b. L'argomento teleologico o dello scopo

Disegno e bellezza sono evidenti nell'universo; ma disegno e bellezza implicano un disegnatore: quindi l'universo è opera di un Disegnatore di intelligenza e di sapienza divine, che li ha tratti all'essere. Il grande orologio di Strasburgo ha, in aggiunta alle caratteristiche di un orologio qualunque, una combinazione di lune e di pianeti che si muovono attraverso i giorni ed i mesi con la regolarità dei corpi celesti, ed ha dei gruppi di figure che compaiono e scompaiono con la stessa regolarità con la quale il grande orologio suona le ore. Insinuare che in tutto questo non vi sia stato un disegnatore e che sia «venuto per caso», è un insulto all'intelligenza e alla ragione. È altrettanto sciocco pretendere che l'universo sia «venuto per caso» o, in termini scientifici, che sia dovuto al «fortuito concorso di atomi».

Immaginiamo che la composizione del «Pellegrinaggio del cristiano» venga spiegata così: l'autore prese un mucchio di caratteri da tipografo e con una pala li lanciò in aria; cadendo in terra, gradualmente e naturalmente, questi caratteri composero il famoso racconto di Bunyan. Il più spinto degli increduli griderebbe: «Ridicolo!». Così noi rispondiamo alle asserzioni di certe correnti scientifiche tanto in voga ai nostri giorni.

Dall'esame di un orologio si scopre che esso reca i segni di un progetto, perché le diverse parti sono messe insieme per uno scopo: sono disposte in modo da produrre un movimento e questo movimento è regolato per registrare le ore.

Da ciò si arguiscono due cose: l'orologio ha avuto un artefice; questo artefice sapeva quel che voleva costruire ed ha progettato la sua opera secondo il suo disegno, adattandola allo scopo di segnare le ore.

Queste conclusioni non possono essere alterate dal fatto che non abbiamo mai visto costruire un orologio o non abbiamo mai visto un orologiaio all'opera e, quindi, non abbiamo idea di come il suo lavoro si svolga. Così la nostra convinzione che l'universo ha avuto un disegnatore non può essere alterata dal fatto che non abbiamo visto la sua costruzione, o che non abbiamo mai visto il Disegnatore. Osserviamo un disegno ben preciso nel mondo e concludiamo che esso ha avuto un Artefice, il quale lo ha progettato con sapienza per gli scopi che Egli persegue.

La nostra conclusione non potrebbe essere alterata nemmeno se qualcuno osservasse che «l'orologio è il risultato dell'azione di leggi meccaniche e si spiega attraverso le proprietà della materia». Noi lo considereremmo ugualmente l'opera di un bravo orologiaio, che ha usato queste leggi e proprietà per mettere l'orologio in condizione di funzionare. Allo stesso modo, quando ci viene detto che l'universo è dovuto semplicemente all'azione delle leggi della natura, noi siamo costretti a chiedere: «Chi ha progettato, imposto ed usato queste leggi?», poiché una legge implica un legislatore.

Prendiamo un'illustrazione dalla vita degli insetti. Vi è una particolare specie di scarafaggio, chiamato cervo volante, i cui maschi sono notevolmente differenti dalle femmine: il maschio ha delle magnifiche corna, due volte più lunghe del suo corpo; la femmina, invece, non ne ha. La loro larva deve rimanere seppellita nella terra e deve attendere in silenzio e nell'oscurità la propria trasformazione. Naturalmente sono solo delle larve e non presentano nessuna differenza fra loro; eppure una di esse si scava un foro due volte più profondo dell'altra. Perché? Perché le sue corna abbiano spazio per crescere ed essa possa uscir fuori con le corna intatte. Come mai queste larve apparentemente uguali, agiscono in modo diverso? Chi ha insegnato al cervo volante maschio a scavarsi un buco due volte più profondo di quello che scava la femmina? Lo ha compreso da sé? No, l'Iddio Creatore ha messo in quella piccola creatura la percezione istintiva di ciò che è necessario per il suo bene.

Si può pensare che la larva abbia ereditato questa sapienza dai suoi genitori. Ma un cane ammaestrato, ad esempio, può insegnare i suoi giuochi ai propri cuccioli? E anche se ammettessimo che l'istinto è stato ereditato, rimarrebbe sempre vero che qualcuno deve aver ammaestrato il primo. La spiegazione del meraviglioso istinto delle creature si trova nelle parole del primo capitolo della Genesi: «E Dio disse». Osservando un orologio ci convinciamo che l'intelligenza non si trova nell'orologio stesso, ma in chi l'ha fatto; così, osservando gli istinti straordinari che si trovano anche nelle più piccole delle creature, concludiamo che l'intelligenza non è in esse, ma nel loro Creatore, e che vi è una Mente che controlla anche i più piccoli dettagli della vita.

Il Dott. Witney, ex presidente della Società Americana dell'Accademia delle Arti e delle Scienze, una volta affermò che «una calamita ne respinge un'altra per la volontà di Dio e non vi è nessuno, oggi, che possa dare una risposta più precisa». «Che cosa intendete per volontà di Dio?», gli fu chiesto. Il Dottor Witney replicò: «Che cosa intendete per luce?... Abbiamo la teoria corpuscolare, la teoria delle onde e quella dei quanti, ma esse sono solo delle dotte congetture. Il dire che la luce viaggia per la volontà di Dio è una spiegazione buona quanto un'altra... La volontà di Dio, la legge che scopriamo ma che non sappiamo spiegare, e la sola definitiva».

