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Nato

di

Nuovo

di

Franco Ienco

 

 

 

 

Gesú gli rispose:

"In verità, in verità ti dico

che se uno non è nato di nuovo

non può vedere il regno di Dio".

(Giovanni 3:3)

 

  

 

 

A mia moglie Pierina

e ai nostri figli

Raffaella

Sefora e

Samuele

 

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

“Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della Parola della vita (poiché la vita è stata manifestata e noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e che ci fu manifestata), quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché voi pure siate in comunione con noi; e la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo” (1Giov.1:1-3).

 

La “testimonianza” personale di un cristiano è, per usare una definizione biblica del termine,  il racconto di quel che ha udito, quel che ha visto con i suoi occhi, quel che ha contemplato e che le sue mani hanno toccato della Parola della vita (1Giov.1:1). Essa scaturisce da un’esigenza particolare, caratteristica del cristiano (ci tengo a specificarlo) “Nato di Nuovo” (Giov.3:3). Non si commetta l’errore, quindi, di interpretare questo lavoro come il tentativo di “comporre un’opera” (o qualcosa del genere). Se così fosse mi comporterei, in pratica, come quel clown che tenta, ridicolamente, di recitare l’Amleto.

Spero, e prego, sia evidente, a chi leggerà, che il mio obiettivo principale non consiste nel far partecipi altri di una qualche nuova teoria religiosa, ma di una esperienza concretamente personale; e ciò, al fine di indurre ad una altrettanto personale e coscienziosa riflessione intorno alle realtà della fede (spesso fraintese e, di conseguenza, volutamente ignorate o addirittura disprezzate).

È auspicabile un’attenta analisi di questo scritto, da parte del lettore, il quale potrà verificare la coerenza, o meno, delle vicende descritte, in rapporto (cosa estremamente importante) agli insegnamenti delle Sacre Scritture. Infatti, in un mondo come il nostro, le esperienze degli uomini sono molteplici e variopinte;  se queste soltanto dovessero costituire la “bussola” per orientarci verso la verità, ci ritroveremmo, inevitabilmente, in un labirinto in cui le sollecitazioni a seguire tale o tal’altra via sarebbero innumerevoli.

Ringraziato sia Dio perché non ci ha lasciati al buio, in balìa di noi stessi (come, invece, molti ritengono ch’Egli abbia fatto). La Luce, infatti,  che vuole illuminare ogni uomo, è venuta in questo mondo. Gesù afferma:

“Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Giov.8:12).

Perciò, come dice la Scrittura:

“Risvégliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti inonderà di luce” (Efes.5:14).

 

Ognuno di noi è un individuo a sé, speciale, esclusivo agli occhi di Dio. Egli “tratta” con noi tenendo conto delle nostre peculiarità, del nostro carattere, delle nostre reazioni… Voglio dire che Dio non ha un metodo standard che applica automaticamente con tutti nei suoi “avvicinamenti” all’uomo; ogni caso, per Lui, è un caso a sé. Ciò è dovuto, ovviamente, al fatto che Egli desidera instaurare un rapporto personale con questa sua, a dir poco, meravigliosa creatura, fatta “a immagine di Dio” (Genesi 1:27).

Per quanto mi riguarda, devo ammettere che Dio ha avuto molta pazienza con me, seguendomi passo passo, deciso a farmi comprendere, e concretizzare, la necessità di questo rapporto personale con Lui, non come un’esperienza fine a se stessa, ma come conseguenza di un’opera interiore prodotta dallo Spirito Santo, e che la Scrittura descrive come “Nuova Nascita”, senza la quale, afferma chiaramente Gesù, non si può “vedere il regno di Dio” (Giovanni 3:3).

 

UN INCONTRO INSOLITO

È vero…, sono passati molti anni ormai; ma certi ricordi non possono essere, in nessun modo,  cancellati dalla mente e dal cuore; soprattutto quando questi ritraggono ciò che costituisce il fondamento su cui è edificata la propria vita.

Avevo appena finito il servizio militare quando mi trasferii in provincia di Brescia; precisamente a Lumezzane: era il 1976.

Un giovane di 21 anni, normalmente, ha tanti bei progetti e, in modo particolare, tanta voglia di vivere: era questo il mio caso. Niente di male in tutto questo; anzi!…

Fu proprio in quel periodo che, invitato da un mio cugino, mi ritrovai, una sera, in una famiglia, la famiglia Caré, in cui si svolse una riunione un po’  strana e “irregolare”, cioè, fuori dalla "norma". La considerai così, in un primo tempo, perché ero abituato ad incontri religiosi con la presenza di un chierico che presiedeva.

Più che altro, avevo accettato di andarci per curiosità (la curiosità non è solo femmina, come si suol dire) e perché mi allettava l’idea di poter, in qualche modo, “difendere” la mia religione (l’unica vera, pensavo tra me), visto che sorgono continuamente nuove sétte e gruppi religiosi che pretendono di possedere il “monopolio” della verità, che “tirano l’acqua al proprio mulino”, che fanno tutto per un qualche tornaconto personale, ecc. ecc.

Questi, le persone, cioè, conosciute quella volta, erano cristiani evangelici (definiti, nel nostro dialetto calabrese, “vangelisti”).

Di fatto, devo dire che sono stato sempre abbastanza religioso, ma ciò a cui partecipai, quella sera, lasciò di sicuro un’indelebile impronta dentro di me.

Ricordo che, in quella circostanza, mi piaceva sfoderare il “sapere” che avevo acquisito lungo il percorso della mia  passata vita religiosa, con la determinata intenzione di contraddire le loro affermazioni e far risaltare l’evidente superiorità (parola antipatica) della Chiesa Cattolica Romana della quale ero orgoglioso di far parte.

Tante di quelle cose, però, che mi dicevano, erano chiaramente in contrasto con le mie convinzioni e con ciò che mi era stato fin allora insegnato nella , così è detta, “religione ufficiale”.

Ricordo, particolarmente, il pacato modo di parlare di quell'uomo che presiedeva quell'incontro, e che in seguito conobbi come “il fratello Gaetano”.

Al di là delle disquisizioni dottrinali, comunque, fu il loro, per me insolito, modo di pregare che mi rimase maggiormente impresso.

Seduti attorno al tavolo, con gli occhi chiusi, pronunciavano con parole proprie, uno dopo l’altro, la loro preghiera. Era fin troppo evidente che non si trattava delle solite preghiere imparate a memoria; …no, non stavano “recitando”: stavano parlando con Dio, con una naturalezza che metteva a disagio il sottoscritto. Ringraziavano e facevano richieste a Dio “nel nome di Gesù”. Pregavano per me con un fervore che non avevo mai visto, prima di allora, nemmeno in quelle persone talmente “religiose” che non perdevano mai una Messa (a parte il fatto che non avevo mai sentito nessuno pregare per me).

Un’altra cosa: ognuno di loro aveva con sé un libro; era su quello che basavano le loro affermazioni. Oggi so molto bene che si tratta del “Libro dei libri”, la Parola di Dio, vale a dire, la Sacra Bibbia.

Se fino a quella sera mi ero considerato un “buon conoscitore” di dottrine e precetti religiosi vari, da quel momento, qualcosa mi suggeriva che non avevo, in fin dei conti, una vera conoscenza di Dio.

Ti dirò, caro lettore (questo, forse, ti farà contento), che per quella volta uscii “indenne”, almeno apparentemente, da quell’insolito incontro: avevo ancora la mia religione!

Per curiosità, comunque, in quei giorni accettai l’invito a partecipare una domenica al loro culto evangelico in chiesa a Brescia. Ci andai con altri due miei amici. In quella circostanza conobbi il pastore di quella comunità, Carlo Supertino, un uomo molto cordiale che, a sentirlo parlare, ispirava un certo senso di fiducia, ma che in quel momento non fu sufficiente per farmi “cambiare idea” intorno alle mie convinzioni. Continuai, così, per la mia strada, perseguendo i miei progetti.

II

LA VITA CONTINUA

Quanti bei progetti per il futuro continuò ad architettare, nel segreto, la mia testa, durante i successivi tre anni che seguirono l’episodio appena descritto!…

È normale, quando si è giovani, pensare al proprio futuro e mettersi d'impegno a costruirselo; ma forse io sognavo un po’ troppo; volevo fare tante di quelle cose!… Sembrava quasi che non volessi perdere l’unica opportunità di questa vita sfruttandola al massimo.

La mia più grande passione, in quel periodo, era uno sport chiamato “caràte”; identificato come un’arte di combattimento orientale.

Già da ragazzo coltivavo l’entusiastica idea di frequentare, un giorno, una palestra e diventare come Bruce Lee, il mio “eroe” preferito. L’occasione si era presentata ed io, naturalmente, non me la feci sfuggire. Incominciai subito a frequentare la palestra dedicandomi, è il caso di dirlo, “anima e corpo” a quest’attività sportiva. Difficilmente mi assentavo dalle lezioni, se non  per cause indipendenti dalla mia volontà.

Qualcuno mi diceva continuamente che stavo esagerando. Sembrava, infatti, che stesse diventando l’unico scopo della mia vita. Tutto il resto, come il lavoro, la pittura (che ho sempre praticato), la musica (con alcuni miei cugini ed amici avevamo formato un complesso) assumeva, sempre più, un’importanza marginale.

Effettivamente, aggiungere un’ora e mezza di palestra, dopo otto ore di lavoro in officina, per me era quasi un gioco. Dico questo, per darti un’idea di quanto la passione per il “caràte” mi fosse entrata nel sangue.

Proseguii in tale modo per quasi tre anni, facendo notevoli progressi. Il mio istruttore, perciò, si dimostrava molto soddisfatto di me; mentre io cominciavo a coltivare l'idea, alla fine del percorso, di aprire una palestra giù in Calabria. Non mi rendevo conto, però, che stavo diventando troppo pieno di me stesso. Le mie egocentriche ambizioni creavano una sorta di invisibile recinto attorno a me, chiudendomi notevolmente nei rapporti con gli altri. Questo elemento andava ad aggiungersi alla mia indole, già di per se stessa, piuttosto timida.

