<>
Nato
di
Nuovo
di
Franco Ienco
Gesú gli rispose:
"In verità, in verità ti dico
che se uno non è nato di nuovo
non può vedere il regno di Dio".
(Giovanni 3:3)
A mia moglie Pierina
e ai nostri figli
Raffaella
Sefora e
Samuele
INTRODUZIONE
“Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con
i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato
della Parola della vita (poiché la vita è stata manifestata e noi l’abbiamo
vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso
il Padre e che ci fu manifestata), quel che abbiamo visto e udito, noi lo
annunziamo anche a voi, perché voi pure siate in comunione con noi; e la nostra
comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo”
(1Giov.1:1-3).
La “testimonianza” personale di un
cristiano è, per usare una definizione biblica del termine,
il racconto di quel che ha udito,
quel che ha visto con i suoi occhi, quel che ha contemplato e che le sue mani
hanno toccato della Parola della vita (1Giov.1:1). Essa scaturisce da
un’esigenza particolare, caratteristica del cristiano (ci tengo a specificarlo)
“Nato di Nuovo” (Giov.3:3). Non si commetta l’errore, quindi, di interpretare
questo lavoro come il tentativo di “comporre un’opera” (o qualcosa del genere).
Se così fosse mi comporterei, in pratica, come quel clown che tenta,
ridicolamente, di recitare l’Amleto.
Spero, e prego, sia evidente, a chi leggerà, che il mio obiettivo principale non
consiste nel far partecipi altri di una qualche nuova teoria religiosa, ma di
una esperienza concretamente personale; e ciò, al fine di indurre ad una
altrettanto personale e coscienziosa riflessione intorno alle realtà della fede
(spesso fraintese e, di conseguenza, volutamente ignorate o addirittura
disprezzate).
È auspicabile un’attenta analisi di questo scritto, da parte del lettore, il
quale potrà verificare la coerenza, o meno, delle vicende descritte, in rapporto
(cosa estremamente importante) agli insegnamenti delle Sacre Scritture. Infatti,
in un mondo come il nostro, le esperienze degli uomini sono molteplici e
variopinte; se queste soltanto
dovessero costituire la “bussola” per orientarci verso la verità, ci
ritroveremmo, inevitabilmente, in un labirinto in cui le sollecitazioni a
seguire tale o tal’altra via sarebbero innumerevoli.
Ringraziato sia Dio perché non ci ha lasciati al buio, in balìa di noi stessi
(come, invece, molti ritengono ch’Egli abbia fatto). La Luce, infatti,
che vuole illuminare ogni uomo, è venuta in questo mondo. Gesù afferma:
“Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la
luce della vita”
(Giov.8:12).
Perciò, come dice la Scrittura:
“Risvégliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti inonderà di luce”
(Efes.5:14).
Ognuno di noi è un individuo a sé, speciale, esclusivo agli occhi di Dio. Egli
“tratta” con noi tenendo conto delle nostre peculiarità, del nostro carattere,
delle nostre reazioni… Voglio dire che Dio non ha un metodo standard che applica
automaticamente con tutti nei suoi “avvicinamenti” all’uomo; ogni caso, per Lui,
è un caso a sé. Ciò è dovuto, ovviamente, al fatto che Egli desidera instaurare
un rapporto personale con questa sua, a dir poco, meravigliosa
creatura, fatta “a immagine di Dio”
(Genesi 1:27).
Per quanto mi riguarda, devo ammettere che Dio ha avuto molta pazienza con me,
seguendomi passo passo, deciso a farmi comprendere, e concretizzare, la
necessità di questo rapporto personale con Lui, non come un’esperienza fine a se
stessa, ma come conseguenza di un’opera interiore prodotta dallo Spirito Santo,
e che la Scrittura descrive come “Nuova Nascita”, senza la quale, afferma
chiaramente Gesù, non si può “vedere il
regno di Dio” (Giovanni 3:3).
UN INCONTRO INSOLITO
È vero…, sono passati molti anni ormai; ma certi ricordi non possono essere, in
nessun modo, cancellati dalla mente
e dal cuore; soprattutto quando questi ritraggono ciò che costituisce il
fondamento su cui è edificata la propria vita.
Avevo appena finito il servizio militare quando mi trasferii in provincia di
Brescia; precisamente a Lumezzane: era il 1976.
Un giovane di 21 anni, normalmente, ha tanti bei progetti e, in modo
particolare, tanta voglia di vivere: era questo il mio caso. Niente di male in
tutto questo; anzi!…
Fu proprio in quel periodo che, invitato da un mio cugino, mi ritrovai, una
sera, in una famiglia, la famiglia Caré, in cui
si svolse una riunione un po’
strana e “irregolare”, cioè, fuori dalla "norma". La considerai così, in un
primo tempo, perché ero abituato ad incontri religiosi con la presenza di un
chierico che presiedeva.
Più che altro, avevo accettato di andarci per curiosità (la curiosità non è solo
femmina, come si suol dire) e perché mi allettava l’idea di poter, in qualche
modo, “difendere” la mia religione (l’unica vera, pensavo tra me), visto che
sorgono continuamente nuove sétte e gruppi religiosi che pretendono di possedere
il “monopolio” della verità, che “tirano l’acqua al proprio mulino”, che fanno
tutto per un qualche tornaconto personale, ecc. ecc.
Questi, le persone, cioè, conosciute quella volta, erano cristiani evangelici
(definiti, nel nostro dialetto calabrese,
“vangelisti”).
Di fatto, devo dire che sono stato sempre abbastanza religioso, ma ciò a cui
partecipai, quella sera, lasciò di sicuro un’indelebile impronta dentro di me.
Ricordo che, in quella circostanza, mi piaceva sfoderare il “sapere” che avevo
acquisito lungo il percorso della mia
passata vita religiosa, con la determinata intenzione di contraddire le
loro affermazioni e far risaltare l’evidente superiorità (parola antipatica)
della Chiesa Cattolica Romana della quale ero orgoglioso di far parte.
Tante di quelle cose, però, che mi dicevano, erano chiaramente in contrasto con
le mie convinzioni e con ciò che mi era stato fin allora insegnato nella , così
è detta, “religione ufficiale”.
Ricordo, particolarmente, il pacato modo di parlare di quell'uomo che presiedeva
quell'incontro, e che in seguito conobbi come “il fratello Gaetano”.
Al di là delle disquisizioni dottrinali, comunque, fu il loro, per me insolito,
modo di pregare che mi rimase maggiormente impresso.
Seduti attorno al tavolo, con gli occhi chiusi, pronunciavano con parole
proprie, uno dopo l’altro, la loro preghiera. Era fin troppo evidente che non si
trattava delle solite preghiere imparate a memoria; …no, non stavano
“recitando”: stavano parlando con Dio, con una naturalezza che metteva a
disagio il sottoscritto. Ringraziavano e facevano richieste a Dio “nel nome di
Gesù”. Pregavano per me con un fervore che non avevo mai visto, prima di allora,
nemmeno in quelle persone talmente “religiose” che non perdevano mai una Messa
(a parte il fatto che non avevo mai sentito nessuno pregare per me).
Un’altra cosa: ognuno di loro aveva con sé un libro; era su quello che basavano
le loro affermazioni. Oggi so molto bene che si tratta del “Libro dei libri”, la
Parola di Dio, vale a dire, la Sacra Bibbia.
Se fino a quella sera mi ero considerato un “buon conoscitore” di dottrine e
precetti religiosi vari, da quel momento, qualcosa mi suggeriva che non avevo,
in fin dei conti, una vera conoscenza di Dio.
Ti dirò, caro lettore (questo, forse, ti farà contento), che per quella volta
uscii “indenne”, almeno apparentemente, da quell’insolito incontro: avevo ancora
la mia religione!
Per curiosità, comunque, in quei giorni accettai l’invito a partecipare una
domenica al loro culto evangelico in chiesa a Brescia. Ci andai con altri due
miei amici. In quella circostanza conobbi il pastore di quella comunità, Carlo
Supertino, un uomo molto cordiale che, a sentirlo parlare, ispirava un certo
senso di fiducia, ma che in quel momento non fu sufficiente per farmi “cambiare
idea” intorno alle mie convinzioni. Continuai, così, per la mia strada,
perseguendo i miei progetti.
II
LA VITA CONTINUA…
Quanti bei progetti per il futuro continuò ad architettare, nel segreto, la mia
testa, durante i successivi tre anni che seguirono l’episodio appena descritto!…
È normale, quando si è giovani, pensare al proprio futuro e mettersi d'impegno a
costruirselo; ma forse io sognavo un po’ troppo; volevo fare tante di quelle
cose!… Sembrava quasi che non volessi perdere l’unica opportunità di questa vita
sfruttandola al massimo.
La mia più grande passione, in quel periodo, era uno sport chiamato “caràte”;
identificato come un’arte di combattimento orientale.
Già da ragazzo coltivavo l’entusiastica idea di frequentare, un giorno, una
palestra e diventare come Bruce Lee, il mio “eroe” preferito. L’occasione si era
presentata ed io, naturalmente, non me la feci sfuggire. Incominciai subito a
frequentare la palestra dedicandomi, è il caso di dirlo, “anima e corpo” a
quest’attività sportiva. Difficilmente mi assentavo dalle lezioni, se non
per cause indipendenti dalla mia volontà.
Qualcuno mi diceva continuamente che stavo esagerando. Sembrava, infatti, che
stesse diventando l’unico scopo della mia vita. Tutto il resto, come il lavoro,
la pittura (che ho sempre praticato), la musica (con alcuni miei cugini ed amici
avevamo formato un complesso) assumeva, sempre più, un’importanza marginale.
Effettivamente, aggiungere un’ora e mezza di palestra, dopo otto ore di lavoro
in officina, per me era quasi un gioco. Dico questo, per darti un’idea di quanto
la passione per il “caràte” mi fosse entrata nel sangue.
Proseguii in tale modo per quasi tre anni, facendo notevoli progressi. Il mio
istruttore, perciò, si dimostrava molto soddisfatto di me; mentre io cominciavo
a coltivare l'idea, alla fine del percorso, di aprire una palestra giù in
Calabria. Non mi rendevo conto, però, che stavo diventando troppo pieno di me
stesso. Le mie egocentriche ambizioni creavano una sorta di invisibile recinto
attorno a me, chiudendomi notevolmente nei rapporti con gli altri. Questo
elemento andava ad aggiungersi alla mia indole, già di per se stessa, piuttosto
timida.