A. J. Pace, disegnatore del «Sunday School Times», Giornale della Scuola Domenicale, ci racconta di una sua intervista al compianto Wilson K. Bentley, esperto in fotomicrografia (fotografare ciò che si vede attraverso il microscopio). Dopo aver dedicato più di un terzo di secolo a fotografare i cristalli della neve e dopo averne fotografati migliaia, egli rilevò tre fatti importanti: primo, che non ve n'erano due uguali; secondo, che ognuno di essi era un bellissimo disegno geometrico; terzo che invariabilmente ognuno di essi aveva sei punte. Quando gli venne chiesto come spiegava quella simmetria esagonale, rispose:

Naturalmente, nessuno può spiegarlo all'infuori di Dio, ma ecco la mia teoria. Come sapete, i cristalli nevosi si formano con il vapore acqueo a temperatura sotto lo zero e l'acqua è composta da tre molecole: due di idrogeno unite ad una di ossigeno. Ogni molecola è carica di elettricità negativa e positiva, che si polarizza. Come vedete, il numero tre entra nella questione fin dal principio.

Chiesi: Come possiamo spiegare tutti questi curiosi puntini, nodini e curve graziose, questi margini così finemente cesellati, tutti disposti intorno al centro in perfetta simmetria? Egli alzò le spalle, dicendo: Solo l'Artista che li ha disegnati e formati lo sa!

La sua osservazione: «il numero tre entra nella questione fin dal principio» mi ha fatto riflettere. Non può darsi che l'Iddio trino, che ha formato tutte le bellezze della creazione, abbia firmato la Sua «trinità» in queste fragili stelle di cristallo di ghiaccio, come un artista scrive il suo nome sul suo capolavoro? Da un esame si rileva subito che la figura prevalente, sulla quale è basata la struttura del fiocco di neve, è quella dell'esagono o figura a sei lati, unica in tutto il regno della geometria sotto questa forma; infatti, il raggio del cerchio che lo circoscrive è esattamente della stessa lunghezza di ognuno dei sei lati dell'esagono. Abbiamo così sei perfetti triangoli equilateri, raccolti intorno ad un nucleo centrale, e ogni angolo è di sessanta gradi, per cui un terzo di tutta l'area si trova da una parte di una linea diritta. Quale simbolo appropriato dell'Iddio trino è il triangolo! È un'unità, un triangolo, ma le tre linee sono tutte essenziali per ottenere l'integrità dell'assieme.

La curiosità mi spinse ad esaminare le citazioni della parola «neve» contenute nella Bibbia e vi trovai, con mia grande gioia, questa stessa «trinità». Ad esempio, ve ne sono 21 (3x7) nell'Antico Testamento e tre nel Nuovo Testamento, 24 in tutto. Poi ho trovato tre versi che parlano di «lebbra bianca come neve»; tre volte la purificazione dal peccato viene paragonata alla neve. Ho trovato altri tre versi che parlano di vestimenti che hanno il «candore della neve». Tre volte il sembiante del Figliuolo di Dio viene paragonato alla neve. Ma quale non fu la mia sorpresa quando trovai che la parola neve in ebraico è composta, complessivamente, da tre numeri! E un fatto, anche se non generalmente conosciuto, che gli Ebrei come i Greci, non avendo numeri, usavano le lettere del loro alfabeto come numeri. Basterebbe solo uno sguardo casuale di un ebreo alla parola «sheleg» («neve» in ebraico) per vedere che si può leggere 333, come si può leggere «neve»: la prima lettera, che corrisponde al nostro «SH», è 300, la seconda consonante, «L», è 30 e l'ultima, corrispondente alla nostra «G», è 3 Sommate queste cifre ed avrete 333, tre 3. Curioso, vero? Ma perché non dovremmo attenderci un'esattezza matematica in un libro totalmente ispirato e meraviglioso quanto il mondo che Iddio ha fatto?

Di Dio è detto: «Iddio tuona con la Sua voce meravigliosamente; grandi cose Egli fa che noi non intendiamo. Dice alla neve: «Cadi sulla terra» (Giobbe 37:5,6). Sono stato due giorni interi a cercare di disegnare sul Suo campione, con penna ed inchiostro, sei cristalli di neve e sono terribilmente stanco. Con quanta facilità Egli lo fa! «Egli dice alla neve»: dice la parola ed è fatto. Cercate di immaginare quanti milioni di miliardi di cristalli di neve possono cadere su un ettaro di terreno in un'ora, e immaginate, se potete, il fatto sorprendente che ogni cristallo ha un'individualità tutta sua, un disegno ed un modello senza duplicato, nè in questa nevicata, nè in un'altra: «Una tal conoscenza è troppo meravigliosa per me, tanto alta, che io non posso arrivarci» (Salmo 139:6). Come può una persona ragionevole, davanti all'evidenza di un disegno moltiplicato per innumerevoli varietà, mettere in dubbio l'esistenza e l'opera di un disegnatore, le cui capacità possono essere misurate solo con l'infinità? Un Dio che può far questo può fare qualunque cosa, anche formare e modellare le nostre vite in una creazione di bellezza e di simmetria.