D’altro canto, sono stato sempre un tipo sensibile davanti ai colori di un bel tramonto che, talvolta, mi facevano pensare al Grande Artista che stava nascosto in un “imprecisato punto dell’universo”.

Diverse volte mi sono soffermato a riflettere, seduto in macchina davanti all’ingresso di un cimitero, sul significato della morte. Mi chiedevo se quelli “là dentro” fossero ancora coscienti di ciò che accade in questo mondo. Se così fosse, immaginavo volessero dirci qualcosa sulla loro condizione e… sulla nostra.

Insomma, non ero affatto indifferente ai problemi di carattere esistenziale; certi interrogativi me li ponevo, eccome! Ma chi avrebbe potuto dare una risposta esauriente a questi ancestrali enigmi che hanno forse tormentato gli uomini di ogni tempo?

"Forse nessuno", pensavo, "…lasciamo che la vita faccia il suo corso; è il solo modo per sapere cosa ci ha riservato".

III

MIO FRATELLO…

Dopo circa un anno, da quando mi ero stabilito a Concesio, in periferia di Brescia, venne ad abitare con me mio fratello Damiano e, qualche mese dopo, anche mio fratello Rocco.

Damiano, in qualche modo, potevo ancora tenerlo sotto controllo, essendo appena quindicenne; ma Rocco!?… Come avrei fatto? Conoscevo il suo carattere e già prevedevo le delusioni e i dispiaceri a cui sarei andato incontro.

Ricordo, infatti, i primi mesi dal suo arrivo: sempre in giro, in lungo e in largo; non lo si vedeva mai in casa; rientrava quasi sempre a notte inoltrata, o nelle prime ore del mattino, ubriaco. Sentivo dire, infatti, che faceva a gara, con i suoi amici “di ronda”, a chi riusciva a bere di più.

Tante volte si era sentito male (fumava tantissimo) vomitando tutto ciò che aveva trangugiato. Dicevo fra me: “Prima o poi temo che finirà per combinare qualche sciocchezza”.

Non potevo dirgli niente perché mi trattava da antiquato; come uno, cioè, che su certe cose la pensa all’antica. Non avrei dovuto avere, secondo lui, tante inibizioni e approfittare un po’  di più dei “divertimenti” che la vita offre.

Temevo, fra l’altro, che se si fosse messo in testa di comprarsi la macchina, la frittata sarebbe stata fatta!…

Non ero per niente tranquillo!

 

 

 

 

IV

UN IMPROVVISO CAMBIAMENTO

Dopo qualche mese notai che era successo qualcosa: mio fratello non era più lo stesso!

Infatti, non lo vedevo più fumare, né  lo sentivo imprecare; anzi, per casa canticchiava delle strane canzoni nelle quali veniva spesso pronunciato il nome “Gesù”; eccone una, per esempio:

Se sei stanco di cercare invano, se sei stanco di vagar così, smetti di sognare, esci dall’ombra, lascia tutto ai piedi di Gesù”.

Era evidente: stava “lanciandomi” una sorta di messaggio…, messaggio che per me era ancora oscuro, misterioso…; e poi, non lo avevo mai visto leggere un libro. Ora, invece, con mia grande meraviglia, si era addirittura messo a leggere la Bibbia!… Proprio lui che, per quanto io possa ricordare, da molti anni ormai, di cose “religiose” non voleva più sentir parlare.

Una cosa, però, era evidente: mio fratello non era più lo stesso. Era successo qualcosa che lo aveva  letteralmente trasformato; ma non riuscivo ancora a ben identificare la natura di questo radicale cambiamento e quale “forza” avesse potuto fare ciò (molti suoi vecchi amici, tutt'oggi ne parlano, e stanno ancora chiedendosi cosa gli sia successo).

Inizialmente ero tentato a pensare che fosse uscito “fuor di senno” o che qualcuno gli avesse fatto un “lavaggio del cervello”. Non potevo, però, dire che la cosa avesse risvolti negativi per lui, anzi… tutt’altro! La vita, infatti, che conduceva prima, non era per niente invidiabile… “Magari”, dicevo in me stesso, “sia qualcosa che duri”.

 

V

PARLANDO…

Questi avvenimenti, a volte sembrava che mi scuotessero un po’ da una specie di sonnolenza, inducendomi a riflettere seriamente su alcune realtà per me ancora "lontane". A volte, invece, ero confuso, non sapevo nemmeno cosa pensare.

Tuttavia, la mia vita continuava a scorrere tortuosamente fra il “caràte”, la pittura, la musica e il lavoro. Lavoro che, in quel momento, non era affatto gratificante. Eseguivo dei dipinti in miniatura su vetro che poi spedivo per posta).

 

Qualche volta mio fratello mi invitava, senza assumere (puntualizzo) un atteggiamento insistente, ad andare con lui agli incontri che si svolgevano nella chiesa evangelica che aveva iniziato a frequentare; ma io, con una scusa o con l’altra, non ci andavo mai, convinto che mi sarei annoiato. Non mi andava di sorbirmi delle prediche e perdere del tempo “prezioso” che, pensavo, avrei potuto spendere in maniera più utile.

In questo periodo ebbi modo di parlare, a più riprese, con qualcuno dei nuovi amici di mio fratello. Uno di questi, Gesuino, che abitava vicino a noi, passava spesso da casa e ci intrattenevamo un po’ a parlare.

Nei loro discorsi v’era una tale convinzione intorno alla loro esperienza che io interpretavo come presunzione da parte loro. Essi affermavano, cioè, di essere certi di aver incontrato Gesù e di aver realizzato, perciò, la certezza della salvezza. Era evidente che le loro affermazioni non erano "costruite" o programmate. Intuivo la realtà di un'esperienza alla quale non avrei saputo dare una spiegazione "logica" (era nella mia indole cercar di razionalizzare sempre tutto). L'unica "scappatoia", forse, avrei potuto chiamarla "autosuggestione" (magari aggiungendoci anche la parola "collettiva" per rendere la cosa più dotta).

Fino a quel momento, in effetti, ero sempre stato convinto che nessuno può avere la certezza di essere salvato; che “solo Dio lo sa”. Del resto, così mi era stato anche insegnato. Devo ammettere, però, che nei loro discorsi non udii mai frasi di questo genere: "La nostra religione è quella vera"; "Non c'è salvezza fuori della chiesa evangelica"; "Noi siamo perfetti"; "Vieni con noi e non sbaglierai"; eccetera, eccetera…

Le loro argomentazioni erano incentrate sempre e soltanto su Gesù Cristo e sulla sua meravigliosa opera di salvezza per l'umanità.

Perché non mettevano in risalto se stessi? Perché non parlavano delle loro rinunce, dei loro sacrifici, delle loro buone azioni, delle loro nuove regole, dei loro propositi per osservarle, e così via…? E poi, quella loro gioia, quella spontaneità nel trasmettere ciò che provavano, credo che avesse suscitato in me un certo “non so che” di invidia, perché io, al contrario, possedevo un carattere alquanto introverso.

Pochissime volte cedetti all'invito cordiale, sia di mio fratello che di altri evangelici, a partecipare ai loro culti e incontri che si tenevano in una piccola sala con una cinquantina di posti a sedere. Non sono mai stato un tipo molto socievole, io; comunque, la maggior parte di quella gente mi era simpatica. Si…, simpatizzavo per quella gente; ma io non ero come loro. Di conseguenza,  al loro fianco, mi sentivo un po' "fuori posto".

 

VI

UN RADUNO EVANGELICO

In quei giorni avevo trovato un altro lavoro in una cartiera proprio vicino alla nostra abitazione. Dovevo presentarmi sul posto una mattina che il ragioniere della ditta aveva fissato per farmi iniziare. Quando mi presentai nel suo ufficio, mi fu detto che avrei dovuto attendere ancora due o tre giorni, prima di poter incominciare a lavorare, a motivo di alcune pratiche che ancora non erano pronte.

Qualche giorno prima di questo fatto, mio fratello e un suo "fratello", Alberto, mi avevano invitato ad andare con loro ad un raduno evangelico che si sarebbe tenuto nella città di Asti, ma avevo detto loro che non potevo andarci a causa del nuovo lavoro che dovevo iniziare.

"E se non lavorassi?", mi avevano chiesto.

"Certamente ci verrei", avevo risposto (forse distrattamente).

Dovetti mantenere la mia promessa e, non avendo iniziato il lavoro, come ho già detto, ero libero e ci andai.

Prima di partire seppi che avevano pregato affinché il Signore facesse in modo che io potessi andare con loro. E infatti…

Ci recammo ad Asti in autobus. Lungo il viaggio non si fece altro che cantare allegramente canzoni che inneggiavano a Gesù.

Insieme a noi raggiungevano quel luogo molti altri autobus pieni di gente. E pensare che mi avevano dato ad intendere, parlandone con tono sprezzante, che gli evangelici erano solo "quattro gatti"!…

La riunione si svolse in un grande locale, un cinema-teatro, affollatissimo.

Ricordo perfettamente il messaggio che un uomo di Dio, il cui nome era Roberto Bracco, in quel giorno, predicò. Riassumo qui di seguito, per linee generali, l'essenza di quella predicazione che lasciò un segno indelebile in me:

"Durante i primi tre secoli che seguirono la venuta di Gesù Cristo, i cristiani erano veri cristiani. Cristo (da cui deriva la parola 'cristiani') era al centro della loro vita, sull'"Altare (metaforicamente parlando) della Chiesa". Ovunque ci si sedeva, Lo si poteva vedere benissimo. Ma avvenne che ben presto Lo spostarono facendolo sedere al primo banco. Purtroppo, con l'andare del tempo, Lo spostarono ancora, facendolo sedere al secondo banco. Non rimase nemmeno lì perché, dopo un po', Lo rimossero per metterLo al terzo banco. E così via… fino all'ultimo banco. Se fosse rimasto lì, qualcuno, almeno, avrebbe potuto vederLo. Ma adesso non è più nemmeno lì: è fuori della porta, sbarrata, di quella che comunemente si chiama "chiesa", e sta bussando fortemente affinché qualcuno Lo faccia entrare!".