D’altro canto, sono stato sempre un tipo sensibile davanti ai colori di un bel
tramonto che, talvolta, mi facevano pensare al Grande Artista che stava nascosto
in un “imprecisato punto dell’universo”.
Diverse volte mi sono soffermato a riflettere, seduto in macchina davanti
all’ingresso di un cimitero, sul significato della morte. Mi chiedevo se quelli
“là dentro” fossero ancora coscienti di ciò che accade in questo mondo. Se così
fosse, immaginavo volessero dirci qualcosa sulla loro condizione e… sulla
nostra.
Insomma, non ero affatto indifferente ai problemi di carattere esistenziale;
certi interrogativi me li ponevo, eccome! Ma chi avrebbe potuto dare una
risposta esauriente a questi ancestrali enigmi che hanno forse tormentato gli
uomini di ogni tempo?
"Forse nessuno",
pensavo, "…lasciamo che la vita faccia il
suo corso; è il solo modo per sapere cosa ci ha riservato".
III
MIO FRATELLO…
Dopo circa un anno, da quando mi ero stabilito a Concesio, in periferia di
Brescia, venne ad abitare con me mio fratello Damiano e, qualche mese dopo,
anche mio fratello Rocco.
Damiano, in qualche modo, potevo ancora tenerlo sotto controllo, essendo appena
quindicenne; ma Rocco!?… Come avrei fatto? Conoscevo il suo carattere e già
prevedevo le delusioni e i dispiaceri a cui sarei andato incontro.
Ricordo, infatti, i primi mesi dal suo arrivo: sempre in giro, in lungo e in
largo; non lo si vedeva mai in casa; rientrava quasi sempre a notte inoltrata, o
nelle prime ore del mattino, ubriaco. Sentivo dire, infatti, che faceva a gara,
con i suoi amici “di ronda”, a chi riusciva a bere di più.
Tante volte si era sentito male (fumava tantissimo) vomitando tutto ciò che
aveva trangugiato. Dicevo fra me: “Prima o poi temo che finirà per combinare
qualche sciocchezza”.
Non potevo dirgli niente perché mi trattava da antiquato; come uno, cioè, che su
certe cose la pensa all’antica. Non avrei dovuto avere, secondo lui, tante
inibizioni e approfittare un po’ di
più dei “divertimenti” che la vita offre.
Temevo, fra l’altro, che se si fosse messo in testa di comprarsi la macchina, la
frittata sarebbe stata fatta!…
Non ero per niente tranquillo!
IV
UN IMPROVVISO CAMBIAMENTO
Dopo qualche mese notai che era successo qualcosa: mio fratello non era più lo
stesso!
Infatti, non lo vedevo più fumare, né
lo sentivo imprecare; anzi, per casa canticchiava delle strane canzoni
nelle quali veniva spesso pronunciato il nome “Gesù”; eccone una, per esempio:
“Se sei stanco di cercare invano, se sei
stanco di vagar così, smetti di sognare, esci dall’ombra, lascia tutto ai piedi
di Gesù”.
Era evidente: stava “lanciandomi” una sorta di messaggio…, messaggio che per me
era ancora oscuro, misterioso…; e poi, non lo avevo mai visto leggere un libro.
Ora, invece, con mia grande meraviglia, si era addirittura messo a leggere la
Bibbia!… Proprio lui che, per quanto io possa ricordare, da molti anni ormai, di
cose “religiose” non voleva più sentir parlare.
Una cosa, però, era evidente: mio fratello non era più lo stesso. Era successo
qualcosa che lo aveva letteralmente
trasformato; ma non riuscivo ancora a ben identificare la natura di questo
radicale cambiamento e quale “forza” avesse potuto fare ciò (molti suoi vecchi
amici, tutt'oggi ne parlano, e stanno ancora chiedendosi cosa gli sia successo).
Inizialmente ero tentato a pensare che fosse uscito “fuor di senno” o che
qualcuno gli avesse fatto un “lavaggio del cervello”. Non potevo, però, dire che
la cosa avesse risvolti negativi per lui, anzi… tutt’altro! La vita, infatti,
che conduceva prima, non era per niente invidiabile… “Magari”, dicevo in me
stesso, “sia qualcosa che duri”.
V
PARLANDO…
Questi avvenimenti, a volte sembrava che mi scuotessero un po’ da una specie di
sonnolenza, inducendomi a riflettere seriamente su alcune realtà per me ancora
"lontane". A volte, invece, ero confuso, non sapevo nemmeno cosa pensare.
Tuttavia, la mia vita continuava a scorrere tortuosamente fra il “caràte”, la
pittura, la musica e il lavoro. Lavoro che, in quel momento, non era affatto
gratificante. Eseguivo dei dipinti in miniatura su vetro che poi spedivo per
posta).
Qualche volta mio fratello mi invitava, senza assumere (puntualizzo) un
atteggiamento insistente, ad andare con lui agli incontri che si svolgevano
nella chiesa evangelica che aveva iniziato a frequentare; ma io, con una scusa o
con l’altra, non ci andavo mai, convinto che mi sarei annoiato. Non mi andava di
sorbirmi delle prediche e perdere del tempo “prezioso” che, pensavo, avrei
potuto spendere in maniera più utile.
In questo periodo ebbi modo di parlare, a più riprese, con qualcuno dei nuovi
amici di mio fratello. Uno di questi, Gesuino, che abitava vicino a noi, passava
spesso da casa e ci intrattenevamo un po’ a parlare.
Nei loro discorsi v’era una tale convinzione intorno alla loro esperienza che io
interpretavo come presunzione da parte loro. Essi affermavano, cioè, di essere
certi di aver incontrato Gesù e di aver realizzato, perciò, la certezza della
salvezza. Era evidente che le loro affermazioni non erano "costruite" o
programmate. Intuivo la realtà di un'esperienza alla quale non avrei saputo dare
una spiegazione "logica" (era nella mia indole cercar di razionalizzare sempre
tutto). L'unica "scappatoia", forse, avrei potuto chiamarla "autosuggestione"
(magari aggiungendoci anche la parola "collettiva" per rendere la cosa più
dotta).
Fino a quel momento, in effetti, ero sempre stato convinto che nessuno può avere
la certezza di essere salvato; che “solo Dio lo sa”. Del resto, così mi era
stato anche insegnato. Devo ammettere, però, che nei loro discorsi non udii mai
frasi di questo genere: "La nostra
religione è quella vera"; "Non c'è salvezza fuori della chiesa evangelica"; "Noi
siamo perfetti"; "Vieni con noi e non sbaglierai"; eccetera, eccetera…
Le loro argomentazioni erano incentrate sempre e soltanto su Gesù Cristo e sulla
sua meravigliosa opera di salvezza per l'umanità.
Perché non mettevano in risalto se stessi? Perché non parlavano delle loro
rinunce, dei loro sacrifici, delle loro buone azioni, delle loro nuove regole,
dei loro propositi per osservarle, e così via…? E poi, quella loro gioia, quella
spontaneità nel trasmettere ciò che provavano, credo che avesse suscitato in me
un certo “non so che” di invidia, perché io, al contrario, possedevo un
carattere alquanto introverso.
Pochissime volte cedetti all'invito cordiale, sia di mio fratello che di altri
evangelici, a partecipare ai loro culti e incontri che si tenevano in una
piccola sala con una cinquantina di posti a sedere. Non sono mai stato un tipo
molto socievole, io; comunque, la maggior parte di quella gente mi era
simpatica. Si…, simpatizzavo per quella gente; ma io non ero come loro. Di
conseguenza, al loro fianco, mi
sentivo un po' "fuori posto".
VI
UN RADUNO EVANGELICO
In quei giorni avevo trovato un altro lavoro in una cartiera proprio vicino alla
nostra abitazione. Dovevo presentarmi sul posto una mattina che il ragioniere
della ditta aveva fissato per farmi iniziare. Quando mi presentai nel suo
ufficio, mi fu detto che avrei dovuto attendere ancora due o tre giorni, prima
di poter incominciare a lavorare, a motivo di alcune pratiche che ancora non
erano pronte.
Qualche giorno prima di questo fatto, mio fratello e un suo "fratello", Alberto,
mi avevano invitato ad andare con loro ad un raduno evangelico che si sarebbe
tenuto nella città di Asti, ma avevo detto loro che non potevo andarci a causa
del nuovo lavoro che dovevo iniziare.
"E se non lavorassi?", mi avevano
chiesto.
"Certamente ci verrei", avevo
risposto (forse distrattamente).
Dovetti mantenere la mia promessa e, non avendo iniziato il lavoro, come ho già
detto, ero libero e ci andai.
Prima di partire seppi che avevano pregato affinché il Signore facesse in modo
che io potessi andare con loro. E infatti…
Ci recammo ad Asti in autobus. Lungo il viaggio non si fece altro che cantare
allegramente canzoni che inneggiavano a Gesù.
Insieme a noi raggiungevano quel luogo molti altri autobus pieni di gente. E
pensare che mi avevano dato ad intendere, parlandone con tono sprezzante, che
gli evangelici erano solo "quattro gatti"!…
La riunione si svolse in un grande locale, un cinema-teatro, affollatissimo.
Ricordo perfettamente il messaggio che un uomo di Dio, il cui nome era Roberto
Bracco, in quel giorno, predicò. Riassumo qui di seguito, per linee generali,
l'essenza di quella predicazione che lasciò un segno indelebile in me:
"Durante i primi tre secoli che seguirono la venuta di Gesù Cristo, i cristiani
erano veri cristiani. Cristo (da cui deriva la parola 'cristiani') era al centro
della loro vita, sull'"Altare (metaforicamente parlando) della Chiesa". Ovunque
ci si sedeva, Lo si poteva vedere benissimo. Ma avvenne che ben presto Lo
spostarono facendolo sedere al primo banco. Purtroppo, con l'andare del tempo,
Lo spostarono ancora, facendolo sedere al secondo banco. Non rimase nemmeno lì
perché, dopo un po', Lo rimossero per metterLo al terzo banco. E così via… fino
all'ultimo banco. Se fosse rimasto lì, qualcuno, almeno, avrebbe potuto vederLo.
Ma adesso non è più nemmeno lì: è fuori della porta, sbarrata, di quella che
comunemente si chiama "chiesa", e sta bussando fortemente affinché qualcuno Lo
faccia entrare!".
