1. Il fatto dell'Espiazione

L'Espiazione, che era stata preordinata nell'eternità e simboleggiata nel rituale dell'Antico Testamento, fu storicamente compiuta alla crocifissione di Gesù, quando fu portato a termine il piano della redenzione predisposto da Dio: «Tutto è compiuto!». Gli scrittori dei Vangeli descrivono in modo così minuzioso le sofferenze e la morte di Cristo da lasciare meno spazio, nella loro narrazione, agli altri avvenimenti della Sua vita e, con il loro frequente riferirsi alle profezie dell'Antico Testamento, che vedevano adempiute nella morte di Gesù, dimostrano come sentissero l'importanza di questo avvenimento.

Certi teologi della scuola liberale sostengono che la morte di Cristo fu un caso ed una tragedia: Egli cominciò con luminose speranze di successo, ma poi si trovò avviluppato in una rete di circostanze tali. che lo portarono alla catastrofe che non aveva previsto ed alla quale non poté sfuggire. Ma che cosa dicono i Vangeli in proposito? Affermano decisamente che Gesù sapeva fin dal principio che la sofferenza e la morte facevano parte della Sua missione di salvezza per l'uomo. Nella Sua dichiarazione che il Figliuolo dell'uomo deve soffrire, la parola «deve» indica la vocazione divina e non un imprevisto ed inevitabile destino.

Al Suo battesimo Cristo udì le parole: «Tu sei il mio diletto Figliuolo; in te mi sono compiaciuto». Queste parole furono tratte da due profezie: la prima dichiara che il Messia è divino ed è Figliuolo di Dio (Salmo 2:7), la seconda descrive il ministerio del Messia come del Servitore del Signore (Isaia 42:1). Ora, il Servitore menzionato in Isaia 42:1 è il Servitore sofferente di Isaia 53. Dunque possiamo concludere che, fin dal Suo battesimo, Gesù era conscio del fatto che la sofferenza e la morte erano parte della Sua vocazione. Il Suo rifiuto alle offerte di Satana nel deserto rappresenta un duro momento nella Sua opera. perché in quell'ora Egli scelse la via difficile della reiezione, piuttosto che quella più facile della popolarità. Il fatto stesso che il Santo stesse ritto con il rimanente del popolo (Luca 3:21), e si sottomettesse al battesimo, fu un atto di identificazione con l'umanità peccatrice, per portare il suo peccato. Il Servitore del Signore, secondo Isaia 53, doveva essere «annoverato fra i trasgressori». Il battesimo di Gesù può essere definito come «un grande atto di amorevole comunione con la nostra miseria, perché in quel momento Egli si identificò con i peccatori, e così, in un certo senso, cominciò la Sua opera espiatrice».

Molte volte durante il Suo ministerio il Signore fece riferimento, in modo nascosto e figurato, alla morte che Lo attendeva (Matteo 5:10-12; Matteo 23:37; Marco 9:12,13; Marco 2:19), ma, in Cesarea di Filippo, Egli disse chiaramente ai discepoli che doveva soffrire e morire. Da allora in poi si sforzò di imprimere nella loro mente il fatto che Egli doveva soffrire. affinché, essendo stati avvertiti in precedenza, la loro fede non naufragasse per la scossa della crocifissione (Marco 8:31; Marco 9:31; Marco 10:32-40). Egli spiegò loro anche il significato della Sua morte: non dovevano vederla come una tragedia imprevista alla quale rassegnarsi, ma come una morte che aveva uno scopo espiatorio. Il Figliuolo dell'uomo era venuto «per dare se stesso qual prezzo di riscatto per tutti» (I Timoteo 2:6).

Durante l'ultima Cena, Egli diede istruzioni per la futura commemorazione della Sua morte quale atto supremo del Suo ministerio. Ordinò un rito che doveva ricordare la redenzione dell'umanità dal peccato da Lui operata, come la Pasqua giudaica commemorava la redenzione d'Israele dall'Egitto.

I Suoi discepoli, la cui mente era ancora sotto l'influenza delle idee giudaiche intorno al Messia ed al Suo regno, non riuscivano ad afferrare la necessità della Sua morte, né potevano accettare questo fatto tanto facilmente. Ma dopo la risurrezione e l'ascensione essi compresero, ed in seguito affermarono, che la morte di Cristo era un mezzo di riscatto divinamente predisposto. «Cristo è morto per i nostri peccati» fu la loro continua testimonianza.