CARISSIMO... PERCHÈ TE NE SEI ANDATO?

 

INTRODUZIONE

Paragonerei questo breve scritto ad una lettera indirizzata ad un/a qualunque credente che, pur avendo fatto un’esperienza di conversione; pur avendo testimoniato pubblicamente della sua fede in Gesù Cristo; pur avendo gioito della comunione fraterna in seno ad una chiesa locale, se n’è poi allontanato/a senza alcuna, o plausibile, spiegazione. E ancor più, senza un saluto di commiato…

Indubbiamente, ogni individuo è libero di fare le proprie scelte nella vita; e su questo non ci piove… sempreché, coscienziosamente, queste non “bagnino “ (danneggino) il prossimo.

Il punto della questione non è sindacare sulle motivazioni, che potrebbero essere più o meno valide o discutibili; ma siccome dalla mia postazione, essendo testimone di queste realtà, sento un peso e un profondo dispiacere in cuor mio, per quanti, in maniera troppo superficiale, accantonano l’aspetto della testimonianza resa al mondo (amici, conoscenti, paesani e familiari), dimenticando le parole del proprio Maestro:

Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giov.13:35), vorrei che questa lettera inducesse ad una seria riflessione intorno al significato biblico dell’espressione “Amore fraterno” (Agape) e che, di conseguenza, prima di fare una determinata scelta si prendessero altresì seriamente in considerazione tutti i riflessi negativi del sottovalutare l’importanza di ogni singolo credente nell’edificare il Corpo di Cristo, rappresentato dalla comunità cristiana locale:

“Da lui (Cristo) tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l'aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell'amore” (Ef 4:16)

                                                                

 

CARISSIMO/A

Dopo tanta riflessione e indugio, finalmente mi sono deciso a scriverti. Motivato, principalmente, da un desiderio ardente di vedere dei frutti spirituali, sia nella tua vita che in quella di tanti altri che stanno vivendo la tua stessa situazione di allontanamento o abbandono della comunione fraterna.

Si, perché credo che siano in tanti quelli che sono stati colti impreparati a reagire “evangelicamente”, nelle varie circostanze createsi e in cui sono venuti a trovarsi, probabilmente, a causa di scelte sbagliate, fiducia mal riposta, superficialità, mancanza di conoscenza degli insegnamenti di Gesù e degli apostoli, ecc.

Infatti, tutti noi, pur essendo singoli individui, dobbiamo relazionarci, che ci piaccia o no, con i nostri simili: familiari, parenti, amici, paesani, conoscenti, e con un mondo che non conosce Gesù Cristo ed ha bisogno di "vederlo" in coloro che lo hanno conosciuto e affermano, per l’appunto, di essere evangelici, ovvero suoi discepoli.

 

A PROPOSITO DI SCELTE…

Le nostre scelte, quelle sbagliate, hanno spesso dei risvolti inaspettati; raramente si ripercuotono solo  su noi stessi. A questo, forse, non ci pensiamo molto e credo che ciò sia dovuto ad una natura egoistica che domina, in qualche misura, tutti gli esseri umani, essendo stati "concepiti nel peccato" (Salmo 51:5).

L’egoismo è concentrare la propria vita su se stessi e cercare la propria soddisfazione (Prov.18:1), il proprio appagamento, senza rimorso se per raggiungere, o dopo aver raggiunto, il proprio obiettivo, si è calpestato o si è procurato del male ad altri.

Il pensiero di fondo che permea la mente dell’egoista è: “Sono libero di fare le mie scelte, e a te non importa se sono giuste o sbagliate. Sono affari miei. Non mi servono i tuoi consigli. Non devo rendere conto a nessuno, solo a Dio. Non m'importa cosa pensano gli altri di me. La vita è mia e la gestisco a modo mio”.

Questo ragionamento, sotto alcuni aspetti, potrebbe anche starci, se le tue scelte non fossero palesemente in contrasto con lo spirito e l'insegnamento evangelico, nonché di scoraggiamento per chi vorrebbe conoscere l’Evangelo e la sua potenza salvifica e trasformatrice di qualsiasi carattere, anche il più egoistico e superbo che ci sia sulla faccia della terra.

