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"ERO
UN FABBRICANTE DI IDOLI"
Queste
mani peccaminose, con le quali ora scrivo queste righe, una volta fabbricavano
« idoli ». Sì, queste stesse mani avevano l’ardire di voler mutare la
gloria dell’incorruttibile Iddio in immagini simili a quelle dell’uomo
corruttibile. Fabbricavo statue del «Sacro Cuore», del «Bambin Gesù», della
«Vergine Maria» ed altre di diversi tipi e misure. Fredde immagini di gesso,
senza anima, che hanno occhi, ma non vedono; orecchie, ma non odono; naso, ma
non hanno olfatto; bocca, ma non parlano; piedi, ma non camminano. Dio
è stato misericordioso nei riguardi di Paolo che era un persecutore dei
cristiani, ma io credo che lo sia stato ancor più verso di me che ero un
fabbricante di idoli, che costruivo pietre d’inciampo con le quali i miei
fratelli avrebbero peccato, rendendo loro quell’adorazione e quell’omaggio
che in spirito e verità, come è stabilito dai primi due comandamenti (Es.
20:1-5), va solo a Dio. Io
ero cattolico fino al midollo. Figlio di genitori cattolici, educato in un
collegio di Gesuiti, con origini cattoliche che si perdevano nel tempo, secondo
la tradizione e il sentimento di famiglia, avrei dovuto continuare ad essere un
cattolico per sempre. Ripeto, secondo la tradizione ed il sentimento di
famiglia, sarei dovuto essere sempre un cattolico. Inoltre una delle mie zie era
stata fatta principessa da un papa e questo, non solo riempiva di orgoglio la
mia famiglia, ma posso senz’altro dire che, fino alla mia conversione, mi aveva
sempre fatto sentire di sangue blu. Come
ho già detto, sono stato educato in un collegio di Gesuiti e lì, quando ebbi
circa tredici anni, i miei superiori si adoperarono per farmi diventare prete.
Offrendomi la possibilità di compiere gli studi a Roma, cercavano, nello stesso
tempo, di radicare nella mia mente tale idea. Fortunatamente per me, a mio padre
questi proponimenti non piacquero ed egli riuscì prontamente a liberarmene. Nonostante
ciò, rimasi sempre molto religioso e, durante la mia permanenza nel Collegio
del Sacro Cuore, fui membro del comitato esecutivo della «Congregazione
Mariana». Ero devotissimo alla Vergine Maria, che veneravo ardentemente ed ero
convinto che, se anche con Cristo non fossi riuscito, con lei avrei sempre avuto
quello che desideravo sembrandomi più raggiungibile e più amorevole.
Inganni di Satana! Ma a quell’epoca non conoscevo la Parola di Dio che ci
dice: «Uno
solo infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo
Cristo Gesù» (I Timoteo 2:5) né
sapevo che lo stesso San Pietro, proclamato dai cattolici loro primo papa, nella
Bibbia ci assicura Atti 4:12 «In
nessun altro c’è salvezza; Non vi è infatti altro nome dato agli uomini
sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» ed
è perciò inutile cercarla in chiunque altro. Prima
della mia conversione, come la maggior parte dei giovani cattolici che
frequentavo, ero dedito al gioco, al bere, a fumare, a tutte le cose del mondo e
a scambiare opinioni sugli affari. Mi piaceva vantarmi di essere un gran
cattolico e allo stesso tempo un gran peccatore. Farei meglio a chiamare
disgustosi peccati, i fatti dei quali mi vantavo. E posso senz’altro dire che
non fu per alcun merito mio se Dio volle farmi il dono di arrivare alla
conoscenza della Sua grazia e di salvarmi dalla condanna e dall’inferno. Io
ero a quel tempo quello che si suole chiamare «un uomo dì mondo» e,
contemporaneamente un buon cattolico. Andavo alla Messa tutte le domeniche e
odiavo i protestanti, che sin dall’infanzia mi era stato insegnato a
considerare eretici, apostati, corrotti, servitori di Satana e condannati
all’inferno. Non ne sapevo il perché, ma i Gesuiti ci avevano insegnato così. Nonostante
tutto ciò avevo una buona base: credevo in Dio e desideravo piacerGli. Avevo
iniziato la mia attività di fabbricante d’immagini alcuni anni prima della
mia conversione a Cristo e all’epoca del primo Congresso Eucaristico di Sucre
(Bolivia), desideroso di conoscere ancor più delle cose di Dio, decisi di