Solo in seguito scoprii che nella Bibbia c'è un verso in cui Gesù dice: "Ecco,
io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io
entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me" (Apocalisse 3:20).
Stranamente, percepivo la verità e l'attualità di quel messaggio predicato con
piena convinzione.
Quel giorno, però, il sermone non fu l'unica cosa che mi colpì;
c'era dell'altro…
Accennavo, poc'anzi, al fatto che eravamo in tanti. Quel luogo era
affollatissimo. C'erano credenti evangelici provenienti da tante e diverse
comunità, ma tutti avevano qualcosa in comune fra loro che io non riuscivo a
comprendere (e questo continuava a creare in me un certo senso di disagio,
quando ero in mezzo a loro).
Forse la cosa che risaltava maggiormente era la loro, direi, semplicità. Lo si
intravedeva dagli atteggiamenti che assumevano. Durante i momenti di preghiera,
molti alzavano le mani al cielo esclamando: "Gloria
a Dio!", "Alleleuia!", "Grazie,
Signore!", e altre frasi di questo genere, in maniera, era evidente, molto
spontanea e intensa.
Altri pronunciavano, a bassa voce, delle parole che non riuscivo a comprendere.
Pensavo si trattasse dei vari dialetti delle zone di provenienza di quella
gente.
Mi fu poi spiegato (avevo chiesto chiarimenti) che si trattava, invece, di una
manifestazione dello Spirito Santo. Durante i culti degli evangelici di fede
pentecostale, queste manifestazioni sono, infatti, frequenti.
Intorno a queste cose lessi, in seguito, nella Bibbia:
" Perché chi parla in altra lingua non
parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno lo capisce, ma in spirito dice cose
misteriose" (1Corinzi 14:2).
Anche nel giorno della Pentecoste, com'è scritto negli Atti degli Apostoli al
capitolo 2, si verificò un fenomeno di questo genere:
"Quando il giorno della Pentecoste
giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo. Improvvisamente si fece dal
cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempí tutta la casa
dov'essi erano seduti. Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si
dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di
Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava
loro di esprimersi" (Atti 2:1-4).
Non ero ancora "convertito" (una parola, questa, che non avevo mai ben pesato),
ma quel raduno, sono certo, ebbe un'influenza notevole per quel che sarebbe
successo nella mia vita di lì a qualche giorno.
VII
UN INCONTRO GIOVANILE
Il sabato successivo accettai un altro invito. Questa volta si trattava di un
semplice incontro giovanile nel locale di culto di Verona. Queste riunioni, mi
si era detto, si svolgevano una volta al mese. I giovani della comunità
evangelica di Verona e quelli di Brescia si incontravano per lodare Dio insieme.
Durante questi incontri si cantavano bellissimi canti, accompagnati da una o più
chitarre; si raccontavano le proprie esperienze con Gesù; si leggeva la Bibbia e
la si meditava insieme e si pregava (con preghiere spontanee; non si recitava).
Il tutto in una meravigliosa atmosfera piena di gioia, di pace e, soprattutto,
di semplicità.
Percepivo l'ardente desiderio che quei giovani avevano di comunicare ad altri
l'esperienza della propria conversione. Quasi tutti parlavano di un "incontro
personale con Gesù". Un incontro che li aveva totalmente cambiati. Si parlava,
addirittura, di una "Nuova Nascita".
In effetti, dovevo onestamente ammettere, per me mio fratello era come se fosse
davvero nato di nuovo: non lo si riconosceva più.
"E se tutto quello che costoro dicono
fosse vero?", "Se è veramente Gesù
che li ha cambiati, o "salvati", come affermano con tanta sicurezza?", "Questo
significherebbe che Gesù è una persona reale, viva, e non soltanto un
personaggio del passato o una parola scritta su un libro di teologia".
Questi e altri pensieri mi passavano per
la testa. Così,
mentre tutti si inginocchiavano per trascorrere qualche momento in preghiera,
anch'io mi inginocchiai.
Il mio gesto fu forse dettato da una questione di "estetica". Voglio dire che,
essendo le sedie poste tutt'intorno, lungo la parete di quel locale, se io fossi
rimasto seduto avrei "interrotto" quel cerchio.
Mentre ero in ginocchio, presi la decisione di credere! Proprio così!... Credere
veramente, con tutto il cuore. Credere che Gesù era realmente morto sulla croce
per salvare i peccatori, di cui io ne ero un "rappresentante".
"Signore, se tu davvero esisti…",
(nel mio modo di credere c'era anche il dubbio sulla Sua esistenza),
"…allora ti chiedo di entrare nella mia
vita, voglio conoscerti anch'io. Se è vero che sei morto sulla croce per i
peccatori, io sono uno di questi; anch'io voglio sentire la Tua presenza dentro
di me!…".
Piangevo!… Volevo "sentire" Gesù entrare nel mio cuore. I minuti passavano, ma
il sottoscritto non sentiva niente di tutto ciò che quei giovani manifestavano.
Cosa c'era che non "funzionava"? Dove stavo sbagliando?
Mentre gli altri si alzavano, io rimasi in ginocchio; continuavo a piangere e a
chiedere a Gesù di entrare in me.
"Fratelli",
sentii dire in quel momento,
"inginocchiamoci nuovamente e preghiamo per il nostro amico Franco". Era la
voce di Nuccio, il giovane che presiedeva la riunione di quell’indimenticabile
serata.
Udii più volte pronunciare il mio nome, durante quei momenti, nelle loro
preghiere.
Ma chi ero io per loro perché pregassero con tanto ardore affinché il Signore mi
"salvasse"? La maggior parte di quei giovani era la prima volta che li vedevo.
Però, per me, era un po' come aver a che fare con degli "sconosciuti" che mi
"conoscevano". Sembrava che sapessero meglio di me stesso qual era la mia realtà
interiore, il mio vero bisogno.
A questo punto, che senso avrebbe avuto cercare di continuare a "nascondersi"?
Perché in fondo di questo si trattava; avevo sempre nascosto, a me stesso e agli
altri, per chissà quale ottusa ragione, il vero bisogno della mia anima:
conoscere Dio. Ecco perché, in ultima analisi, non avevo una pace vera; perché
quella, e l'avrei presto scoperto personalmente, solo Dio poteva darla; Gesù
infatti dice:
"Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro
cuore non sia turbato e non si sgomenti"
(Giov.14:27).
Quella sera non successe niente di eccezionale; perlomeno così mi era sembrato.
Nessuna particolare emozione mi colse. A tal punto che mi rattristai, pensando
che Dio non avesse ascoltato la mia preghiera.
Alla fine dell'incontro qualcuno di quei giovani mi porse una Bibbia, con tanto
di dediche, rivolgendomi parole d'incoraggiamento e assicurandomi che Dio aveva
udito la mia preghiera; dovevo semplicemente credere che Egli mi aveva
risposto: l'avrei realizzato per esperienza personale; che Dio, cioè, è vivente
e si stava interessando, per farmi del bene, di ogni particolare della mia vita.
VIII
EVENTI STRAORDINARI
Il giorno successivo avvenne ciò che rivoluzionò tutta la mia vita. Ecco gli
avvenimenti:
Nelle prime ore del pomeriggio uscii, in macchina, per recarmi a S.Vigilio, un
paese limitrofo, dove si era aperta una mostra di pittura alla quale avevo preso
parte. La sala dell'esposizione era ancora chiusa; stavo, quindi, per andarmene
quando, inaspettatamente, qualcuno mi chiamò avvicinandosi.
Era una certa Annamaria, una ragazza del luogo.
"C'è Rosa che vuole parlarti",
mi disse, invitandomi a seguirla fino alla piazzetta accanto.
Rosa era una ragazza siciliana per la quale nutrivo, in quel tempo, un certo
sentimento, nonostante i nostri rapporti, ultimamente, si fossero incrinati
senza alcuna valida ragione. Certamente aveva notato la mia macchina, una
cinquecento blu, parcheggiata là vicino.
Appena le fui di fronte, la prima (e che io ricordi anche l'ultima) cosa che mi
disse, fu:
"Allora, Franco, ti sei convertito?".
La sua espressione, che delineava un ironico sorriso, e il tono con cui fece
questa domanda, mi diede un certo senso di fastidio. Sembrava che
avesse detto:
"Non mi dire che ci sei cascato?!".
Rosa era al corrente del mio avvicinamento agli evangelici e, se ben ricordo,
non nascondeva il suo disappunto. L'idea di un "cambiamento di religione" (come
si suol dire) non l'allettava affatto.
È dal preciso istante in cui lei mi fece quella domanda, che successe qualcosa
dentro di me.
Da un lato era come se volessi darle una secca risposta affermativa, chiedendole
di spiegarmi in che cosa avrebbe consistito, in questo caso, il mio "delitto".
D'altra parte, invece, qualcosa mi bloccava, perché l'esperienza del giorno
precedente non era stata secondo le mie aspettative; non avevo provato, cioè,
alcuna particolare emozione che mi confermasse di essere "convertito".
Improvvisamente, fui colpito da una scena che si stava svolgendo ad una decina
di metri di fronte a me. Si trattava di una suora, seduta su una panchina, con
un grosso e luccicante crocifisso appeso al collo, e un folto gruppo di bambine
che saltavano e giocavano allegramente tutt'attorno.
Sentii un forte impulso a dirigermi in quella direzione. Non sapevo perché avrei
dovuto farlo, ma dovevo avvicinarmi a quella suora.
Mentre Rosa mi ripeteva la domanda, determinata ad ottenere una risposta chiara
da parte mia, io mi diressi, quasi in maniera automatica, in direzione della
suora.
Appena le fui di fronte, con un'insolita naturalezza, le rivolsi gentilmente la
parola, salutandola.
Non mi ero preparato nessun discorso e non avevo niente in mente da dirle; ma
ricordo perfettamente che le domandai:
"Scusi, sorella, ma queste bambine conoscono il Signore Gesù?".
Notai sul suo volto un'espressione un po' fra la meraviglia e l'imbarazzo. Ma
non so chi fosse più meravigliato, se lei o io…; infatti, non mi era mai
successa una cosa del genere; cioè, che parlassi a qualcuno di Gesù e, come se
non bastasse, con una disinvoltura che non era certo da me, visto il carattere
piuttosto introverso che mi ritrovavo…
"Certo",
rispose, "fra qualche tempo faranno la
prima comunione; sapesse come sono brave al catechismo!…; la maggior parte di
loro conosce quasi tutto il libretto a memoria…".