E dire che ti ho sentito tante volte raccontare la tua esperienza di un cambiamento tale per cui non desideravi altro che piacere al tuo Signore, fare la Sua volontà, piuttosto che “gestire” la tua vita a modo tuo (secondo le tue parole), come facevi prima della conversione “seguendo l’andazzo di questo mondo”… (Ef.2:2). Ora, invece, mi sembra di vedere tanta confusione nei tuoi ragionamenti e tanta incoerenza nelle tue azioni e... ti chiedo:

 

COSA È SUCCESSO?

Sei sicuro, adesso, di piacere al tuo Salvatore?

Vedi... non sono pochi i cristiani che, dopo un'eclatante e gioiosa esperienza di conversione, finiscono col perdere quello zelo che li ha caratterizzati nei primi mesi, o anni, della loro conversione.

Vorrei sbagliarmi, ma temo che anche tu abbia perso tanto, se non proprio tutto.

In ogni caso, quello che dici, cioè che devi rendere conto solo a Dio, non è affatto vero. Dico questo perché so che noi (cristiani) dovremo rendere conto, in quel giorno, anche a coloro che si sarebbero aspettati, dopo aver sentito le parole della nostra testimonianza, di vederle in atto nella nostra vita, ma che, ahimè, non le hanno viste. Anzi, siamo stati per loro un cattivo esempio e causa d'inciampo nella loro ricerca di Dio.

Ma cosa si aspettano di vedere "quelli del mondo" (come noi li definiamo), nella vita dei cristiani? Né più né meno ciò che hanno sentito testimoniare, dalla loro stessa bocca, intorno all'opera che Dio ha compiuto nella loro vita trasformandola completamente e dando loro, oltre alla gioia della salvezza, il privilegio di appartenere alla "FAMIGLIA DI DIO".

Una famiglia che non è rimasta indifferente, come potresti pensare, ma perplessa, riguardo il tuo silente allontanamento.

 

LA FAMIGLIA DI DIO

"Così dunque non siete più né stranieri né ospiti; ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio" (Ef.2:19).

Non è stupendo?!.. Dio si è fatto una famiglia! Una famiglia della quale tu ed io facciamo parte. Proprio così. Per mezzo della fede in Gesù Cristo siamo diventati figli di Dio,  e Dio è diventato nostro Padre.

"Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che quand'Egli sarà manifestato saremo simili a Lui, perché Lo vedremo com'Egli è" (1Giov.3:2).

Non esiste privilegio più grande. Lo sto io apprezzando? Lo stai tu apprezzando? Sei veramente grato a Dio e disposto a qualunque cosa pur di dimostrarglielo?

 

SEDIE VUOTE

Ogni volta che ci riuniamo per celebrare il culto al Signore, per lo studio biblico o la preghiera, guardo quelle sedie vuote... Quanti pensieri attraversano la mia mente... Qualche tempo fa, alcune di quelle sedie erano sempre occupate, da te e altri fratelli e sorelle della “famiglia”. Poi, improvvisamente o gradualmente, si sono svuotate.

Quello che sto dicendo a te lo sto dicendo anche a coloro che hanno agito pressappoco allo stesso modo:

Andati via senza spiegazioni. Andati via senza salutare la chiesa (i “familiari”). Andati via in maniera tale da seminare dubbi e sospetti nel cuore dei fratelli, i quali, compreso me, cercano ancora di capire quali siano i reali motivi di queste “partenze”.

Avresti potuto parlare chiaramente, quando venni a trovarti, e dirmi cosa è successo. In fondo, in ogni famiglia possono sopraggiungere dei problemi; difficoltà generalmente superabili, lì, perlomeno, dove si ha la franchezza di parlarne. Individuare il problema (se di problema si tratta) è determinante; altrimenti come si fa a risolverlo? È necessario che ci sia una diagnosi prima di procedere con una terapia.

Ma a volte mi chiedo: Quali sono i problemi che riescono a far allontanare un cristiano dalla propria chiesa locale?  Mi riferisco sia al luogo di culto, punto di riferimento della famiglia spirituale, sia all’insieme dei credenti, fratelli nella fede.

Mi piace pensare al luogo di culto come ad una sala da pranzo dove la famiglia si siede a tavola per mangiare. Ma siccome “Non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio”(Matt.4:4), i membri di questa famiglia si incontrano e si nutrono della Parola di Dio. Insomma, il riunirsi in un luogo di culto è una notevole testimonianza di appartenenza ad una famiglia speciale e un’opportunità per manifestare al mondo quell’amore che i discepoli di Gesù hanno gli uni per gli altri e per mezzo del quale sono riconosciuti come Suoi: Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri”. (Giov.13:35).