andare ad ascoltare i sermoni di un famoso oratore, il gesuita La Puerta che
non chiamo «padre» perchè Iddio lo vieta in Matteo 23:9 «E
non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre
vostro, quello del cielo ». Mia
moglie, però, in quel periodo, era ammalata e, per poter ascoltare queste
conferenze, facevamo uso della radio. Fu in quell’occasione che, per la
prima ed unica volta nella mia vita, udii un prete cattolico parlare della
Bibbia, come di un libro stupendo e affermare che essa è la Parola di Dio
rivelata agli uomini e ascoltai meravigliose profezie che parlavano di nostro
Signore Gesù e che erano state fatte centinaia di anni prima che venisse in
questo mondo, umiliandosi e prendendo la forma d’uomo. Quelle conferenze
destarono in me una grande curiosità, e perciò decisi di leggere questo
libro meraviglioso, pensando che se realmente tutto quel che avevo sentito era
vero, occorreva renderlo noto a tutti. Mi recai, allora, dal prefetto dei
Gesuiti e gli chiesi di prestarmi una Bibbia ed egli, benché riluttante, mi
portò una copia della versione Valera (edizione protestante) e mi disse più o
meno queste parole: «Vi do questa versione perché è una traduzione migliore
della nostra ed ha il vantaggio delle concordanze a margine: è quella che noi
sacerdoti usiamo per i nostri studi». Pieno di contentezza me ne andai con la
Bibbia sotto il braccio, con l’intento di dar subito principio allo studio. Appena
iniziata la lettura, però, una moltitudine di dubbi cominciò ad assalire la
mia mente. Confuso, tornai allora dal prefetto dei Gesuiti in cerca di
chiarimenti, ma uscii da quel colloquio più turbato di prima: il sacerdote
aveva gli stessi miei dubbi e non era stato in grado di risolvere le mie
difficoltà. Lo
lasciai, deluso e desideroso di domandargli come avesse potuto diventare prete.
Tutto quello che egli aveva saputo dirmi era stato di non andare troppo in
profondità nella lettura della Bibbia poiché nessuno di noi aveva la capacità
e la facoltà di farlo e di accettare perciò l’interpretazione di Roma senza
discuterla, poiché era l’unica infallibile. «Quando
ci assalgono dei dubbi», egli aveva aggiunto ancora «la cosa migliore da fare
per dimenticarli è occuparsi in qualche altra attività» e mi confessò,
infatti, che, quando veniva preso da qualche dubbio, per distrarsi, se ne andava
nel suo laboratorio di chimica a fare esperimenti o a studiare. Bene, questo
metodo soddisfaceva forse quel Gesuita, ma non me. Dio ci ha dato la Sua Parola
affinché la investighiamo, anzi comanda proprio di farlo. Dopo aver
restituito la Bibbia presa a prestito, me ne comprai una copia e mi dedicai con
maggiore serietà allo studio di essa. Quando
si scopre che una persona non ha detto la verità, è naturale che si cominci a
dubitare di tutto ciò che dice. Fu proprio quanto accadde a me nei confronti
della Chiesa Cattolica, cosicché per tre lunghi anni brancolai nel buio più
fitto. Dubitavo di tutto, tranne che dell’esistenza di Dio, creatore di tutte
le cose. Nel mio zelo di trovare luce e spiegazione ai mei dubbi, mi recai
allora da un Francescano: non essendo riuscito con i Gesuiti, volevo tentare con
i Francescani, l’altro potente e famoso ordine religioso che si trovava a
Sucre. Andai alla ricerca di frate Francesco, una nobile persona, che mi disse
con tutta franchezza: «Figliuolo, confesso di non sapere un bel nulla di tutte
queste cose. La mia è la fede di un minatore; credo perché credo. Ti darò
comunque dei libri nel caso possano esserti d’aiuto». E mi diede infatti dei
testi che rafforzarono le mie nuove opinioni. Un
giorno, incontrai, il signor Turner, missionario della Chiesa dei Fratelli e
pastore della comunità evangelica di Sucre, e gli chiesi un appuntamento
per poter discutere la questione anche con lui. Il giorno successivo, dopo
cinque minuti di conversazione, compresi che eravamo completamente
d’accordo. La mia maggior difficoltà riguardava la divinità di Cristo, ma
dopo aver esaminato insieme l’Evangelo di S. Giovanni, al cap. 3, v. 16 e
diversi altri versetti, compresi che Cristo non era soltanto uomo, ma anche Dio.