Solo in seguito scoprii che nella Bibbia c'è un verso in cui Gesù dice: "Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me" (Apocalisse 3:20).

Stranamente, percepivo la verità e l'attualità di quel messaggio predicato con piena convinzione.

Quel giorno, però, il sermone non fu l'unica cosa che mi colpì;  c'era dell'altro…

Accennavo, poc'anzi, al fatto che eravamo in tanti. Quel luogo era affollatissimo. C'erano credenti evangelici provenienti da tante e diverse comunità, ma tutti avevano qualcosa in comune fra loro che io non riuscivo a comprendere (e questo continuava a creare in me un certo senso di disagio, quando ero in mezzo a loro).

Forse la cosa che risaltava maggiormente era la loro, direi, semplicità. Lo si intravedeva dagli atteggiamenti che assumevano. Durante i momenti di preghiera, molti alzavano le mani al cielo esclamando: "Gloria a Dio!", "Alleleuia!", "Grazie, Signore!", e altre frasi di questo genere, in maniera, era evidente, molto spontanea e intensa.

Altri pronunciavano, a bassa voce, delle parole che non riuscivo a comprendere. Pensavo si trattasse dei vari dialetti delle zone di provenienza di quella gente.

Mi fu poi spiegato (avevo chiesto chiarimenti) che si trattava, invece, di una manifestazione dello Spirito Santo. Durante i culti degli evangelici di fede pentecostale, queste manifestazioni sono, infatti, frequenti.

Intorno a queste cose lessi, in seguito, nella Bibbia: " Perché chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno lo capisce, ma in spirito dice cose misteriose" (1Corinzi 14:2).

Anche nel giorno della Pentecoste, com'è scritto negli Atti degli Apostoli al capitolo 2, si verificò un fenomeno di questo genere: "Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo. Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempí tutta la casa dov'essi erano seduti. Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi" (Atti 2:1-4).

Non ero ancora "convertito" (una parola, questa, che non avevo mai ben pesato), ma quel raduno, sono certo, ebbe un'influenza notevole per quel che sarebbe successo nella mia vita di lì a qualche giorno.

 

VII

UN INCONTRO GIOVANILE

Il sabato successivo accettai un altro invito. Questa volta si trattava di un semplice incontro giovanile nel locale di culto di Verona. Queste riunioni, mi si era detto, si svolgevano una volta al mese. I giovani della comunità evangelica di Verona e quelli di Brescia si incontravano per lodare Dio insieme. Durante questi incontri si cantavano bellissimi canti, accompagnati da una o più chitarre; si raccontavano le proprie esperienze con Gesù; si leggeva la Bibbia e la si meditava insieme e si pregava (con preghiere spontanee; non si recitava). Il tutto in una meravigliosa atmosfera piena di gioia, di pace e, soprattutto, di semplicità.

Percepivo l'ardente desiderio che quei giovani avevano di comunicare ad altri l'esperienza della propria conversione. Quasi tutti parlavano di un "incontro personale con Gesù". Un incontro che li aveva totalmente cambiati. Si parlava, addirittura, di una "Nuova Nascita".

In effetti, dovevo onestamente ammettere, per me mio fratello era come se fosse  davvero nato di nuovo: non lo si riconosceva più.

"E se tutto quello che costoro dicono fosse vero?", "Se è veramente Gesù che li ha cambiati, o "salvati", come affermano con tanta sicurezza?", "Questo significherebbe che Gesù è una persona reale, viva, e non soltanto un personaggio del passato o una parola scritta su un libro di teologia".

Questi e altri pensieri mi passavano per la testa.  Così, mentre tutti si inginocchiavano per trascorrere qualche momento in preghiera, anch'io mi inginocchiai.

Il mio gesto fu forse dettato da una questione di "estetica". Voglio dire che, essendo le sedie poste tutt'intorno, lungo la parete di quel locale, se io fossi rimasto seduto avrei "interrotto" quel cerchio.

Mentre ero in ginocchio, presi la decisione di credere! Proprio così!... Credere veramente, con tutto il cuore. Credere che Gesù era realmente morto sulla croce per salvare i peccatori, di cui io ne ero un "rappresentante".

"Signore, se tu davvero esisti…", (nel mio modo di credere c'era anche il dubbio sulla Sua esistenza), "…allora ti chiedo di entrare nella mia vita, voglio conoscerti anch'io. Se è vero che sei morto sulla croce per i peccatori, io sono uno di questi; anch'io voglio sentire la Tua presenza dentro di me!…".

Piangevo!… Volevo "sentire" Gesù entrare nel mio cuore. I minuti passavano, ma il sottoscritto non sentiva niente di tutto ciò che quei giovani manifestavano.

Cosa c'era che non "funzionava"? Dove stavo sbagliando?

Mentre gli altri si alzavano, io rimasi in ginocchio; continuavo a piangere e a chiedere a Gesù di entrare in me.

"Fratelli", sentii dire in quel momento, "inginocchiamoci nuovamente e preghiamo per il nostro amico Franco". Era la voce di Nuccio, il giovane che presiedeva la riunione di quell’indimenticabile serata.

Udii più volte pronunciare il mio nome, durante quei momenti, nelle loro preghiere.

Ma chi ero io per loro perché pregassero con tanto ardore affinché il Signore mi "salvasse"? La maggior parte di quei giovani era la prima volta che li vedevo. Però, per me, era un po' come aver a che fare con degli "sconosciuti" che mi "conoscevano". Sembrava che sapessero meglio di me stesso qual era la mia realtà interiore, il mio vero bisogno.

A questo punto, che senso avrebbe avuto cercare di continuare a "nascondersi"? Perché in fondo di questo si trattava; avevo sempre nascosto, a me stesso e agli altri, per chissà quale ottusa ragione, il vero bisogno della mia anima: conoscere Dio. Ecco perché, in ultima analisi, non avevo una pace vera; perché quella, e l'avrei presto scoperto personalmente, solo Dio poteva darla; Gesù infatti dice:

"Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti" (Giov.14:27).

Quella sera non successe niente di eccezionale; perlomeno così mi era sembrato. Nessuna particolare emozione mi colse. A tal punto che mi rattristai, pensando che Dio non avesse ascoltato la mia preghiera.

Alla fine dell'incontro qualcuno di quei giovani mi porse una Bibbia, con tanto di dediche, rivolgendomi parole d'incoraggiamento e assicurandomi che Dio aveva udito la mia preghiera; dovevo semplicemente credere che Egli mi aveva risposto: l'avrei realizzato per esperienza personale; che Dio, cioè, è vivente e si stava interessando, per farmi del bene, di ogni particolare della mia vita.

 

VIII

EVENTI STRAORDINARI

Il giorno successivo avvenne ciò che rivoluzionò tutta la mia vita. Ecco gli avvenimenti:

Nelle prime ore del pomeriggio uscii, in macchina, per recarmi a S.Vigilio, un paese limitrofo, dove si era aperta una mostra di pittura alla quale avevo preso parte. La sala dell'esposizione era ancora chiusa; stavo, quindi, per andarmene quando, inaspettatamente, qualcuno mi chiamò avvicinandosi.

Era una certa Annamaria, una ragazza del luogo.

"C'è Rosa che vuole parlarti", mi disse, invitandomi a seguirla fino alla piazzetta accanto.

Rosa era una ragazza siciliana per la quale nutrivo, in quel tempo, un certo sentimento, nonostante i nostri rapporti, ultimamente, si fossero incrinati senza alcuna valida ragione. Certamente aveva notato la mia macchina, una cinquecento blu, parcheggiata là vicino.

Appena le fui di fronte, la prima (e che io ricordi anche l'ultima) cosa che mi disse, fu:

"Allora, Franco, ti sei convertito?".

La sua espressione, che delineava un ironico sorriso, e il tono con cui fece questa domanda, mi diede un certo senso di fastidio. Sembrava che  avesse detto:

"Non mi dire che ci sei cascato?!".

Rosa era al corrente del mio avvicinamento agli evangelici e, se ben ricordo, non nascondeva il suo disappunto. L'idea di un "cambiamento di religione" (come si suol dire) non l'allettava affatto.

È dal preciso istante in cui lei mi fece quella domanda, che successe qualcosa dentro di me.

Da un lato era come se volessi darle una secca risposta affermativa, chiedendole di spiegarmi in che cosa avrebbe consistito, in questo caso, il mio "delitto".

D'altra parte, invece, qualcosa mi bloccava, perché l'esperienza del giorno precedente non era stata secondo le mie aspettative; non avevo provato, cioè, alcuna particolare emozione che mi confermasse di essere "convertito".

 

Improvvisamente, fui colpito da una scena che si stava svolgendo ad una decina di metri di fronte a me. Si trattava di una suora, seduta su una panchina, con un grosso e luccicante crocifisso appeso al collo, e un folto gruppo di bambine che saltavano e giocavano allegramente tutt'attorno.

Sentii un forte impulso a dirigermi in quella direzione. Non sapevo perché avrei dovuto farlo, ma dovevo avvicinarmi a quella suora.

Mentre Rosa mi ripeteva la domanda, determinata ad ottenere una risposta chiara da parte mia, io mi diressi, quasi in maniera automatica, in direzione della suora.

Appena le fui di fronte, con un'insolita naturalezza, le rivolsi gentilmente la parola, salutandola.

Non mi ero preparato nessun discorso e non avevo niente in mente da dirle; ma ricordo perfettamente che le domandai:

"Scusi, sorella, ma queste bambine conoscono il Signore Gesù?".