Questo genere di testimonianza ha una grande efficacia ovunque, ma in modo particolare nei piccoli paesi, dove tutti si conoscono, e le buone e le cattive notizie raggiungono ogni orecchio. Perciò, tutto quel che accade in seno ad una comunità evangelica, può spronare i nostri cari, i nostri amici e conoscenti, a cercare il nostro Dio e la Sua salvezza, oppure essere di ostacolo o d’inciampo alla loro eventuale ricerca.

 

ALLORA… COSA TI HA ALLONTANATO?

Potrebbe trattarsi di una palese condotta immorale del pastore che ti ha scandalizzato, oppure di evidenti false dottrine, “eresie di perdizione” subentrate in quella chiesa (2Pie.2:1). In entrambi i casi, anch'io scapperei via. La considererei una "sinagoga di satana" (Apoc.2:9; Apoc.18:4).

Ma se si tratta di parole e dispute... "Ricorda loro queste cose, scongiurandoli davanti a Dio che non facciano dispute di parole; esse non servono a niente e conducono alla rovina chi le ascolta" (2Timoteo 2:14).

Nonostante la gravità del “far dispute di parole”, e delle conseguenze devastanti per chi le ascolta (dà retta ad esse), non viene detto di "abbandonare la comune adunanza” (Ebr.10:25), ma di non dare ascolto.

Se, invece, il motivo dell'allontanamento dalla propria comunità è dovuto a qualche forma di antipatia verso qualche fratello, a qualche parola offensiva, ad un torto subìto, ecc., allora c'è di mezzo, a mio avviso, una grave  lacuna spirituale. Chi se ne va, sicuramente porterà con sé il suo problema ovunque vada. Riemergerà ogni qual volta se ne dovesse ripresentare l'occasione.

Direi, quindi, che la soluzione ai problemi che sorgono a causa di “dispute di parole”, non è mai “scappare via”, ma affrontare le difficoltà con la saggezza che viene dall’alto, con mansuetudine e umiltà, parlandone, direi, innanzitutto col pastore,  ricordando che ogni nostra scelta, e azione, se non è in armonia con la Parola di Dio, può ripercuotersi negativamente su noi stessi, su tutta la chiesa locale e su coloro che si guardano attorno cercando di capire, nel bel mezzo di questo mare magnum di confusione, chi sono i veri figli di Dio.

Ricorda, fratello, che la seguente esortazione biblica rimane sempre valida:

“Impegnatevi a cercare la pace con tutti e la santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore” (Ebr.12:14)

SEI UN VERO FIGLIO DI DIO?

So bene che la chiesa sta vivendo un tempo, più di ogni altro periodo storico, credo, particolarmente difficile sotto molti aspetti e che lo spirito di questo mondo si sta facendo sempre più spazio nella mente, per poi scendere nel cuore, dei cristiani. È questa la ragione per cui, a volte, rimango perplesso riguardo la condotta di quelli che, pur definendosi cristiani, vivono alla maniera di coloro che non conoscono Dio. Ho difficoltà a riconoscere i veri figli di Dio, nati di nuovo per mezzo del ravvedimento e della fede in Gesù.

Del nostro Dio e Padre, è scritto: “Dio è Amore” (1Giov.4:8,16). Perciò, i suoi figli non possono non somigliare al loro Padre Celeste in questo Suo essenziale attributo morale, che Egli, tra l’altro, ha “versato” nei loro cuori mediante lo Spirito Santo (Rom.5:5).

Nonostante ciò, credo che l'amore sia venuto meno in  molti figli di Dio.

Gesù disse: "Poiché l'iniquità aumenterà, l'amore dei più si raffredderà" (Matt.24:12).

Di chiunque si dica che “si è raffreddato”, implicitamente si sta affermando che c’è stato un tempo in cui era “caldo” e, sicuramente, emanava quel calore che “riscaldava” anche altri.

Forse mi chiederai come faccio a trarre questa conclusione. Forse stai pensando che è facile giudicare. In effetti è così; anzi, è troppo facile giudicare.

