1. L'insegnamento dell'Antico Testamento

Nello studiare ciò che l'Antico Testamento insegna sulla vita futura, si deve tener presente che l'opera redentrice di Cristo ha avuto un grande effetto in relazione alla morte ed alla vita. Egli «ha distrutto la morte e ha prodotto in luce la vita e l'immortalità mediante l'Evangelo» (II Timoteo 1:l0), Cristo ha portato pienezza di luce e di certezza sulla vita a venire. Egli ha anche effettuato una certa liberazione per i santi dell'Antico Testamento nello stato intermedio, apportando loro un accrescimento di beatitudine.

Per quanto la rivelazione dell'Antico Testamento sulla vita che segue la morte non sia completa come quella del Nuovo Testamento, in essa vi è senza dubbio l'insegnamento di questa dottrina.

La dottrina dell'immortalità nell'Antico Testamento è basata sulla relazione dell'uomo con Dio. L'uomo, fatto all'immagine di Dio, è adatto alla conoscenza di Dio ed alla comunione con Lui. Questo implica che l'uomo è più di un animale: egli ha una vita che trascende il tempo e, inoltre, fu creato per la vita e non per la mortalità. Ma il peccato portò la morte nel mondo e così frustrò il destino umano. Tuttavia la morte, nel suo aspetto fisico, è soltanto la separazione del corpo dall'anima e non implica l'estinzione dell'anima. L'Antico Testamento insegna invariabilmente che la personalità dell'uomo sopravvive alla morte.

Il corpo dell'uomo veniva posto nella tomba, mentre l'anima andava nello Sheol (tradotto «inferno», «abisso», «la tomba»), la dimora degli spiriti dipartiti. Che lo Sheol non sia il cielo è provato dal fatto che si parla di esso come di un luogo situato al di sotto (Proverbi 15:24), in giù (Ezechiele 32:21), nelle parti basse della terra (Ezechiele 31:18). Che non fosse un luogo di splendore, è evidente dalla sua descrizione come un luogo dove non vengono rese grazie (Salmo 6:5), un luogo di crudeltà (Cantico dei Cantici 8:6), luogo di pene (Giobbe 24: 19), luogo di dolore (Salmo 18:5), un luogo dal quale sembra che nessuno ritorni (Giobbe 7:9).

Lo Sheol, non illuminato dallo splendore del Cristo risorto, era un posto tenebroso e ripugnante, ed è per questo che alcuni dei santi dell'Antico Testamento «tremavano al pensiero dello Sheol come un bambino ha spavento di una stanza buia». Vedi, ad esempio, Salmo 88 ed Isaia 38.

Lo Sheol era abitato sia dai giusti (Giobbe 14:13; Salmo 88:3; Genesi 37:34,35) che dagli empi (Proverbi 5:3-5; Proverbi 7:27; Giobbe 24:19; Salmo 31:17). Dal racconto del ricco epulone e del povero Lazzaro apprendiamo che nello Sheol vi erano due parti: un luogo di sofferenza per gli empi (Luca 16:23,24) ed un luogo di riposo e di conforto per i giusti (Luca 16:25).

I credenti dell'Antico Testamento non erano senza speranza: il Santo Dio, il Messia, sarebbe disceso nello Sheol; il popolo di Dio sarebbe stato redento dallo Sheol (Salmo 16:10; Salmo 49:15). Questo si avverò quando Cristo, dopo la Sua morte, discese nel mondo degli spiriti dipartiti (Matteo 12:40; Luca 23:42,43) e portò i santi dell'Antico Testamento dallo Sheol nel paradiso superiore (Efesini 4:8-10). Quest'ultimo verso sembra indicare che con la discesa di Cristo nello Sheol si è verificato un cambiamento nel mondo degli spiriti e che il luogo dove i giusti aspettano la risurrezione è situato ora nei cieli (Efesini 4:8; II Corinzi 12:2). Da allora gli spiriti dei giusti salgono verso la gloria e gli spiriti degli empi scendono verso la condanna (Apocalisse 20:13,14).

Altre prove dell'insegnamento della vita futura nell'Antico Testamento sono le seguenti:

1. La frase «raccolto ai suoi padri» o «al suo popolo», usata per Abrahamo, Mosè, Aaronne e Davide, deve riferirsi ad un'esistenza cosciente dopo la morte e non al seppellimento, perché quegli uomini non furono sepolti nei luoghi di sepoltura delle loro famiglie.

2. La traslazione di Enoc e di Elia prova che esiste una vita futura di splendore, nella presenza di Dio.

3. Le parole di Cristo in Matteo 22:32 rappresentano una chiara affermazione della fede giudaica, altrimenti non avrebbero avuto nessuna efficacia per gli uditori.

4. La dottrina della risurrezione dei morti è chiaramente insegnata nell'Antico Testamento (Giobbe 19:26; Daniele 12:1,2).

5. Quando Giacobbe disse: «Io scenderò, facendo cordoglio, dal mio figliuolo, nel soggiorno dei morti (letteralmente "Sheol")» (Genesi 37:35), sicuramente non intendeva riferirsi alla tomba, perché si pensava che il corpo di Giuseppe fosse stato divorato dalle bestie feroci.