Notai sul suo volto un'espressione un po' fra la meraviglia e l'imbarazzo. Ma non so chi fosse più meravigliato, se lei o io…; infatti, non mi era mai successa una cosa del genere; cioè, che parlassi a qualcuno di Gesù e, come se non bastasse, con una disinvoltura che non era certo da me, visto il carattere piuttosto introverso che mi ritrovavo…

"Certo", rispose, "fra qualche tempo faranno la prima comunione; sapesse come sono brave al catechismo!…; la maggior parte di loro conosce quasi tutto il libretto a memoria…".

 

Caro amico/a che leggi; non credo sia possibile descrivere quello che stavo provando in quel momento, mentre lei parlava. So bene che quel che sto per dire farà esclamare molti che sono un presuntuoso e che il mio non è altro che un giudizio discriminatorio; ma non per questo sarei giustificato se tacessi.

Sapevo (non chiedermi come) che quella suora non ha mai conosciuto, per esperienza personale, il Cristo vivente. Quel Gesù che è risuscitato e che è realmente presente nel cuore di coloro che lo hanno accolto come Salvatore e Signore della propria vita.

Non vedevo davanti a me una suora, ma semplicemente un'anima bisognosa, un'anima "a digiuno" delle verità celesti, perché nutrita soltanto di "regole", di "formule" e di "rituali".

Non vorrei che tu mi fraintendessi; sentivo di amare quella persona che avevo davanti a me. Nello stesso tempo, intuivo l'infinito amore che Gesù aveva per lei; un amore che ora mi appariva chiaramente nella sua manifestazione più grande: la Sua morte sulla croce.

Rispondevo e parlavo con lei con una mitezza e un'autorità che non sapevo da dove provenisse. Non mi era mai accaduta una cosa del genere!

"Sorella", le continuavo a dire, "quel Gesù raffigurato su quella croce che lei ha al collo è morto; mentre Gesù, quello vero, è vivente e vuole entrare nel suo cuore; tenere sul collo quell'oggetto non serve; Lui vuole avere spazio dentro, nell'intimo del cuore…".

 

Ma cosa stava accadendo? Perché mi trovavo lì, quel giorno, a parlare di Gesù a qualcuno che non conoscevo, e parlarne, poi, come se Gesù fosse una persona che conoscevo, invece, benissimo da molto tempo?

Oggi posso affermare con certezza che lo Spirito di Dio stava operando in me; si stava manifestando in maniera così tangibile… per cui non avrei potuto mai più dubitare della realtà della Sua presenza nella mia vita!

Se Egli, infatti, il giorno precedente avesse risposto alla mia preghiera come io Gli chiedevo e mi avesse fatto "sentire" qualche emozione particolare, in quell'ambiente così ripieno di gioia, in cui sarebbe stato molto facile essere coinvolto emotivamente, avrei potuto, un giorno, mettere in dubbio l'autenticità della mia esperienza (ero molto critico in questo "settore"), lasciandomi convincere dai miei amici atei (gente, in genere, che può "provarti" che Dio non c'è) che si è trattato di semplice "autosuggestione".

Fra l'altro, mentre parlavo, mi rendevo conto dei tentativi di quella suora di deviare il discorso su altre cose, discostandosi dalla figura di Gesù Cristo. Il mio spirito, contrariato da questo, sentiva la necessità di riportare, insistentemente, al centro la persona di Gesù (stavo "verificando" personalmente la veridicità del messaggio udito pochi giorni prima ad Asti).

 

Come se non bastasse, si avvicinò intanto una donna di mezza età, completamente ubriaca, e, rivolgendosi a me, incominciò a darmi degli spintoni (come si fa di solito fra vecchi amici) e a dire, più o meno, cose di questo genere:

"Ah!… Voi giovani… siete così pieni di vigore…; voi si che potete godervi la vita! Io non posso più, ormai; sono vecchia…!"

"Ma guarda un po'!", pensavo, "Da dove salta fuori questa, proprio adesso?".

La suora, che era sempre rimasta seduta su quella panchina, guardava un po' verso di me e un po' verso quella donna, assentendo, a volte, alle affermazioni di quest'ultima.

"Azioni di disturbo" ben congegnate come questa, in seguito, ne sperimentai tantissime.

Nonostante questa "interferenza", però, continuai irremovibilmente a parlare di Gesù alla suora che, dopo i primi momenti di sorpresa, sembrava ormai quasi infastidita, avendo dedotto di aver a che fare con un "protestante".

Non so quanti minuti passarono. Infine, comunque, sentii il bisogno di andar via da quel posto: dovevo tornare a casa. Il mio "compito" lì era finito.

Me ne andai quasi di corsa. Salii in macchina e mi avviai verso Concesio. Un attimo dopo, mentre ero alla guida, guardai i miei occhi nello specchietto retrovisore: erano molto arrossati e stavano lacrimando. Cercavo di asciugare le lacrime, un po' con una mano e un po' con l'altra, ma il pianto era divenuto inarrestabile…

Cosa mi stava succedendo? Il mio cervello era forse andato in "tilt"? Niente affatto!

Ti garantisco, amico/a, e lo affermo con assoluta certezza, che Dio stava operando nella mia vita. Non è possibile descrivere con una fraseologia adeguata certe esperienze interiori; bisogna provarle in prima persona per comprendere.

Posso senza dubbio certificare che quei sentimenti che stavo nutrendo erano di pace profonda  e di gioia immensa; non avevo mai provato una cosa del genere prima di allora.

Dalla mia bocca cominciarono a sgorgare parole di ringraziamento a Dio per come si stava manifestando. Sentivo, infatti, che Egli era lì a fianco a me, che mi amava, che mi stava ascoltando…

Quando giunsi a casa, mi diressi in fretta al capezzale del mio letto, gettandomi in ginocchio e abbandonandomi ad un incontenibile pianto di gioia. Non sapevo dire altro che "Grazie, Gesù! Grazie, Gesu! Grazie, perché sei entrato nella mia vita!".

Mi accorsi che stavo riempiendo di lacrime un libro aperto che era sul letto: la Bibbia che mi era stata regalata il giorno precedente a Verona.

Prima di uscire di casa, quel pomeriggio, avevo provato a leggere qualcosa, ma non riuscivo a capire quasi nulla: quel linguaggio, per me, era pressappoco un enigma.

Con mia grande meraviglia, scoprii che era successo qualcosa che mi aveva "aperto la mente e il cuore". Ricordo, infatti, che i miei occhi si posarono su alcuni versi che ora "parlavano" a me personalmente. Una nuova e misteriosa luce irradiava ora quelle pagine.

Appresi, in seguito, che anche questo fenomeno aveva, scritturalmente, una sua spiegazione:

"…le loro menti furono rese ottuse; infatti, sino al giorno d'oggi, quando leggono l'antico patto, lo stesso velo rimane, senza essere rimosso, perché è in Cristo che esso è abolito. Ma fino a oggi, quando si legge Mosè, un velo rimane steso sul loro cuore; però quando si saranno convertiti al Signore, il velo sarà rimosso" (2Cor.3:14-16).

L'apostolo Paolo, qui, sta parlando dei Giudei che, nonostante le leggessero costantemente, non avevano capito le Sacre Scritture; di conseguenza, non riconobbero, quando si presentò dinanzi ai loro occhi, il Messia promesso, del quale i profeti dell'Antico Patto avevano ampiamente parlato, preannunciando la Sua venuta.

 

Sto pensando, in questo momento, a tutte quelle persone alle quali, da quel giorno, Iddio mi ha fatto grazia di parlare di Gesù e che mi hanno detto di aver letto la Bibbia, o una parte di essa, però senza aver compreso o realizzato niente di particolare… e che perciò hanno rinunciato alla loro ricerca di Dio (se davvero v'è mai stata).

Ora capisco il significato di quello che è scritto nei seguenti versetti biblici:

"Allora (Gesù) aprì loro la mente per intendere le Scritture…" (Luca 24:45).

"…io ti mando (alle nazioni) …per aprire loro gli occhi, affinché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ricevano, per la fede in me, il perdono dei peccati e la loro parte di eredità tra i santificati" (è Gesù che parla a Saulo di Tarso, divenuto poi l'apostolo Paolo; Atti 26:18).

"Va' da questo popolo e di': Voi udrete con i vostri orecchi e non comprenderete; guarderete con i vostri occhi, e non vedrete; perché il cuore di questo popolo si è fatto insensibile, sono divenuti duri d'orecchi, e hanno chiuso gli occhi, affinché non vedano con gli occhi e non odano con gli orecchi, non comprendano con il cuore, non si convertano, e io non li guarisca"  (Atti 28:26,27).

Il "segreto" per la comprensione della Parola di Dio e, conseguentemente, la realizzazione della Nuova Nascita, sta nell'effettiva condizione del cuore.

Ormai non mi meraviglio più quando la gente, con cui mi trovo a parlare dell'Evangelo, non lo comprende, perché so che la mente è ottenebrata a causa dell'incredulità. Così è scritto:

"Se il nostro vangelo è ancora velato, è velato per quelli che sono sulla via della perdizione, per gli increduli, ai quali il dio di questo mondo (Satana) ha accecato le menti, affinché non risplenda loro la luce del vangelo della gloria di Cristo, che è l'immagine di Dio" (2Cor.4:3,4).

Da quel giorno in poi, alla luce del "vangelo della gloria di Cristo", potevo scorgere i "fili" dell'occulto e astuto  burattinaio di questo mondo.

 

IX

PRIME INCOMPRENSIONI…

Sussultai appena suonò il campanello di casa. Ero ancora in ginocchio al capezzale del mio letto. Leggevo la Bibbia, mentre piangevo di gioia; una gioia frammista a stupore, per tutto quello che stava accadendomi.

Balzai subito in piedi e corsi in bagno a lavarmi la faccia.

"Avanti!", gridai.