Nonostante ciò, personalmente, e alla luce della Parola di Dio, confermo la mia convinzione: l'amore si è raffreddato in molti cuori; è stato sostituito da un "surrogato", cioè, "l'apparenza della pietà" (2Tim.3:5). Un amore ostentato e formale.

La parola "amore", in genere, è mal compresa. Tanto più se parliamo dell'Amore "Agape". Non si tratta di un semplice volersi bene, nel senso in cui comunemente si intende. È, invece, l'amore sceso dall'Alto, così come Gesù è venuto dal Cielo ed "ha abitato fra di noi" (Giov.1:14).

La cosa meravigliosa consiste nel fatto che Egli, essendo risorto e salito alla destra del Padre, ha mandato un altro Consolatore, lo Spirito Santo, per mezzo del quale continua ad abitare fra noi ed in noi.

Dimmi: quell’amore e quella gioia che hai manifestato fin dall’inizio della tua conversione, in questo momento palpita ancora nel tuo cuore?

 

L’AMORE

Or è scritto che "l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato" (Rom.5:5).

Ecco di quale natura è l'amore "agape": di natura spirituale. Le sue caratteristiche sono "divinamente" espresse nella prima lettera di Paolo ai Corinzi al capitolo tredici.

Leggiamo i versi dal 4 al 7: "L'amore è paziente, è benevolo; l'amore non invidia; l'amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s'inasprisce, non addebita il male, non gode dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa".

In ogni tempo, questo genere di amore, che viene dall’Alto, ha trasformato, motivato e guidato la vita di  miriadi di credenti sin dal primo momento della loro conversione, i quali, con gioia hanno raccontato a tutti le meraviglie della grazia di Dio. Oggi stiamo vivendo il tempo, profetizzato da Gesù stesso, in cui l'iniquità è aumentata (Mat.24:12). Molti, dopo l’ineffabile incontro con Gesù, si lasciano distrarre dal loro proposito iniziale di seguire il loro Maestro, e iniziano a volgere lo sguardo altrove, in direzione di tutte le cose “storte” che sopraggiungono. Forse anche il tuo sguardo, carissimo/a, ha incominciato a volgersi altrove. Le tue orecchie sono state raggiunte, oltre che dalla Parola di Dio, anche da tante altre voci. Probabilmente i tuoi occhi hanno visto cose che non avresti mai immaginato di vedere in seno alla chiesa o nella vita di chi ritenevi essere un "buon" cristiano.

Così, carissimo/a, hai incominciato a sentirti, in parte, confuso/a, ma "migliore" rispetto ad altri credenti. Il tuo desiderio di stare insieme ai fratelli, in comunità, è andato scemando. E così ti sei lentamente isolato/a. L'amore e lo zelo iniziale sono scomparsi.

Anche ad altri credenti è successo qualcosa del genere; cioè, si sono allontanati dalla propria comunità. Le motivazioni e le circostanze non sono state sempre le stesse. Per dirla in altri termini, l'astuzia del nemico delle nostre anime è grande e ricca di strategie; sottovalutarla è un errore che può produrre conseguenze irreversibili.

Mi è rimasto impresso quello che disse il pastore della chiesa locale di cui facevo parte all'inizio della mia conversione: "Se il diavolo riesce a separarti (non solo in senso fisico) dai tuoi fratelli, prima o poi riuscirà a separarti anche dal tuo Signore; sarà solo questione di tempo”.

Queste parole mi ritornano in mente ogni volta che mi ritrovo a guardare la scena di qualche documentario in cui dei leoni cercano di allontanare un bufalo, il più debole, dal branco, isolandolo per aggredirlo senza correre tanti rischi.

“Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare” (1Pie.5:8).

 

UNA LETTERA DI CRISTO

Il discorso che sto facendo ha una doppia valenza: ciò che riguarda la propria vita spirituale, e ciò che riguarda l'influenza prodotta in seno all'ambiente in cui si vive. E questo secondo aspetto non è cosa di poco conto. Noi siamo, infatti, "una lettera aperta", ed  una lettera, ovviamente, è scritta da qualcuno. Nel nostro caso, essendo "cristiani", questa lettera l'ha scritta Cristo. Ciò lo esprime chiaramente l'apostolo Paolo ai cristiani della città di Corinto:

"è noto che voi siete una lettera di Cristo, scritta mediante il nostro servizio, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente; non su tavole di pietra, ma su tavole che sono cuori di carne" (2Corinzi 3:3);

"lettera conosciuta e letta da tutti gli uomini" (2Cor.3:2).