Caro amico/a che leggi; non credo sia possibile descrivere quello che stavo
provando in quel momento, mentre lei parlava. So bene che quel che sto per dire
farà esclamare molti che sono un presuntuoso e che il mio non è altro che un
giudizio discriminatorio; ma non per questo sarei giustificato se tacessi.
Sapevo
(non chiedermi come) che quella suora non ha mai conosciuto, per esperienza
personale, il Cristo vivente. Quel Gesù che è risuscitato e che è realmente
presente nel cuore di coloro che lo hanno accolto come Salvatore e Signore della
propria vita.
Non vedevo davanti a me una suora, ma semplicemente un'anima bisognosa, un'anima
"a digiuno" delle verità celesti, perché nutrita soltanto di "regole", di
"formule" e di "rituali".
Non vorrei che tu mi fraintendessi; sentivo di amare quella persona che avevo
davanti a me. Nello stesso tempo, intuivo l'infinito amore che Gesù aveva per
lei; un amore che ora mi appariva chiaramente nella sua manifestazione più
grande: la Sua morte sulla croce.
Rispondevo e parlavo con lei con una mitezza e un'autorità che non sapevo da
dove provenisse. Non mi era mai accaduta una cosa del genere!
"Sorella",
le continuavo a dire, "quel Gesù
raffigurato su quella croce che lei ha al collo è morto; mentre Gesù, quello
vero, è vivente e vuole entrare nel suo cuore; tenere sul collo quell'oggetto
non serve; Lui vuole avere spazio dentro, nell'intimo del cuore…".
Ma cosa stava accadendo? Perché mi trovavo lì, quel giorno, a parlare di Gesù a
qualcuno che non conoscevo, e parlarne, poi, come se Gesù fosse una
persona che conoscevo, invece, benissimo da molto tempo?
Oggi posso affermare con certezza che lo Spirito di Dio stava operando in me; si
stava manifestando in maniera così tangibile… per cui non avrei potuto mai più
dubitare della realtà della Sua presenza nella mia vita!
Se Egli, infatti, il giorno precedente avesse risposto alla mia preghiera come
io Gli chiedevo e mi avesse fatto "sentire" qualche emozione particolare,
in quell'ambiente così ripieno di gioia, in cui sarebbe stato molto facile
essere coinvolto emotivamente, avrei potuto, un giorno, mettere in dubbio
l'autenticità della mia esperienza (ero molto critico in questo "settore"),
lasciandomi convincere dai miei amici atei (gente, in genere, che può "provarti"
che Dio non c'è) che si è trattato di semplice "autosuggestione".
Fra l'altro, mentre parlavo, mi rendevo conto dei tentativi di quella suora di
deviare il discorso su altre cose, discostandosi dalla figura di Gesù Cristo. Il
mio spirito, contrariato da questo, sentiva la necessità di riportare,
insistentemente, al centro la persona di Gesù (stavo "verificando" personalmente
la veridicità del messaggio udito pochi giorni prima ad Asti).
Come se non bastasse, si avvicinò intanto una donna di mezza età, completamente
ubriaca, e, rivolgendosi a me, incominciò a darmi degli spintoni (come si fa di
solito fra vecchi amici) e a dire, più o meno, cose di questo genere:
"Ah!… Voi giovani… siete così pieni di vigore…; voi si che potete godervi la
vita! Io non posso più, ormai; sono vecchia…!"
"Ma guarda un po'!",
pensavo, "Da dove salta fuori questa,
proprio adesso?".
La suora, che era sempre rimasta seduta su quella panchina, guardava un po'
verso di me e un po' verso quella donna, assentendo, a volte, alle affermazioni
di quest'ultima.
"Azioni di disturbo" ben congegnate come questa, in seguito, ne sperimentai
tantissime.
Nonostante questa "interferenza", però, continuai irremovibilmente a parlare di
Gesù alla suora che, dopo i primi momenti di sorpresa, sembrava ormai quasi
infastidita, avendo dedotto di aver a che fare con un "protestante".
Non so quanti minuti passarono. Infine, comunque, sentii il bisogno di andar via
da quel posto: dovevo tornare a casa. Il mio "compito" lì era finito.
Me ne andai quasi di corsa. Salii in macchina e mi avviai verso Concesio. Un
attimo dopo, mentre ero alla guida, guardai i miei occhi nello specchietto
retrovisore: erano molto arrossati e stavano lacrimando. Cercavo di asciugare le
lacrime, un po' con una mano e un po' con l'altra, ma il pianto era divenuto
inarrestabile…
Cosa mi stava succedendo? Il mio cervello era forse andato in "tilt"? Niente
affatto!
Ti garantisco, amico/a, e lo affermo con assoluta certezza, che Dio stava
operando nella mia vita. Non è possibile descrivere con una fraseologia adeguata
certe esperienze interiori; bisogna provarle in prima persona per comprendere.
Posso senza dubbio certificare che quei sentimenti che stavo nutrendo erano di
pace profonda e di gioia immensa;
non avevo mai provato una cosa del genere prima di allora.
Dalla mia bocca cominciarono a sgorgare parole di ringraziamento a Dio per come
si stava manifestando. Sentivo, infatti, che Egli era lì a fianco a me, che mi
amava, che mi stava ascoltando…
Quando giunsi a casa, mi diressi in fretta al capezzale del mio letto,
gettandomi in ginocchio e abbandonandomi ad un incontenibile pianto di gioia.
Non sapevo dire altro che "Grazie, Gesù!
Grazie, Gesu! Grazie, perché sei entrato nella mia vita!".
Mi accorsi che stavo riempiendo di lacrime un libro aperto che era sul letto: la
Bibbia che mi era stata regalata il giorno precedente a Verona.
Prima di uscire di casa, quel pomeriggio, avevo provato a leggere qualcosa, ma
non riuscivo a capire quasi nulla: quel linguaggio, per me, era pressappoco un
enigma.
Con mia grande meraviglia, scoprii che era successo qualcosa che mi aveva
"aperto la mente e il cuore". Ricordo, infatti, che i miei occhi si posarono su
alcuni versi che ora "parlavano" a me personalmente. Una nuova e misteriosa luce
irradiava ora quelle pagine.
Appresi, in seguito, che anche questo fenomeno aveva, scritturalmente, una sua
spiegazione:
"…le loro menti furono rese ottuse; infatti, sino al giorno d'oggi, quando
leggono l'antico patto, lo stesso velo rimane, senza essere rimosso, perché è in
Cristo che esso è abolito. Ma fino a oggi, quando si legge Mosè, un velo rimane
steso sul loro cuore; però quando si saranno convertiti al Signore,
il velo sarà
rimosso"
(2Cor.3:14-16).
L'apostolo Paolo, qui, sta parlando dei Giudei che, nonostante le leggessero
costantemente, non avevano capito le Sacre Scritture; di conseguenza, non
riconobbero, quando si presentò dinanzi ai loro occhi, il Messia promesso, del
quale i profeti dell'Antico Patto avevano ampiamente parlato, preannunciando la
Sua venuta.
Sto pensando, in questo momento, a tutte quelle persone alle quali, da quel
giorno, Iddio mi ha fatto grazia di parlare di Gesù e che mi hanno detto di aver
letto la Bibbia, o una parte di essa, però senza aver compreso o realizzato
niente di particolare… e che perciò hanno rinunciato alla loro ricerca di Dio
(se davvero v'è mai stata).
Ora capisco il significato di quello che è scritto nei seguenti versetti
biblici:
"Allora
(Gesù) aprì loro la mente per
intendere le Scritture…" (Luca 24:45).
"…io ti mando
(alle nazioni) …per aprire loro gli
occhi, affinché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana
a Dio, e ricevano, per la fede in me, il perdono dei peccati e la loro parte di
eredità tra i santificati" (è Gesù che parla a Saulo di Tarso, divenuto
poi l'apostolo Paolo; Atti 26:18).
"Va' da questo popolo e di': Voi udrete con i vostri orecchi e non
comprenderete; guarderete con i vostri occhi, e non vedrete; perché il cuore
di questo popolo si è fatto insensibile, sono divenuti duri d'orecchi, e
hanno chiuso gli occhi, affinché non vedano con gli occhi e non odano con gli
orecchi, non comprendano con il cuore, non si convertano, e io non li guarisca"
(Atti 28:26,27).
Il "segreto" per la comprensione della Parola di Dio e, conseguentemente, la
realizzazione della Nuova Nascita, sta nell'effettiva condizione del cuore.
Ormai non mi meraviglio più quando la gente, con cui mi trovo a parlare
dell'Evangelo, non lo comprende, perché so che la mente è ottenebrata a causa
dell'incredulità. Così è scritto:
"Se il nostro vangelo è ancora velato, è velato per quelli che sono sulla via
della perdizione, per gli increduli, ai quali il dio di questo
mondo (Satana)
ha accecato le menti, affinché non risplenda loro la luce del vangelo della
gloria di Cristo, che è l'immagine di Dio" (2Cor.4:3,4).
Da quel giorno in poi, alla luce del
"vangelo della gloria di Cristo", potevo scorgere i "fili" dell'occulto e
astuto burattinaio di questo mondo.
IX
PRIME INCOMPRENSIONI…
Sussultai appena suonò il campanello di casa. Ero ancora in ginocchio al
capezzale del mio letto. Leggevo la Bibbia, mentre piangevo di gioia; una gioia
frammista a stupore, per tutto quello che stava accadendomi.
Balzai subito in piedi e corsi in bagno a lavarmi la faccia.
"Avanti!",
gridai.
Entrarono alcuni miei parenti, cugini e zii, che abitavano a pochi chilometri
dal luogo in cui io risiedevo. Furono le prime persone
alle quali ebbi la gioia di "testimoniare" del mio incontro personale
con Gesù Cristo (dopo quella suora, a cui, più che testimoniare, avevo esposto
la "verità" intorno a Gesù).
Ma, insieme alla gioia, per la prima volta assaporai anche l'amarezza
dell'incomprensione.
Ricordo bene con quale entusiasmo iniziai subito a parlare loro di Gesù. Non
m'importava assolutamente niente di quello che avrebbero potuto pensare di me.
