b. Rispondenza allo Spirito (Romani 7-8) I capitoli 7 ed 8 dell'epistola ai Romani sviluppano il soggetto della santificazione; essi si occupano della liberazione del credente dalla potenza del peccato e della sua crescita nella santità. Nel capitolo 6 abbiamo visto che la vittoria sul peccato è stata realizzata per fede. Il capitolo 8 presenta un altro alleato nella battaglia contro il peccato: lo Spirito Santo. Il capitolo 7 presenta un uomo che si rivolge alla legge per ricevere santificazione. Paolo mostra che la legge non ha la potenza di salvare e santificare, non perché non sia buona, ma per l'inclinazione al peccato della natura umana conosciuta come la «carne». Egli mette in rilievo che la legge rivela il fatto (Romani 7:7), l'occasione (Romani 7:8), la potenza (Romani 7:9), l'inganno (Romani 7:11), l'effetto (Romani 7:10,11) e la peccaminosità del peccato (Romani 7:12,13). Paolo, che sembra descrivere la propria esperienza passata, ci dice che la stessa legge, che egli desiderava ardentemente osservare, suscitava in lui impulsi di peccato; il risultato era una «guerra civile» nell'anima Egli era impedito di fare il bene che voleva fare ed era costretto a fare le cose che odiava: «Io mi trovo dunque sotto questa legge: che volendo io fare il bene, il male si trova in me. Poiché io mi diletto nella legge di Dio, secondo l'uomo interno; ma veggo un'altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente. e mi rende prigione della legge del peccato che è nelle mie membra» (Romani 7:21-23).
L'ultima parte del capitolo 7 presenta dunque la figura di un uomo che è sotto la legge, di un uomo, cioè, che ha scoperto la spiritualità della legge stessa che investiga il cuore, ma, in ogni tentativo di osservarla, si trova ostacolato dal peccato che abita in lui. Perché Paolo descrive questo conflitto? Per mostrare che la legge non può santificare. «Misero me uomo! chi mi trarrà da questo corpo di morte?» (Romani 6:6). Paolo, che ha descritto l'esperienza sotto la legge, testimonia con allegrezza la sua esperienza sotto la grazia: «Grazie siano rese a Dio (dal Quale viene la liberazione) per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore». Con questo grido di trionfo entriamo nel meraviglioso capitolo 8, che ha come argomento dominante la liberazione dalla natura incline al peccato, per la potenza dello Spirito Santo. Vi sono tre morti alle quali il credente deve partecipare: 1. La morte nel peccato, ossia la nostra condanna (Efesini 2:1; Colossesi 2:13). Il peccato aveva portato l'anima in quella condizione la cui punizione è la morte spirituale o separazione da Dio. 2. La morte per il peccato, ovvero la nostra giustificazione. Cristo ha scontato sulla croce, in vece nostra, la pena inflitta da una legge violata. perciò noi veniamo considerati come se l'avessimo sopportata in Lui, ciò che Egli ha fatto per noi è stato reputato come se fosse stato fatto da noi (II Corinzi 5:14; Galati 2:20). Veniamo ritenuti legalmente e giuridicamente liberi dalle conseguenze legali della violazione di una legge, se per fede consentiamo al patto. 3. La morte al peccato, cioè la nostra santificazione (Romani 6:11). Ciò che è vero per noi, deve essere reale in noi; ciò che è giuridico, deve essere reso pratico; la morte al peccato deve essere seguita dalla morte alla potenza del peccato. Questa è opera dello Spirito Santo (Romani 8:13). Come la linfa che sale nell'albero fa cadere le foglie morte che sono rimaste attaccate ai rami nonostante il gelo ed i venti, così lo Spirito che dimora nel credente fa cadere le imperfezioni e le abitudini della vecchia vita. |