redentrice del Signore Gesù Cristo. Sull'orizzonte
della mia vita stava finalmente spuntando il Sole, che
l'avrebbe illuminata tutta, fugando le tenebre della
"religione", intesa come un sistema di dogmi
antibiblici, superstizioni ed idolatria.
Ma il cambiamento non avvenne in poco tempo, dato che
ero ancora legato culturalmente al Cattolicesimo
Romano e all'Ordine gesuitico. Nel 1963 fui
"ordinato" sacerdote ed un anno dopo
ritornai nello Sri Lanka, dove avrei dovuto esercitare
il mio "ministero".
Tra i vari incarichi che i miei Superiori mi diedero
in quell'anno, un giorno fui invitato a Nuwara Elya,
una cittadina al centro dell'isola, per dare una serie
di conferenze sulla Bibbia ad alcuni catechisti
cattolici, dato che i Superiori sapevano del mio
interesse per la Bibbia e che ne avevo fatto
particolare oggetto di studio. Anzi, ad onor del vero,
devo precisare che nella Chiesa Cattolica, credo
specialmente per interesse del Papa Giovanni XXIII,
ufficialmente era in corso una specie di
"revival" degli studi biblici, senza però
che questo incidesse sostanzialmente sulle dottrine
caratteristiche del Cattolicesimo Romano.
Mentre dunque tenevo queste conferenze, durante un
intervallo, passeggiando per una delle vie della
cittadina, notai una chiesa evangelica. La mia
attenzione fu attratta particolarmente da una notevole
attività attorno a quella modesta saletta: un
altoparlante trasmetteva messaggi evangelistici; varie
persone, compresi alcuni bambini, distribuivano
opuscoli di evangelizzazione. Anzi uno di loro si
avicinò a me e me ne diede uno. A questo punto mi
sentii come spinto ad entrare in quella chiesa.
Fui ricevuto molto cordialmente da alcuni membri della
Comunità, tra cui quello che sembrava il Pastore. Era
evidentemente un europeo e mi spiegò che quella
chiesa, come altre nell'isola, era gestita da una
Missione evangelica svedese. Mi diedero altri vari
opuscoli ed anche un giornale chiamato "L'Araldo
della Sua Venuta", in inglese ovviamente, dato
che a quell'epoca l'inglese era ancora molto usato
nell'isola, sebbene le due lingue locali, il singalese
ed il tamulico stessero emergendo sempre di più -
specialmente il singalese, che ora è la lingua
ufficiale della Repubblica.
Fui anche invitato a partecipare alle loro riunioni di
evangelizzazione che si sarebbero tenute nei giorni
successivi. E difatti vi partecipai, rimanendo colpito
dallo zelo di quelle persone per l'Evangelo e la
Parola di Dio, che era al centro della loro
predicazione e testimonianza cristiana. In particolare
mi fece molto meditare un sermone che ascoltai sulla
conclusione del famoso discorso di Gesù "sul
monte" - la casa costruita sulla roccia e la casa
costruita sulla sabbia.. .Conservo ancora gli appunti
in inglese che presi in quell'occasione.
Fu così che cominciai più che mai a chiedermi su che
cosa fosse costruita la casa della mia vita - sulla
sabbia della religione e delle tradizioni degli uomini
o su Cristo e la Sua Parola...
Dopo qualche mese fui inviato per alcuni mesi di
studio e "ritiro spirituale" in una casa dei
Gesuiti nel Sud dell'India. Lì ebbi occasione di
incontrarmi con alcuni Pastori evangelici nel contesto
di vari "contatti ecumenici", e specialmente
con un Pastore luterano, mediante il quale potetti
leggere alcune opere fondamentali di Lutero in una
buona versione inglese.
Per farla breve, mi accorsi che non ero più un vero e
proprio cattolico -ma non tanto perché ormai non
pregavo privatamente più a Maria e ai
"santi" o perché cominciavo a non credere
più alla Messa come un "vero e proprio
sacrificio", secondo la definizione del Concilio
di Trento e la dottrina ufficiale della Chiesa
Cattolica. No, ma soprattutto perché Gesù Cristo
stava sempre più al centro della mia vita e dei miei
pensieri. Il resto mi sembrava o erroneo alla luce
della Sua Parola, e per lo meno inutile: se c'è il
Sole, che te ne fai di una torcia elettrica?
Gesù Cristo mi appariva sempre più come il Salvatore
e quindi come unico Mediatore tra Dio e gli uomini - e
quindi a che serviva il Papa, la gerarchia cattolica -
ed io stesso perché mai mi dicevo
"sacerdote" dal momento che, secondo la
Parola di Dio, ora c'è solo un Sommo Sacerdote, il
Signore Gesù Cristo, che ha compiuto il sacrificio
che ha redento l'umanità peccatrice una volta per
sempre? Difatti "Gesù, dopo aver offerto un
unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è
seduto alla destra di Dio... Con un 'unica offerta
Egli ha reso perfetti persempre quelli che si sono
santificati. Ora, dove c'è il perdono di queste cose,
non c'è più bisogno di offerte per il peccato"
(Lettera agli Ebrei 10:12,14,18).