Ti faccio alcune domande: Quanti ti hanno letto finora? Soprattutto, "cosa" hanno letto? Un bel prologo, promettente e ricco di aspettative incoraggianti e fruttuose... ma poi? Ne hanno visto la realizzazione?

In un mondo strapieno di belle parole, di promesse ed incoerenze, credo che ci siano sempre degli esseri umani che vivono in una sorta di attesa della verità e di quell'amore genuino di cui sentono la mancanza. Chi mostrerà loro queste cose? Chi li aiuterà a comprendere che la Verità e l’Amore esistono davvero e si possono trovare?

Evidentemente, si tratta di quei discepoli che conoscono bene il loro Maestro Gesù. Coloro che sono ben attenti quand’Egli dice loro: “Io sono… la Verità”, ed hanno conosciuto il vero Amore dal momento in cui la Luce ha riempito il loro cuore, realizzando quanto sono costati a Colui che ha dato la sua vita per loro (Giov.14:6; 1Giov.3:16).

Non dimenticare che l'amore non esiste, se non nel contesto di una relazione, altrimenti rimane una cosa astratta, invisibile.

Ripeto… Gesù disse: "Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri" (Giov.13:35).

L'amore, quindi, si può e si deve riconoscere nei discepoli di Cristo, cioè i cristiani. La famiglia, in primo luogo, è il banco di prova atto al riscontro di questa relazione di amore. Questa verità la espone l'apostolo Giovanni in termini molto categorici:

"Se uno dice: «Io amo Dio», ma odia suo fratello, è bugiardo; perché chi non ama suo fratello che ha visto, non può amare Dio che non ha visto" (1Giovanni 4:20).

A questo punto vorrei ricordarti alcune cose che forse ti sono sfuggite di mano.

 

RELIGIONE O RIVELAZIONE?

Essere un cristiano non significa appartenere alla "religione cristiana", ma appartenere a Cristo:

Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da Dio? Quindi non appartenete a voi stessi” (1Corinzi 6:19).

Prima di tutto mi sento in dovere di precisare una cosa molto importante: il Cristianesimo biblico non deve essere classificato come una religione. Sento spesso parlare, infatti, del cristianesimo come di una religione in mezzo a tante "altre" religioni.

Il cristianesimo, o meglio, l'Evangelo, è la "rivelazione", non una "religione". Esso è di natura completamente diversa da tutte le religioni che esistono in questo mondo. Dal momento in cui hai deciso di credere con tutto il tuo cuore e ti sei pentito sinceramente dei tuoi peccati, quella rivelazione è diventata una “relazione”: la tua relazione con Dio per mezzo di Gesù Cristo.

Ma lo si può anche vivere come se fosse una religione, un insieme di regole da seguire e precetti e pratiche da osservare; e questo, forse, è il tuo caso, visto e considerato che ad un certo punto del tuo percorso hai manifestato evidenti segni di stanchezza, come se fossi schiacciato sotto il peso di rigide regole e precetti da mettere in pratica. Il tuo allontanamento dai fratelli credo sia stata una delle naturali conseguenze dell'aver vissuto la "lettera" dell'Evangelo e non lo Spirito.

Infatti, istruendo i credenti di Corinto, Paolo affermò: "Egli ci ha anche resi idonei a essere ministri di un nuovo patto, non di lettera, ma di Spirito; perché la lettera uccide, ma lo Spirito vivifica" (2Corinzi.3:6).

 Questo vuol dire forse che allontanarsi dalla propria chiesa cristiana locale corrisponde ad allontanarsi dal Signore?!...

Non necessariamente... la nostra fede è riposta in Gesù Cristo e nella sua opera di redenzione compiuta per noi sulla croce; ma questo implica fede nel suo messaggio; quello ch'Egli ha insegnato, le Sue "parole":

 “È lo Spirito che vivifica; la carne non è di alcuna utilità; le parole che vi ho dette sono spirito e vita” (Giov.6:63).

"Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà paragonato a un uomo avveduto che ha costruito la sua casa sopra la roccia" (Matt.7:24).

