c. Sostituzione I sacrifici dell'Antico Testamento erano sostitutivi per natura: sull'altare essi facevano, per l'israelita, ciò che egli non avrebbe potuto fare da sé, la vittima sostituiva l'israelita per essere accettata in luogo suo. Allo stesso modo, Cristo fece sulla croce ciò che noi non potevamo fare da noi stessi e, qualunque sia il nostro bisogno, noi siamo accettati «per amor suo». Quando offriamo a Dio la nostra contrizione, il nostro ringraziamento o la nostra consacrazione, noi lo facciamo «nel Suo nome», perché Egli è il sacrificio attraverso il quale ci accostiamo a Dio Padre. L'idea della sostituzione è preminente nei sacrifici dell'Antico Testamento, nei quali il sangue della vittima veniva considerato come espiazione per l'anima dell'offerente. Nel capitolo nel quale i sacrifici dell'Antico Testamento assumono il loro più alto significato (Isaia 53), leggiamo: «E, nondimeno, erano le nostre malattie ch'egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui s'era caricato... Ma egli è stato trafitto a motivo delle nostre trasgressioni, fiaccato a motivo delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiam pace, è stato su lui, e per le sue lividure noi abbiamo avuto guarigione». Tutte queste espressioni raffigurano il Servitore di Yahwê(h) che sopporta una punizione spettante ad altri, affinché Egli possa «rendere giusti i molti, e caricarsi egli stesso delle loro iniquità» (cfr. Isaia 53:11). Cristo, essendo Figliuolo di Dio, poteva offrire un sacrificio di valore infinito ed eterno; avendo assunto la natura umana, poteva identificarsi con l'umanità e soffrire la sua pena. Egli è morto in vece nostra; Egli prese il castigo che era nostro, affinché noi potessimo sfuggire ad esso. Questo spiega il grido: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Colui che era per natura senza peccato, e che non aveva mai commesso un peccato in vita Sua, aveva preso il posto del peccatore. Così si esprime Paolo a questo proposito: «Colui che non ha conosciuto peccato, Egli l'ha fatto esser peccato per noi» (II Corinzi 5:21); e Pietro: «Egli, che ha portato egli stesso i nostri peccati nel suo corpo sul legno» (I Pietro 2:24). |