Non bisogna pensare che questi fossero tutti pensieri
coscienti: non osavo giungere a certe conclusioni
"estreme", ma lo Spirito Santo era
certamente all'opera in me più che mai.
Intanto la situazione politica nello Sri Lanka era
cambiata ed il nuovo governo nazionalista stava
espellendo i missionari stranieri giunti nell'isola
negli ultimi anni. Così approfittai di quella
situazione e chiesi ai miei Superiori d'Italia di
essere rimpatriato. Difatti sentivo che dovevo tornare
in Italia - del resto, prima o poi anch'io avrei
dovuto lasciare l'isola.
Nel maggio del 1965, dopo sette anni, tomai in Italia.
Dopo aver trascorso circa due mesi a Napoli, mia città
natale, dove ebbi occasione di rivedere la mia
famiglia (mio padre però era morto nel 1963 senza che
potessi tomare in patria per aiutare e confortare
direttamente mia madre, mia sorella e mio fratello), i
miei Superiori mi inviarono a Roma per specializzarmi
in Sacra Scrittura. Cominciai così a frequentare il
Pontificio Istituto Biblico gestito dai Gesuiti.
Occupato com'ero da studi non facili in pratica avevo
accantonato la mia ricerca della verità. Il Signore
però non aveva accantonato proprio niente e trovò il
modo di mettermi dinanzi alle mie responsabilità.
Devo premettere che prima di lasciare l'India, avevo
scritto una lettera al Direttore italiano dell'Araldo
della Sua Venuta, in cui gli dicevo che, nello spirito
ecumenico del momento, una volta in Italia avrei
voluto collaborare con il giornale, che mi era tanto
piaciuto.
Ora, oltre a studiare, pensai bene di darmi anche a un
po' di "ministero" attivo e così ebbi
l'opportunità di prestare i miei servizi in una
grande chiesa cattolica nel quartiere di Tor di
Quinto. La domenica celebravo la Messa e predicavo;
qualche volta predicavo anche durante la Messa
celebrata da qualche prete straniero che non parlava
bene l'italiano; ascoltavo le confessioni dei fedeli,
ed il venerdì sera tenevo uno studio biblico per i
giovani della parrocchia.
Ben presto mi accorsi dell'ignoranza di tanta gente
che veniva a confessarsi da me per quanto riguardava
le dottrine cristiane fondamentali. Pensai quindi che
oltre a dare consigli ed istruzioni a voce, sarebbe
stato meglio dar loro qualcosa da portare a casa e
leggere. Mi ricordai allora degli opuscoli che mi
erano stati dati nello Sri Lanka da quegli Evangelici.
Anche qui in Italia, pensavo, vi dev'essere qualcosa
del genere...
Un giorno, mentre passeggiavo nei pressi della
stazione di Roma, vidi che c'era una "Fiera del
Libro" fatta di varie bancarelle di libri a buon
prezzo. C'era anche il banco di un evangelico che
vendeva copie della Bibbia e libri cristiani. Gli
chiesi allora se avesse opuscoli in italiano come
quello che avevo io in inglese - difatti avevo
conservato uno di quegli opuscoli datimi nello Sri
Lanka. Mi disse che ne aveva alcuni, ma che se ne
volevo un buon numero e di tipi diversi, sarei dovuto
andare nella libreria evangelica situata in Via
Curtatone 17.
Un paio di giorni dopo ero nella libreria evangelica.
Fui ricevuto molto gentilmente dal gestore. C'era
anche una signora che, come scoprii dopo, era sua
moglie. Chiesi gli opuscoli che mi interessavano e
mentre me li mostrava, cominciò a chiedermi chi fossi
e da dove venissi. Per sommi capi gli dissi che venivo
dall'India. Allora notai qualcosa di strano: l'uomo e
sua moglie mi guardavano come se volessero riconoscere
qualcuno; poi si guardavano l'un l'altro con aria
interrogativa... Quindi mi chiesero: "Ma lei
come si chiama?" "Edoardo Labanchi",
risposi sorpreso da quella inaspettata domanda. "Ah,
allora lei è.. lui", o qualcosa del genere
- non ricordo bene - detto da quell'uomo (che, come
seppi poi, era il Pastore Domenico Torio) mi sorprese
indicibilmente. "Come mi conoscono?" mi
chiesi sbalordito.
"Lei non ha forse scritto al direttore
dell'Araldo della Sua Venuta, qui a Roma?"
"Si" risposi, ancora più
sbalordito. "Bene, la sua lettera è stata
mandata qui dal direttore, perché questa è la sede
della redazione del giornale, ed io ne sono, appunto,
il redattore". "Anzi",
aggiunse mostrandomi la lettera, "lei dice
qui che le piacerebbe collaborare con noi …”.
Io credo che vi sono momenti nella nostra vita in cui
particolarmente ci sentiamo come messi da Dio alle
strette. Certo, quella sembrava solo una catena di
eventi umani, ma lì, in quel momento, io sentii che
qualcosa di insolito stava accadendo nella mia vita.