Entrarono alcuni miei parenti, cugini e zii, che abitavano a pochi chilometri dal luogo in cui io risiedevo. Furono le prime persone  alle quali ebbi la gioia di "testimoniare" del mio incontro personale con Gesù Cristo (dopo quella suora, a cui, più che testimoniare, avevo esposto la "verità" intorno a Gesù).

Ma, insieme alla gioia, per la prima volta assaporai anche l'amarezza dell'incomprensione.

Ricordo bene con quale entusiasmo iniziai subito a parlare loro di Gesù. Non m'importava assolutamente niente di quello che avrebbero potuto pensare di me. Provavo uno straordinario senso di libertà dal timore del giudizio degli altri. Per me una sola cosa contava: ero cieco ed ora ci vedevo. Così disse l'uomo a cui Gesù aveva ridato la vista:

"…una cosa so: che ero cieco e ora ci vedo" (Giov.9:25).

Quante cose avevo ancora da imparare! Pensavo, infatti, che i miei parenti avrebbero facilmente capito, accettato e realizzato anche loro un'esperienza del genere; invece… non fui compreso.

Ricordo che, per la gioia, abbracciai mia zia sollevandola da terra, mentre le dicevo che Gesù era vivente e che io l'avevo incontrato.

"Ma cosa ti è successo? Sei diventato matto?, mi disse.

 

Ti lascio immaginare, amico/a, il loro stupore. Erano talmente disorientati che non sapevano cosa dirmi.

Lentamente cominciò a delinearsi sui loro volti il sospetto; temevano, effettivamente, che io fossi caduto nel "tranello" dei cosiddetti "vangelisti", giacché sapevano del mio avvicinamento a loro.

Cercavo di convincerli che il "lavaggio del cervello" non c'entrava affatto in quel che mi era accaduto (parlerei piuttosto di un "lavaggio" del cuore); che la religione stessa non c'entrava; ma che si trattava di un reale incontro con Gesù Cristo che mi aveva cambiato dentro; non ero più la stessa persona.

 

Un particolare, veramente degno di attenzione, è che quei miei parenti, che pur vedevo spesso, ora mi apparivano sotto una luce inspiegabilmente diversa. Sentivo di amarli di un amore particolare, nuovo, intenso. Non conoscevo ancora le seguenti parole di Gesù, nella preghiera ch'Egli rivolse al Padre a favore dei suoi discepoli:

"…e io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché l'amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro" (Giov.17:26).

Queste erano già divenute una verità palpitante, concreta, nella mia vita. Non era una nuova teologia, questa, ma la semplice realtà di ogni vero cristiano; ce lo conferma l'apostolo Paolo:

"…l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato" (Rom.5:5).

Continuai a parlare con loro, quel pomeriggio, cercando di convincerli della realtà della mia esperienza, ma invano; ogni mia affermazione si scontrava con una qualche obiezione.

È vero che il mio cammino con Gesù Cristo, appena iniziato, mi avrebbe riservato grandi benedizioni lungo il percorso, ma è altrettanto vero che avrei imparato a conoscere quella sofferenza interiore che proviene dall'incomprensione (salvo qualche eccezione) e dal rifiuto del messaggio evangelico da parte non solo di coloro che mi sono cari e più vicini, ma della gente in genere.

Questo, però, non ha mai costituito un freno alla mia testimonianza personale; anzi, per grazia di Dio, ha contribuito a far crescere in me un impulso, che si rinnova di giorno in giorno, a parlare del mio Salvatore Gesù Cristo.

 

Praticamente, è il Suo amore, l'amore che essi hanno conosciuto personalmente, che "costringe" i credenti in Cristo a testimoniare di Lui al mondo circostante. Essi vedono attorno a loro l'urgente bisogno che c'è di questa conoscenza, perché …

"questa è la vita eterna: che conoscano Te, il solo vero Dio, e Colui che tu hai mandato, Gesú Cristo" (Giov.17:3).

 

La sera di quello stesso giorno, rientrando, trovai mio fratello Rocco a letto, con la Bibbia fra le mani, che leggeva. Appena mi vide entrare si accorse (non so come) che mi era capitato qualcosa.

"Cos'è successo?", mi chiese.

"Gesù mi ha risposto!", dissi, "Ha salvato anche me!".

Mio fratello, chiudendo gli occhi e alzando la mano in cui teneva la sua Bibbia, incominciò ad esclamare:

"Gloria a Dio! Grazie, Gesù!"

Fu una serata memorabile. Lodammo e ringraziammo il Signore insieme fino a notte inoltrata.

Oltre che gioia su nel cielo, per un peccatore che si era ravveduto (Luca 15:7), quella notte un'altra festa (che non consiste in luci e fuochi artificiali) si stava "celebrando dentro", in quella stanza, e illuminava l'anima di due fratelli che, nell'arco di pochi mesi, avevano trovato, entrambi, la vera Luce: Gesù Cristo.

 

 

 

 

X

L'INCROCIO E IL SEMAFORO

In quel periodo stavo ancora frequentando la palestra con una passione che non si era per niente affievolita.

Nella settimana successiva agli avvenimenti che ho appena descritto, affiorò una domanda nella mia mente: Dio è d'accordo che io continui a praticare questo "sport"? (L'ho messo tra virgolette perché credo che le arti marziali, come anche la box, non si possano considerare allo stesso livello di altre attività sportive).

Se così non fosse stato, mi chiedevo come avrei fatto ad abbandonarlo, visto che v'erano implicate molte mie ambizioni.

Mi rivolsi al Signore in questi termini:

"Gesù, tu sai quanto sono legato a questo sport; tu sai che ormai mi è entrato letteralmente nel sangue. Se è nella tua volontà che io smetta, per  dedicare più tempo a te e servirti, allora sovvieni alla mia incapacità a rinunciarvi e intervieni come tu credi opportuno. Ti ringrazio perché so che lo farai".

Ecco ciò che avvenne nel giro di qualche giorno: Durante la lezione successiva, in palestra, per la prima volta dopo oltre due anni e mezzo, provavo uno strano senso di nausea. Mi sembrava quasi di essere sottoposto ad una tortura fisica; mi stancavo terribilmente, come non mi era mai successo, grondando sudore a più non posso. E dire che di solito, alla fine delle lezioni, facevo ancora i salti mortali!

Nonostante tutto, non volevo arrendermi all'evidenza, pensavo fosse un caso; strano, si, ma pur sempre un semplice caso.

Durante la lezione che seguì si verificò la stessa cosa; ma a questa si aggiunse un altro particolare: il mio istruttore, il maestro Metelli, aveva ricevuto un colpo al "pomo di Adamo" durante un allenamento precedente con un allievo; riusciva a stento ad emettere un flebile suono. Ci raccontò della sua immediata corsa all'Ospedale, tutto spaventato perché rimasto senza voce, e di come i medici gli dissero di averla scampata veramente per  miracolo.

A questo punto cominciai un po' a riflettere; ma non mi arresi ancora all'evidenza dei fatti. Questi “messaggi” che mi stavano giungendo incontravano ancora resistenza in me.

Mi recai, così, a quella che sarebbe stata l'ultima lezione di caràte della mia "carriera".

Alla fine di questa, mi cambiai in fretta e furia per arrivare in tempo ad un importante appuntamento con alcuni membri di un'associazione culturale, di cui facevo parte (ricordo con simpatia il nome del presidente, don Gianni Mondini, un prete che aveva molta stima di me e apprezzava la mia pittura); si sarebbe dovuto stabilire, infatti, la data e le modalità di una mia esposizione di quadri.

Quando arrivai ad un incrocio, il colore rosso di un semaforo mi costrinse ad una pausa.

Giunse il minuto decisivo che cambiò la "direzione" della mia vita. Ci fu un breve ma intenso conflitto dentro di me; due "voci" opposte; una che mi diceva di non mancare all'appuntamento che avevo a S.Vigilio, anzi, che avrei dovuto accelerare, altrimenti sarei arrivato in ritardo, perdendo così un'ottima occasione d'inserirmi nell’ambiente artistico di quella zona del bresciano.

L'altra "voce" mi suggeriva un altro genere d'incontro che si stava svolgendo, in quel momento, in un piccolo locale di via del Sebino, una traversa di via Milano, diritta davanti a me…

"Basta!", dissi a me stesso, "Ho capito quello che devo fare!".

In quell'istante il semaforo divenne verde e, invece di svoltare a destra, proseguii diritto per recarmi al locale di culto. Era una sera in cui il gruppo giovanile della chiesa evangelica era riunito per lo studio biblico settimanale presieduto da un giovane della chiesa di Verona, Gigi Borelli, il quale con tanto amore ci preparava degli studi sulla Bibbia. Ti lascio immaginare, amico/a, la gioia di quei giovani quando raccontai loro come il Signore mi aveva fatto capire chiaramente la sua volontà, in quei giorni e in quella sera, mostrandomi la via da seguire.

 

Nella vita di ogni uomo esiste un "incrocio" con un "semaforo" che invita a fermarsi un momento per decidere sulla direzione da prendere.

Il profeta Isaia dice:

"Quando andrete a destra o quando andrete a sinistra, le tue orecchie udranno dietro a te una voce che dirà: "Questa è la via; camminate per essa!"" (Is.30:21).

Sembrava per me una decisione molto ardua, perché satana ingrandiva enormemente, ai miei occhi, le rinunce che avrei affrontato, i problemi a cui sarei andato incontro se avessi deciso di frequentare gli evangelici:

"Con quale coraggio", mi sussurrava, "ti presenterai davanti ai tuoi amici e ai tuoi parenti, dicendo: Ho cambiato religione…"?

"E poi", continuava, "non potrai più fare questo, non potrai più fare quest'altro…".

Per non dire delle sollecitazioni dell'orgoglio, mettendo in risalto le delusioni che avrebbero ricevuto coloro che avevano riposto fiducia nel mio talento artistico, gli onori e gli applausi di cui mi sarei privato in questo mondo, ecc. ecc.

