c. Liberazione dalla morte

La parola morte ha un significato fisico ed uno spirituale. Nel suo significato fisico, denota la cessazione della vita fisica, conseguente a malattia, decadenza naturale o a qualche causa violenta. Nel senso spirituale, viene più spesso usata per indicare la condanna inflitta da Dio al peccato dell'uomo, ovvero la condizione spirituale di colpevolezza e di separazione da Dio dovuta al peccato. Morendo privo del favore di Dio, l'impenitente resta separato da Dio nella vita a venire e la separazione eterna che ne consegue è conosciuta come «la morte seconda». La minaccia: «Nel giorno che tu ne mangerai per certo morrai» non avrebbe avuto compimento, se «morte» avesse significato solamente l'evento fisico della morte; infatti Adamo ed Eva continuarono a vivere dopo che ebbero mangiato il frutto proibito. Ma la dichiarazione è profondamente vera, se ricordiamo che la parola «morte» comporta tutte le conseguenze penali del peccato: separazione da Dio, inquietudine, inclinazione verso il male, debolezza fisica e, infine, la morte fisica e le conseguenze che vanno oltre la morte.

Quando le Scritture affermano che Cristo è morto per i nostri peccati, vogliono dire che Egli non si è sottoposto solamente alla morte fisica, ma alla morte come condanna per il peccato. Egli si è umiliato nella sofferenza della «morte per tutti» (Ebrei 2:9) ed ha potuto fare ciò è perché aveva una natura divina e per gli ordinamenti divini.

Possiamo non comprendere «come» tutto questo avvenga, ma nessuna persona ragionevole si è mai privata delle comodità dell'elettricità solo perché non comprende completamente ciò che essa sia e perché funzioni in quella maniera; così nessuno deve privarsi dei benefici del riscatto solo perché non può capirlo come si capisce un problema di matematica.

Cristo è venuto ad offrirsi per i nostri peccati e, siccome il salario del peccato è la morte, il Salvatore ha realizzato il Suo fine di darsi per i nostri peccati, morendo al posto nostro. Nella croce era concentrato tutto il tremendo significato della morte e della sua tenebrosa condanna, e questo spiega il grido pieno di dolore: «Dio mio, Dio mio. perché mi hai abbandonato?». Queste non sono le parole di un martire, perché i martiri sono spesso sostenuti dalla coscienza della presenza di Dio, ma le parole di Uno che compiva un atto che comportava la separazione da Dio: infatti Gesù portava i nostri peccati (II Corinzi 5:21).

Mentre è vero che coloro che credono in Lui possono soffrite la morte fisica (Romani 8:10), c'è da osservare che per essi sono state tolte le stigmate della condanna della morte stessa e questa diviene la porta verso una vita più vasta. In questo senso si avverano le parole di Gesù: «Chiunque vive e crede in me, non morrà mai» (Giovanni 11:26).