Lo avevo già accettato come mio Salvatore, ma avevo dei dubbi intorno alla Sua
duplice natura. Da
quel momento in poi cominciai a crescere nella fede e decisi di dedicarmi al
servizio del Signore, senza comunque abbandonare la mia attività commerciale,
fatta eccezione per la fabbricazione di «santi», che smisi immediatamente.
Sentivo che il Signore mi chiamava a portare il Suo messaggio di libertà ai
miei compatrioti oppressi, ingannati e sfruttati da coloro che avevano trasformato
in un commercio la salvezza delle anime dei loro simili. Convinto, peraltro, che
il cielo non si può raggiungere con il danaro, né ottenere con le opere (
Lettera agli Efesini 2: 8, 9 ; Lettera ai Romani 3: 22-25), sapendo che Dio
detesta l’idolatria, infatti il secondo comandamento dice: «Non
ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò
che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non
ti prosterai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il
Tuo Dio, un Dio geloso» (Eso do 20:4,5) e
poiché ero ancora in possesso di più di duecento statue, ecco iniziare una
dura lotta tra la mia coscienza e la mia borsa. Il valore delle immagini era
notevole e il mio portafoglio mi diceva: «Non le distruggere ; i cattolici le
usano soltanto come simbolo; non le adorano». Caro
lettore, è certamente una cosa terribile quando la tasca soffre, perciò,
volevo far tacere la voce della coscienza che mi diceva: «Arturo, i cattolici
adorano queste immagini, s’inchinano dinanzi ad esse e rendono loro il culto».
In mezzo a tale lotta non sapevo più che fare, finché il Signore mi mise nel
cuore questo pensiero: porre su ogni immagine, la seguente iscrizione. Sono
una immagine inanimata, opera di mano d’uomo... Perciò non merito alcuna
adorazione o culto. Poi
su quelle di Cristo e del Sacro Cuore, alcune delle quali erano realmente belle,
posi questa scritta: Rappresento
Iddio, ma non Lo sono. Iddio è spirito, e quelli che Lo adorano Lo devono
adorare in ispirito e verità. Le
immagini, dunque, restarono per tre mesi nel bel negozio che avevo allora, con
la vetrina più grande e più elegante di tutta Sucre in quel tempo. Le persone
venivano per acquistarle, ma, appena le prendevano in mano e leggevano le parole
che vi erano scritte sopra, me le restituivano con un sorriso forzato dicendo:
«Molto belle! ritorneremo... », ma non tornavano più. Dal
momento in cui posi sulle immagini quelle parole, ne vendetti solo due e ciò
servì a provarmi che i cattolici le volevano per adorarle. Se non fosse stato
così, quale differenza avrebbero fatto quelle parole per loro? Fu allora che
decisi di liberarmene. All’inizio, fino al momento in cui apposi quelle
scritte sulle immagini, era stata mia intenzione continuare a venderle e con il
ricavato costruire una cappella evangelica a Sucre, quando però, resi noto il
mio progetto ai fratelli in Cristo, essi mi dissero: «Vi ringraziamo, signor
Arana, per la vostra buona volontà, ma non possiamo accettare neppure un
centesimo di questo danaro proveniente dal peccato dell’idolatria. Molte
grazie, con le immagini fate quel che volete, ma noi non possiamo accettare quel
danaro». Ero
come uno che tiene un carbone ardente in mano. Non sapevo cosa fare di tanti «santi»
e di tanti idoli e distruggerli era un compito difficile, perché, a quel tempo,
Sucre era la città più fanatica della Bolivia. Ciò nonostante, seguendo il
comandamento del Signore contenuto nel libro di Isaia, cap. 30, vv. 21 e 22,
decisi di cominciare a disfarmene. Armato di un martello, cominciai a ridurli in
pezzi e, quando furono ben frantumati, ne raccolsi i frammenti in alcune casse e
li tenni chiusi in un deposito, per evitare che la Chiesa Cattolica inventasse
qualche altro «miracolo». Fu
un lavoro che durò parecchi giorni, ma alla fine, quando tutte le statue furono
distrutte, servendomi del camion di un mio amico e fratello nel Signore, li