Ma ormai avevo conosciuto Gesù e realizzato la Sua pace, quella pace che "supera ogni intelligenza" (Fil. 4:7), e che il mondo non potrà mai dare: "Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti" (Giov.14:27).

 

XI

LA NUOVA VITA

È vero, come ho detto all'inizio di questa mia testimonianza, che alcuni ricordi non potranno mai essere cancellati dalla memoria.

Il guaio di molte persone, purtroppo, è che vivono "in funzione" dei bei ricordi, coltivando, nel contempo, il nostalgico desiderio di rivivere determinati momenti del passato, pur continuando a "vegetare", nel presente, in un terreno arido e desolato.

Non è così per chi ha fatto l'esperienza della Nuova Nascita. D'altronde, è naturale: la nascita fisica è l’inizio di un’esistenza alla luce del sole che illumina questa terra. La Nuova Nascita è l’inizio di una Nuova Vita in Gesù Cristo, Colui che è la Via, la Verità e LA VITA.

Le due realtà sono assolutamente inseparabili; alla stessa maniera in cui è inseparabile il rapporto causa-effetto.

Chi crederebbe alle mie parole se affermassi, magari con tanto di convinzione, di essere discepolo di Gesù Cristo, pur vivendo una vita in netto contrasto con quella del Maestro?

Negli Atti degli Apostoli ci viene detto che:

"Essi, vista la franchezza di Pietro e di Giovanni, si meravigliavano, avendo capito che erano popolani senza istruzione; riconoscevano che erano stati con Gesú…" (Atti 4:13).

Anche oggi è così. I veri discepoli, quelli, cioè, che sono veramente nati di nuovo, si riconoscono perché vivono una vita nuova, conforme agli insegnamenti di Gesù Cristo, guidati dallo Spirito Santo. Una vita non compatibile con l'andazzo di questo mondo.

Ecco cosa è scritto dei nati di nuovo:

"Dio ha vivificato anche voi, voi che eravate morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati, ai quali un tempo vi abbandonaste seguendo l'andazzo di questo mondo, seguendo il principe della potenza dell'aria, di quello spirito che opera oggi negli uomini ribelli. Nel numero dei quali anche noi tutti vivevamo un tempo, secondo i desideri della nostra carne, ubbidendo alle voglie della carne e dei nostri pensieri; ed eravamo per natura figli d'ira, come gli altri. Ma Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore con cui ci ha amati, anche quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (è per grazia che siete stati salvati), e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo in Cristo Gesú" (Ef. 2:1-6).

Uno dei primi effetti pratici della nuova nascita è la riconciliazione e il mettersi "in regola" col prossimo, chiunque esso sia.

Ne feci l'esperienza personale a cominciare  dai primi giorni della mia conversione.

Avevo fatto il cameriere nella pizzeria sotto casa. Il gestore del locale aveva l'abitudine, quando faceva il conto ai clienti, di "arrotondare" la cifra per eccesso, eliminando il "fastidio" degli spiccioli da restituire. Così facendo mi sottraeva, in effetti, una buona parte delle mance.

Decisi, a lungo andare, di rendergli la pariglia: una sera non gli consegnai il denaro del conto di due clienti.

Nessuno si era accorto di niente. Avrei potuto benissimo "dimenticare" l'episodio e continuare tranquillamente il mio cammino; ma questo modo di fare non sarebbe più stato compatibile, né possibile nella mia nuova vita. Non perché qualcuno mi obbligasse a mettere in pratica delle nuove regole di una nuova religione, no!

La Legge di Dio, ormai, era stata "scolpita" dentro il mio cuore.

È scritto:

"Questo è il patto che farò con loro dopo quei giorni, dice il Signore, metterò le mie leggi nei loro cuori e le scriverò nelle loro menti" (Ebr. 10:16).

Lo Spirito Santo mi ricordò, ad un certo punto, quella meschina azione che avevo commesso, "invitandomi" a rimediare.

Quando scesi in pizzeria a restituire il denaro, spiegai, al gestore, Leo, e alla sua famiglia (era un’attività a conduzione familiare), il perché di quella mia decisione. Sapevano già che avevo "cambiato religione" (così dicevano); era necessario, ora, che sapessero che si trattava, in realtà, di un cambiamento del cuore, conseguenza di un reale incontro con Gesù Cristo.

Visibilmente sorpresi, riuscirono ad articolare solo qualche "grazie", dopo essersi presi i soldi.

Questo è solo un piccolo, banale, se vuoi, esempio dell'aspetto pratico di una conversione vera.

Si può anche affermare di credere in Dio e, contemporaneamente, vivere una vita in netto contrasto con gli insegnamenti dell'Evangelo, ma quella non è fede:

"Tu credi che c'è un solo Dio, e fai bene; anche i demòni lo credono e tremano" (Giac.2:19).

Eppure, molti continuano ad illudersi di poter "offrire a Dio la loro offerta" senza andare prima a riconciliarsi col proprio fratello.

Apprendiamo da Gesù:

"Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull'altare e lí ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all'altare, e va' prima a riconciliarti con tuo fratello; poi vieni a offrire la tua offerta" (Matt.5:23,24).

In fin dei conti, voglio dire che la vita nuova in Cristo produce degli evidenti frutti, quando essa è veramente tale; quando, cioè, essere cristiani non è il risultato della "buona volontà" o degli sforzi umani, ma dell'essere in Cristo:

"Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove" (2Cor.5:17).

Quando si è in Cristo, si è figli di Dio; quando si è figli di Dio si è guidati dallo Spirito di Dio:

"…infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio"  (Rom.8:14).

Il resto vien da sé. Essendo guidati dallo Spirito di Dio, si manifestano dei frutti, o meglio, "il frutto" dello Spirito; ma a tale proposito, amico/a, ti invito a meditare su questi pochi versi biblici:

"Io dico: camminate secondo lo Spirito e non adempirete affatto i desideri della carne. Perché la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; sono cose opposte tra di loro; in modo che non potete fare quello che vorreste. Ma se siete guidati dallo Spirito, non siete sotto la legge.

Ora le opere della carne sono manifeste, e sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, orge e altre simili cose; circa le quali, come vi ho già detto, vi preavviso: chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio.

Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo; contro queste cose non c'è legge.

Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri.

Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche guidati dallo Spirito" (Gal.5:16-25).

Non si può non essere in armonia col prossimo quando si lascia "produrre il Suo frutto" allo Spirito di Dio.

Naturalmente, il presupposto indispensabile, su cui si realizza questo "prodotto", è la Nuova Nascita.

 

XII

TRADITORE…?!

L'impatto con un mondo ostile costituisce, nelle mani di Dio, uno strumento di prova, una specie di setaccio che permette di verificare la genuinità della fede e, quindi, della Nuova Nascita.

La fede è preziosa agli occhi di Dio; per questa ragione è necessario che sia "purificata":

"Perciò voi esultate anche se ora, per breve tempo, è necessario che siate afflitti da svariate prove, affinché la vostra fede, che viene messa alla prova, che è ben più preziosa dell'oro che perisce, e tuttavia è provato con il fuoco, sia motivo di lode, di gloria e di onore al momento della manifestazione di Gesù Cristo" (1Pie.1:6,7).

è lo stesso apostolo Pietro che dice, ai credenti di ogni epoca, di non meravigliarsi per le prove che sopraggiungono:

"Carissimi, non vi stupite per l'incendio che divampa in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Anzi, rallegratevi in quanto partecipate alle sofferenze di Cristo, perché anche al momento della rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Se siete insultati per il nome di Cristo, beati voi! Perché lo Spirito di gloria, lo Spirito di Dio, riposa su di voi" (1Pie.4:12-14).

Questi insegnamenti biblici, in quei primi giorni, non li conoscevo ancora nella teoria, ma ne stavo facendo l'esperienza personale pratica.

Da un lato mi scontravo con i tentativi di dissuasione a continuare a camminare per questa Via, da parte di un mondo avvezzo a procedere per quella strada spaziosa che conduce alla perdizione (confr. Matt.7:13). Dall'altro lato, però, avevo la certezza, come abbiamo appena letto, che lo Spirito di Dio "riposava" su di me. “Se siete insultati per il nome di Cristo, beati voi! Perché lo Spirito di gloria, lo Spirito di Dio, riposa su di voi” (1Pie.4:14)

 

Uno degli episodi che mi rattristò maggiormente, in quei giorni, fu il sentirmi dire, per iscritto, che avevo tradito la mia religione, la Chiesa e il Papa.

In realtà, amico/a, come avrai capito, non mi sono mai passati pensieri di tradimento per la testa; tutt'altro!…

Posso comprendere lo zelo delle persone che affermano una cosa del genere; uno zelo per le proprie tradizioni religiose; ma non posso approvare l'atteggiarsi a giudice dei sentimenti altrui sulla semplice base di una convinzione personale.

Dio solo conosce realmente il nostro cuore ed è in grado di giudicarlo perfettamente:

"Il cuore è ingannevole piú di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno; chi potrà conoscerlo? Io, il SIGNORE, che investigo il cuore, che metto alla prova le reni, per retribuire ciascuno secondo le sue vie, secondo il frutto delle sue azioni" (Ger.17:9,10).

L'apostolo Paolo, riferendosi ai suoi connazionali, dice di loro:

"…il desiderio del mio cuore e la mia preghiera a Dio per loro è che siano salvati. Io rendo loro testimonianza infatti che hanno zelo per Dio, ma zelo senza conoscenza" (Rom.10:1,2).

Questa era stata la sua stessa esperienza:

"…e mi distinguevo nel giudaismo piú di molti coetanei tra i miei connazionali, perché ero estremamente zelante nelle tradizioni dei miei padri (Gal.1:14).

"… prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento; ma misericordia mi è stata usata, perché agivo per ignoranza nella mia incredulità" (1Tim.1:13).

I credenti possono additare l'operato degli altri e, se è il caso (cioè, se v'è il male), condannarlo, non in virtù di una convinzione personale intorno a ciò che è giusto o sbagliato, ma perché hanno nelle mani la "conoscenza", l'autorevole Parola di Dio; l'unica regola di fede e di condotta cristiana.