Provavo uno straordinario senso di libertà dal timore del giudizio degli altri.
Per me una sola cosa contava: ero cieco ed ora ci vedevo. Così disse l'uomo a
cui Gesù aveva ridato la vista:
"…una cosa so: che ero cieco e ora ci vedo"
(Giov.9:25).
Quante cose avevo ancora da imparare! Pensavo, infatti, che i miei parenti
avrebbero facilmente capito, accettato e realizzato anche loro un'esperienza del
genere; invece… non fui compreso.
Ricordo che, per la gioia, abbracciai mia zia sollevandola da terra, mentre le
dicevo che Gesù era vivente e che io l'avevo incontrato.
"Ma cosa ti è successo? Sei diventato matto?,
mi disse.
Ti lascio immaginare, amico/a, il loro stupore. Erano talmente disorientati che
non sapevano cosa dirmi.
Lentamente cominciò a delinearsi sui loro volti il sospetto; temevano,
effettivamente, che io fossi caduto nel "tranello" dei cosiddetti "vangelisti",
giacché sapevano del mio avvicinamento a loro.
Cercavo di convincerli che il "lavaggio del cervello" non c'entrava affatto in
quel che mi era accaduto (parlerei piuttosto di un "lavaggio" del cuore); che la
religione stessa non c'entrava; ma che si trattava di un reale incontro con Gesù
Cristo che mi aveva cambiato dentro; non ero più la stessa persona.
Un particolare, veramente degno di attenzione, è che quei miei parenti, che pur
vedevo spesso, ora mi apparivano sotto una luce inspiegabilmente diversa.
Sentivo di amarli di un amore particolare, nuovo, intenso. Non conoscevo ancora
le seguenti parole di Gesù, nella preghiera ch'Egli rivolse al Padre a favore
dei suoi discepoli:
"…e io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché
l'amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro"
(Giov.17:26).
Queste erano già divenute una verità palpitante, concreta, nella mia vita. Non
era una nuova teologia, questa, ma la semplice realtà di ogni vero cristiano; ce
lo conferma l'apostolo Paolo:
"…l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che
ci è stato dato"
(Rom.5:5).
Continuai a parlare con loro, quel pomeriggio, cercando di convincerli della
realtà della mia esperienza, ma invano; ogni mia affermazione si scontrava con
una qualche obiezione.
È vero che il mio cammino con Gesù Cristo, appena iniziato, mi avrebbe riservato
grandi benedizioni lungo il percorso, ma è altrettanto vero che avrei imparato a
conoscere quella sofferenza interiore che proviene dall'incomprensione (salvo
qualche eccezione) e dal rifiuto del messaggio evangelico da parte non solo di
coloro che mi sono cari e più vicini, ma della gente in genere.
Questo, però, non ha mai costituito un freno alla mia testimonianza personale;
anzi, per grazia di Dio, ha contribuito a far crescere in me un impulso, che si
rinnova di giorno in giorno, a parlare del mio Salvatore Gesù Cristo.
Praticamente, è il Suo amore, l'amore che essi hanno conosciuto personalmente,
che "costringe" i credenti in Cristo a testimoniare di Lui al mondo circostante.
Essi vedono attorno a loro l'urgente bisogno che c'è di questa
conoscenza, perché …
"questa è la vita eterna: che conoscano Te, il solo vero Dio, e Colui che tu hai
mandato, Gesú Cristo"
(Giov.17:3).
La sera di quello stesso giorno, rientrando, trovai mio fratello Rocco a letto,
con la Bibbia fra le mani, che leggeva. Appena mi vide entrare si accorse (non
so come) che mi era capitato qualcosa.
"Cos'è successo?",
mi chiese.
"Gesù mi ha risposto!",
dissi, "Ha salvato anche me!".
Mio fratello, chiudendo gli occhi e alzando la mano in cui teneva la sua Bibbia, incominciò ad esclamare:
"Gloria a Dio! Grazie, Gesù!"
Fu una serata memorabile. Lodammo e ringraziammo il Signore insieme fino a notte
inoltrata.
Oltre che gioia su nel cielo, per un peccatore che si era ravveduto (Luca 15:7),
quella notte un'altra festa (che non consiste in luci e fuochi artificiali) si
stava "celebrando dentro", in quella stanza, e illuminava l'anima di due
fratelli che, nell'arco di pochi mesi, avevano trovato, entrambi, la vera Luce: Gesù Cristo.
X
L'INCROCIO E IL SEMAFORO
In quel periodo stavo ancora frequentando la palestra con una passione che non
si era per niente affievolita.
Nella settimana successiva agli avvenimenti che ho appena descritto, affiorò una
domanda nella mia mente: Dio è d'accordo che io continui a praticare questo
"sport"? (L'ho messo tra virgolette perché credo che le arti marziali, come
anche la box, non si possano considerare allo stesso livello di altre attività
sportive).
Se così non fosse stato, mi chiedevo come avrei fatto ad abbandonarlo, visto che
v'erano implicate molte mie ambizioni.
Mi rivolsi al Signore in questi termini:
"Gesù, tu sai quanto sono legato a questo sport; tu sai che ormai mi è entrato
letteralmente nel sangue. Se è nella tua volontà che io smetta, per
dedicare più tempo a te e servirti, allora sovvieni alla mia incapacità a
rinunciarvi e intervieni come tu credi opportuno. Ti ringrazio perché so che lo
farai".
Ecco ciò che avvenne nel giro di qualche giorno: Durante la lezione successiva,
in palestra, per la prima volta dopo oltre due anni e mezzo, provavo uno strano
senso di nausea. Mi sembrava quasi di essere sottoposto ad una tortura fisica;
mi stancavo terribilmente, come non mi era mai successo, grondando sudore a più
non posso. E dire che di solito, alla fine delle lezioni, facevo ancora i salti
mortali!
Nonostante tutto, non volevo arrendermi all'evidenza, pensavo fosse un caso;
strano, si, ma pur sempre un semplice caso.
Durante la lezione che seguì si verificò la stessa cosa; ma a questa si aggiunse
un altro particolare: il mio istruttore, il maestro Metelli, aveva ricevuto un
colpo al "pomo di Adamo" durante un allenamento precedente con un allievo;
riusciva a stento ad emettere un flebile suono. Ci raccontò della sua immediata
corsa all'Ospedale, tutto spaventato perché rimasto senza voce, e di come i
medici gli dissero di averla scampata veramente per
miracolo.
A questo punto cominciai un po' a riflettere; ma non mi arresi ancora
all'evidenza dei fatti. Questi “messaggi” che mi stavano giungendo incontravano
ancora resistenza in me.
Mi recai, così, a quella che sarebbe stata l'ultima lezione di caràte della mia
"carriera".
Alla fine di questa, mi cambiai in fretta e furia per arrivare in tempo ad un
importante appuntamento con alcuni membri di un'associazione culturale, di cui
facevo parte (ricordo con simpatia il nome del presidente, don Gianni Mondini,
un prete che aveva molta stima di me e apprezzava la mia pittura); si sarebbe
dovuto stabilire, infatti, la data e le modalità di una mia esposizione di
quadri.
Quando arrivai ad un incrocio, il colore rosso di un semaforo mi costrinse ad
una pausa.
Giunse il minuto decisivo che cambiò la "direzione" della mia vita. Ci fu un
breve ma intenso conflitto dentro di me; due "voci" opposte; una che mi diceva
di non mancare all'appuntamento che avevo a S.Vigilio, anzi, che avrei dovuto
accelerare, altrimenti sarei arrivato in ritardo, perdendo così un'ottima
occasione d'inserirmi nell’ambiente artistico di quella zona del bresciano.
L'altra "voce" mi suggeriva un altro genere d'incontro che si stava svolgendo,
in quel momento, in un piccolo locale di via del Sebino, una traversa di via
Milano, diritta davanti a me…
"Basta!",
dissi a me stesso, "Ho capito quello che
devo fare!".
In quell'istante il semaforo divenne verde e, invece di svoltare a destra,
proseguii diritto per recarmi al locale di culto. Era una sera in cui il gruppo
giovanile della chiesa evangelica era riunito per lo studio biblico settimanale
presieduto da un giovane della chiesa di Verona, Gigi Borelli, il quale con
tanto amore ci preparava degli studi sulla Bibbia. Ti lascio immaginare,
amico/a, la gioia di quei giovani quando raccontai loro come il Signore mi aveva
fatto capire chiaramente la sua volontà, in quei giorni e in quella sera,
mostrandomi la via da seguire.
Nella vita di ogni uomo esiste un "incrocio" con un "semaforo" che invita a
fermarsi un momento per decidere sulla direzione da prendere.
Il profeta Isaia dice:
"Quando andrete a destra o quando andrete a sinistra, le tue orecchie udranno
dietro a te una voce che dirà: "Questa è la via; camminate per essa!""
(Is.30:21).
Sembrava per me una decisione molto ardua, perché satana ingrandiva enormemente,
ai miei occhi, le rinunce che avrei affrontato, i problemi a cui sarei andato
incontro se avessi deciso di frequentare gli evangelici:
"Con quale coraggio",
mi sussurrava, "ti presenterai davanti ai
tuoi amici e ai tuoi parenti, dicendo: Ho cambiato religione…"?
"E poi",
continuava, "non potrai più fare questo,
non potrai più fare quest'altro…".
Per non dire delle sollecitazioni dell'orgoglio, mettendo in risalto le
delusioni che avrebbero ricevuto coloro che avevano riposto fiducia nel mio
talento artistico, gli onori e gli applausi di cui mi sarei privato in questo
mondo, ecc. ecc.
Ma ormai avevo conosciuto Gesù e realizzato la Sua pace, quella pace che
"supera ogni intelligenza" (Fil.
4:7), e che il mondo non potrà mai dare:
"Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il
vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti" (Giov.14:27).
XI
LA NUOVA VITA
È vero, come ho detto all'inizio di questa mia testimonianza, che alcuni ricordi
non potranno mai essere cancellati dalla memoria.
Il guaio di molte persone, purtroppo, è che vivono "in funzione" dei bei
ricordi, coltivando, nel contempo, il nostalgico desiderio di rivivere
determinati momenti del passato, pur continuando a "vegetare", nel presente, in
un terreno arido e desolato.