Sentii che Dio voleva che mi mantenessi in contatto
con quelle persone, e difatti da quel giorno in poi
continuai ad incontrare i miei amici nella libreria ed
anche in case private, dove conobbi altri Evangelici.
Mediante loro, ebbi l'opportunità di frequentare
alcune chiese evangeliche di Roma e ben presto mi
accorsi che preferivo stare più con i miei amici
evangelici che con i miei colleghi gesuiti - e questo
esclusivamente per ragioni spirituali. Difatti in
realtà io ero già un evangelico, nel mio cuore e
nella mia mente, anzi, meglio, Cristo stava divenendo
sempre più il centro ed il fondamento della mia vita.
Così cominciai a scartare dal mio bagaglio spirituale
tutte quelle dottrine e pratiche cattoliche che non
avevano niente a che fare col Vangelo. D'altra parte,
si parlava tanto a quell'epoca delle "novità"
portate nella Chiesa Cattolica dal Concilio Vaticano
Il, che mi lasciai coinvolgere, sperando in una
riforma della Chiesa all'interno. Anche il movimento
ecumenico era in auge e quindi mi chiedevo se valesse
davvero la pena lasciare la Chiesa Cattolica, dal
momento che avrei potuto "lavorare"
dall'interno, predicando il Vangelo e portando tanti
Cattolici al Signore.
Così pensavo, ma era un' illusione. Ben presto mi
accorsi che nonostante il Concilio nulla di
sostanziale era cambiato nel Cattolicesimo Romano ed
il movimento ecumenico mi sembrava una farsa, ben
sapendo che per la Chiesa Cattolica
"riconciliazione" con i "fratelli
separati" non poteva significare altro che
accettazione da parte di questi dell'autorità papale,
con tutte le sue logiche conseguenze.
D'altra parte, la mia posizione era molto difficile.
Io non ero un "laico" qualsiasi, ma un
"sacerdote" appartenente, allora, all'Ordine
religioso più importante nella Chiesa Cattolica.
Inoltre ero stato inviato a Roma per studi di
specializzazione e naturalmente i miei superiori si
aspettavano che mettessi a frutto ciò che avevo
imparato. Capii però che mi sarebbe stato impossibile
non rivelare i miei pensieri prima o poi senza
ricorrere a sotterfugi e a compromessi.
Il Signore tuttavia intervenne ancora una volta
mettendorni dinanzi all'episodio narrato nel cap. 18
del primo Libro dei Re dove il profeta Elia si rivolge
agli Israeliti idolatri con questo severo monito:
"Fino a quando zoppicherete dai due lati. Se il
Signore è Dio, seguitelo; se invece lo è Baal,
seguite lui" (I Re 18:21). Il mio "Baal"
era, appunto, la Chiesa Cattolica, e particolarmente
il Papa che ne era il massimo rappresentante.
Preferii Dio a Baal! Poco tempo dopo lasciai
ufficialmente la Chiesa Cattolica e tutto quello che
c'era da lasciare per seguire Cristo - il vero Cristo
della Bibbia, non l'idolo che s'è fatto il
Cattolicesimo Romano.
I miei amici evangelici di Roma, a cominciare dal
Pastore Domenico Torio, mi aiutarono non poco a fare i
primi passi nella vita ordinaria da "laico".
La mia vita dal 7 giugno 1967 in poi non è stata
facile, rna Dio mi ha costantemente guidato,
rimediando anche ad alcuni errori commessi a causa
della mia inesperienza nei confronti delle inevitabili
scelte e difficoltà che la vita comporta.
Ora sono felicemente sposato da più di 25 anni con
Carmen, che è mia stretta collaboratrice in tutte le
mie attività ministeriali. Difatti sono Pastore a
tempo pieno nella Chiesa Apostolica e mi occupo
prevalentemente di Studi Biblici. Risiedo a Grosseto e
dirigo il Centro Studi Teologici, che fornisce Corsi
Biblici per corrispondenza. Inoltre pubblico il
trimestrale di Teologia Biblica
"Riflessioni". Collaboro con altre chiese ed
organizzazioni evangeliche in Italia e all'Estero,
tenendo studi biblici ,conferenze e seminari. Ho anche
una figlia, Liliana, sposata con un bravo credente:
entrambi collaborano alla nostra rivista teologica. Da
pochi mesi ho anche un bellissimo nipote che si chiama
Marco. Insomma posso dire che veramente
"misericordia mi è stata usata, perché agivo
per ignoranza nella mia incredulità; e la grazia del
Signore nostro è sovrabbondata con la fede e con
l'amore che è in Cristo Gesù". "Certa
è quest'affermazione e degna di essere pienamente
accettata: che Cristo Gesù è venuto nel mondo per
salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. Ma
per questo mi è stata fatta misericordia, affinché
Gesù Cristo dimostrasse in me, per primo, tutta la
sua pazienza, e io servissi di esempio a quanti in
seguito avrebbero creduto in Lui per avere la vita
eterna. Al Re eterno, immutabile, invisibile,
all'unico Dio, siano onore e gloria nei secoli dei
secoli. Amen!"
(I Timoteo 1:13-17).