gettai in una discarica di rifiuti, adempiendo l’ordine divino: «i tuoi occhi
sentiranno questa parola dietro di te: ”Questo è la strada, percorretela”»,
caso mai andiate a destra o a sinistra. Considererai cose immonde le tue
immagini ricoperte d’argento; i tuoi idoli rivestiti d’oro getterai via come
un oggetto immondo. “Fuori!” tu dirai loro» (Isaia 30:21,22). Furono due i
camion che caricai e, se non fossero stati a pezzi, ne sarebbero accorsi molti
di più. Caro
lettore, ti posso assicurare che non avvenne alcun miracolo, perché fu soltanto
due mesi dopo essermi disfatto delle immagini che l’annunziai pubblicamente
alla radio, ed era ormai troppo tardi perché si potesse preparare una frode
simile a quella che udii in una certa occasione e che ti voglio raccontare. Dicono
che nella città di La Paz vi fosse un giovane oltremodo dedito al gioco, il
quale chiedeva ogni giorno alla Vergine di poter vincere. Ma una sera, stanco di
pregare senza successo, trasse di tasca un temperino e tagliò il quadro
dall’alto in basso. Dicono che, in quello stesso momento, in un ufficio di
polizia si presentò una donna con il volto sanguinante, che accusò quale
responsabile della sua ferita questo giovane e ne indicò il domicilio. Quando
la polizia giunse in quella casa, trovò il quadro lacerato. Sciocchezze, caro
amico. Io ti posso assicurare che neppure una goccia di sangue apparve sulle
circa duecento statue da me fatte a pezzi e che nessun uomo o donna si presentò
all’ufficio di polizia per denunciare ferite. (Forse perché le ridussi
talmente in polvere da non lasciarvi dentro alito di vita?). I
cattolici dicono di tenere le immagini di Cristo e del Sacro Cuore, ecc. come
noi teniamo la fotografia di una persona amata. Menzogna! Caro lettore ed amico,
terresti tu forse sul tuo cassettone la foto del famoso calciatore Paolo Rossi
per coprirla di baci, chiamandolo padre? Chi conosce la faccia di Cristo? Chi è
colui che conosce almeno il colore dei Suoi occhi? Io ho fatto statue di Cristo
sia bionde che brune, con occhi azzurri, verdi, neri o castani secondo il gusto
e le idee dei clienti. Come potevano quelle immagini essere fatte a somiglianza
di Cristo, dal momento che io stesso non lo avevo mai visto e mi limitavo a fare
una bella faccia di tipo giudaico? Mi
ricordo di una volta in cui il prete di Betanzon mi venne a chiedere di fare un
Sacro Cuore per l’altare maggiore della sua chiesa. In quel momento io non
avevo alcuna immagine della taglia da lui richiesta, fatta eccezione per una
statua di S. Giuseppe alta più o meno un metro e venti per cui gli dissi che
non mi sarebbe stato possibile approntargliela subito, come desiderava. Dopo,
però, pensando ai soldi che avrei incassato, promisi di consegnargliela per il
giorno stabilito. Entrai allora nel laboratorio, afferrai un martello, presi
l’immagine di San Giuseppe e con un solo colpo gli ruppi il braccio
all’altezza del gomito ; indi, preso un pezzo di gesso, feci un nuovo braccio
che puntava verso il petto. Poi, preso dell’altro gesso, formai il cuore,
tolsi la palma dell’innocenza» dal braccio destro di San Giuseppe e gli feci
una mano nuova; infine, poiché il santo era calvo, come me, gli ricoprii il
capo di lunghi riccioli, gli resi liscia la barba ed eccolo cambiato in Sacro
Cuore. Una bella immagine, no, che ne dici? Nostro Signore Gesù non voleva che
ci facessimo immagini di Lui perché è irriverente voler cambiare la gloria
dell’incorruttibile Iddio in immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile
e, per questa ragione, nessuno conosce quali siano il colore dei Suoi occhi e la
forma della Sua bocca o del Suo naso. Ti
racconterò ora altri due o tre casi che ti faranno vedere quanto sia ridicola
l’idolatria fomentata dalla Chiesa di Roma. Quando avevo ancora la fabbrica di
immagini, erano solite venire da me delle signorine non più giovani per