Non è così per chi ha fatto l'esperienza della Nuova Nascita. D'altronde, è
naturale: la nascita fisica è l’inizio di un’esistenza alla luce del sole che
illumina questa terra. La Nuova Nascita è l’inizio di una Nuova Vita in Gesù
Cristo, Colui che è la Via, la Verità e LA VITA.
Le due realtà sono assolutamente inseparabili; alla stessa maniera in cui è
inseparabile il rapporto causa-effetto.
Chi crederebbe alle mie parole se affermassi, magari con tanto di convinzione,
di essere discepolo di Gesù Cristo, pur vivendo una vita in netto contrasto con
quella del Maestro?
Negli Atti degli Apostoli ci viene detto che:
"Essi, vista la franchezza di Pietro e di Giovanni,
si meravigliavano, avendo capito che erano popolani senza istruzione;
riconoscevano che erano stati con Gesú…"
(Atti 4:13).
Anche oggi è così. I veri discepoli, quelli, cioè, che sono veramente nati di
nuovo, si riconoscono perché vivono una vita nuova, conforme agli insegnamenti
di Gesù Cristo, guidati dallo Spirito Santo. Una vita non compatibile con
l'andazzo di questo mondo.
Ecco cosa è scritto dei nati di nuovo:
"Dio ha vivificato anche voi, voi che eravate morti nelle vostre colpe e nei
vostri peccati, ai quali un tempo vi abbandonaste seguendo l'andazzo di questo
mondo, seguendo il principe della potenza dell'aria, di quello spirito che opera
oggi negli uomini ribelli. Nel numero dei quali anche noi tutti vivevamo un
tempo, secondo i desideri della nostra carne, ubbidendo alle voglie della carne
e dei nostri pensieri; ed eravamo per natura figli d'ira, come gli altri. Ma
Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore con cui ci ha amati, anche
quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (è per grazia che
siete stati salvati), e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere
nel cielo in Cristo Gesú"
(Ef. 2:1-6).
Uno dei primi effetti pratici della nuova nascita è la riconciliazione e il
mettersi "in regola" col prossimo, chiunque esso sia.
Ne feci l'esperienza personale a cominciare
dai primi giorni della mia conversione.
Avevo fatto il cameriere nella pizzeria sotto casa. Il gestore del locale aveva
l'abitudine, quando faceva il conto ai clienti, di "arrotondare" la cifra per
eccesso, eliminando il "fastidio" degli spiccioli da restituire. Così facendo mi
sottraeva, in effetti, una buona parte delle mance.
Decisi, a lungo andare, di rendergli la pariglia: una sera non gli consegnai il
denaro del conto di due clienti.
Nessuno si era accorto di niente. Avrei potuto benissimo "dimenticare"
l'episodio e continuare tranquillamente il mio cammino; ma questo modo di fare
non sarebbe più stato compatibile, né possibile nella mia nuova vita. Non perché
qualcuno mi obbligasse a mettere in pratica delle nuove regole di una nuova
religione, no!
La Legge di Dio, ormai, era stata "scolpita" dentro il mio cuore.
È scritto:
"Questo è il patto che farò con loro dopo quei giorni, dice il Signore, metterò
le mie leggi nei loro cuori e le scriverò nelle loro menti"
(Ebr. 10:16).
Lo Spirito Santo mi ricordò, ad un certo punto, quella meschina azione che avevo
commesso, "invitandomi" a rimediare.
Quando scesi in pizzeria a restituire il denaro, spiegai, al gestore, Leo, e
alla sua famiglia (era un’attività a conduzione familiare), il perché di quella
mia decisione. Sapevano già che avevo "cambiato religione" (così dicevano); era
necessario, ora, che sapessero che si trattava, in realtà, di un cambiamento del
cuore, conseguenza di un reale incontro con Gesù Cristo.
Visibilmente sorpresi, riuscirono ad articolare solo qualche
"grazie", dopo essersi presi i soldi.
Questo è solo un piccolo, banale, se vuoi, esempio dell'aspetto pratico di una
conversione vera.
Si può anche affermare di credere in Dio e, contemporaneamente, vivere
una vita in netto contrasto con gli insegnamenti dell'Evangelo, ma quella non è
fede:
"Tu credi che c'è un solo Dio, e fai bene; anche i demòni lo credono e tremano"
(Giac.2:19).
Eppure, molti continuano ad illudersi di poter "offrire a Dio la loro offerta"
senza andare prima a riconciliarsi col proprio fratello.
Apprendiamo da Gesù:
"Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull'altare e lí ti ricordi che
tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti
all'altare, e va' prima a riconciliarti con tuo fratello; poi vieni a offrire la
tua offerta"
(Matt.5:23,24).
In fin dei conti, voglio dire che la vita nuova in Cristo produce degli evidenti
frutti, quando essa è veramente tale; quando, cioè, essere cristiani non è il
risultato della "buona volontà" o degli sforzi umani, ma dell'essere in
Cristo:
"Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono
passate: ecco, sono diventate nuove"
(2Cor.5:17).
Quando si è in Cristo, si è figli di Dio; quando si è figli di Dio si è
guidati dallo Spirito di Dio:
"…infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio"
(Rom.8:14).
Il resto vien da sé. Essendo guidati dallo Spirito di Dio, si manifestano dei
frutti, o meglio, "il frutto" dello Spirito; ma a tale proposito, amico/a, ti
invito a meditare su questi pochi versi biblici:
"Io dico: camminate secondo lo Spirito e non adempirete affatto i desideri della
carne. Perché la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha
desideri contrari alla carne; sono cose opposte tra di loro; in modo che non
potete fare quello che vorreste. Ma se siete guidati dallo Spirito, non siete
sotto la legge.
Ora le opere della carne sono manifeste, e sono: fornicazione, impurità,
dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire,
contese, divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, orge e altre simili cose; circa
le quali, come vi ho già detto, vi preavviso: chi fa tali cose non erediterà il
regno di Dio.
Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza,
bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo; contro queste cose non c'è legge.
Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi
desideri.
Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche guidati dallo Spirito"
(Gal.5:16-25).
Non si può non essere in armonia col prossimo quando si lascia "produrre il Suo
frutto" allo Spirito di Dio.
Naturalmente, il presupposto indispensabile, su cui si realizza questo
"prodotto", è la Nuova Nascita.
XII
TRADITORE…?!
L'impatto con un mondo ostile costituisce, nelle mani di Dio, uno strumento di
prova, una specie di setaccio che permette di verificare la genuinità della fede
e, quindi, della Nuova Nascita.
La fede è preziosa agli occhi di Dio; per questa ragione è necessario che sia
"purificata":
"Perciò voi esultate anche se ora, per breve tempo, è necessario che siate
afflitti da svariate prove, affinché la vostra fede, che viene messa alla prova,
che è ben più preziosa dell'oro che perisce, e tuttavia è provato con il fuoco,
sia motivo di lode, di gloria e di onore al momento della manifestazione di Gesù
Cristo"
(1Pie.1:6,7).
è
lo stesso apostolo Pietro che dice, ai credenti di ogni epoca, di non
meravigliarsi per le prove che sopraggiungono:
"Carissimi, non vi stupite per l'incendio che divampa in mezzo a voi per
provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Anzi, rallegratevi in quanto
partecipate alle sofferenze di Cristo, perché anche al momento della rivelazione
della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Se siete insultati per il
nome di Cristo, beati voi! Perché lo Spirito di gloria, lo Spirito di Dio,
riposa su di voi"
(1Pie.4:12-14).
Questi insegnamenti biblici, in quei primi giorni, non li conoscevo ancora nella
teoria, ma ne stavo facendo l'esperienza personale pratica.
Da un lato mi scontravo con i tentativi di dissuasione a continuare a camminare
per questa Via, da parte di un mondo avvezzo a procedere per quella strada
spaziosa che conduce alla perdizione (confr. Matt.7:13). Dall'altro lato, però,
avevo la certezza, come abbiamo appena letto, che lo Spirito di Dio "riposava"
su di me. “Se siete insultati per il nome
di Cristo, beati voi! Perché lo Spirito di gloria, lo Spirito di Dio, riposa su
di voi” (1Pie.4:14)
Uno degli episodi che mi rattristò maggiormente, in quei giorni, fu il sentirmi
dire, per iscritto, che avevo tradito la mia religione, la Chiesa e il Papa.
In realtà, amico/a, come avrai capito, non mi sono mai passati pensieri di
tradimento per la testa; tutt'altro!…
Posso comprendere lo zelo delle persone che affermano una cosa del genere; uno
zelo per le proprie tradizioni religiose; ma non posso approvare l'atteggiarsi a
giudice dei sentimenti altrui sulla semplice base di una convinzione personale.
Dio solo conosce realmente il nostro cuore ed è in grado di giudicarlo
perfettamente:
"Il cuore è ingannevole piú di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno; chi
potrà conoscerlo? Io, il SIGNORE, che investigo il cuore, che metto alla prova
le reni, per retribuire ciascuno secondo le sue vie, secondo il frutto delle sue
azioni"
(Ger.17:9,10).
L'apostolo Paolo, riferendosi ai suoi connazionali, dice di loro:
"…il desiderio del mio cuore e la mia preghiera a Dio per loro è che siano
salvati. Io rendo loro testimonianza infatti che hanno zelo per Dio, ma
zelo senza conoscenza"
(Rom.10:1,2).
Questa era stata la sua stessa esperienza:
"…e mi distinguevo nel giudaismo piú di molti coetanei tra i miei connazionali,
perché ero estremamente zelante nelle tradizioni dei miei padri
(Gal.1:14).
"… prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento; ma misericordia mi
è stata usata, perché agivo per ignoranza nella mia incredulità"
(1Tim.1:13).
I credenti possono additare l'operato degli altri e, se è il caso (cioè, se v'è
il male), condannarlo, non in virtù di una convinzione personale intorno a ciò
che è giusto o sbagliato, ma perché hanno nelle mani la "conoscenza",
l'autorevole Parola di Dio; l'unica regola di fede e di condotta cristiana.
Giovanni Battista apostrofava pubblicamente Erode per la sua condotta immorale:
Giovanni infatti gli diceva: "Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello!"
(Mar.6:18).
Erode stava vivendo in netto contrasto con le "regole" stabilite da Dio, poiché
v'era (e c'è ancora) un comandamento che dice:
"Non commettere adulterio"
(Es.20:14).
I credenti in Cristo sono esortati a denunciare il peccato:
"Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele"
(Ef.5:11).