Giovanni Battista apostrofava pubblicamente Erode per la sua condotta immorale:

Giovanni infatti gli diceva: "Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello!" (Mar.6:18).

Erode stava vivendo in netto contrasto con le "regole" stabilite da Dio, poiché v'era (e c'è ancora) un comandamento che dice:

"Non commettere adulterio" (Es.20:14).

 

I credenti in Cristo sono esortati a denunciare il peccato:

"Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele" (Ef.5:11).

Non si tratta, quindi, e spero che sia chiaro, di un arbitrario giudizio fondato sulle deboli basi dei "secondo me", ovvero delle opinioni personali di chicchessia.

 

La persona in questione, che mi ha dato, cioè, del "traditore", è una mia affezionatissima zia che ha scelto una vita da suora di clausura. è evidente che si ha a che fare, in questo caso, con una persona molto zelante di Dio, ma non posso nascondere, e non l'ho fatto nemmeno con lei, che una scelta del genere non rispecchia la "conoscenza", cioè l'insegnamento evangelico; la vita cristiana dev'essere vissuta in mezzo alla gente:

"Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta, e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi la si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa. Cosí risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli" (Matt.5:14-16).

Nei nostri rapporti di corrispondenza, mia zia ebbe modo di scoprire che la mia non era stata una "sbandata". Infatti, non mi rivolse più appellativi così "duri"; direi, anzi, che si andò instaurando un certo dialogo fra noi. La sua stessa madre superiora, dopo aver ascoltato la mia testimonianza, mi disse una volta:

"Prega per noi, Franco, mi raccomando!".

Si, generalmente l'impatto del neo-convertito con lo spirito di questo mondo lo sorprende, perché non conosce le astuzie di satana, il quale sa, invece, che mentre le radici non sono ancora profonde è facile "sradicare l'alberello"; perciò le studia tutte quando il nuovo arrivato è ancora un "fanciullo spirituale".

I suoi tentativi di allontanarmi da Gesù Cristo, nel primo periodo della mia esperienza cristiana, sono stati molteplici e molto fantasiosi; se sono rimasto "in piedi" è soltanto per la grazia di Dio.

Posso dire, insieme al salmista:

"Ma quanto a me, il mio bene è stare unito a Dio; io ho fatto del Signore, di Dio, il mio rifugio, per raccontare, o Dio, tutte le opere tue". (Sal.73:28).

 

XIII

RIENTRO

Caro amico/a, gli anni sono passati; le circostanze si sono susseguite. Nel frattempo sono rientrato al mio paese di origine: Mongiana, un piccolo paese della provincia di Vibo Valentia.

Il mio rientro non è dipeso dalla mancanza di lavoro a Brescia o perché ci fosse qualche problema particolare. La mia decisione fu presa come conseguenza di un forte richiamo interiore. Ero certo che Dio mi volesse e mi stesse chiamando qui, dove tutt'ora mi trovo.

Avevo, infatti, un enorme desiderio di far partecipi i miei parenti, paesani e amici, dell’esaltante esperienza della mia Nuova Nascita

Costituiva per me un peso enorme sapere che tanta gente stava brancolando nel buio spirituale (esagerato!… esclamerà qualcuno). Dovevo venirmene e dare il mio piccolo contributo per diffondere un po' di luce affinché la gente vedesse l'unica vera Via che l'Evangelo ci addita: Gesù Cristo.

"Gesú gli disse: "Io sono la Via, la Verità e la Vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Giov.14:6).

E mentre tanti continuavano ad emigrare dal sud per mancanza di lavoro, qualcun altro (il sottoscritto), paradossalmente, ritornava  al sud nonostante avesse un lavoro sicuro e, indubbiamente, una certa garanzia per un confortevole futuro (inoltre, mi ero ambientato molto bene in mezzo ai miei nuovi amici e fratelli evangelici di Brescia).

La contraddizione, però, era soltanto apparente; in realtà il problema per me non esisteva: potevo contare sulla promessa di Uno che non mente mai:

"Non siate dunque in ansia, dicendo: Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo? Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in piú"  (Matt.6:31-33).

 

Dio è fedele. Se gli uomini riponessero completamente la propria fiducia in Lui, tante cose potrebbero cambiare, non solo spiritualmente e moralmente, ma anche a livello sociale; ne sono pienamente convinto.

Ma la realtà con la quale mi venni, per così dire, a "scontrare", fu sconcertante.

Era trascorso un anno e mezzo dalla mia conversione. Ormai, al nord, mi ero abituato a vivere accanto a gente manifestamente incredula, apatica, indifferente all'annuncio dell'Evangelo ed anche a gente che esternava simpatia nei confronti degli evangelici.

Notai subito che una particolare differenza caratterizza il meridionale (ovviamente ci sono le eccezioni), il quale possiede un carattere più emotivo, sentimentalmente molto "trascinabile". Da questa sua peculiarità, nelle varie circostanze della vita, scaturiscono reazioni e comportamenti molteplici e variegati. Ciò si ripercuote, sotto certi aspetti, anche in campo "religioso".

A volte, raccontando la mia esperienza di conversione e Nuova Nascita, vedo gente pendere dalle mie labbra, commuoversi, esclamare: "Beato te!", come se questa "fortuna" fosse riservata solo a pochi, scelti da un Dio che fa arbitrarie discriminazioni in mezzo agli uomini. Oppure, come se "queste cose" appartenessero solamente a quei pochi privilegiati aventi meriti sufficienti per realizzarle (poveri noi se fosse così).

Altre volte, riscontro un discreto coinvolgimento emotivo che, però, è solo tale. Si verifica, perciò, quello che è scritto:

"Quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi, è colui che ode la Parola e subito la riceve con gioia, però non ha radice in sé ed è di corta durata; e quando giunge la tribolazione o persecuzione a motivo della Parola, è subito sviato" (Matt.13:20,21).

 

Da queste parti, sono poche le persone che manifestano un completo disinteresse per la religione. Tutti, grandi e piccoli, in un modo o nell'altro, ne sono coinvolti.

Purtroppo (mi dispiace dirlo), nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta solo di mera religione, un insieme, cioè, di rituali e di regole da praticare e da osservare. Le moltitudini, assuefatte ormai da una religione prevalentemente scenografica, sembrano non riuscire più a "rientrare in sé" per analizzarsi e porsi in relazione a Dio ed alla Sua Parola ispirata.

Di conseguenza, malgrado le buone intenzioni di molti, ciò che in realtà prende piede è la superstizione. In effetti, cos'altro ci si può aspettare quando si arriva al punto di affermare (l'ho sentito in TV da un alto dignitario ecclesiastico) che "la fede è fatta di simboli e gesti che evocano dei valori"?!

Mi chiedo:"Dov'è scritto questo nella Parola di Dio?".

Non bisogna assolutamente meravigliarsi, perciò, se si continua ad assistere ad un allontanamento dalla vera e semplice fede nell'Evangelo di Gesù Cristo e ci si "rifugia" in "atti di culto esteriori" (farsi dei segni di croce o recitare giaculatorie passando davanti ad una chiesa, una statua o un cimitero, baciare delle immagini, accendere dei lumini votivi, ecc.ecc.); tutte cose, queste, che sconfinano, ripeto, in un'appariscente forma di paganesimo superstizioso, seppur dalle sembianze "cristianeggianti".

Si realizza, in questo modo, ciò che dice l'apostolo Paolo a proposito della condizione spirituale e morale degli ultimi tempi:

"…aventi l'apparenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la potenza" (2Tim.3:5).

Qual è, allora, la definizione biblica di fede?

Eccola:

"Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono" (Ebr.11:1).

Ho definito "sconcertante" questa situazione, non solo per questa forma di grossolano paganesimo, ma anche per la diffusa contraddizione comportamentale, in seno all'incoerenza dottrinale, per la quale non si avverte alcun senso di imbarazzo. Si "zoppica dai due lati" (confr.1Re 18:21). Per cui, quando è così, mi sembra evidente che non si crede davvero in ciò che si dice di credere. La fede è "certezza" del cuore, e se  v'è certezza v'è anche la "dimostrazione", con la propria vita, delle realtà in cui si afferma di credere; le due cose sono assolutamente inseparabili.

Non ritengo sia il caso di illustrare nei particolari ciò che sto dicendo. Ognuno analizzi se stesso (fra coloro che dicono di credere) e giudichi onestamente se v'è un reale rapporto personale con Gesù Cristo; se la propria vita di cristiano (discepolo di Cristo) è il riflesso di quella del Maestro, il quale dice:

"Un discepolo non è piú grande del maestro; ma ogni discepolo ben preparato sarà come il suo maestro" (Luca 6:40).

Caro amico/a, se questo discorso ti dovesse mettere in crisi, sappi che non me ne dispiacerebbe, anzi... No, non è sadismo, questo; non fraintendere le mie parole. La vera conversione è sempre preceduta, come ho accennato altrove, da un conflitto interiore. La Nuova Nascita non è il risultato dell'adesione ad un credo religioso, ma il frutto di un sincero ravvedimento (pentimento dei propri peccati) e di una reale fede nella persona e nell’opera di Gesù Cristo compiuta al Calvario.

XIV

QUALCHE CONSIDERAZIONE

Credo, in fondo, di non aver detto niente di nuovo: i libri che raccontano esperienze di conversione a Gesù Cristo sono tanti. La mia è simile a quella di milioni di cristiani, nati di nuovo, in tutto il mondo.

Soprattutto, so di non aver detto niente di estraneo all'insegnamento evangelico (la necessità di una rigenerazione spirituale, o Nuova Nascita, ai fini della salvezza, è da tempi remoti che è insegnata nella Bibbia); questo è importante!

