1. Il governo della Chiesa

È chiaro che il Signor Gesù aveva stabilito che vi fosse una società di Suoi seguaci, per dare il Suo Vangelo all'umanità e per rappresentarlo nel mondo. Egli non pianificò un'organizzazione o un piano di governo, né diede regole dettagliate di fede e di pratica; ordinò i due semplici riti del Battesimo e della Santa Cena.

Ciò che il Redentore fece per la Chiesa fu qualcosa di più elevato dell'organizzazione: Egli comunicò alla Chiesa la Sua stessa vita, facendone un organismo vivente. Il Consolatore che avrebbe mandato ai Suoi, dopo la Sua ascesa al cielo, li avrebbe guidati nell'organizzarsi.

Naturalmente la Chiesa non era libera di seguire gli sviluppi contrari all'insegnamento di Cristo ed alla dottrina degli apostoli; ogni sviluppo contrario ai principi scritturali è una corruzione.

Nei giorni che seguirono la Pentecoste, i credenti non avevano praticamente nessuna organizzazione e, per un certo tempo, tennero i culti nelle loro case osservando le ore di preghiera nel Tempio (Atti 2:46). Tutto questo veniva completato dall'insegnamento e dalla comunione degli apostoli. Man mano che la Chiesa cresceva numericamente, si sviluppava l'organizzazione, la quale ebbe origine da due germi: primo, le situazioni d'emergenza che si presentavano e che rendevano necessario creare nuovi responsabili e nuovi collaboratori (abbiamo un esempio in Atti 6:1-5); secondo, l'evidenza di particolari caratteristiche spirituali, che indicavano certi individui come adatti all'opera del ministerio.

Le prime Chiese ebbero un governo democratico, un fatto naturale, questo, in una comunità dove i doni dello Spirito erano a disposizione di tutti e dove chiunque poteva essere divinamente rivestito di doni per uno speciale ministerio. È vero che gli apostoli e gli anziani presiedevano alle riunioni «di affari» e all'elezione dei dirigenti della Chiesa; ma queste cose erano fatte in collaborazione con la congregazione (Atti 6:3-6; Atti 15:22; I Corinzi 16:3; II Corinzi 8:19; Filippesi 2:25).

Da Atti 14:23 e Tito 1:5 può sembrare che Paolo, Barnaba e Tito eleggessero gli anziani senza consultare la congregazione; ma degli storici della Chiesa, degni di fede, dicono che essi li «eleggevano» nel modo solito, con il voto dei membri della comunità interessata.

Vediamo chiaramente che in nessun punto il Nuovo Testamento prevede o autorizza la fusione delle Chiese in un organismo ecclesiastico governato da una gerarchia.

Nei primi tempi non vi era un governo centralizzato per governare l'intera Chiesa, ma ogni comunità locale si governava da sé e si occupava, in piena libertà, dei propri affari. Naturalmente, i «Dodici» venivano guardati con deferenza ed esercitavano una certa autorità a causa della loro relazione con Cristo (vedi Atti 15); Paolo aveva la soprintendenza generale delle Chiese gentili. Però questa autorità era puramente spirituale, non formale come quella che viene accordata da un'organizzazione.

Mentre ogni Chiesa locale era indipendente dalle altre per quanto riguarda la giurisdizione, per le altre attività le Chiese del Nuovo Testamento entrarono in una relazione di cooperazione l'una con l'altra (Romani 15:26,27; II Corinzi 8:19; Galati 2:10; Romani 15:1; III Giovanni 1:8).

Nei primi secoli le Chiese locali, sebbene non venisse mai meno in loro il senso dell'appartenenza ad un unico Corpo, erano comunità indipendenti ed autonome, che tuttavia mantenevano relazioni l'una con l'altra. Tali relazioni non avvenivano attraverso un'organizzazione politica che le abbracciasse tutte, ma attraverso la comunione fraterna, attraverso visite di inviati, lettere ed un non ben precisato dare e ricevere assistenza nell'eleggere e nell'appartare i pastori.