Non si tratta, quindi, e spero che sia chiaro, di un arbitrario giudizio fondato
sulle deboli basi dei "secondo me", ovvero delle opinioni personali di
chicchessia.
La persona in questione, che mi ha dato, cioè, del "traditore", è una mia
affezionatissima zia che ha scelto una vita da suora di clausura.
è evidente che si ha a che fare,
in questo caso, con una persona molto zelante di Dio, ma non posso nascondere, e
non l'ho fatto nemmeno con lei, che una scelta del genere non rispecchia la
"conoscenza", cioè l'insegnamento evangelico; la vita cristiana dev'essere
vissuta in mezzo alla gente:
"Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere
nascosta, e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi la
si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa. Cosí
risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre
buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli"
(Matt.5:14-16).
Nei nostri rapporti di corrispondenza, mia zia ebbe modo di scoprire che la mia
non era stata una "sbandata". Infatti, non mi rivolse più appellativi così
"duri"; direi, anzi, che si andò instaurando un certo dialogo fra noi. La sua
stessa madre superiora, dopo aver ascoltato la mia testimonianza, mi disse una
volta:
"Prega per noi, Franco, mi raccomando!".
Si, generalmente l'impatto del neo-convertito con lo spirito di questo mondo lo
sorprende, perché non conosce le astuzie di satana, il quale sa, invece, che
mentre le radici non sono ancora profonde è facile "sradicare l'alberello";
perciò le studia tutte quando il nuovo arrivato è ancora un "fanciullo
spirituale".
I suoi tentativi di allontanarmi da Gesù Cristo, nel primo periodo della mia
esperienza cristiana, sono stati molteplici e molto fantasiosi; se sono rimasto
"in piedi" è soltanto per la grazia di Dio.
Posso dire, insieme al salmista:
"Ma quanto a me, il mio bene è stare unito a Dio; io ho fatto del Signore, di
Dio, il mio rifugio, per raccontare, o Dio, tutte le opere tue".
(Sal.73:28).
XIII
RIENTRO
Caro amico/a, gli anni sono passati; le circostanze si sono susseguite. Nel
frattempo sono rientrato al mio paese di origine: Mongiana, un piccolo paese
della provincia di Vibo Valentia.
Il mio rientro non è dipeso dalla mancanza di lavoro a Brescia o perché ci fosse
qualche problema particolare. La mia decisione fu presa come conseguenza di un
forte richiamo interiore. Ero certo che Dio mi volesse e mi stesse chiamando
qui, dove tutt'ora mi trovo.
Avevo, infatti, un enorme desiderio di far partecipi i miei parenti, paesani e
amici, dell’esaltante esperienza della mia Nuova Nascita
Costituiva per me un peso enorme sapere che tanta gente stava brancolando nel
buio spirituale (esagerato!… esclamerà qualcuno). Dovevo venirmene e dare
il mio piccolo contributo per diffondere un po' di luce affinché la gente
vedesse l'unica vera Via che l'Evangelo ci addita: Gesù Cristo.
"Gesú gli disse: "Io sono la Via, la Verità e la Vita; nessuno viene al Padre se
non per mezzo di me"
(Giov.14:6).
E mentre tanti continuavano ad emigrare dal sud per mancanza di lavoro,
qualcun altro (il sottoscritto), paradossalmente, ritornava
al sud nonostante avesse un lavoro sicuro e, indubbiamente, una
certa garanzia per un confortevole futuro (inoltre, mi ero ambientato molto bene
in mezzo ai miei nuovi amici e fratelli evangelici di Brescia).
La contraddizione, però, era soltanto apparente; in realtà il problema per me
non esisteva: potevo contare sulla promessa di Uno che non mente mai:
"Non siate dunque in ansia, dicendo: Che mangeremo? Che berremo? Di che ci
vestiremo? Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre
vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Cercate prima il regno
e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in piú"
(Matt.6:31-33).
Dio è fedele. Se gli uomini riponessero completamente la propria fiducia in Lui,
tante cose potrebbero cambiare, non solo spiritualmente e moralmente, ma anche a
livello sociale; ne sono pienamente convinto.
Ma la realtà con la quale mi venni, per così dire, a "scontrare", fu
sconcertante.
Era trascorso un anno e mezzo dalla mia conversione. Ormai, al nord, mi ero
abituato a vivere accanto a gente manifestamente incredula, apatica,
indifferente all'annuncio dell'Evangelo ed anche a gente che esternava simpatia
nei confronti degli evangelici.
Notai subito che una particolare differenza caratterizza il meridionale
(ovviamente ci sono le eccezioni), il quale possiede un carattere più emotivo,
sentimentalmente molto "trascinabile". Da questa sua peculiarità, nelle varie
circostanze della vita, scaturiscono reazioni e comportamenti molteplici e
variegati. Ciò si ripercuote, sotto certi aspetti, anche in campo "religioso".
A volte, raccontando la mia esperienza di conversione e Nuova Nascita, vedo
gente pendere dalle mie labbra, commuoversi, esclamare: "Beato te!", come se
questa "fortuna" fosse riservata solo a pochi, scelti da un Dio che fa
arbitrarie discriminazioni in mezzo agli uomini. Oppure, come se "queste cose"
appartenessero solamente a quei pochi privilegiati aventi meriti sufficienti per
realizzarle (poveri noi se fosse così).
Altre volte, riscontro un discreto coinvolgimento emotivo che, però, è solo
tale. Si verifica, perciò, quello che è scritto:
"Quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi, è colui che ode la Parola e
subito la riceve con gioia, però non ha radice in sé ed è di corta
durata; e quando giunge la tribolazione o persecuzione a motivo della Parola, è
subito sviato"
(Matt.13:20,21).
Da queste parti, sono poche le persone che manifestano un completo disinteresse
per la religione. Tutti,
grandi e piccoli, in un modo o nell'altro, ne sono coinvolti.
Purtroppo (mi dispiace dirlo), nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta
solo di mera religione, un insieme, cioè, di rituali e di regole da praticare e
da osservare. Le moltitudini, assuefatte ormai da una religione prevalentemente
scenografica, sembrano non riuscire più a "rientrare in sé" per analizzarsi e
porsi in relazione a Dio ed alla Sua Parola ispirata.
Di conseguenza, malgrado le buone intenzioni di molti, ciò che in realtà prende
piede è la superstizione. In
effetti, cos'altro ci si può aspettare quando si arriva al punto di affermare
(l'ho sentito in TV da un alto dignitario ecclesiastico) che "la fede è fatta di
simboli e gesti che evocano dei valori"?!
Mi chiedo:"Dov'è scritto questo nella Parola di Dio?".
Non bisogna assolutamente meravigliarsi, perciò, se si continua ad assistere ad
un allontanamento dalla vera e semplice fede nell'Evangelo di Gesù Cristo e ci
si "rifugia" in "atti di culto esteriori" (farsi dei segni di croce o recitare
giaculatorie passando davanti ad una chiesa, una statua o un cimitero, baciare
delle immagini, accendere dei lumini votivi, ecc.ecc.); tutte cose, queste, che
sconfinano, ripeto, in un'appariscente forma di paganesimo superstizioso, seppur
dalle sembianze "cristianeggianti".
Si realizza, in questo modo, ciò che dice l'apostolo Paolo a proposito della
condizione spirituale e morale degli ultimi tempi:
"…aventi l'apparenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la potenza"
(2Tim.3:5).
Qual è, allora, la definizione biblica di fede?
Eccola:
"Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non
si vedono"
(Ebr.11:1).
Ho definito "sconcertante" questa situazione, non solo per questa forma di
grossolano paganesimo, ma anche per la diffusa contraddizione comportamentale,
in seno all'incoerenza dottrinale, per la quale non si avverte alcun senso di
imbarazzo. Si "zoppica dai due lati" (confr.1Re 18:21). Per cui, quando è così,
mi sembra evidente che non si crede davvero in ciò che si dice di credere. La
fede è "certezza" del cuore, e se
v'è certezza v'è anche la "dimostrazione", con la propria vita, delle realtà in
cui si afferma di credere; le due cose sono assolutamente inseparabili.
Non ritengo sia il caso di illustrare nei particolari ciò che sto dicendo.
Ognuno analizzi se stesso (fra coloro che dicono di credere) e giudichi
onestamente se v'è un reale rapporto personale con Gesù Cristo; se la propria
vita di cristiano (discepolo di Cristo) è il riflesso di quella del Maestro, il
quale dice:
"Un discepolo non è piú grande del maestro; ma ogni discepolo ben preparato sarà
come il suo maestro"
(Luca 6:40).
Caro amico/a, se questo discorso ti dovesse mettere in crisi, sappi che non me
ne dispiacerebbe, anzi... No, non è sadismo, questo; non fraintendere le mie
parole. La vera conversione è sempre preceduta, come ho accennato altrove, da un
conflitto interiore. La Nuova Nascita non è
il risultato dell'adesione ad un credo religioso, ma il frutto di un
sincero ravvedimento (pentimento dei propri peccati) e di una reale
fede nella persona e nell’opera di Gesù Cristo compiuta al Calvario.
XIV
QUALCHE CONSIDERAZIONE
Credo, in fondo, di non aver detto niente di nuovo: i libri che raccontano
esperienze di conversione a Gesù Cristo sono tanti. La mia è simile a quella di
milioni di cristiani, nati di nuovo, in tutto il mondo.
Soprattutto, so di non aver detto niente di estraneo all'insegnamento evangelico
(la necessità di una rigenerazione spirituale, o Nuova Nascita, ai fini della
salvezza, è da tempi remoti che è insegnata nella Bibbia); questo è importante!
E se vogliamo parlare di confronti da fare, nel contesto di una critica
costruttiva, l'unico valido, in questo senso, è l'esperienza personale in
rapporto solo all'Evangelo. Poiché si fanno libri in gran quantità; libri che
raccontano, si, le esperienze umane, ma non offrono alcuna certezza di verità,
perché sulla scena continua a rimanere debole protagonista la presunzione di
quello stesso uomo che sin dal principio ha dato ascolto alle visioni del
proprio cuore, piuttosto che alla Parola di Dio:
"Cosí parla il SIGNORE degli eserciti: "Non ascoltate le parole dei profeti che
vi profetizzano; essi vi nutrono di cose vane; vi espongono le visioni del
proprio cuore, e non ciò che
proviene dalla bocca del SIGNORE"
(Ger.23:16).