chiedermi delle statue di Sant’Antonio alle quali si potesse aggiungere o
togliere il fanciullino che il «santo» reca di solito in braccio. Esse
dicevano che lo stavano pregando per poter trovare marito e volevano delle
immagini così fatte in modo da poter togliere quella del fanciullo e punire
san’Antonio nel caso non l’avesse loro concesso. Si può immaginare stupidità
più grande? Ad
Aiquile una signora profondamente cattolica, ma molto sensata, si converti al
Signore, grazie all’esperienza che ora ti narrerò. Aveva un cagnolino dal
pelo bellissimo ed un giorno, avvicinata da un pittore, se ne sentì chiedere
alcuni peli della coda. Dopo aver soddisfatto la sua richiesta, la signora,
alquanto sorpresa, gli domandò a che cosa mai gli sarebbero serviti. «Per fare
le ciglia e le sopracciglia dei santi che devo riparare», fu la risposta. «Da
allora», dichiarò la signora, «ho abbandonato per sempre l’idolatria. Come
avrei potuto inchinarmi ad adorare i peli della coda del mio cane?». Ora,
caro lettore, vorrei chiederti di meditare su queste parole di Dio che puoi
leggere nella Sacra Bibbia. Al Salmo 115 (113 B) è detto: Gli
idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo. Hanno bocca
e non parlano, hanno occhi e non vedono, Hanno orecchi e non odono, hanno narici
e non odorano. Hanno mani e non palpano, hanno piedi e non camminano; dalla gola
non emettono suoni. Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida. Nel
Vangelo secondo San Giovanni al capitolo 4 versetto 24, il Signor Gesù ci
insegna: «Iddio
è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Caro
lettore, ascolta la voce di Dio e non quella degli uomini che hanno mutato la
salvezza dei loro simili in un commercio; il cielo non si vende né si compra
perchè Iddio lo offre gratuitamente, per la Sua grazia e per il Suo amore, a
chiunque Lo voglia ricevere. «Dio
infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il
Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo
di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato
condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio»
(Giovanni 3: 16,19). «
Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà
la vita, ma l’ira di Dio incombe su di lui» (Giovanni 3:36). «
Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati
gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo
Gesù. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo
della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia, dopo la
tolleranza usata verso i peccati passati» (Romani 3.23,25). «Ma
se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni
con gli altri, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato»
(I Giovanni 1:7). «
Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna
in Cristo Gesù nostro Signore» (Romani 6:23). Leva
gli occhi, allora, verso l’unico Iddio vivente e vero attraverso nostro
Signore Gesù Cristo, che è la Via, la Verità e la Vita, perchè solo per
mezzo di Lui possiamo andare al Padre. Non
adorare la creazione delle mani dell’uomo, non ti piegare davanti a fantocci
di gesso che forse le mie stesse mani hanno fatto. Credi
nel Signore Gesù e sarai salvato. Non
lasciarti ingannare da uomini che hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile
in immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile (Rom. 1:23); non
dimenticare che il cielo non si compra e non si vende e che Iddio te lo offre
ora gratuitamente attraverso la fede nel Suo Figliuolo benedetto, come ti offre
il perdono per i tuoi peccati attraverso la fede nel Suo sangue prezioso sparso
per salvarti. Rifletti:
se tu potessi raggiungere il cielo attraverso le cerimonie religiose e le opere,
allora Cristo sarebbe morto invano. Lo Spirito Santo possa convincerti e
benedirti. Arturo
Arana |
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