Non è insolito riscontrare l'enorme discrepanza fra ciò che "si dice" di credere e ciò che "si dimostra" di credere.

Una delle più grandi "falle" nella "barca" di tanti cristiani è l'incapacità di capire che l'amore verso Dio non può essere separato dall'amore verso i fratelli. Ribadisco:

“Se uno dice: «Io amo Dio», ma odia suo fratello, è bugiardo; perché chi non ama suo fratello che ha visto, non può amare Dio che non ha visto” (1Giov.4:20)

Poiché Dio non si può vedere, Egli vuol essere “riconosciuto” nei fratelli. È scritto:

“E il re risponderà loro: "In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l'avete fatto a me” (Matt.25:40).

"... e, caduto in terra, udì una voce che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?". Egli domandò: "Chi sei, Signore?". E il Signore: "Io sono Gesù, che tu perseguiti" (Atti 9:4,5). In realtà, Saulo stava perseguitando i discepoli di Gesù.

Al solo pensiero che Gesù si stia identificando con i suoi discepoli… Lui, il perfetto, purissimo Agnello di Dio, con dei miseri peccatori, imperfetti al massimo grado... rimango, a dir poco, disorientato. Sento il bisogno di crescere nella conoscenza del mio Salvatore e della Sua stupenda grazia, che ha reso possibile tutto questo per mezzo della redenzione compiuta alla Croce.

E tu?... Ci hai mai pensato? Io temo di no. Visto la tua presa di posizione così superficiale e contrastante con ciò che trovo scritto nella Buona Novella  di Gesù Cristo, espressa meravigliosamente in queste parole: “La moltitudine di quelli che avevano creduto era d'un sol cuore e di un'anima sola (At 4:32).

 

TUO FRATELLO DEBOLE

In cosa consiste questa presa di posizione così palesemente in antitesi con l’insegnamento e l’etica evangelica?

Prima di tutto bisogna capire che “lo spirito” o “l’essenza” dell’Evangelo è l’Amore, “l’Amore di Dio sparso nei nostri cuori” (come dicevo poc’anzi); il che implica la manifestazione concreta e visibile delle sue caratteristiche; rileggi attentamente:

“L'amore è paziente, è benevolo; l'amore non invidia; l'amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s'inasprisce, non addebita il male, non gode dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa”(1Cor. 13:4-7).

Ora, sappiamo che in una comunità cristiana evangelica (o chiesa locale) ci sono credenti maturi, ben radicati nella fede, che non si lasciano condizionare facilmente dal cattivo esempio di chi, pur dicendosi cristiano, non cammina secondo gli insegnamenti della Parola di Dio. Ma ci sono anche i fratelli “deboli” nella fede, quelli che si erano appena allontanati da coloro che vivono nell'errore” (2Pie.2:18), oppure sono cresciuti poco nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo” (2Pie.3:18); oppure non sono cresciuti affatto; anzi, piuttosto hanno fatto passi indietro: “Infatti, dopo tanto tempo dovreste già essere maestri; invece avete di nuovo bisogno che vi siano insegnati i primi elementi degli oracoli di Dio; siete giunti al punto che avete bisogno di latte e non di cibo solido” (Ebr.5:12).

Una testimonianza non “conforme alla pietà”(1Tim.6:3), specialmente di chi vanta molti anni di fede, esercita un’influenza e produce effetti altamente “frenanti” per i fratelli deboli. Magari si tratta di effetti non sempre visibili “ad occhio nudo”, ma che prima o poi si manifestano in azioni e reazioni inaspettate che lasciano perplessi. Accade, in genere, quando si presenta quell’occasione in cui si è chiamati a compiere una missione, svolgere un compito o prendere un impegno. Essere coinvolti, cioè, in qualsiasi cosa che promuova l’opera di Dio.

Non è una regola, ma di solito c’è la tendenza a scusarsi, additando chi non fa nulla, chi si comporta male, chi chiacchiera troppo, chi ha offeso con parole o comportamento sconveniente, ecc., ecc.  A volte si arriva addirittura ad affermare di aver saputo da “fonte sicura” che il fratello, o sorella, ha “parlato male di me” (in questo tipo di trappole del nostro astuto nemico ci cascano soprattutto i cristiani più immaturi). Potrebbe essere stato anche il tuo caso, carissimo…

 

DANNI DENTRO E FUORI

L’incoerenza, l’ipocrisia, l’apatia, chiaramente, è innanzitutto visibile in famiglia, quella naturale e quella spirituale. È ovvio che i risultati in “frutti cattivi” siano prodotti prima in seno alla famiglia. La chiesa ne risente talmente tanto che ogni attività, tendente a promuovere l’avanzamento del regno di Dio, ne è notevolmente indebolita. Ma, l’influenza delle “opere della carne”, in seno alla chiesa, va ben oltre le mura domestiche o il locale di culto.