In un mondo in cui ormai non esistono più "punti fermi" perché "tutto è
relativo"; perché ogni argomentazione ha la sua validità (in una società dalle
tendenze fortemente sincretiste nella quale noi oggi viviamo), l'uomo ha perso
il senso della sicurezza e della stabilità.
è
per questa ragione che il suo cuore, come le onde del mare, è continuamente
agitato, non ha pace:
"Non c'è pace per gli empi", dice il mio Dio"
(Isaia 57:21).
Per fare questa diagnosi non è necessario un esperto. Radio, televisione,
giornali, ci presentano costantemente i tanti sintomi di un'umanità gravemente
ammalata.
Come fu per l'antico popolo d'Israele, così è per il nostro mondo moderno:
"Udite, o cieli! E tu, terra, presta orecchio! Poiché il SIGNORE parla: "Ho
nutrito dei figli e li ho allevati, ma essi si sono ribellati a me. Il bue
conosce il suo possessore, e l'asino la greppia del suo padrone, ma Israele
non ha conoscenza, il mio popolo non ha discernimento". Guai alla
nazione peccatrice, popolo carico d' iniquità, razza di malvagi, figli corrotti!
Hanno abbandonato il SIGNORE, hanno disprezzato il Santo d'Israele, hanno
voltato le spalle e si sono allontanati. Per quale ragione colpirvi ancora?
Aggiungereste altre rivolte. Tutto il capo è malato, tutto il cuore è languente.
Dalla pianta del piede fino alla testa non c'è nulla di sano in esso: non ci
sono che ferite, contusioni, piaghe aperte, che non sono state ripulite, né
fasciate, né lenite con olio"
(Isaia 1:2-6).
Sembra incredibile che in una società come la
nostra, in cui la conoscenza è una bandiera tenuta ben alta, ci sia ancora
spazio per un'ignoranza e una mancanza di discernimento dalle conseguenze così
deleterie; eppure è così!…: Le "ferite", le "contusioni", le "piaghe aperte",
"non sono state ripulite, né fasciate, né lenite con olio". L'uomo, infatti,
continua a dibattersi in mezzo a problemi perenni, umanamente insolubili; facci
caso: i telegiornali di trent'anni fa sono sostanzialmente identici a quelli di
oggi.
Ma la contraddizione in realtà non esiste, perché la vera conoscenza, ovvero
scienza, non ha niente a che spartire con la sapienza di questo mondo; la vera
conoscenza poggia su basi completamente diverse da quelle costruite da un mondo
"senza Dio e senza speranza" (Ef.2:12):
"Il timore del SIGNORE è il principio della scienza
(o conoscenza)" (Prov.1:7).
Ribadisco, allora, che il "punto fermo" continua ad essere (ha attraversato i
secoli), l'Evangelo di Gesù Cristo, "la
Parola vivente e permanente di Dio" (1Pie.1:23).
Non per nulla Gesù continua a dire:
"Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà paragonato
a un uomo avveduto che ha costruito la sua casa sopra la roccia. La pioggia è
caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno investito quella
casa; ma essa non è caduta, perché era fondata sulla roccia.
E chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica sarà paragonato a
un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. La pioggia è caduta,
sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno fatto impeto contro
quella casa, ed essa è caduta e la sua rovina è stata grande"
(Matt.7:24-27).
Purtroppo, quante "case" stanno continuando a crollare!… E la ragione è sempre
la stessa: non si vuol dare ascolto e mettere in pratica le parole di Gesù
Cristo!
CONCLUSIONE
Caro amico/a. Solo Dio conosce qual è il tuo vero bene. La tua mente,
ottenebrata dal peccato, non è in grado di riconoscerlo e, di conseguenza,
continui a "costruire sulla sabbia"; cioè, sui tuoi pensieri o sulla tua
"religione" (che tu ritieni essere sicura come la "roccia").
"Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli uomini che
tutti, in ogni luogo, si ravvedano, perché ha fissato un giorno, nel quale
giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell'uomo ch'egli ha stabilito, e ne
ha dato sicura prova a tutti, risuscitandolo dai morti"
(Atti 17:30,31).
Fino a quando la vera natura di Dio, il Suo piano di salvezza e il Suo amore,
non furono rivelati in Cristo, gli uomini vivevano nell'ignoranza, cioè
senza conoscenza di Dio. Ma ora, con la proclamazione dell'Evangelo, quel tempo
è finito: nessuno può trincerarsi più dietro la propria ignoranza.
Dio, in passato, fu disposto, a
"passar sopra" a quell'ignoranza, ma ora non lo è più e chiede agli uomini che
tutti, in ogni luogo, si ravvedano dei propri peccati.
"Ravvedetevi dunque e convertitevi, perché i vostri peccati siano cancellati"
(Atti 3:19).
Ecco il presupposto indispensabile sul quale puoi realizzare la Nuova Nascita: il
ravvedimento; cioè un "cambiamento di mentalità", un sincero pentimento e
proposito di abbandonare il peccato.
"Ravvedetevi e credete al vangelo"
(Mar.1:15).
Credi in Gesù Cristo; abbi, cioè, fiducia in Lui, nelle Sue promesse. Non
dubitare di nessuna Sua parola.
Sopra ogni cosa, credi che la tua salvezza è già stata acquistata per te
alla croce:
"…sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati
riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai padri, ma col prezioso
sangue di Cristo, come d'agnello senza difetto né macchia, ben preordinato prima
della fondazione del mondo, ma manifestato negli ultimi tempi per voi, i quali
per mezzo di lui credete in Dio che l'ha risuscitato dai morti e gli ha dato
gloria, onde la vostra fede e la vostra speranza fossero in Dio"
(1Pietro1:18-21).
A questo punto, se tu sei una "pecora" del Buon
Pastore, continua ad ascoltare la Sua voce, leggendo
quotidianamente…
" …le Sacre Scritture, le quali possono darti la sapienza che conduce alla
salvezza mediante la fede in Cristo Gesú"
(2Tim.3:15).
Ascoltando la Sua voce, naturalmente, Lo seguirai, perché…
"…le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono;
e io do loro la vita eterna e non periranno mai e nessuno le rapirà dalla mia
mano"
(Giov.10:27,28).
Perciò, amico/a lettore, credo che tu ti sia reso conto, leggendo questa
testimonianza, che la Nuova Nascita è
un'esperienza indispensabile per "vedere", vale a dire "entrare", nel
regno di Dio, e che è anche alla tua portata.
Ecco, qui di seguito, i versi biblici, tratti dal Vangelo di Giovanni, che sono
stati costantemente sullo sfondo del messaggio di questa testimonianza scritta:
Gesú gli rispose: "In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo
non può vedere il regno di Dio".
Nicodemo gli disse: "Come può un uomo nascere quando è già vecchio? Può egli
entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere?".
Gesù rispose: "In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d'acqua e di
Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne, è
carne; e quello che è nato dallo Spirito, è spirito.
Non ti meravigliare se ti ho detto: Bisogna che nasciate di nuovo. Il vento
soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove
va; così è di chiunque è nato dallo Spirito".
Lo Spirito Santo, Colui che rigenera il cuore dell'uomo, sta continuando a
"soffiare" lì dove gli uomini si aprono, lasciandosi convincere
"quanto al peccato, alla giustizia e al
giudizio" (Giov.16:8), senza timore alcuno e liberi dai condizionamenti di
un mondo che, con la propria sapienza, non solo "non
ha conosciuto Dio " (1Cor.1:21),
ma addirittura sospinge, chi vorrebbe conoscerlo, lontano da Lui.
Faccio mia la seguente esortazione di Giacomo:
"Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Osservate come
l'agricoltore aspetta il frutto prezioso della terra pazientando, finché esso
abbia ricevuto la pioggia della prima e dell'ultima stagione"
(Giac.5:7).
Credo che la "pioggia della prima stagione" sia avvenuta il giorno della
Pentecoste, quando…
"Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia,
e… tutti furono riempiti di Spirito Santo…"
(Atti 2:2).
Prima del prossimo ritorno di Gesù Cristo, in quest'"ultima
stagione", sono convinto che lo Spirito Santo "soffierà" ancora, scuotendo
molte coscienze, risvegliandole per
"afferrare la vita eterna" (1Tim.6:12) alla quale Dio sta ancora chiamando
in questo tempo di grazia:
Perciò, come dice lo Spirito Santo: "Oggi, se udite la sua voce, non indurite i
vostri cuori"
(Ebr.3:7,8).
Se hai udito la Sua voce, vieni oggi, così come sei, a Gesù; Colui che ha
dato la sua vita per te. Non rimandare questo appuntamento a "domani", perché
non sai quello che domani accadrà; e poi, ogni giorno che passa è un'opportunità
perduta.
Presto Gesù Cristo ritornerà, e se tu non sarai Nato/a di Nuovo, prima di
lasciare questa terra, non potrai "vedere il Regno di Dio" (Giov.3:3), perché…
"…carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né la corruzione può
ereditare la incorruttibilità"
(1Cor.15:50).
Non credere a chi ti dice che basta comportarsi bene, non far male a nessuno,
fare opere buone, frequentare la Chiesa, (come facevo io) eccetera, per sperare
di essere salvato; è una tremenda bugia che ha contribuito a far inorgoglire gli
uomini inducendoli a credere di potersi salvare da sé; Gesù è categorico:
devi Nascere di Nuovo!
Ti esorto, in questo istante, ad aprire il tuo cuore e ad accogliere Gesù Cristo
come il Salvatore e Signore della Tua vita.
Digli:
Gesù; ti ringrazio per avermi fatto capire la necessità di Nascere di Nuovo.
Così come sono, con tutti i miei peccati, vengo a Te. Ti chiedo di entrare nel
mio cuore e di purificarlo col sangue prezioso che hai versato sulla croce per
me.
Da questo momento in poi voglio seguirti veramente come la Tua Parola mi insegna;
Tu mi darai la guida, la capacità e la forza di farlo, anche nelle avversità.
Grazie, Signore, per questa meravigliosa ed esuberante Vita Nuova che ho davanti
a me.
DIO TI BENEDICA!
Franco Ienco
Per info e contatti vai sul sito
www.nascidinuovo.it
oppure scrivi:
franco.ienco55@gmail.com
|