b. Propiziazione

Si pensa che il termine «propiziazione» derivi dalla parola latina «prope», che significa «vicino». Pertanto «propiziazione» significa «avvicinare, rendere favorevole, guadagnare la riconciliazione». Un sacrificio di propiziazione porta l'uomo vicino a Dio, lo riconcilia a Lui, espiando le sue trasgressioni, gli guadagna il favore e la grazia divini. Dio, nella Sua misericordia, accetta il dono propiziatore e ristora, nel Suo amore, colui che ha peccato, questo è anche il senso della parola greca che viene usata nel Nuovo Testamento. Propiziare vuol dire spegnere, la giusta ira del Dio santo offrendo un sacrificio espiatorio: Cristo viene definito come una simile propiziazione (Romani 3:25; I Giovanni 2:2; I Giovanni 4:10). Il peccato tiene l'uomo a distanza da Dio, ma Cristo ha operato sul peccato per conto dell'uomo in modo tale da annullare la sua potenza separatrice; pertanto l'uomo può ora «avvicinarsi» a Dio «nel Suo nome». L'accesso a Dio, il più sublime dei privilegi, è stato acquistato ad un elevato prezzo, il sangue di Cristo. Il Dott. James Denney scrive:

Come nell'antico tabernacolo ogni oggetto usato per il culto doveva essere spruzzato di sangue espiatorio, così tutte le parti del culto cristiano, tutti i nostri approcci con Dio devono essere apprezzati come un privilegio incomparabile, devono essere compenetrati dal senso della passione di Cristo, nonché dell'amore del quale Egli ci ha amati quando soffrì per i peccati una volta per sempre, il giusto per gl'ingiusti, affinché potesse portarci a Dio.

La parola greca «propiziazione» in Romani 3:25 è la stessa parola usata per tradurre il termine ebraico «propiziatorio» nel greco. In ebraico, questa parola significa letteralmente «copertura» e, tanto in ebraico che in greco, esprime il concetto di un sacrificio espiatorio. Il riferimento è fatto all'arca del patto (Esodo 25:10-22), che era composta di due parti: la prima, l'arca, rappresentante il trono del giusto Capo d'Israele e contenente le tavole della legge, quale espressione della Sua giusta volontà; la seconda, il coperchio, chiamato propiziatorio e sormontato da figure angeliche, chiamate cherubini. Questo arredo sacro ci illustra due lezioni: le tavole della legge insegnavano che Dio era un Dio giusto, che non sarebbe passato sopra al peccato e che avrebbe dovuto eseguire il Suo decreto, punendo gli empi. Ma come poteva vivere davanti a Lui una nazione peccatrice? Il propiziatorio che copriva la legge, era il luogo sul quale veniva spruzzato il sangue una volta l'anno, per fare l'espiazione dei peccati del popolo. Era il posto della copertura del peccato ed insegnava che Dio, che è giusto, poteva continuamente perdonare il peccato a causa di un sacrificio espiatorio. Per mezzo del sangue dell'espiazione, quello che è un trono di giudizio diviene un trono di grazia.

L'arca ed il propiziatorio illustrano il problema risolto dal riscatto. Il problema e la sua soluzione sono esposti in Romani 3:25,26, dove leggiamo che Cristo fu «prestabilito come propiziazione mediante la fede nel sangue d'esso, per dimostrare la sua giustizia, avendo Egli usata tolleranza verso i peccati commessi in passato (per mostrare che l'apparente ritardo nel giudizio non significa che Dio tollera il peccato) al tempo della sua divina pazienza; per dimostrare, dico, la sua giustizia nel tempo presente (il modo con il quale Egli rende giusti i peccatori); ond'Egli sia giusto (infligga la punizione del peccato) e giustificante (rimuova la punizione dovuta al peccato) colui che ha fede in Gesù». Come può Dio allo stesso tempo infliggere e cancellare la punizione del peccato? Nella Persona del Suo Figliuolo, Dio stesso prese la condanna e così fece luogo al perdono della colpa. La Sua legge fu onorata ed il peccatore salvato. Il peccato fu espiato e Dio fu propiziato. Gli uomini possono comprendere come Dio può essere giusto nel punire e misericordioso nel perdonare; ma come Dio possa essere giusto nell'atto di giustificare il colpevole è per essi un mistero. Il Calvario risolve il problema.