Affermiamo spesso che gli occhi dei non credenti sono spiritualmente ciechi, ed è vero; ma vedono benissimo (guarda caso) le incoerenze dei “vangelisti” (come sono chiamati i credenti evangelici dalle nostre parti). Il mondo si sente migliore e più buono quando gli offri su un piatto d’argento queste opportunità. Di conseguenza, probabilmente, non sentirà il bisogno di un salvatore; è già una “brava persona”.

Carissimo

Un cristiano che assume un comportamento spiritualmente sconveniente, e per giunta in presenza di un non credente, senza crearsi alcun problema, come se niente fosse, a mio parere non ha lo Spirito di Cristo. Non ha amore per i perduti. Lo dimostra il fatto che non gli fa né caldo né freddo se il suo modo di agire e parlare diventa una pietra d'inciampo per la conversione di quel peccatore che Gesù è venuto a cercare e salvare.

È chiaro che non si tratta di “salvare un'immagine”, ma di mostrare la vera immagine di "Cristo in voi, la speranza della gloria" (Col.1:27). Si riscontra questa verità nelle parole del profeta Ezechiele: “io faccio di te un segno per la casa d'Israele” (Ez.12:6).

In fin dei conti, è questo il punto. Geremia era un profeta. Dio gli dice che fa di lui un “segno”. Anche di te e di me Dio dice di voler fare un segno per la nostra generazione. Un segno del Suo amore e della Sua grazia. Geremia è stato un segno e un messaggio molto eloquente per la “casa d’Israele”. Tu ed io lo siamo per quelli che ci conoscono, per i nostri cari, i nostri amici e per i nostri fratelli?

Ora che stai sperimentando un cristianesimo “fai da te”, non senti che ti manca qualcosa? Oppure, al contrario, ti senti soddisfatto di aver fatto un altro passo nel tuo progresso spirituale di discepolo di Gesù Cristo? Evidentemente no. Se non siamo riconosciuti come discepoli di Gesù a motivo dell’amore che non abbiamo gli uni per gli altri, non possiamo essere giammai soddisfatti, né noi, né il nostro Maestro.

La Chiesa, nel senso generale di “corpo di Cristo”, è rappresentata, nella visione di Dio, dalla chiesa locale. Un gruppo di persone che svolgono gioiosamente un “lavoro di squadra” al servizio del Re dei re e Signore dei signori.

Eh già… Più che a spiegare cos’è la chiesa, siamo chiamati a mostrare cos’è.,

 

DISGREGAZIONE O AGGREGAZIONE?

Le istituzioni umane tendono, generalmente, a creare dei luoghi di aggregazione sociale, riconoscendo l’importanza dello stare insieme e socializzare. Quanto più noi cristiani dovremmo capire questo semplice concetto umano? Non per conformarci al mondo, è ovvio; ma perché solo così possiamo “toccar con mano” la verità biblica del “quanto è buono e quanto è piacevole che i fratelli vivano insieme” (Sal.133:1).

Ogni cristiano può essere uno strumento nelle mani di Dio per aggregare, edificare, adoperarsi per tenere uniti i fratelli.

Naturalmente, può succedere anche il contrario, cioè, disgregare, dividere o disunire, e quando ciò avviene, colui che per mezzo del quale ciò avviene, la Bibbia lo definisce “uomo perverso” e “maldicente”:

 “L'uomo perverso semina contese, il maldicente disunisce gli amici migliori” (Prov.16:28). In tal caso, non si tratta più di strumenti nelle mani di Dio, ma di strumenti nelle mani del diavolo. L’etimologia della parola “diavolo”, in effetti,  è già di per sé molto eloquente. Essa deriva dal greco “diaballo” che significa dividere, separare, creare fratture, calunniare. Il diavolo è colui che crea, attraverso la menzogna, separazione e inimicizia fra gli uomini e fra l’uomo e Dio.