E se vogliamo parlare di confronti da fare, nel contesto di una critica costruttiva, l'unico valido, in questo senso, è l'esperienza personale in rapporto solo all'Evangelo. Poiché si fanno libri in gran quantità; libri che raccontano, si, le esperienze umane, ma non offrono alcuna certezza di verità, perché sulla scena continua a rimanere debole protagonista la presunzione di quello stesso uomo che sin dal principio ha dato ascolto alle visioni del proprio cuore, piuttosto che alla Parola di Dio:

"Cosí parla il SIGNORE degli eserciti: "Non ascoltate le parole dei profeti che vi profetizzano; essi vi nutrono di cose vane; vi espongono le visioni del proprio cuore,  e non ciò che proviene dalla bocca del SIGNORE" (Ger.23:16).

In un mondo in cui ormai non esistono più "punti fermi" perché "tutto è relativo"; perché ogni argomentazione ha la sua validità (in una società dalle tendenze fortemente sincretiste nella quale noi oggi viviamo), l'uomo ha perso il senso della sicurezza e della stabilità.

è per questa ragione che il suo cuore, come le onde del mare, è continuamente agitato, non ha pace:

"Non c'è pace per gli empi", dice il mio Dio" (Isaia 57:21).

Per fare questa diagnosi non è necessario un esperto. Radio, televisione, giornali, ci presentano costantemente i tanti sintomi di un'umanità gravemente ammalata.

Come fu per l'antico popolo d'Israele, così è per il nostro mondo moderno:

"Udite, o cieli! E tu, terra, presta orecchio! Poiché il SIGNORE parla: "Ho nutrito dei figli e li ho allevati, ma essi si sono ribellati a me. Il bue conosce il suo possessore, e l'asino la greppia del suo padrone, ma Israele non ha conoscenza, il mio popolo non ha discernimento". Guai alla nazione peccatrice, popolo carico d' iniquità, razza di malvagi, figli corrotti! Hanno abbandonato il SIGNORE, hanno disprezzato il Santo d'Israele, hanno voltato le spalle e si sono allontanati. Per quale ragione colpirvi ancora? Aggiungereste altre rivolte. Tutto il capo è malato, tutto il cuore è languente. Dalla pianta del piede fino alla testa non c'è nulla di sano in esso: non ci sono che ferite, contusioni, piaghe aperte, che non sono state ripulite, né fasciate, né lenite con olio" (Isaia 1:2-6).

 

Sembra incredibile che in una società come la nostra, in cui la conoscenza è una bandiera tenuta ben alta, ci sia ancora spazio per un'ignoranza e una mancanza di discernimento dalle conseguenze così deleterie; eppure è così!…: Le "ferite", le "contusioni", le "piaghe aperte", "non sono state ripulite, né fasciate, né lenite con olio". L'uomo, infatti, continua a dibattersi in mezzo a problemi perenni, umanamente insolubili; facci caso: i telegiornali di trent'anni fa sono sostanzialmente identici a quelli di oggi.

Ma la contraddizione in realtà non esiste, perché la vera conoscenza, ovvero scienza, non ha niente a che spartire con la sapienza di questo mondo; la vera conoscenza poggia su basi completamente diverse da quelle costruite da un mondo "senza Dio e senza speranza" (Ef.2:12):

"Il timore del SIGNORE è il principio della scienza (o conoscenza)" (Prov.1:7).

Ribadisco, allora, che il "punto fermo" continua ad essere (ha attraversato i secoli), l'Evangelo di Gesù Cristo, "la Parola vivente e permanente di Dio" (1Pie.1:23).

Non per nulla Gesù continua a dire:

"Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà paragonato a un uomo avveduto che ha costruito la sua casa sopra la roccia. La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno investito quella casa; ma essa non è caduta, perché era fondata sulla roccia.

E chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica sarà paragonato a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno fatto impeto contro quella casa, ed essa è caduta e la sua rovina è stata grande" (Matt.7:24-27).

Purtroppo, quante "case" stanno continuando a crollare!… E la ragione è sempre la stessa: non si vuol dare ascolto e mettere in pratica le parole di Gesù Cristo!

 

CONCLUSIONE

Caro amico/a. Solo Dio conosce qual è il tuo vero bene. La tua mente, ottenebrata dal peccato, non è in grado di riconoscerlo e, di conseguenza, continui a "costruire sulla sabbia"; cioè, sui tuoi pensieri o sulla tua "religione" (che tu ritieni essere sicura come la "roccia").

"Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano, perché ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell'uomo ch'egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti, risuscitandolo dai morti" (Atti 17:30,31).

 

Fino a quando la vera natura di Dio, il Suo piano di salvezza e il Suo amore, non furono rivelati in Cristo, gli uomini vivevano nell'ignoranza, cioè senza conoscenza di Dio. Ma ora, con la proclamazione dell'Evangelo, quel tempo è finito: nessuno può trincerarsi più dietro la propria ignoranza.

Dio, in passato,  fu disposto, a "passar sopra" a quell'ignoranza, ma ora non lo è più e chiede agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano dei propri peccati.

"Ravvedetevi dunque e convertitevi, perché i vostri peccati siano cancellati" (Atti 3:19).

Ecco il presupposto indispensabile sul quale puoi realizzare la Nuova Nascita: il ravvedimento; cioè un "cambiamento di mentalità", un sincero pentimento e proposito di abbandonare il peccato.

"Ravvedetevi e credete al vangelo" (Mar.1:15).

Credi in Gesù Cristo; abbi, cioè, fiducia in Lui, nelle Sue promesse. Non dubitare di nessuna Sua parola.

Sopra ogni cosa, credi che la tua salvezza è già stata acquistata per te alla croce:

"…sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai padri, ma col prezioso sangue di Cristo, come d'agnello senza difetto né macchia, ben preordinato prima della fondazione del mondo, ma manifestato negli ultimi tempi per voi, i quali per mezzo di lui credete in Dio che l'ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, onde la vostra fede e la vostra speranza fossero in Dio" (1Pietro1:18-21).

 

A questo punto, se tu sei una "pecora" del Buon Pastore, continua ad ascoltare la Sua voce, leggendo quotidianamente…

" …le Sacre Scritture, le quali possono darti la sapienza che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesú" (2Tim.3:15).

Ascoltando la Sua voce, naturalmente, Lo seguirai, perché…

"…le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai e nessuno le rapirà dalla mia mano" (Giov.10:27,28).

 

Perciò, amico/a lettore, credo che tu ti sia reso conto, leggendo questa testimonianza, che la Nuova Nascita è un'esperienza indispensabile per "vedere", vale a dire "entrare", nel regno di Dio, e che è anche alla tua portata.

Ecco, qui di seguito, i versi biblici, tratti dal Vangelo di Giovanni, che sono stati costantemente sullo sfondo del messaggio di questa testimonianza scritta:

Gesú gli rispose: "In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio".

Nicodemo gli disse: "Come può un uomo nascere quando è già vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere?".

Gesù rispose: "In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne, è carne; e quello che è nato dallo Spirito, è spirito.

Non ti meravigliare se ti ho detto: Bisogna che nasciate di nuovo. Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito".

 

Lo Spirito Santo, Colui che rigenera il cuore dell'uomo, sta continuando a "soffiare" lì dove gli uomini si aprono, lasciandosi convincere "quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio" (Giov.16:8), senza timore alcuno e liberi dai condizionamenti di un mondo che, con la propria sapienza, non solo "non ha conosciuto Dio " (1Cor.1:21), ma addirittura sospinge, chi vorrebbe conoscerlo, lontano da Lui.

 

Faccio mia la seguente esortazione di Giacomo:

"Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Osservate come l'agricoltore aspetta il frutto prezioso della terra pazientando, finché esso abbia ricevuto la pioggia della prima e dell'ultima stagione" (Giac.5:7).

Credo che la "pioggia della prima stagione" sia avvenuta il giorno della Pentecoste, quando…

"Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e… tutti furono riempiti di Spirito Santo…" (Atti 2:2).

Prima del prossimo ritorno di Gesù Cristo, in quest'"ultima stagione", sono convinto che lo Spirito Santo "soffierà" ancora, scuotendo molte coscienze, risvegliandole per "afferrare la vita eterna" (1Tim.6:12) alla quale Dio sta ancora chiamando in questo tempo di grazia:

Perciò, come dice lo Spirito Santo: "Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori" (Ebr.3:7,8).

 

Se hai udito la Sua voce, vieni oggi, così come sei, a Gesù; Colui che ha dato la sua vita per te. Non rimandare questo appuntamento a "domani", perché non sai quello che domani accadrà; e poi, ogni giorno che passa è un'opportunità perduta.

Presto Gesù Cristo ritornerà, e se tu non sarai Nato/a di Nuovo, prima di lasciare questa terra, non potrai "vedere il Regno di Dio" (Giov.3:3), perché…

"…carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né la corruzione può ereditare la incorruttibilità" (1Cor.15:50).

Non credere a chi ti dice che basta comportarsi bene, non far male a nessuno, fare opere buone, frequentare la Chiesa, (come facevo io) eccetera, per sperare di essere salvato; è una tremenda bugia che ha contribuito a far inorgoglire gli uomini inducendoli a credere di potersi salvare da sé; Gesù è categorico: devi Nascere di Nuovo!

Ti esorto, in questo istante, ad aprire il tuo cuore e ad accogliere Gesù Cristo come il Salvatore e Signore della Tua vita.

 

Digli:

Gesù; ti ringrazio per avermi fatto capire la necessità di Nascere di Nuovo. Così come sono, con tutti i miei peccati, vengo a Te. Ti chiedo di entrare nel mio cuore e di purificarlo col sangue prezioso che hai versato sulla croce per me.

Da questo momento in poi voglio seguirti veramente come la Tua Parola mi insegna; Tu mi darai la guida, la capacità e la forza di farlo, anche nelle avversità.

Grazie, Signore, per questa meravigliosa ed esuberante Vita Nuova che ho davanti a me.

 

DIO TI BENEDICA!

Franco Ienco

 

 

 

 

 

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