Quanto è diverso il piano di Dio per la sua chiesa!...:

"Da lui (cioè da Gesù Cristo) tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l'aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell'amore" (Ef.4:16).

 

IL PIANO DI DIO

La chiesa locale, è chiaro, non è un “immobile”, un edificio fatto di mattoni o cemento armato. Essa è un organismo vivente, allo stesso modo in cui lo è il corpo di una persona viva che è chiamata a mostrare al mondo le caratteristiche morali del Dio Altissimo in seno ad essa, nel “bel” mezzo di una società “storta e perversa”:

“perché siate irreprensibili e integri, figli di Dio senza biasimo in mezzo a una generazione storta e perversa, nella quale risplendete come astri nel mondo” (Fil.2:15).

Purtroppo, quando questo non avviene, cioè, quando noi non risplendiamo, allora è come se fornissimo, alla nostra generazione, maggior motivo di perseverare nella propria stoltezza: siamo di “ostacolo” (skandalon = qualsiasi impedimento messo sulla via e che per qualcuno è causa d’inciampo o di caduta).

“Ma chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare” (Mat.18:6).

Possiamo immaginare alcuni interrogativi posti, e non, che echeggiano nei piccoli paesi, come dicevo, dove ci si conosce quasi tutti: “Perché quei vangelisti che frequentavano quella chiesa non ci vanno più? Cosa sarà successo?”.

Immaginiamo anche alcune risposte date, e non, che pressappoco suonano così:

-        “Non ne sono contenti”.

-        “C'è qualcosa che non va”.

-        “Hanno litigato fra loro”.

-        “È gente instabile che non sa quello che vuole”.

-        “Se non ci vanno loro, perché dovrei andarci io?”.

Ad un incontro evangelistico, tempo fa, entrò una persona che sul momento non disse nulla; poi, mi fu riferito del suo disappunto dovuto al fatto che alcuni membri della piccola chiesa locale non erano presenti. Sembrava quasi che desiderasse, da questo gruppetto di evangelici, una dimostrazione di compattezza e dedizione a questo loro impegno per raggiungere le persone col messaggio dell’Evangelo.

L'incoerenza di un credente mi turba sempre profondamente. Mi fa star male. Mi fa sorgere dei ragionevoli dubbi sulla genuinità della sua esperienza di conversione...

Ogni cristiano dovrebbe ben sapere di far parte della grande famiglia di Dio: La Chiesa di Gesù Cristo.

Infatti è scritto:

"Così dunque non siete più né stranieri né ospiti; ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio" (Efesini 2:19).

Ad ogni modo, carissimo/a, la strada del ritorno la conosci. Non sei una pecorella che ha smarrito la strada. Allontanarti dai tuoi fratelli è stata una tua deliberata scelta personale. Il figlio prodigo (Luca 15:11-32) ripercorse la via del ritorno, ma solo dopo aver fatto quell'esperienza, forse necessaria, che però lo aiutò a riflettere seriamente sulla sua decisione, inappropriata, di andarsene da casa.

Nel suddetto caso, il padre non andò a cercare quel figlio che se n’era andato. Se l'avesse fatto, molto probabilmente avrebbe ricondotto a casa, sempre che ci fosse riuscito, un figlio impenitente e pieno di sé, pronto a combinare di nuovo altri danni a se stesso e alla sua famiglia.

Non è facile, per chi ha un carattere orgoglioso, riconoscere di aver sbagliato, pentirsi e dimostrarlo concretamente, cercando, ove possibile, di rimediare al danno eventualmente arrecato a se stesso e ad altri.

 

CARISSIMO/A

Ti invito a leggere attentamente il brano biblico, che va dal verso 42 al 47 del secondo capitolo degli Atti; è un compendio di vita cristiana  comunitaria e di testimonianza da cui scaturisce una forza invisibile che raggiunge i cuori e li attira al Salvatore e Signore Gesù Cristo:

 

“Ed erano perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere.

Ognuno era preso da timore; e molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli.

Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune;

vendevano le proprietà e i beni, e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno.

E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che venivano salvati”(Atti :2:42-47).

 

Questa potrebbe essere la storia anche della tua chiesa locale, se ogni singola parte di essa contribuirà ad edificarla nell’amore.

 

Franco Ienco